A considerare
quanto affermato (da quasi tutti) i mass-media, il nazismo sarebbe morto e
sepolto, come tutti i suoi capi – tra cui Goebbels – nel 1945. Probabilmente è
vero (per lo più) per le idee, assai meno per i mezzi di cui si servì per
conquistare e mantenere il potere. Soprattutto la propaganda di cui Goebbels fu
un vero maestro, e le cui tecniche di manipolazione dell’opinione pubblica sono
tuttora praticate dalle élite dirigenti per esercitare e accrescere il proprio
potere. E quindi d’attualità. Anche se si può affermare che, essendo la
retorica – parente nobile della propaganda – già praticata e studiata
dall’antichità, molte di quelle tecniche sono attualizzazioni/adattamenti ai
mezzi moderni (stampa, radio, televisione ecc.) di modelli di persuasione già
praticati da Demostene e Cicerone. L’autore lo afferma dall’introduzione “La
volontà di dominio dell’uomo sull’uomo, le strategie di manipolazione , il
controllo sociale e l’arte dell’inganno sono antiche quanto la storia
dell’umanità”, oggi poi “se consideriamo che passiamo oltre un terzo della vita
immersi nei media (tra TV, web, film, quotidiani e riviste), possiamo
comprendere come la nostra capacità di parlare, pensare, costruire rapporti con
gli altri, i nostri desideri i nostri sogni e il nostro stesso senso d’identità
siano plasmati dai media”; dato ciò – e l’importanza decisiva che ha la
persuasione nell’esercizio del dominio -
scrive l’autore “ Perché non usare le 11 tattiche di manipolazione oscura per
illuminare chi, secondo le intenzioni, dovrebbe esserne il bersaglio?”. E per
l’appunto dopo una breve biografia di Goebbels, Magi passa ad esporre le 11
tecniche (principi tattici) usate dal ministro nazista per garantirsi il controllo
dell’opinione pubblica, soprattutto interna. E così il potere sul “seguito”.
Questi principi si fondano sul disprezzo per la capacità di giudizio –
razionale o almeno ragionevole - delle masse e per lo sfruttamento dei
pre-giudizi, luoghi comuni, idola più
condivisi, basati su emozioni (e non su ragionamenti). Così la creazione del
nemico, utilissimo per la polarizzazione e il consolidamento del seguito (lo
aveva già compreso Eschilo), anche se poi il nemico non è tale; l’affermazione
dell’unanimità anche se creata fittiziamente; la semplificazione del messaggio;
l’orchestrazione (lo stesso messaggio è ripetuto all’infinito e da tutti (o
quasi) i media; l’occultamento delle
notizie in contrasto con la tesi che si sostiene; la disinformazione, con la
creazione di falsi bersagli, o comunque che abbiano l’effetto di distrarre
l’opinione pubblica. È impressionante come tali principi siano utilizzati dalle
élite contemporanee allo stesso scopo della dirigenza nazista. Tattiche come il
silenziamento, la disinformazione, lo sviamento ecc. ecc. sono identificabili facilmente
in gran parte dalla comunicazione odierna. C’è tuttavia un carattere principale
che rende differenti la propaganda della NSDAP e quelli delle élite,
soprattutto italiane, contemporanee. Mentre quella era rivolta alla conquista
del potere (prima nazionale, poi internazionale) cioè era accrescitiva e implementativa,
quella delle élite della (seconda) Repubblica e molto più limitatamente,
indirizzata a mantenere (parte del) potere gestito. Ha cioè un’ambizione
enormemente ridotta. E dati i più che mediocri risultati dei governi della
(seconda) Repubblica, sarebbe stato troppo difficile sostenere derivazioni (in senso paretiano) diverse.
Teodoro
Klitsche de la Grange
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