A seguire (gran
parte) del dibattito sulla prescrizione, si ha l’impressione che questa sia un
istituto inventato da malintenzionati (in particolare, fino a qualche anno fa
Berlusconi) per evitare le giuste condanne per i reati commessi, pagando
profumatamente avvocati i quali più che con i codici hanno dimestichezza col
calendario e su come allungare i processi. Quasi nessuno nota che i tempi
processuali si allungano - spesso - per errori degli uffici che li gestiscono.
Analogamente nessuno
– o pochi pensano - che la prescrizione, pur diversamente disciplinata non è
limitata al diritto ed al processo penale, ma si applica a quelli civili e,
soprattutto (quel che più interessa) al diritto ed al procedimento
amministrativo. Anche in tale ultimo caso a perseguire l’interesse pubblico e a
dirigere il procedimento amministrativo è un funzionario, ovvero un dipendente
(quasi sempre) dell’Ente. Dato che la prescrizione di una pretesa dipende dal
mancato esercizio/azione/perseguimento della stessa per un determinato periodo
di tempo, la suddetta inerzia è addebitabile al funzionario che aveva il dovere
d’ufficio di agire per conto dell’Ente.
Quindi, avendo
ogni procedimento amministrativo un funzionario responsabile c’è anche nome e
cognome di chi occorre ringraziare (o meno) ove la pretesa si sia prescritta
per inerzia dell’ufficio.
Inerzia che
concerne un’attività semplicissima: basta inviare una raccomandata con la
richiesta di adempimento per interrompere il decorso della prescrizione (che è
al massimo decennale): essere inerti
significa quindi omettere (per dieci anni!) qualsiasi idonea comunicazione all’obbligato.
Tale particolare è stato completamente
dimenticato (mi è capitato di leggere solo un articolo di un quotidiano politicamente scorretto sulla
questione). Per mesi il dibattito ricorrente, perché si riaccende ad ogni
proroga della notoficazione delle cartelle esattoriali è articolato su due
posizioni: i “giustizialisti” (cioè
PD e 5S, ma più i primi che i secondi) i quali ricordano che vi siano qualche
decina di miliardi di crediti tributari (forse oltre 100) inevasi dal 2000 in
poi per colpa dei perfidi contribuenti;
di rimando Salvini il quale, in nome dei tartassati
contribuenti, ne propone la
rottamazione con agevolazioni varie.
In realtà la
questione va osservata da un’altra prospettiva, che non è (solo) quella del
male o del bene, ma (anche) della colpa
di chi aveva il dovere di curare
l’interesse pubblico (e non l’ha fatto).
In effetti se è
vero quanto affermato pubblicamente, che i crediti inevasi sono maturati dal
2000, è giusto replicare che quelli fino al 2011 sono prescritti e quindi, a
meno che l’Agenzia delle Entrate non provi di aver interrotto con atto idoneo
il decorso della prescrizione, sono inesigibili. Con la conseguenza duplice che
porli in esecuzione significa esporre l’amministrazione ad opposizioni
fondatissime, e quindi infauste per la stessa; e che i pretesi crediti non
esistono più, magari da un decennio, e quindi i “dati” comunicati sono
“fasulli”, relativi a pretese ormai inesigibili.
Dall’altro che
ha perfettamente ragione Salvini, almeno per i prescritti, a proporne la
rottamazione: a farsi pagare, anche i crediti prescritti, l’amministrazione
finanziaria ha tutto da guadagnare rispetto al nulla che (ormai) le spetta. È
da discutere poi per quelli non prescritti (cioè successivi al luglio 2011), ma
non è tema di questo intervento.
Quel che più
preme rilevare è il perché una tale (asseritamente) enorme somma non è stata
richiesta. Anche perché nel periodo 2000-2011, i governi sono stati
prevalentemente di centrodestra, ma col successivo sono stati tutti fiduciati dal centrosinistra (tranne il
Conte 1), e c’è da capire se non sia addebitabile (anche) alla responsabilità politica di quei governi o almeno dei
ministri dell’economia e delle finanze, di aver lasciato prescrivere diecine di
miliardi di crediti.
Somme enormi che
i “giustizialisti” vorrebbero comodamente addossare alla perfidia dei contribuenti, servendosene prima per la loro solita
passerella, quali strenui difensori dell’interesse pubblico. Invece proprio per
il plurimiliardario importo dei crediti prescritti per inerzia (continuata per
20 anni!), sarebbe il caso di chiedersi se non vi sia una responsabilità politica, ossia (anche) di coloro che addossano
tutto alle malefatte dei contribuenti.
E, ancor più, se
non vi sia una responsabilità dei funzionari. È agevole risalire al
funzionario, e del pari controllare se per dieci anni ha fatto qualcosa o ha
solo tenuto le pratiche nel sottoscala. E ancor più chi fossero gli obbligati a
pagare i crediti erariali prescritti per inerzia; più complicato se i suddetti
crediti fossero dovuti o frutto di errori degli uffici (o altro). Perché delle
due l’una: o i crediti erano infondati, ed allora c’è da esaminare perché erano
fatti accertamenti illegittimi da parte dei funzionari. O erano fondati ed
allora la ragione per cui il funzionario responsabile non ne ha curato (almeno)
le richieste onde interrompere la prescrizione. Con le conseguenze ovvie di
carattere – almeno – disciplinare. Ma anche di responsabilità amministrativa.
Le leggi relative ci sono: basta applicarle.
Ma finché si
pone la questione dalla prospettiva del tifo da stadio, dei giustizialisti
contro i garantisti non si andrà molto lontano. Si faranno tanti talk-shows (e altro) ma resteremo con
un’amministrazione inefficiente ed una politica, oltre che inefficiente,
chiassosa ed inetta, ma affezionata e indulgente verso il di essa aiutantato.
Cioè affetta da burofilia. Alla
faccia della “resilienza”.
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