La morte di Navalny
in detenzione (oltre il circolo polare artico) pone problemi non solo come
quelli discussi (ed agitati) in questi giorni, sul tasso di democrazia del
regime putiniano, sui diritti umani in Russia, sul ruolo (e lo status) dell’opposizione in un regime
democratico (più o meno), ma, ancor di più sulla convenienza di chi ha il
potere di uccidere (o procurare la morte) ad un avversario politico.
Due esempi (tra
i tanti offerti dalla storia) vengono in mente: l’assassinio dopo un
processo-farsa (al fine di contentare i legalitari un tanto al chilo) del Duca
d’Enghien da parte di Napoleone. Il quale fu accusato di avere commesso un
crimine (accusa non infondata). A tale proposito fu attribuito a Fouché (ministro
di polizia di Napoleone) di aver così commentato la vicenda “è peggio di un
delitto, e un’idiozia”. Giudizio esatto: la morte del Duca non arrecava alcun
beneficio alla Francia e a Napoleone. Invece sia per le circostanze del fatto (il
Duca era stato rapito dai francesi nel territorio di un altro Stato, era stato
giudicato da un Tribunale ad hoc ecc.
ecc.) che, e ancor più, per senso e conseguenza politica dell’azione (la quale
allargava il divario di Napoleone con i legittimisti) generava gravi inconvenienti.
L’altro esempio
è quello del trattamento praticato da Churchill a Gandhi durante la seconda
guerra mondiale. Nel 1942, a seguito dell’intervento giapponese, l’India era
invasa. I giapponesi conquistarono gran parte della Birmania (oggi il Mianmar).
Il partito del congresso lanciò una (energica) campagna per l’indipendenza
indiana (Quiet India) seguita da una sanguinosa
repressione inglese. I leaders del
partito del Congresso, Gandhi compreso, furono arrestati. L’accortezza politica
di Churchill, tuttavia, fece si che Gandhi fosse recluso nel palazzo dell’Aga Khan
a Pune, con moglie al seguito. Però il Mahatma
aveva deciso di praticare lo sciopero della fame; dato che era un vecchietto
macilento c’era un alto rischio che morisse prigioniero degli inglesi.
Il Premier
britannico ordinò ai medici che assistevano Gandhi di alimentarlo anche a sua
insaputa. Il tutto per evitare che la morte del leader indiano aggravasse la già difficile situazione politica e
militare.
Putin non sembra
aver preso esempio da tali vicende: aver fatto condannare Navalny, averlo
recluso oltre il circolo polare artico (e non nel palazzo dell’Aga Khan) e
quant’altro ha finito per provocare (o almeno agevolare) la morte dell’oppositore. Con “ritorno” politico a
favore dei nemici della Russia, proprio quando la vicenda della guerra in
corso, e il ridotto (forse) appoggio dell’Occidente dell’Ucraina, fa intravedere
una soluzione – o almeno una fase discendente
del conflitto.
Un risultato
controproducente: proprio quello che un politico prudente deve evitare.
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