Lorenzo Castellani
è particolarmente attento ai rami
intermedi del potere; già nel saggio “L’ingranaggio del potere” (Liberilibri
2020) aveva valutato il ruolo e il “peso”
sia dell’organizzazione del potere che dei collaboratori dell’apice; tenendo
presente la lezione di Carl Schmitt, in particolare del saggio, tradotto in
italiano sul Behemoth n. 2 da A. Caracciolo col titolo “Colloquio sul potere e
l’accesso al potere”. Com’è noto il giurista tedesco pone a fondamento del
potere il rapporto di comando-obbedienza “Per il solo fatto che si trovano
uomini che prestano obbedienza ad un altro uomo, essi procurano a questo il
potere, Se non gli obbediscono più, cessa allora il suo potere”; perché
hobbesianamente “Chi non ha il potere di proteggere uno, non ha nemmeno il
diritto di pretendere da lui obbedienza. E viceversa: chi cerca protezione e la
ottiene, non ha nemmeno il diritto di rifiutare l’obbedienza”. Tuttavia anche
il potente è vincolato dai limiti della natura umana. Se poi deve governare
realtà particolarmente grandi e complesse, come gli Stati, deve fare
affidamento su resoconti, informazioni, giudizi dei propri consiglieri. I quali
perciò sono partecipi del potere, per
cui, scriveva Schmitt: “ogni potere diretto è… sottoposto a influssi indiretti”.
Tra i quali Castellani,
nel saggio, tratta sia del tipo di potere indiretto che del collaboratore del
potente. La cui caratteristica – per distinguerlo dagli altri aiutanti – è di essere più un partecipe del potere che un ingranaggio
della catena di comando cui è delegato (e istituzionalizzato) in un ambito
decisionale, una “competenza” delimitata.
Invece il proprio delle eminenze grigie è di
indurre, influenzare comportamenti e risoluzioni di vertice più che provvedere
in materie delegate.
Castellani lo fa
ricordando dodici “eminenze grigie” (a partire dell’eponimo della categoria,
padre Giuseppe) e – brevemente – i rapporti con il potere diretto e formale da loro influenzato, al di là
della carica loro conferita.
L’autore formula
anche regolarità dei poteri indiretti: aumentano con l’incremento di
complessità, partecipazione e ampiezza dell’organizzazione politica. E una
seconda che, al contrario del potere diretto, non hanno una necessità di
legittimazione democratica. Comprovato
anche, come ricorda l’autore, dai modesti risultati ottenuti dalle eminenze
grigie presentatesi alle elezioni.
Questo, pur
mantenendo la loro scarsa o nulla visibilità,
concentrata sul potere diretto. La conclusione è che non è possibile fare a
meno delle eminenze grigie, neanche nei regimi più trasparenti e democratici. Sono
come gli Arcana Imperii, connaturali
ad ogni potere perché necessitato a servirsene.
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