Pensatore
positivista “tipico”, Gustave Le bon fu psicologo, sociologo, antropologo. Ed
anche epistemologo, come dimostra questo saggio. Ammirato all’epoca, in particolare
dei grandi dittatori, al cui rapporto con il “seguito” non furono estranee le
concezioni di Le Bon, come appare dalle loro capacità e modi di persuasione
delle masse.
La ricerca delle
regolarità di comportamento dei gruppi sociali, anche e soprattutto se
caratterizzati da una inesistente o minima organizzazione/strutturazione – in pratica
senza reale potere e “diritto” è uno dei percorsi di ricerca di Gustave Le bon,
probabilmente il principale.
Prima che nell’azione
collettiva, il comportamento dei gruppi sociali deriva dalle opinioni e
credenze diffuse negli stessi. Nella prefazione Francesco Ingravalle scrive che
ciò “equivale a fare della fede (che
è opinione e credenza eretta a norma direttiva della nostra vita) la chiave
degli eventi storici prodotti dall’interazione fra gli uomini”. La fede è
connotata da una logica affettiva che
non è – meglio va al di là – della logica
razionale; Ingravalle sostiene che, secondo Le Bon, “la logica affettiva
intride di sé le collettività e le folle: non c’è da stupire che il misticismo
attecchisca nelle masse, mentre la logica razionale, prodotto tardivo dell’evoluzione
umana, trova il proprio maggiore dispiegamento negli individui”.
Passioni e
suggestioni sono le più feconde generatrici di opinioni e credenze collettive. Consegue
da ciò – dalle diversità delle logiche razionale/individuale e affettiva/collettiva,
e dalla “pressione” dell’ambiente sociale che “non soltanto nei fenomeni
collettivi la logica affettiva fagocita la logica razionale”. E questo non solo
nei secoli passati.
Scrive Le Bon
che “La questione della fede, a volte confusa con quella della conoscenza, è
ben distinta dalla seconda. Conoscere e credere sono cose diverse e non hanno
la stessa origine. Dalle opinioni e dalle credenze derivano, insieme alla
concezione della vita, il nostro comportamento e, di conseguenza, la maggior
parte degli eventi della storia, Essi sono, come tutti i fenomeni, governati da
certe leggi, ma queste leggi non sono state pienamente comprese”; e
contrariamente all’opinione di Cartesio la fede “non è né volontaria né
razionale”; ne consegue che gran parte dei comportamenti collettivi non lo è. E
la fede ha un potere enorme, come provano gli eventi che induce, specie nel
periodo iniziale: espansione araba, civiltà cristiana medievale, rivoluzione
francese lo sono tutti. Le credenze sono atti di fede che ci “costringono ad
ammettere un’idea, un’opinione, una spiegazione, una dottrina”. Se “la
conoscenza è un elemento essenziale della civiltà, il grande fattore del suo progresso
materiale”, la fede guida i pensieri, le opinioni e quindi la condotta. Un
tempo si pensava che le credenze fossero di origine divina. “Oggi sappiamo che
sono create da noi stessi; eppure, continuano a prevalere sulla ragione”. E l’età
moderna, malgrado la sua (apparente) razionalità “contiene tanta fede quanto i
secoli che l’hanno preceduta. Nei nuovi templi si predicano dogmi dispotici
come quelli del passato e che hanno altrettanti seguaci”. Il libro di Le Bon fu
pubblicato nel 1911: la storia successiva ha mostrato quanto le analisi del
pensatore francese fossero valide.
D’altra parte
era (ed è) convinzione diffusa, anche tra i pensatori contemporanei di Le Bon,
che la fede non è sostituibile; se ne possono sostituire i dogmi ma questi restano
oggetto della stessa fede di quelli che li hanno preceduti “nuovi dei vengono
sempre a sostituire quelli che sono morti o stanno per morire”. L’introduzione
e il saggio conclusivo di Andrea Prestigiacomo aprono e chiudono il libro.
In un’epoca come
la contemporanea, caratterizzata da un relativismo (contraddittorio) e dal
dominio dell’“economia”, il pensiero di Le Bon ha ancora una validità; occorre tuttavia
riscontrare in che modo si formeranno non tanto le credenze, quanto le azioni conseguenti,
ora che le folle – oggetto del più famoso saggio di Le Bon - non stanno in
piazza, ma davanti al computer.
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