domenica 30 agosto 2009

B. Memoriale dei villaggi palestinesi distrutti: 33. Shaykh Muwannis, distrutto e trasformato in campus universitario di Tel Aviv con Club Insegnanti.

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«Non mi faccio illusioni: ci vorrà ben più di questo libro per ribaltare una realtà che demonizza un popolo colonizzato, espulso, occupato, e glorifica invece quello stesso popolo che l’ha colonizzato» (ivi, 220). I Lettori di “Civium Libertas” sono invitati a collaborare alla redazione di un Memoriale per ogni singolo villaggio distrutto durante la pulizia etnica del 1948 e negli anni successivi fino al nostro presente.

Personalmente, avverto un forte senso di disgusto ed indignazione quando leggo in limine Shlomo Ben-Ami, che nella Prefazione al ben recensito suo volume sulla Palestina, rende colpevole gli arabi per la loro durissima e tenace opposizione «ad accettare una comunità ebraica al loro interno» (op. cit., 11). Da fervente sionista con pratica di ambasciatore, costui pensa di poter impunemente coniugare ipocrisia morale ed eufemismo diplomatico. In realtà, gli ebrei avevano convissuto pacificamente con gli arabi per tutti gli anni che precedettero i primi insediamenti coloniali sionisti nel 1882. Da quest’anno le cose cominciano progressivamente a deteriorarsi con vivissimo disappunto sia degli ebrei residenti ante 1882 sia dei loro ospiti arabi. Le fonti dottrinali del sionismo e la sua prassi politica documentazione che la pulizia etnica dei palestinesi era contenuta in nuce nella genesi stessa del sionismo, che non ha autonoma consistenza senza il suo contenuto razzista e coloniale. L’ambasciatore scrittore Ben Ami, che ben si guarda dall’attingere a fonti primarie, è inoltre ambiguo nell’uso dell’espressione “comunità ebraica” quasi che “ebraico” fosse la stessa cosa di “sionista”.

Links:
1. All That Remains: The Palestinian Villages Occupied and Depopulated by Israel in 1948.
2. Institut for Palestine Studies. The most reliable sorce of information and analysis on Palestinian affair and the Arab-Israeli conflict.
3. I villaggi distrutti.


32. Yajur 33. 34. Khirbat Lid

Shaykh Muwannis

Sommario: Il mito della fuga palestinese. – 2. La Serra di Tel Aviv. – 3. Camera con vista. –

1. Il mito della fuga palestinese. – A negare decisamente una siffatta equivalenza, oltre a scrittori ebrei come Rabkin, troviamo anche lo storico Pappe che qui di seguito descrive l’urbicidio del 1948, attingendo a fonti primarie. Il villaggio di Khirbat al-Manshiyya subisce la sorte che era stata freddamente premeditata nei decenni precedenti dalla ferocia coloniale sionista.
Già verso la fine di marzo, le incursioni ebraiche avevano distrutto una gran parte dell’entroterra rurale di Giaffa e di Tel Aviv. C’era un’apparente divisione di compiti tra l’Haganà e l’Irgun. Mentre l’Haganà si spostava in modo ordinato da un posto all’altro secondo un piano, l’Irgun si permetteva azioni sporadiche in villaggi non inclusi nell’elenco originale. Ed è così che l’Irgun arrivò al villaggio di Shaykh Muwannis (o Munis, come è conosciuto oggi) il 30 marzo e ne cacciò con la forza gli abitanti. Oggi, sopra le rovine del villaggio, si estende l’elegante campus dell’Università di Tel Aviv, mentre una delle poche case rimaste ospita il club del corpo insegnante40.

Senza il tacito accordo tra l’Haganà e l’Irgun, Shaykh Muwannis forse si sarebbe salvato. I capi del villaggio si erano seriamente sforzati di intrattenere rapporti cordiali con l’Haganà, proprio per evitare l’espulsione degli abitanti, ma gli “arabisti” che avevano concluso l’accordo, il giorno in cui comparve l’Irgun ed espulse il villaggio intero, erano spariti41.

Ad aprile le operazioni nelle campagne erano più strettamente collegate all’urbicidio. I villaggi vicini ai centri urbani furono occupati e i loro abitanti espulsi, e, a volte, anche massacrati in una campagna di terrore volta a preparare il terreno per la conquista delle città.

La Consulta si incontrò di nuovo mercoledì 7 aprile 1948. Si decise di distruggere tutti i villaggi sulla strada Tel Aviv-Haifa e Gerusalemme-Giaffa ed espellerne gli abitanti. Alla fine della giornata, quasi nessun villaggio era stato risparmiato, a parte pochissimi 42.

Così, il giorno in cui l’Irgun cancellò Shaykh Muwannis, l’Haganà occupò in una settimana sei villaggi nella stessa zona: Khirbat Azzun fu il primo, il 2 aprile, seguito da Khirbat Lid, Arab al-Fuqara, Arab al-Nufay'at e Damira, tutti epurati entro il 10 aprile, e Cherquis il 15. Prima della fine del mese, altri tre villaggi in prossimità di Giaffa e di Tel Aviv, Khirbat al-Manshiyya, Biyar ‘Adas e il grosso paese di Miska, furono presi e distrutti43.

Tutto ciò avvenne prima che riuscisse a entrare in Palestina il primo soldato regolare arabo, e ora diventa arduo tenere il passo, sia per gli storici di allora che per quelli successivi. Tra il 30 marzo e il 15 maggio, furono occupati 200 villaggi e i loro abitanti espulsi. Questo è un fatto che deve essere ripetuto, poiché infrange il mito israeliano secondo il quale gli “arabi” fuggirono quando cominciò l’«invasione araba». Circa metà dei villaggi arabi erano già stati attaccati quando, alla fine, come sappiamo, i governi arabi, pur riluttanti, decisero di inviare le loro truppe. Altri 90 villaggi sarebbero stati cancellati tra il 15 maggio e l’11 giugno, quando finalmente entrò in vigore la prima delle due tregue 44.
Ilan Pappe,
op. cit., 132-133
Note:
40. Deposizione resa da Hanna Abuied, sul sito web www.palestineremember.com.
41. Benny Morris, The Birth of the Palestinian Refugee Problem, p. 118. [La lettura di Morris, che non si può tuttavia ignorare, ci riesce quanto mai irritante. Ad esempio, ci dà qui fastidio già il solo titolo: per noi non di “problema” si tratta, ma di vero e proprio crimine. L’uso del termine “problema” fa già capire in quale ottica si pone lo storico ufficiale di regime Benny Morris e quale uso delle fonti, messe a sua disposizione, ci si può aspettare che faccia. La lettura di Morris va perciò fatta con il dovuto sospetto e la dovuta circospezione. Nota di A.C. alla nota di I.P.]
42. Benny Morris, nella versione ebraica, fa riferimento alla riunione a p. 95, Ben Gurion lo ricorda nel suo Diary.
43. Molte di queste operazioni sono ricordate in ibidem, pp. 137-167.
44. Le informazioni più precise sui numeri, metodi e le mappe sono in Salman Abu Sitta, Atlas of the Nakbah.
Rimarchevole il fatto che il campus dell’università di Tel Aviv sorga sopra le rovine del villaggio di Shaykh Muwannis e che addirittura «una delle poche case rimaste ospita il club del corpo insegnante» (ivi, 132). E dire che quando si parla in Inghilterra e in Europa di boicottaggio accademico si trova chi tira fuori i principi della libertà scientifica e simili corbellerie, ignorando da dove nasce e su cosa lavora gran parte del “corpo insegnante” israeliano. Voci fuori del coro come quella di Ilan Pappe subiscono minacce e devono emigrare.

2. La Serra di Tel Aviv. – L’Epilogo che chiude il libro di Pappe sulla Pulizia etnica della Palestina inizia con un paragrafo dedicato all’Università di Tel Aviv che con singolare ignoranza è stata edificata su un villaggio palestinese distrutto, mantenendo un solo edificio di pregio che è stato adibito a Club degli Insegnati, mutandone il nome per cancellare una coscienza invero assai sporca che poco si addice alla retorica accademica, in nome del quale si vuole negare ai docenti europei il sacrosanto diritto di boicottare le università israeliane.
L’Università di Tel Aviv, come tutte le altre università israeliane, è impegnata a promuovere la libertà della ricerca accademica. Il circolo degli insegnanti dell'Università di Tel Aviv si chiama la Serra. In origine era la casa del mukhtar del villaggio di Shaykh Muwannis, ma se vi capitasse di essere invitati a pranzo o di partecipare a un seminario sulla storia del paese o sulla città di Tel Aviv, non ve ne accorgereste affatto. Nel menù del ristorante del circolo si legge che l'edificio fu costruito nell'Ottocento ed era appartenuto a un uomo facoltoso di nome Shaykh Munis: un uomo senza volto, fittizio, messo lì in un non-luogo fittizio, come lo sono le altre persone “senza volto” che una volta vivevano nel villaggio distrutto di Shaykh Muwannis, sulle cui rovine l’Università di Tel Aviv ha costruito il suo campus. In altri termini la Serra compendia la negazione del piano strategico del sionismo per la pulizia etnica della Palestina, messo a punto non lontano da lì, lungo la spiaggia, in Yarkon Street, al terzo piano della Casa Rossa.
I. Pappe, op. cit., 305.
Mi chiedo come si sentano gli insegnanti israeliani che pranzano alla Serra. Credo che si sentano bene e non abbiano scrupoli di sorta. La coscienza si piega facilmente al proprio comodo e del resto se proprio vogliamo dar credito alla stato ebraico, cioè fondato sulla tradizione religiosa di quella sublime religione che è il monoteismo mosaico, fatto di odio per i goym, votati allo sterminio per volere divino, non è difficile trovare un’autogiustificazione ad un vero e proprio processo di conquista e occupazione coloniale. Proprio non credo che quanti in Israele, giunti come immigrati privilegiati di elezione, da ogni parte del mondo, abbiano scrupoli a godere di terre e proprietà altrui regalate loro da un governo di sopraffazione criminale. A caval Donato – dice un noto proverbio – non si guarda in bocca. Mi viene da sorridere quando si parla di opinione pubblica israeliana, che sposterebbe le sue percentuali ora da una parte ora dall’altra. Viene da pensare alla famosa società dei ladroni ed alle loro regole democratiche, benintesi fra ladroni ed escludendo accuratamente i derubati, ai quali viene ora inibita perfino la memoria del furto e dello sfregio subito. Mi riesce difficile immaginare una società più barbara e disumana.

3. Camera con vista. – Dal testo di Pappe, senza bisogno di fare alcun turismo tragico in Israele, apprendiamo che lasciata la Casa Rossa, dove la Consulta si riuniva, ora dalla nuova sede si poteva osservare il villaggio di Shaykh Muwannis, distrutto, privato dei suoi abitanti e poi trasformato in campus universitario di Tel Aviv.
La Consulta continuava a riunirsi, ma con meno regolarità poiché lo Stato ebraico era ormai un/atto compiuto con un governo, un Consiglio dei ministri, un comando militare, i servizi segreti ecc, tutti in funzione. Non ci si preoccupava più del piano generale di espulsione: dopo l’avvio del Piano Dalet i risultati erano più che soddisfacenti e non occorrevano ulteriori coordinamenti o controlli. Ora il problema principale era di avere truppe sufficienti per sostenere una “guerra” su due fronti: contro gli eserciti arabi e contro un milione di palestinesi, i quali, secondo la legge internazionale, il 15 maggio erano diventati cittadini israeliani. Alla fine di maggio, anche queste preoccupazioni erano scomparse. L’unica novità nel funzionamento della Consulta fu il trasferimento della sede in un nuovo edificio, sulla cima di una collina da cui si vedeva il villaggio di Shaykh Muwannis, dal quale erano stati espulsi i palestinesi. La sede divenne poi il Matkal, quartier generale dello Stato Maggiore dell’esercito israeliano.11 Da questa nuova posizione strategica, la Consulta poteva osservare i terribili attacchi che ebbero inizio illo maggio contro i villaggi palestinesi della zona, che non furono gli unici: lo stesso giorno furono compiute operazioni identiche nei villaggi a est e a nord. La brigata Alexandroni ebbe l'incarico di ripulire i villaggi a est e a nord di Tel Aviv e di Giaffa e ricevette poi l’ordine di spostarsi a nord per cominciare a cacciare, insieme ad altre unità, la popolazione palestinese dalla costa fino a Haifa.

I. Pappe, op. cit., 165
Note:
11. Vedi Maqor Rishhon. Il motivo citato fu quello di colpi diretti sulla Casa Rossa e sull’appartamento di Ben Gurion da parte di aerei egiziani.
Alcune considerazioni si impongono. Ne accenniamo brevemente. Per quanto riguarda il nazismo, o meglio ciò che al nazismo si attribuisce comunemente, vi sono pafrecchie persone che in Germania vengono condannate perchè si ostinano a sostenere che le cose non stanno esattamente così come vengono raccontate. Se analoghi criteri dovessero adottarsi per la pulizia etnica della Palestina – crimine non meno orrendo e certo della cosiddetta Shoah –, basta studiare la logistica dei luoghi per avere una prova ai massimi livelli del crimine perpetrato. È incredibile e disgustoso come ogni giorno dai sistemi mediatici di propaganda veniamo bombardati con la presunta intenzione di Ahmadinejad di cancellare dalla carta geografica lo stato di Israele, cioè di fare quanto i sionisti hanno già fatto con la Palestina. Temono che venga fatto loro ciò che hanno già fatto ad altri e vogliono premunirsi con una guerra preventiva: Afghanistan, Iraq ed ora anche Iran! In pratica, tutto il mondo è a rischio di guerra per le armi dell’orso americano che ubbidisce docilmente ai comandi e agli input della Lobby.

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