Ho appena ricevuto nella mia posta privata il testo di un articolo di Meyssan, di sicuro interesse, che mi viene offerto in lettura. Mentre lo leggevo nel suo testo a caratteri piccoli, e intendendo che si tratta di un testo in libera circolazione, ho pensato di ripubblicarlo a beneficio del Lettori di "Civium Libertas”. Così dobbiamo fare tutti noi bloggers indipendenti, per contrastare il controllo totale di Israele sui grandi canali di comunicazione, attraverso i quali condiziona e forma la cosiddetta "opinione pubblica”, una nozione truffaldina che non si demistificherà mai abbastanza. Per non fare un semplice e poco gratificante “copia e incolla”, tenteremo qualche riflessione in premessa e a conclusione, prima e dopo la lettura dell‘articolo. Intanto, dove mi trovo, ho già partecipato a tre eventi sulla Palestina e ieri sera ad un evento di diversa natura, dove sono invitato come relatore, ho dato notizia al pubblico convenuto, che mentre noi parlavano in una serata estiva, in piazza, altrove, in Palestina, la gente continuava a morire.... Da notare subito che la nozione di Israele come "stato terrorista”, che è stato il contenuto di un grande striscione apparso in Livorno, è la posizione ufficiale di uno stato, la Bolivia...
* * *
Israele, uno Stato inventato (a insaputa degli ebrei)
Thierry
Meyssan,
La
guerra,
che continua ininterrottamente da 66 anni in Palestina, ha conosciuto
una nuova svolta con le operazioni israeliane “Guardiani dei nostri
fratelli”, e poi “Roccia inamovibile” (stranamente tradotta
dalla stampa occidentale con l’espressione “Margine protettivo”).
Chiaramente, Tel Aviv – che aveva scelto di strumentalizzare la
scomparsa di tre giovani israeliani per lanciare queste operazioni e
«sradicare Hamas» al fine di sfruttare il gas naturale di Gaza,
secondo il piano enunciato nel 2007 dall’attuale ministro della
difesa – è stata spiazzata dalla reazione della Resistenza. Il
Jihad islamico ha risposto inviando razzi di media
gittata molto difficili da intercettare, che si aggiungono a quelli
lanciati da Hamas. La violenza degli eventi che hanno già ucciso
oltre 1.500 palestinesi e 62 israeliani (ma le cifre israeliane sono
soggette a censura militare e sono probabilmente minimizzate) ha
sollevato un’ondata di proteste in tutto il mondo. Oltre ai 15
membri del Consiglio di Sicurezza, riunitosi il 22 luglio, l’Onu ha
dato la parola ad altri 40 Stati che intendevano esprimere il loro
sdegno per il comportamento di Tel Aviv e la sua «cultura
dell’impunità». La sessione, anziché durare le solite 2 ore, si
è protratta per 9 ore. Simbolicamente, la Bolivia ha dichiarato
Israele uno «Stato terrorista» e ha abrogato l’accordo sulla
libera circolazione che lo riguardava. Ma in generale, le
dichiarazioni di protesta non sono state seguite da un aiuto
militare, ad eccezione di quelle dell’Iran e simbolicamente della
Siria. Entrambi sostengono la popolazione palestinese attraverso il
Jihad islamico, l’ala militare di Hamas (ma non la sua ala
politica,
membro dei Fratelli Musulmani), e tramite il Fplp-Cg. A differenza dei
casi precedenti (operazioni “Piombo fuso” nel 2008 e “Colonna
di nuvola” nel 2012), i due Stati che proteggono Israele presso il
Consiglio (Stati Uniti e Regno Unito) hanno favorito l’elaborazione
di una dichiarazione del presidente del Consiglio di Sicurezza che
sottolineava gli obblighi umanitari di Israele. In realtà, al di là
della questione di fondo di un conflitto che dura dal 1948, si
assiste a un consenso per condannare almeno il ricorso da parte di
Israele di un uso sproporzionato della forza. Tuttavia, questo
consenso apparente maschera analisi assai diverse: alcuni autori
interpretano il conflitto come una guerra
di religione tra ebrei e musulmani; altri lo vedono al contrario come
una guerra
politica
secondo uno schema coloniale classico. Che cosa dobbiamo pensarne?
Che
cos’è il sionismo? A
metà del XVII secolo, i calvinisti britannici si riunirono intorno a
Oliver Cromwell e rimisero in questione la fede e la gerarchia del
regime. Dopo aver rovesciato la monarchia anglicana, il “Lord
Protettore” pretese di consentire al popolo inglese di raggiungere
la purezza morale necessaria ad attraversare una tribolazione di
sette anni, dare il benvenuto al ritorno del Cristo e vivere in pace
con lui per mille anni (il “Millennium”). Per far ciò, secondo
la sua interpretazione della Bibbia, gli ebrei dovevano essere
dispersi fino agli estremi confini della terra, poi raggruppati in
Palestina, dove ricostruire il tempio di Salomone. Su questa base,
instaurò un regime puritano, levò nel 1656 il divieto che era stato
fatto agli ebrei di stabilirsi in Inghilterra e annunciò che il suo
paese s’impegnava a creare in Palestina lo Stato di Israele. Poiché
la setta di Cromwell fu a sua volta rovesciata alla fine della “Prima
Guerra
civile inglese”, i suoi sostenitori uccisi o esiliati, e poiché la
monarchia anglicana fu restaurata, il sionismo (cioè il progetto
della creazione di uno Stato per gli ebrei) fu abbandonato. Riapparve
nel XVIII secolo con la “Seconda guerra
civile inglese” (secondo il nome dei manuali di storia delle scuole
secondarie nel Regno Unito) che il resto del mondo conosce come la
“Guerra
d’Indipendenza degli Stati Uniti” (1775-1783). Contrariamente
alla credenza popolare, essa non fu intrapresa in nome degli ideali
dell’Illuminismo che animarono pochi anni dopo la Rivoluzione
Francese, ma fu finanziata dal re di Francia e condotta per motivi
religiosi al grido di «Il nostro re è Gesù!». George Washington,
Thomas Jefferson e Benjamin Franklin, per citarne alcuni, si sono
presentati come i successori dei sostenitori esiliati di Oliver
Cromwell. Gli Stati Uniti hanno dunque logicamente ripreso il suo
progetto sionista.Nel 1868, in Inghilterra, la regina Victoria nominò
primo ministro l’ebreo Benjamin Disraeli. Questi propose di
concedere una parte di democrazia
ai discendenti dei sostenitori di Cromwell, in modo da poter contare
su tutto il popolo per estendere il potere
della Corona nel mondo. Soprattutto, propose di allearsi alla
diaspora ebraica per condurre una politica
imperialista di cui essa sarebbe stata l’avanguardia. Nel 1878,
fece iscrivere «la restaurazione di Israele» all’ordine del
giorno del Congresso di Berlino sulla nuova spartizione del mondo. È
su questa base sionista che il Regno Unito ristabilì i suoi buoni
rapporti con le sue ex colonie, divenute nel frattempo gli Stati
Uniti alla fine della “Terza guerra
civile inglese” – nota negli Stati Uniti come la “guerra
civile americana” e nell’Europa
continentale come la “guerra
di Secessione” (1861-1865) – che vide la vittoria dei successori
dei sostenitori del Cromwell, gli Wasp (White Anglo-Saxon Puritans).
Anche in questo caso, è del tutto sbagliato che si presenti questo
conflitto come una lotta contro la schiavitù, intanto che cinque
stati del nord la praticavano ancora.Fino quasi alla fine del XIX
secolo, il sionismo è solo un progetto puritano anglo-sassone al
quale solo un’élite ebraica aderisce. È fortemente condannato dai
rabbini che interpretano la Torah come un’allegoria e non come un
piano politico. Tra le conseguenze attuali di questi fatti storici,
dobbiamo ammettere che se il sionismo mira alla creazione di uno
Stato per gli ebrei, è anche il fondamento degli Stati Uniti.
Pertanto,
la questione se le decisioni politiche d’insieme siano prese a
Washington o a Tel Aviv ha solo interesse relativo. È la stessa
ideologia ad essere al potere
in entrambi i paesi.
Inoltre, poiché il sionismo ha permesso la riconciliazione tra
Londra e Washington, il fatto di sfidarlo significa affrontare questa
alleanza, la più potente del mondo.
L’adesione
del popolo ebraico al sionismo anglosassone.
Nella storia ufficiale attuale, è consuetudine ignorare il periodo
dal XVII al XIX secolo e presentare Theodor Herzl come il fondatore
del sionismo. Tuttavia, secondo le pubblicazioni interne
dell’Organizzazione Sionista Mondiale, anche questo punto è falso.
Il vero fondatore del sionismo contemporaneo non era ebreo, bensì
cristiano dispenzionalista. Il reverendo William E. Blackstone era un
predicatore americano per il quale i veri cristiani non avrebbero
dovuto partecipare alle prove della fine del tempo. Basava
l’insegnamento su coloro che sarebbero stati elevati al cielo
durante la battaglia finale (il “rapimento della Chiesa”, in
inglese “the rapture”). Nella sua visione, gli ebrei avrebbero
combattuto questa battaglia e ne sarebbero usciti allo stesso tempo
convertiti a Cristo e vittoriosi. È la teologia del reverendo
Blackstone che è servita da base per il sostegno immancabile di
Washington alla creazione di Israele. E questo, molto prima che
l’Aipac (la lobby pro-Israele) venisse creata e prendesse il
controllo del Congresso. In realtà, il potere
della lobby non risiede tanto nel suo denaro e la sua capacità di
finanziare le campagne elettorali, quanto in questa ideologia ancora
presente negli Stati Uniti. La teologia del rapimento, per quanto
stupida possa sembrare, è oggi molto potente negli Stati Uniti.
Rappresenta un fenomeno nel mercato dei libri e nel cinema (si veda
il film “Left Behind”, con Nicolas Cage, che uscirà ad ottobre).
Theodor Herzl era un ammiratore del magnate dei diamanti Cecil
Rhodes, teorico dell’imperialismo britannico e fondatore del
Sudafrica, della Rhodesia (cui diede il suo nome) e dello Zambia (ex
Rhodesia del Nord).Herzl non era israelita praticante né aveva
circonciso suo figlio. Ateo come molti borghesi europei del suo
tempo, si batté all’inizio per assimilare gli ebrei convertendoli
al cristianesimo. Tuttavia, riprendendo la teoria di Benjamin
Disraeli, giunse alla conclusione che la soluzione migliore fosse
quella di farli partecipare al colonialismo britannico creando uno
Stato ebraico, collocato nell’attuale Uganda o in Argentina. Seguì
l’esempio di Rhodes nella maniera di acquistare terreni e di
costruire l’Agenzia Ebraica. Blackstone riuscì a convincere Herzl
a unire le preoccupazioni dei dispenzionalisti a quelle dei
colonialisti. Era sufficiente per tutto questo considerare di
stabilire Israele in Palestina e di moltiplicare i riferimenti
biblici. Grazie a questa idea assai semplice, giunsero a far aderire
la maggioranza degli ebrei europei al loro progetto. Oggi Herzl è
sepolto in Israele (sul monte Herzl) e lo Stato ha posto nella sua
bara la Bibbia annotata che Blackstone gli aveva offerto.Il
sionismo non ha dunque mai avuto come obiettivo quello di «salvare
il popolo ebraico dandogli una patria», bensì quello di far
trionfare l’imperialismo anglosassone associandovi gli ebrei.
Inoltre, non solo il sionismo non è un prodotto della cultura
ebraica, ma la maggior parte dei sionisti non è mai stata ebrea,
mentre la maggioranza dei sionisti ebrei non sono israeliti dal punto
di vista religioso. I riferimenti biblici, onnipresenti nel discorso
pubblico israeliano, rispecchiano il pensiero solo della parte
credente del paese e sono destinati principalmente a convincere la
popolazione statunitense.
Il
patto anglosassone per la creazione di Israele in Palestina.
La decisione di creare uno Stato ebraico in Palestina è stata presa
congiuntamente dai governi britannico e statunitense. È stata
negoziata dal primo giudice ebreo della Corte Suprema degli Stati
Uniti, Louis Brandeis, sotto gli auspici del reverendo Blackstone, e
fu approvata sia dal presidente Woodrow Wilson sia dal primo ministro
David Lloyd George, sulla scia degli accordi franco-britannici
Sykes-Picot sulla spartizione del “Vicino Oriente”. Questo
accordo fu progressivamente reso pubblico. Il futuro Segretario di
Stato per le Colonie, Leo Amery, ebbe l’incarico di inquadrare gli
anziani del “Corpo dei mulattieri di Sion” per creare, con i due
agenti britannici Ze’ev Jabotinsky e Chaim Weizmann, la “Legione
ebraica” in seno all’esercito britannico. Il ministro degli
esteri Lord Balfour inviò una lettera aperta a Lord Walter
Rothschild per impegnarsi a creare un «focolare nazionale ebraico»
in Palestina (2 novembre 1917). Il presidente Wilson annoverò tra i
suoi obiettivi di guerra
ufficiali (il 12° dei 14 punti presentati al Congresso l’8 gennaio
1918) la creazione di Israele.Pertanto, la decisione di creare
Israele non ha nulla a che fare con la distruzione degli ebrei
d’Europa
sopravvenuta due decenni più tardi, durante la Seconda Guerra
Mondiale. Durante la Conferenza di pace di Parigi, l’emiro Faisal
(figlio dello Sharif della Mecca e futuro re dell’Iraq britannico)
firmò, in data 3 gennaio 1919, un accordo con l’Organizzazione
Sionista, impegnandosi a sostenere la decisione anglosassone. La
creazione dello Stato di Israele, realizzata contro la popolazione
della Palestina, era quindi fatta anche con l’accordo dei monarchi
arabi. Inoltre, all’epoca, lo Sharif della Mecca, Hussein bin Ali,
non interpretava il Corano alla maniera di Hamas. Non pensava che
«una terra musulmana non può essere governata da non-musulmani»
La
creazione giuridica dello Stato d’Israele.
Nel maggio 1942, le organizzazioni sioniste tennero il loro congresso
al Biltmore Hotel di New York. I partecipanti decisero di trasformare
il «focolare nazionale ebraico» della Palestina in «Commonwealth
ebraico» (riferendosi al Commonwealth con cui Cromwell aveva
brevemente sostituito la monarchia britannica) e di autorizzare
l’immigrazione di massa degli ebrei verso la Palestina. In un
documento segreto, venivano precisati tre obiettivi: «(1) lo Stato
ebraico avrebbe abbracciato l’intera Palestina e probabilmente la
Transgiordania; (2) il trasferimento delle popolazioni arabe in Iraq;
(3) la presa in mano da parte degli ebrei dei settori dello sviluppo
e del controllo dell’economia
in tutto il Medio Oriente». Quasi tutti i partecipanti ignoravano
allora che la «soluzione finale della questione ebraica» (die
Endlösung der Judenfrage) aveva appena preso inizio segretamente in
Europa.In
definitiva, mentre i britannici non sapevano più come soddisfare sia
gli ebrei sia gli arabi, le Nazioni Unite (che a quel tempo
annoveravano appena 46 Stati membri) proposero un piano per spartire
la Palestina a partire dalle indicazioni che gli fornirono i
britannici. Uno Stato bi-nazionale doveva essere creato, comprendente
uno Stato ebraico, uno Stato arabo e una zona soggetta a un “regime
internazionale speciale” per amministrare i luoghi santi
(Gerusalemme e Betlemme). Questo progetto fu adottato attraverso la
risoluzione 181 dell’Assemblea Generale.
Senza attendere il seguito dei negoziati, il presidente dell’Agenzia
Ebraica, David Ben Gurion, proclamò unilateralmente lo Stato di
Israele, subito riconosciuto dagli Stati Uniti.
Gli arabi del territorio israeliano furono sottoposti alla legge
marziale, i loro movimenti furono limitati, i loro passaporti
confiscati. I paesi arabi di recente indipendenza intervennero. Ma
senza eserciti ancora costituiti, furono rapidamente sconfitti.
Durante questa guerra,
Israele procedette a una pulizia etnica e costrinse almeno 700.000
arabi a fuggire.L’Onu inviò un mediatore, il conte Folke
Bernadotte, un diplomatico svedese che aveva salvato migliaia di
ebrei durante la guerra.
Constatò che i dati demografici trasmessi dalle autorità
britanniche erano falsi e pretese la piena attuazione del piano di
spartizione della Palestina. Al dunque, la risoluzione 181 implica il
ritorno dei 700.000 arabi espulsi, la creazione di uno Stato arabo e
l’internazionalizzazione di Gerusalemme. L’inviato speciale delle
Nazioni Unite fu assassinato, il 17 settembre 1948, su ordine del
futuro primo ministro Yitzhak Shamir. Furibonda, l’Assemblea
Generale delle Nazioni Unite adottò la risoluzione 194, che
riafferma i principi della risoluzione 181 e, inoltre, proclama il
diritto inalienabile dei palestinesi a tornare alle loro case e ad
essere risarciti per il danno che avevano appena subito.
Tuttavia, poiché Israele aveva arrestato gli assassini di
Bernadotte, e poi li processò e condannò, fu accolto in seno
all’Onu con la promessa di onorare le risoluzioni. Ma erano
nient’altro che bugie. Subito dopo gli
assassini furono graziati e lo sparatore divenne la guardia del corpo
personale del primo ministro David Ben Gurion.Fin
dalla sua adesione all’Onu, Israele non ha mai smesso di violare le
risoluzioni che si sono accumulate all’Assemblea Generale e al
Consiglio di Sicurezza. I suoi legami organici con due membri del
Consiglio che dispongono del diritto di veto lo hanno collocato di
fuori del diritto internazionale. È diventato uno Stato off-shore
che permette agli Stati Uniti e al Regno Unito di fingere di
rispettare anche loro il diritto internazionale, mentre lo violano
dietro questo pseudo-Stato. È assolutamente sbagliato ritenere che
il problema posto da Israele riguardi solo il Medio Oriente. Oggi
Israele agisce militarmente in tutto il mondo a copertura
dell’imperialismo anglosassone.
In America Latina, ci furono agenti israeliani che organizzarono la
repressione durante il colpo di stato contro Hugo Chávez (2002) o il
rovesciamento di Manuel Zelaya (2009). In Africa, erano ovunque
presenti durante la guerra
dei Grandi Laghi e hanno organizzato l’arresto di Muammar
el-Gheddafi. In Asia, hanno condotto l’assalto e il massacro delle
Tigri Tamil (2009), ecc. Ogni volta, Londra e Washington giurano che
non c’entrano per nulla. Inoltre, Israele controlla numerose
istituzioni mediatiche e finanziarie (come la Federal Reserve
statunitense).
La
lotta contro l’imperialismo. Fino
alla dissoluzione dell’Urss, era evidente a tutti che la questione
israeliana scaturisse dalla lotta contro l’imperialismo. I
palestinesi erano sostenuti da tutti gli anti-imperialisti del mondo
– perfino dai membri dell’Armata Rossa giapponese – che
venivano a combattere al loro fianco. Oggi, la globalizzazione della
società dei consumi e la perdita di valori che ne è seguita hanno
fatto perdere coscienza del carattere coloniale dello Stato ebraico.
Solo arabi e musulmani si sentono coinvolti. Essi mostrano empatia
per la condizione dei palestinesi, ma ignorano i crimini israeliani
nel resto del mondo e non reagiscono ad altri crimini imperialisti.
Tuttavia, nel 1979, l’ayatollah Ruhollah Khomeini spiegò ai suoi
fedeli iraniani che Israele era solo una bambola nelle mani degli
imperialisti e che l’unico vero nemico era l’alleanza degli Stati
Uniti e del Regno Unito. Per il fatto di affermare questa semplice
verità, Khomeini fu caricaturizzato in Occidente e gli sciiti furono
presentati come eretici in Oriente. Oggi l’Iran è l’unico paese
al mondo ad inviare grandi quantità di armi e consiglieri per
aiutare la Resistenza palestinese, mentre i regimi sionisti arabi se
ne stanno a discutere amabilmente in videoconferenza con il
presidente israeliano durante le riunioni del Consiglio di sicurezza
del Golfo.
(Thierry
Meyssan, “Chi è il nemico?”, articolo apparso il 3 agosto 2014
su diversi giornali internazionali e tradotto da “Megachip”).
* * *
L’articolo e il suo contenuto è seducente. Certamente sono da studiare gli autori e le situazione citate. Tuttavia, ritengo che è prudente attenersi alla concreta fattualità storica che in Palestina si delinea dal 1882 in poi, da quando cioè i primi sionisti (i Biluim) incominciano a mettere piede in quella terra, suscitando la diffidenza perfino degli ebrei autoctoni ed avendo già in mente ciò che oggi è davanti agli occhi di ognuno di noi: la pulizia etnica della Palestina, il genocidio di interi popoli, la balcanizzazione del Medio Oriente, la produzione del caos permanente come fattore costante di indebolimento di ogni reazione difensiva da parte dei popoli aggrediti.
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