CHI È IL CUSTODE DELLA COSTITUZIONE?
Sommario: 1. La polemica sulla costituzione. – 2. Il custode della costituzione. – 3. La difesa della costituzione. – 4. Il ruolo della Corte Costituzionale. – 5. Il concetto di costituzione. – 6. Potere costituente e potere costituito.
1. La polemica sulla costituzione. – Nella polemica sulla Costituzione, seguita alla (abortita) decretazione d’urgenza nel caso Englaro, gran parte della sinistra è saltata su – senza spiegare (come spesso succede) quel che sostiene – a gridare che Berlusconi sta attentando alla Costituzione. Questo perché l’opinione di BerlusconiSommario: 1. La polemica sulla costituzione. – 2. Il custode della costituzione. – 3. La difesa della costituzione. – 4. Il ruolo della Corte Costituzionale. – 5. Il concetto di costituzione. – 6. Potere costituente e potere costituito.
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2. Il custode della costituzione. – Ma il più sorprendente in tale polemica è che nessuno abbia notato come la difesa del Presidente della Repubblica, presentato come primo magistrato, supremo regolatore, custode della Costituzione, sia proprio quella che alcuni dei referenti culturali “storici” di questa sinistra senescente, rifiutavano decisamente.
Ad esempio
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Quindi a ratione majus valgono per l’attuale Presidente della Repubblica gli argomenti di Kelsen, sopra ricordati. Onde valutare tuttavia la contrapposta tesi di Schmitt occorre premettere che i due grandi giuristi, com’è noto, partono da concezioni diverse della Costituzione: onde se è diverso il custodito lo deve essere anche il custode. Secondo Carl Schmitt
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Queste decisioni politiche fondamentali sono, prosegue Schmitt, quelle per la democrazia, la repubblica, l’ordinamento federale, lo Stato (borghese) di diritto e così via. Per cui “tutto quello che c’è all’interno del Reich tedesco nella legalità e nella normatività, vale soltanto sulla base e nell’ambito di queste decisioni. Esse formano la sostanza della Costituzione”.
È chiaro che se costituzione, come sostiene Schmitt, è la forma e l’esistenza politica (per la verità questa presupposto della costituzione) con i caratteri democratico, federale, repubblicano (e quant’altro) il custode della Costituzione (così inteso) può essere solo chi disponga sia di consenso, che di esercito, polizia, cannoni, questi “bei pezzi di Costituzione” come scriveva Ferdinand Lassalle.
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3. La difesa della costituzione. – È il caso di esaminare la contrapposta tesi di Schmitt che difendere la Costituzione sia compito del potere politico, nello specifico (per Weimar) del Presidente del Reich. Com’è noto Schmitt riprende la teoria del “pouvoir neutre” di Benjamin Constant.
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In uno Stato borghese di diritto, basato sulla distinzione dei poteri è necessario che vi sia un’autorità in grado di dirimerne i conflitti o evitare le “impasse” costituzionali. Ancor più nello Stato contemporaneo (del XX secolo) in cui il Parlamento è il “teatro di un sistema pluralista” e ha cambiato senso (o è del tutto venuta meno) la distinzione tra Stato e società, base del costituzionalismo del XIX secolo: Lo Stato è divenuto l’autorganizzazione della società. Dopo di ciò che esista un custode indipendente dagli altri poteri è ancor più necessario. Ma perché il custode abbia senso, è necessario un nuovo fondamento, perché “L’indipendenza è il presupposto fondamentale e tutti i progetti di un custode della costituzione si basano sull’idea di creare un’istanza indipendente e neutrale”. E un Presidente eletto non è al di sopra della lotta politico-partitica come un monarca ereditario. La soluzione secondo Schmitt era data dal carattere democratico-plebiscitario del Presidente, scelto dal corpo elettorale: “Il Presidente del Reich sta al punto centrale di un intero sistema di neutralità politico-partitica e di indipendenza, costruito su un presupposto plebiscitario”.
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La concezione di Schmitt si sostiene, chiaramente, sul rapporto tra due unità. L’unità del popolo (uno) che esprime plebiscitoriamente il Capo dello Stato. Le attribuzioni, assai rilevanti, del presidente del Reich, ben più estese e importanti di quelle del nostro Presidente della repubblica sono un argomento, indubbiamente di rilievo, ma comunque secondario rispetto all’unità del popolo che è contrapposto a pluralismo, policrazia e articolazioni di potere ed organi dello Stato di diritto. Di fronte al quale il Presidente responsabile verso il corpo elettorale e cioè verso (l’organo rappresentativo) del popolo si contrappone alle decisioni (e ai conflitti) che possono attentare l’unità, l’esistenza politica e la forma dello Stato.
È chiaro che al Presidente della Repubblica italiana mancano le competenze che facevano del Presidente del Reich un credibile custode della Costituzione. In primo luogo quella sullo stato d’eccezione, di cui all’art. 48 della Costituzione di Weimar,
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Ma, al fine di escluderla, è più importante l’elezione parlamentare del Presidente: quale indipendenza può avere dal Parlamento, dalle coalizioni di partiti (e dalla “rappresentanze d’interessi” che nel Parlamento trovano brodo di cultura e attenzione costante) un Presidente che di quel teatro (o teatrino) è l’espressione o la conseguenza?
Come scriveva Schmitt “è di notevole importanza che tanto l’indipendenza dell’impiegato professionale quanto l’indipendenza del deputato parlamentare ed infine anche la posizione del Capo dello Stato, protetta con speciali privilegi e con una destituzione aggravata, sia assai strettamente legata con la rappresentazione della totalità dell’unità politica”: in effetti non potendoci essere un’ “indipendenza” nel senso di una depolitizzazione e neanche nel senso di una superiorità che sottragga del tutto la nomina del Presidente al placet delle fazioni in lotta, l’unico modo per salvaguardarla, almeno in parte, è far si che il Presidente venga eletto (e sia responsabile) nei confronti del corpo elettorale. Per cui le fazioni vengano stemperate nel corpo elettorale e non concordino tra loro, come nel sistema dell’elezione parlamentare, il Presidente eligendo. In questo senso, minore, il Presidente plebiscitato è garanzia d’indipendenza, comunque superiore a quello che può offrire un Presidente eletto dal Parlamento.
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4. Il ruolo della Corte Costituzionale. – Quel che bisogna escludere è che il “custode” della Costituzione possa essere la Corte costituzionale.
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Ad esempio possiamo ricordare che la Corte si è occupata del “diritto di precedenza dei lavoratori stagionali nelle assunzioni presso la medesima azienda e con la medesima qualifica” (Corte Cost., 04/03/2008, n. 44): ovvero dei requisiti del personale dei gruppi consiliari della Regione Abruzzo: “È incostituzionale l’art. 1, 22º comma l.reg. Abruzzo 8 giugno 2006 n. 16, nella parte in cui, abrogando le parole «in possesso dei requisiti per l’accesso alla categoria D» nell’art. 6, 3º comma, l.reg. Abruzzo 9 maggio 2001 n. 18, prescinde, per l’assegnazione della qualifica di responsabile delle segreterie dei gruppi consiliari e con riguardo ai soggetti esterni all’amministrazione, dal possesso dei suddetti requisiti, richiesti invece per i dipendenti interni” (Corte cost., 21/02/2008, n. 27), del registro regionale (marchigiano) degli amministratori di condominio “Sono incostituzionali gli art. 2, 1º comma, e 3, 1º e 3º comma, l.reg. Marche 9 dicembre 2005 n. 28, nella parte in cui prevedono l’istituzione, presso la struttura competente della giunta regionale, del registro regionale degli amministratori di condominio e di immobili in cui possono iscriversi coloro che siano in possesso di determinati requisiti professionali” (Corte cost., 02/03/2007, n. 57) e del personale in esubero da inserire nei ruoli del S.S.N. (regione Marche): “Sono incostituzionali gli art. 1, 2 e 3 l.reg. Marche 24 febbraio 2004 n. 4, nella parte in cui disciplinano l’inserimento nei ruoli del ssn del personale, già assunto con contratto a tempo indeterminato da unità operative o strutture sanitarie private, che risulti in esubero a seguito dei processi di riconversione o disattivazione o soppressione delle predette unità e strutture” (Corte cost., 10/05/2005, n. 190).
E così via: quanto sopra citato è una minima parte della minutaglia che costituisce il lavoro quotidiano della Corte Costituzionale.
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E il ragionamento si può fare anche partendo dall’altro corno del dilemma: quante sono le sentenze della Corte in cui ci si occupa delle decisioni politiche fondamentali (nel senso di “costituire” le forme e il tipo dell’unità politica)? Praticamente (quasi) nessuna. Più si sale verso il fondamento, il nocciolo duro della forma politica, più gli interventi della Corte Costituzionale si rarefanno: ad avvicinarsi, e nemmeno tanto, all’Empireo, cessano del tutto.
E se poi si va a vedere quello che la Corte può fare in caso di reale pericolo per la costituzione, non si può che sorridere: non si fermano con le sentenze o gli ufficiali giudiziari golpe o rivoluzioni. Gli uni e gli altri si possono arrestare con quei “bei pezzi di costituzione” che sono i reparti di polizia e militari. Così la Corte serve di più laddove il suo intervento è meno importante e decisivo. Il che non significa non apprezzarne la funzione: di grande utilità, data la frenesia d’iperlegislazione che possiede (nel senso demoniaco) lo Stato “sociale”; ma non è il caso di aspettarsi da essa quel che non può dare, e che molte anime belle credono che possa. Mentre invece, per tali aspettative finisce con l’essere come la natura di Leopardi: che “non rende poi ciò che promette allor” o che le anime belle credono che abbia promesso. Né, anche se è più vicino alla difesa della costituzione nel senso precisato, è granché rilevante la competenza della Corte a decidere dei conflitti di attribuzione tra “poteri dello Stato” o tra Stato e regioni (o tra regioni). Infatti essendo limitata (in senso oggettivo) alla tutela “della sfera di attribuzioni determinata per i vari poteri da norme costituzionali”, non ricomprende né quei conflitti che nascono dall’applicazione di norme di legge ordinaria, né quelli (e sarebbero i più importanti e decisivi) originati da disposizioni non esternate nella Costituzione.
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5. Il concetto di costituzione. – La distinzione di Schmitt tra costituzione e leggi costituzionali
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Ove si parta dalla concezione istituzionista del diritto nella formulazione di Santi Romano è chiaro che la costituzione non è l’insieme delle norme ordinate nel testo costituzionale, e che quindi il custode della costituzione non è il giudice che esamina, ed eventualmente annulla le disposizioni legislative contrarie alla normativa costituzionale, ma è chi garantisce che l’assetto, la posizione e i rapporti tra i vari elementi dello Stato permangano in un tutto ordinato. A questa totalità ordinata aggiunge o toglie poco – in misura quindi da non compromettere l’ordine – che singole norme siano violate: tant’è che nessuna delle tante leggi annullate dalla nostra Corte ha mai provocato una “crisi costituzionale” (e neppure una modifica) cui il giudice costituzionale abbia rimediato. Di converso importanti cambiamenti della costituzione materiale sono seguiti a disposizioni legislative (neppure contrarie a norme costituzionali): in particolare alle leggi elettorali maggioritarie che dal ’94 hanno (ripetutamente) cambiato il sistema per l’elezione del Parlamento. Proprio perché queste incidevano sui rapporti tra i massimi organi dello Stato e all’interno (e sulla formazione) dei medesimi. Le norme, come le pedine della scacchiera (v. sopra) sono mosse e non muovono.
In definitiva alle concezioni di Schmitt e Romano si può accostare quella di Hobbes sulla distinzione tra leggi fondamentali e non fondamentali.
Thomas Hobbes
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Col risultato che il “criterio della revisione” ci dice solo ciò che è soggetto alla procedura di revisione e non ciò che è costituzionale.
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6. Potere costituente e potere costituito. – Se si va poi a individuare chi è il custode della Costituzione, occorre partire da un’altra distinzione, che dobbiamo a Sieyés:
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Il problema quindi si pone se la custodia venga conferita a un potere costituito, e ove lo stesso non sia anche costituente (come si riteneva per le monarchie assolute, anche se fino al XVIII secolo non vi era consapevolezza del concetto di potere costituente).
La costituzioni che prevedono un custode della Costituzione, indicano anche i casi in cui si attiva la delimitazione delle competenze e dei poteri dell’organo costituito che esercita la funzione; e, in genere, tali disposizioni trattano in un unico contesto difesa dello Stato (da un’aggressione esterna o interna), difesa della costituzione, misure per fronteggiare eventi eccezionali (naturali o anche economici): onde la materia tende a confondersi con la disciplina dello stato d’emergenza.
In questo senso – di difesa dell’assetto e distribuzione dei poteri, e in particolare di quello sovrano, e dei fini della comunità politica – nella costituzione italiana vigente non c’è alcuna indicazione sull’organo costituito a ciò deputato. Solo la Corte costituzionale, nel caso decida su conflitti d’attribuzione, esercita un potere riconducibile (anche se assai limitato) a parte di quanto può sussumersi al concetto di “custodia della Costituzione”. Resta da vedere se da considerazioni non “letterali”, ma logico-sistematiche si possa identificare l’organo a ciò deputato.
In effetti l’unico organo che potrebbe essere (e fino ad un certo punto) un credibile ed efficace custode della Costituzione è il governo sia perché ha la disponibilità di quei bei “pezzi di costituzione” (quali sono le forze armate e quelle di polizia) sia per il carattere, ormai plebiscitario (di “fatto”) della sua designazione, e delle correlative responsabilità di fronte al corpo elettorale; sia per l’attribuzione costituzionale (art. 77) del potere di decretazione d’urgenza. È chiaro però che, diversamente da altre costituzioni, quella italiana non consente misure di sospensione dei diritti costituzionali, né, attraverso il controllo parlamentare della decretazione d’urgenza, un esercizio completamente autonomo di una simile funzione.
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Quello che sicuramente manca, è l’attribuzione a un organo: ma nel silenzio non rimane che ritenere la difesa della Costituzione conferita a una pluralità di organi e poteri, tutti aventi carattere rappresentativo esplicito (il Presidente della Repubblica e il Parlamento) o implicito (il Governo): onde la custodia della Costituzione appartiene a tutti, secondo le rispettive competenze conferite dalla Costituzione. Per cui a un decreto-legge emanato a quel fine concorrono il Governo che lo delibera (e lo esegue), il Capo dello Stato che lo emana, il parlamento che lo converte (o meno) in legge.
Rispetto ad altre soluzioni, questa può risultate incongrua perché farraginosa: ma è nella natura compromissoria e sostanzialmente diffidente verso poteri (e responsabilità) nettamente individuati (ed autonomamente esercitati) della nostra costituzione che sia così. Per cui anche per “custodire” la Costituzione occorre l’accordo tra i più “politici” tra i poteri costituiti.
E ritornando all’occasione di questo breve scritto: contrariamente a quanto dicono a sinistra, Il presidente della Repubblica non è più custode della Costituzione di quanto lo sia il premier o il Parlamento: lo sono tutt’e tre; e tutti sono politici; non c’è un potere neutro, nel senso che Constant attribuiva a tale espressione, contrapponendolo ai poteri politici “attivi”. E anche questo occorre mettere nel paniere delle (future?) rielaborazioni della Costituzione.
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Teodoro Klitsche de la Grange
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