Questa settimana
sul “teatrino” della politica è andata in scena la pièce del catasto, con i soliti ruoli: il centrodestra in quello
dei Gracchi, a difendere il popolo dei tartassati, il PD nell’usuale personaggio del moralgiustizialista (che
produce giustizia con il portafoglio degli altri) un Arpagone in cipria e merletti;
e il resto della compagnia in personaggi di contorno.
Data la reazione
tutt’altro che entusiasta dell’opinione pubblica, il PD ha dovuto ridimensionare
rapidamente l’iniziale consenso anche perché, a parte la solita “estrema”
sinistra, si è trovato a corto di alleati.
Tuttavia è il
caso di comprendere perché gli argomenti del PD (e compagni) sono usati e
perché funzionano sempre meno.
La
giustizia.
Ch’è argomento sia di carattere offensivo, nel senso di promuovere l’avanzata
sia difensivo, per proteggere la ritirata. Nel caso, fugacemente utilizzata nel
primo, assai più nel secondo.
Dato infatti che
i contribuenti sanno benissimo che si parte facendo appello a commoventi
discorsi di giustizia, solidarietà, ecc. ecc., ma si finisce per mungere chi le
tasse già le paga, i piddini si sono serviti della “giustizia” con la
correzione della parità di prelievo, ossia
volta a riequilibrare il prelievo tra
i contribuenti e non per aumentarlo.
Tuttavia i
contribuenti - a parte le reiterate esperienze dei risultati contrari alle esternazioni simili - forse si sono
ricordati che la manovra fu già fatta (in tono minore) una dozzina di anni fa
con le c.d. micro-zone; ma che io sappia a tutti i professionisti che se ne
sono occupati (da me contattati), me compreso, non risulta che ci fosse un sono
contribuente cui la “riformina” non avesse regalato un aumento d’imposta;
oltretutto nello stesso periodo in cui il governo Monti con la sagacia
economica che lo caratterizzava, istituiva l’IMU con enormi aumenti
dell’imposizione. Il danno così risultava aggravato ad onta dell’intento giustizialista
esternato: l’unica redistribuzione prodotta era quella dalle tasche dei governati
a quelle dei governanti.
La
credibilità.
Dato ciò, perché una classe dirigente richieda (con successo) un sacrificio ai
governati occorre che abbia autorità e legittimità. Churchill poteva farlo,
promettendo lacrime e sangue agli inglesi, sia perché lo era, sia perché c’era
da affrontare un nemico formidabile come la Germania nazista. Ma alla sinistra
(o sedicente tale) italiana contemporanea, autorità e legittimità mancano del
tutto. A provarlo sono due fatti: l’uno, decisivo, che non sono mai andati al
governo (dal 2008 in poi) per aver vinto le elezioni, cioè per volontà del
corpo elettorale (quindi popolare) ma solo per decisione di altri e/o per
manovre di palazzo. L’altro, secondario ma rivelatore, che non fanno, di
conseguenza, nelle loro argomentazioni, alcun riferimento ai desiderata del popolo, ma ad altro: “ce
lo chiede l’Europa”, “lo ha detto Greta”, “faremo cose magnifiche” (ma le
esperienze insegnano il contrario), “lo sostengono i tecnici” e così via.
Tra commoventi
appelli alla solidarietà, mozioni degli affetti, futuro paradisiaco, c’è tutto
l’armamentario della propaganda (neanche granché raffinata).
E qua casca l’asino; perché se il governo Draghi ha
di per sé il pregio di essere il più credibile tra i governi italiani degli
ultimi quindici anni, il premier non ha la vocazione a perderla, in particolare
per manovre mediocri. Onde ben fa Draghi a ripetere che questo è il momento di
dare quattrini ai cittadini e non di
toglierli. Finché è coerente, la sua credibilità non ne risente.
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