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Come anticipato nella Parte 1
dello studio sulla futilità e incongruenza del ‘Rapporto
Uribe/Palmer’, riportiamo di seguito il breve testo che spiega le
ragioni per cui uno dei quattro membri della Commissione politica si
sia dissociato dalle conclusioni e raccomandazioni contenute nel
rapporto.
Ricordiamo che il 2 agosto del 2010 il Segretario Generale dell’ONU, Ban Ki-Moon, aveva incaricato un gruppo composto da 4 esponenti del mondo della politica internazionale di stendere un rapporto sul massacro provocato il 31 maggio 2010 a bordo della nave turca Mavi Marmara da parte dei commandos israeliani in acque internazionali nel Mar Mediterraneo. La Mavi Marmara faceva parte della Freedom Flotilla 1 diretta a Gaza.
I quattro membri della Commissione Palmer erano: l’ex premier neozelandese Geoffrey Palmer; l’ex presidente della Colombia, Alvaro Uribe; l’ex ambasciatore e giurista turco Süleyman Özdem Sanberk; e il rappresentante per Israele, Joseph Ciechanover Itzhar. In altre parole: 3 componenti su quattro con noto background sionista o filo-sionista/filo americano.
Il ‘rapporto’ venne pubblicato dalle Nazioni Unite oltre un anno dopo, e cioè il 2 settembre 2011.
Come abbiamo illustrato nel post precedente, il ‘rapporto Palmer’ venne immediatamente stracciato dalla Commissione dei Massimi Esperti in Diritti dell’Uomo incaricati dal Consiglio per i Diritti Umani dell’Onu, che contestavano le conclusioni della commissione Palmer/Uribe, che peraltro si era spinta oltre l’incarico ufficiale fornendo anche un’opinione in merito al Blocco di Gaza e definendolo «legale e legittimo» contro il parere universale della comunità internazionale, delle massime autorità giuridiche internazionali e soprattutto contro le conclusioni delle Commissioni di Inchiesta realmente pertinenti di esperti in Diritto Internazionale e Diritto Umanitario che in precedenza e successivamente hanno fornito conclusioni [v. in basso] in totale contrasto con le opinioni espresse nel ‘rapporto Palmer’.
Ricordiamo che il 2 agosto del 2010 il Segretario Generale dell’ONU, Ban Ki-Moon, aveva incaricato un gruppo composto da 4 esponenti del mondo della politica internazionale di stendere un rapporto sul massacro provocato il 31 maggio 2010 a bordo della nave turca Mavi Marmara da parte dei commandos israeliani in acque internazionali nel Mar Mediterraneo. La Mavi Marmara faceva parte della Freedom Flotilla 1 diretta a Gaza.
I quattro membri della Commissione Palmer erano: l’ex premier neozelandese Geoffrey Palmer; l’ex presidente della Colombia, Alvaro Uribe; l’ex ambasciatore e giurista turco Süleyman Özdem Sanberk; e il rappresentante per Israele, Joseph Ciechanover Itzhar. In altre parole: 3 componenti su quattro con noto background sionista o filo-sionista/filo americano.
Il ‘rapporto’ venne pubblicato dalle Nazioni Unite oltre un anno dopo, e cioè il 2 settembre 2011.
Come abbiamo illustrato nel post precedente, il ‘rapporto Palmer’ venne immediatamente stracciato dalla Commissione dei Massimi Esperti in Diritti dell’Uomo incaricati dal Consiglio per i Diritti Umani dell’Onu, che contestavano le conclusioni della commissione Palmer/Uribe, che peraltro si era spinta oltre l’incarico ufficiale fornendo anche un’opinione in merito al Blocco di Gaza e definendolo «legale e legittimo» contro il parere universale della comunità internazionale, delle massime autorità giuridiche internazionali e soprattutto contro le conclusioni delle Commissioni di Inchiesta realmente pertinenti di esperti in Diritto Internazionale e Diritto Umanitario che in precedenza e successivamente hanno fornito conclusioni [v. in basso] in totale contrasto con le opinioni espresse nel ‘rapporto Palmer’.
Come abbiamo illustrato, le conclusioni del ‘rapporto Palmer’ rappresentavano un tentativo maldestro di conferire alle azioni universalmente condannate di Israele un aspetto di spuria legalità, ma l’effetto sortito si è rivelato un fiasco totale per gli interessi di Israele: Turchia, Egitto e Giordania hanno da allora espulso o allontanato gli ambasciatori israeliani dai rispettivi paesi. La Turchia ha inoltre annunciato una serie di misure protettive per garantire la libera navigazione nel Mediterraneo delle navi dirette a Gaza, come illustrato nel post precedente.
La commissione dei quattro capeggiata dal filo-sionista Geoffrey Palmer si è rivelata un castello di carte talmente fragile e improponibile, che perfino uno dei suoi componenti - l’incaricato della Turchia - si è sentito in dovere di prendere le distanze dall’esito ufficiale della cosiddetta “inchiesta”. Infatti a conclusione del documento - nell’ultima pagina del rapporto (pag. 105) è pubblicata l’obiezione dell’ex ambasciatore e giurista turco Sanberk, rappresentante per la Turchia nella conduzione dell’inchiesta e stesura del rapporto, che termina il documento dichiarando di dissociarsi e di rigettare il rapporto nelle conclusioni e raccomandazioni contestate.
Le ragioni per cui Sanberk si dissocia
Dichiara Süleyman Özdem Sanberk nel documento:
«Con la presente faccio registrare il mio disaccordo con la Presidenza (Uribe e Palmer) in merito ai seguenti aspetti contenuti nel rapporto:
- La questione della legalità del blocco imposto a Gaza da Israele;
- Le azioni della Flotilla;
- I blocchi navali in generale;
- Appendice: I princìpi legali internazionali applicabili.
«Le mie ragioni sono le seguenti:
- «In merito all’aspetto legale del Blocco di Gaza, la Turchia e Israele hanno presentato due argomentazioni opposte. Le autorità giuridiche internazionali sono divise sulla questione visto che è senza precedenti, che è estremamente complessa e che il quadro giuridico manca della codifica necessaria. Eppure, la Presidenza di questa commissione si è schierata nella stesura del rapporto totalmente dalla parte della versione di Israele e ha categoricamente respinto le opinioni dell’altra parte, nonostante il fatto che le argomentazioni giuridiche presentate dalla Turchia siano state supportate dalla vasta maggioranza della Comunità Internazionale. Il buonsenso e la coscienza impongono la conclusione che il Blocco di Gaza sia illegale.
- «Anche il Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU ha concluso che il Blocco di Gaza è illegale. Il Rapporto della Commissione di Inchiesta del Consiglio per i Diritti Umani ha ricevuto l’ampio consenso da parte degli Stati membri.
- «La Libertà e Sicurezza della navigazione è parte integrante del Diritto Internazionale e una regola universalmente accettata. Non possono esserci eccezioni a questo principio consolidato a meno che non ci si una convergenza di vedute universale.
- «Le intenzioni dei partecipanti al Convoglio Umanitario Internazionale (la Freedom Flotilla) erano appunto Umanitarie e riflettevano le preoccupazioni della vasta maggioranza della Comunità Internazionale. I partecipanti sono stati attaccati in acque internazionali. Hanno opposto resistenza per proteggersi. Nove civili furono uccisi e molti altri civili furono feriti dai commandos israeliani. Una delle vittime è ancora in coma. L’evidenza conferma che almeno alcune delle vittime sono state uccise deliberatamente.
- «Non è soddisfacente nel rapporto la formulazione per descrivere la portata delle atrocità a cui le vittime furono sottoposte. Ciò include la vastità dei maltrattamenti subìti dai passeggeri nelle mani dei soldati e ufficiali israeliani.
«In ragione di quanto in alto, rigetto e mi dissocio dal rapporto nelle parti pertinenti, riflesse nei paragrafi ii, iv, v, vii delle conclusioni del rapporto, e nei paragrafi ii, iv, v, vii, viii e ix delle raccomandazioni contenute sempre nel testo del rapporto».
* * *
Scrive il giornale ebreo Forward: «Nel tentativo di sbloccare la situazione e prevenire ulteriori tensioni, la commissione Palmer raccomandava che Israele e Turchia ristabilissero relazioni diplomatiche normali e avviassero un forum politico per scambi di vedute. Ma gli eventi sembrano scivolare nella direzione opposta. Mentre si intensifica lo scontro verbale tra Ankara e Tel Aviv [scrivono ‘Gerusalemme’, ovviamente un errore], il ministro degli esteri israeliano Avigdor Lieberman minaccia di dare supporto al PKK - Kurdistan Workers Party. Il gruppo è il nemico giurato della Turchia ed è identificato come organizzazione terrorista dal Ministero degli Esteri USA, dalla NATO, e dall'Unione Europea. Il 13 settembre, un giorno dopo la pubblicazione del rapporto Palmer, il premier turco Erdogan ha annunciato durante la conferenza stampa in Cairo, che la Turchia avrebbe usato “ogni mezzo” per garantire la libertà di navigazione nel Mediterraneo orientale».
Viene da chiedersi: «qualcuno è sorpreso che Israele si voglia servire di gruppi terroristici per creare problemi a chi si opponga alla volontà sionista? Davvero sarebbe la prima volta? ...»
L'intervista a Mark Dankof
In un'intervista rilasciata a Press-Tv in merito alle conclusioni del ‘rapporto Palmer’, il candidato al senato americano Mark Dankof commentava:
«Per quanto riguarda l’attacco alla Mavi Marmara va specificato che la nave batteva bandiera turca e che al momento dell’assalto da parte delle forze israeliane navigava in acque internazionali e quindi né in acque israeliane, né in acque di Gaza. È stato dimostrato chiaramente che i partecipanti alla Flotilla non portavano armi, che 9 attivisti turchi furono uccisi e decine furono feriti, e secondo il Diritto Internazionale questo è stato un chiaro atto di guerra da parte di Israele nei confronti della Turchia. La reazione della Turchia è stata moderata fino all’estremo. Visto che la NATO è alla costante ricerca di qualcuno da attaccare e visto che la Turchia è un membro della NATO contro cui Israele ha commesso un atto di guerra non provocato, c’è da chiedersi perché Washington non abbia deciso un intervento militare contro Israele.
«Perfino all’arrivo forzato della Mavi Marmara nel porto di Ashdod è stato ufficialmente constatato che non c’erano armi a bordo. Questo è stato un atto di guerra contro la Turchia e francamente trovo oltraggioso che l’Onu e gli USA non abbiano reagito con forza. Ancora una volta Washington si è comportata da apologista per Israele e le sue attività criminali».
Continua Mark Dankof: «In merito all’assedio di Gaza: davvero è ancora necessario ribadire che si tratta di una situazione chiaramente illegale? Il rapporto Palmer è stato il tentativo di stendere una mano di vernice bianca per nascondere i crimini di Israele, e di esonerare Israele da tutti gli atti illegali commessi fin da quando ha dichiarato la propria esistenza».
Aggiungeva l’esperto in collegamento con Press-Tv da Dublino: «Gli assedi sono illegali. Perfino Kennedy durante la crisi dei missili di Cuba negli anni ‘60 - quando voleva imporre l’assedio a Cuba - si è ben guardato dal chiamarlo ‘assedio’ di Cuba o ‘blocco navale’ di Cuba: l’ha chiamato ‘quarantena’».
Domanda la giornalista di Press-Tv: «In precedenza una Commissione di Inchiesta incaricata dall’Onu aveva dichiarato ‘illegale’ il blocco di Gaza. Perché allora assistiamo a dichiarazioni tanto grossolane da parte del gruppo Palmer?»
Risponde Mark Dankof: «Credo sia molto chiaro che Israele e gli USA stiano ricattando molta gente, comprese persone nell’ONU, per ottenere dichiarazioni favorevoli a Israele. Se guardiamo cosa è successo con la recente spedizione della Freedom Flotilla 2 che doveva salpare dalla Grecia, è chiaro che ci sono state manovre per indurre il governo greco a trattenere la FF2 con pretesti che non stavano in piedi. Che le pressioni siano arrivate dalla Banca Centrale o direttamente dagli USA, è chiaro che le varie nazioni sono sotto ricatto da parte degli USA per salvare l’immagine di Israele.
«È il ministro degli esteri americano, Hillary Clinton, che difende gli interessi della Israel Lobby in ogni istanza che vede Israele sotto accusa. Riguardo alla Flotilla la Clinton sta dalla parte di Israele, insieme agli USA e alla UE, nel criminalizzare coloro che chiaramente non sono criminali e demonizzare con l’appellativo di terroristi coloro che chiaramente non sono terroristi. È stata lei a dichiarare ufficialmente che i partecipanti alla Flotilla violassero il Neutrality Act degli USA e dovevano essere imputati di supporto materiale al terrorismo sotto il cosiddetto Patriot Act. A tutti è chiaro come stanno le cose. Ma è chiaro anche, che questi espedienti in genere funzionano a breve termine per Israele, ma a lungo termine è Israele che perde.
«Secondo Israele, i passeggeri della Flotilla non avevano il diritto di difendersi in acque internazionali quando venivano attaccati illegalmente. Ancora una volta Israele è l’unica entità che può continuare a violare le leggi internazionali impunemente e avanzare certe pretese. E tutto questo continuerà fino a quando il popolo americano non deciderà di rivoltarsi. Gli israeliani intanto si stanno già rivoltando contro le politiche di Netanyahu».
Chiede la giornalista di Press-Tv: «Quanto rimarrà isolata Israele d’ora in poi? Considerando che l’Egitto sta ora cominciando a mettere in discussione il Trattato di Pace e ci sarà la richiesta per lo Stato Palestinese presso l’ONU, qual è la posta in gioco per Israele?»
Risponde Mark Dankof: «Tutto è in gioco per Israele. Israele sta rischiando perché le sue politiche e il suo comportamento stanno alienando non solo i popoli arabi, ma i popoli del mondo intero. Cosa viene in mente quando si pensa a Israele?
Bambino di Gaza colpito dal fosforo bianco che brucia fino all'osso |
L'articolo di Greta Berlin
Greta Berlin, esperta in comunicazioni di massa e co-fondatrice del Free Gaza Movement, ha partecipato in ognuna delle spedizioni della Freedom Flotilla. Commenta così in un articolo la famosa portavoce del movimento umanitario pro-palestinese:
«Ci sono gravi problemi con la ‘commissione Palmer’ - sia in merito alla composizione dei membri che al mandato che all’analisi legale. Ma l’aspetto più inquietante è che questa commissione incaricata dal Segretario Generale dell’Onu condoni le macroscopiche violazioni dei diritti umani e nazionali del Popolo Palestinese, e dei diritti di coloro che agiscono in solidarietà con Gaza.
«La scelta di Uribe come vice-presidente della commissione è sospetta a dire poco, vista la sua responsabilità nell’uccisione dei civili colombiani. Peraltro, la commissione è stata incaricata esclusivamente di esaminare i rapporti delle indagini separate condotte da Turchia e Israele, non di condurre indagini approfondite per conto proprio. E lo scopo ufficiale della revisione era di trovare la via per una riconciliazione tra Turchia e Israele.
«Nei 15 mesi dall’attacco ingiustificato di Israele alla Flotilla e la Mavi Marmara in particolare, con a bordo difensori dei diritti umani, Israele ha tentato di fornire una versione secondo cui i commandos israeliani armati fino ai denti sarebbero stati le vittime e noi gli aggressori, quando invece sono stati loro ad assaltare la Flotilla senza motivo o provocazione di alcun tipo. Da rapporti stesi in precedenza emerge la chiara responsabilità di Israele per l’uccisione dei civili disarmati.
«La Missione di inchiesta incaricata dal Consiglio per i Diritti Umani dell’Onu ha sancito che l’assedio di Gaza è illegale e insostenibile, a prescindere dalle presunte motivazioni, ed in violazione dell’Articolo 33 della Quarta Convenzione di Ginevra. Ha sancito inoltre, che la Freedom Flotilla non presentava alcuna minaccia per Israele, né tantomeno intenzioni belligeranti. Per cui l’intercettazione in mare da parte dei militari israeliani è stata illegale e non poteva essere giustificata come presunta ‘autodifesa’.
«Israele si era rifiutata di cooperare con questa Missione del Consiglio per i Diritti Umani, nonostante l’Onu e i governi dei paesi ovunque nel mondo auspicassero una tale inchiesta indipendente sull’assalto.
«Invece Israele ha istituito la propria commissione di inchiesta interna composta di soli elementi israeliani, chiamata Commissione Turkel secondo il nome del giudice in pensione che l’ha presieduta.
«Il 23 gennaio 2011 la commissione israeliana ha ufficializzato un rapporto che esonerava i commandos di assalto israeliani e ha dichiarato legale il Blocco di Gaza [ma che sorpresa!]. La commissione Turkel non ha mai intervistato un solo passeggero della Flotilla o un membro dell’equipaggio. Le uniche testimonianze raccolte furono quelle dei commandos di assalto israeliani.
Il 28 gennaio 2011, qualche giorno dopo la pubblicazione del rapporto Turkel, Amnesty International ha condannato il rapporto come ‘whitewash’ - e cioè, un tentativo di mascherare i crimini di Israele. Dichiarava Amnesty International nel suo rapporto : «Nonostante le sue 300 pagine, il rapporto Turkel non fornisce alcuna spiegazione sulla morte degli attivisti e quali siano le conclusioni riguardo alle specifiche azioni dei commandos di assalto israeliani per ogni singola uccisione».
Le dichiarazioni della giurista Audrey Bomse
Audrey Bomse, presidente dell’Associazione Nazionale Americana degli Avvocati per il ‘Comitato Free Palestine’ e attiva come giurista da oltre 20 anni, ha praticato in Gerusalemme e Ramallah per sei anni ed è ora Consulente Legale per ‘Free Gaza Movement’.
Il 14 settembre, due giorni dopo la relazione ufficiale della Commissione dei Massimi Esperti in Diritti dell’Uomo fornita al Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU, Audrey Bomse ha pubblicato un articolo nel quale dichiara:
«... Gli esperti incaricati dal Consiglio per i Diritti Umani dell’Onu hanno rigettato le conclusioni del rapporto Palmer/Uribe e hanno chiesto “la cessazione immediata del Blocco di Gaza e che si provveda a fornire ai cittadini di Gaza l’appropriata protezione prevista secondo il Diritto Internazionale”.
«Per questa ragione, fino a quando la Corte Penale Internazionale non si pronunci ufficialmente in merito all’assedio e al blocco navale di Gaza imposto da Israele, e quindi in merito all’attacco israeliano della Mavi Marmara e di altre navi della Flotilla, le conclusioni e raccomandazioni del rapporto Palmer/Uribe non meritano considerazione alcuna.
«La scelta dell’ex presidente colombiano Uribe come vice-presidente della commissione mette in discussione l’integrità e imparzialità della commissione, viste le accuse mosse a Uribe da parte di organizzazioni umanitarie riguardo alla sua complicità con le sfere militari e paramilitari responsabili di sistematiche uccisioni di civili in Colombia e visto il suo disprezzo per i difensori dei Diritti Umani.
Alvàro Uribe e il ministro delgi esteri israeliano Lieberman |
«È per altro deplorevole la complicità di Uribe con Israele, che durante il suo mandato come presidente era il maggiore fornitore di armi per la Colombia. Questo aspetto costituisce un manifesto conflitto di interessi non menzionato nel rapporto Palmer/Uribe.
«È importante notare, che il 50% della commissione era composto dai rappresentanti delle due parti in causa (Turchia e Israele). Come ha fatto notare la Commissione di inchiesta del Consiglio per i Diritti Umani dell’Onu: “... viene a mancare la fiducia pubblica in qualunque processo investigativo nel quale il soggetto sotto inchiesta indaghi sé stesso o giochi un ruolo centrale nell’indagine”.
«Il mandato limitato della commissione Palmer/Uribe non prevedeva un’indagine separata, ma unicamente di “ricevere e revisionare i rapporti stesi rispettivamente da Turchia e Israele con l’obiettivo di influire positivamente sulle relazioni tra Turchia e Israele e sulla situazione generale del Medio Oriente” - un obiettivo politico per il quale la commissione e le sue conclusioni hanno rappresentato un fallimento colossale [visti i recenti sviluppi diplomatici nei confronti di Israele nella regione, con l’espulsione o l’allontanamento forzato degli ambasciatori israeliani in Turchia, Egitto e Giordania].
«Per ammissione stessa della commissione - un fatto taciuto nei media - visto che le informazioni sono state ottenute per vie diplomatiche e non giuridiche, “la commissione non può fornire risultati in merito ai fatti o agli aspetti legali. Può solo fornire opinioni”.
«In ragione dell’incapacità dei 4 membri della commissione di raggiungere un consenso unanime [visto che il rappresentate della Turchia si è dissociato dalle conclusioni del rapporto], le conclusioni e raccomandazioni del rapporto Palmer/Uribe non rappresentano altro che le opinioni di due politici, la cui obiettività è discutibile per le ragioni illustrate.
«La Commissione di Inchiesta incaricata dal Consiglio per i Diritti Umani dell’Onu, basandosi sulle Leggi Internazionali relative alle Convenzioni ONU del Diritto Marittimo, sul Manuale Internazionale di San Remo Applicabile al Conflitto Armato in Mare, e sulle leggi relative ai conflitti armati in generale - peraltro le stesse analizzate anche dalla commissione Palmer/Uribe - concludeva che “il Blocco di Gaza genera danni sproporzionati alla popolazione civile. Di conseguenza, l’impedimento della Flotilla di raggiungere Gaza perché intercettata in mare da Israele non può essere giustificato e deve essere considerato illegale”. – La Commissione di Inchiesta ha sancito che la crisi umanitaria di Gaza “è totalmente intollerabile e inaccettabile nel 21esimo secolo, e il Blocco è quindi illegale, a prescindere da qualsiasi presunta motivazione addotta”.
«Riguardo al massacro dei passeggeri della Mavi Marmara, la Commissione di Inchiesta dichiarava inoltre che “le prove raccolte parlano chiaro e giustificano l’incriminazione per: uccisione volontaria; tortura e trattamento inumano; volontà di infliggere gravi ferite e grande sofferenza”.
«La Commissione di Inchiesta ha inoltre stabilito che a bordo delle navi della Flotilla e durante la detenzione militare e nelle carceri israeliane, “il trattamento degli attivisti internazionali è stato crudele, disumano e degradante” e costituiva di conseguenza un atto criminale.
«Perfino la commissione Palmer/Uribe concludeva che “i passeggeri della Flotilla hanno subìto gravi maltrattamenti da parte delle autorità israeliane, sia durante l’attacco delle navi sia durante la detenzione”.
Audrey Bomse, che ha preso parte alla Flotilla per Gaza, conclude l’articolo dichiarando: «Le armi israeliane e il trattamento disumano non ci hanno scoraggiato; né ci possono scoraggiare le conclusioni devianti di rapporti politicamente motivati.
«In conclusione, rigettiamo categoricamente le raccomandazioni della commissione Palmer/Uribe che “ogni missione umanitaria che voglia fornire assistenza alla Popolazione di Gaza dovrà agire per mezzo di procedure stabilite e passare attraverso gli appositi passaggi via terra, previa consultazione con il governo di Israele e l”Autorità Palestinese” [presieduta dal collaborazionista Abbas 'Abu Mazen']»
«La Liberazione di Gaza non può avvenire per mezzo di procedure stabilite da Israele».
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