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I segreti “ipotizzati”? |
Repetita iuvant: questa non è una “recensione” nel senso che richiede l’avvenuta lettura del libro per intero e il confronto critico con altri testi e documenti. In questo senso si tratta di un lavoro accademico che ha senso farlo se conviene farlo, se il gioco vale la candela. È invece una scheda in corso di lettura del libro, lettura che potrà non giungere all’ultima pagina se viene a mancare l’interesse o per qualsiasi altro motivo. Dei filosofi antichi, i Presocratici, possediamo solo frammenti, non l'opera intera, ma ognuno di quei singoli frammenti può valere per la nostra formazione culturale più di intere biblioteche costituitesi con l’invenzione della stampa. Ma non voglio ora indugiare oltre sulla forma “libro” o “frammento” o “aforisma” come momenti di acquisizione e trasmissione della conoscenza. Il tema mi affascina molto, ma non è ora questo il discorso sul quale voglio intrattenere i miei Sei lettori.
Ancora prima di averlo aperto, ed iniziarne la lettura integrale, che spero di aver completata per il 29 settembre prossimo, data di una presentazione pubblica del libro in una sala romana, il libro suscita in me alcune reazioni mentali. Uno del tutto personale, attinente la mia incolumità e uno scampato pericolo. La strage alla stazione ferroviaria di Bologna avvenne il 2 agosto 1982. In quell’anno io lavoravo, a tempo pieno, come impiegato, in Roma, alla casa editrice Giuffrè, nella redazione dell’Enciclopedia del Diritto, a fianco della Cassazione, al palazzo di Giustizia. Le nostre ferie erano legate a quelle giudiziarie, dal 1° agosto al 15 settembre, e durante il mese di agosto la Redazione era chiuso e le ferie erano d’obbligo per tutti in quel periodo. Io andavo sempre in Germania a fare vacanze e tentare di migliorare così il mio tedesco. Insomma, con il treno ero passato da qualche giorno per la stazione di Bologna ed ebbi dopo la notizia di ciò che era successo. Avrei potuto trovarmi anche io, come vittima, in una situazione di pericolo... Di cosa successe, di come e perché, non ho mai saputo nulla. Adesso, dopo 36 anni, acquisto in libreria un libro che mi annuncia «la verità sull’atto terroristico più grave della storia italiana». Apprendo che si tratta del “più grave” atto nella lunga sequenza di attentati terroristici in una stagione che per me ha un’altra data ancora più significativa: l’uccisione nel maggio del 1978 di Aldo Moro, del quale ero stato studente ed ero ancora troppo giovane per capirne la statura e l’importanza storica. Quel che è certo è che la sua morte, la sua uccisione, non ha mai cessato di turbarmi, per tutta la problematica connessa al tema della nonviolenza, o meglio dell’uso della violenza nella lotta politica ai vari livelli possibili: da quella legittimante della rivoluzione francese da cui è poi nato lo stato moderno di diritto e tutte le costituzione europee a quella dei movimenti di resistenza e di legittima opposizione alla invasione e occupazione, come quella palestinese, di cui leggo trattasi nel libro.
«La verità non ha tempo: non è mai troppo tardi per raccontarla». Questo l’esordio del libro per la penna di Rosario Priore. È un esordio che non mi piace ed urta la mia sensibilità di persona impegnata nella lotta per la libertà di pensiero, di espressione, di ricerca, di insegnamento. Una verità che giunge dopo che la vittima di una non-verità è marcita e morta in carcere giunge “troppo tardi” non solo per la vittima, ma anche per tutti quelli che avevano creduto nella sua innocenza... La verità non è avulsa dal tempo... La Verità impone, esige di essere testimoniata e gridata appena se ne ha conoscenza e certezza... Tutto il cristianesimo non avrebbe avuto senso se la sua “Verità” avesse potuto essere rinviata a tempi politicamente più propizi... Stento poi a credere che la non-verità ovvero la Menzogna possa essere racchiusa in un solo «atto», sia pure esso il «più grave della storia italiano». Thomas Hobbes nella sua introduzione al Leviatano parla di “regno delle tenebre”, ma si tratta di un intero processo storico, di un’epoca, mai di un singolo “atto”... Non vogliamo però fare un torto al libro e ai suoi autori, e cerchiamo di andare avanti nella lettura, prima di anticipare giudizi.
È certamente scomodo alzarsi dal divano, dove comodamente si svolge la lettura del libro, per venire alla tastiera a redigere qualche osservazione in corso di lettura. Cerchiamo di farlo il meno possibile, ma non posso non rilevare la conclusione delle prefazione di Priore (pp. 5-10), che termina con questa frase: «Ora sarà il lettore a giudicare se le nostre ipotesi siano fondate o no». Caspita! Non più dunque «la verità sull’atto terroristico più grave della storia italiana» promesso o annunciato in copertina nel sottotitolo, ma solo “ipotesi” che tocca al Lettore - a me! - “giudicare” se “siano fondate o no”. Una bella responsabilità! E che faccio io nella vita? Il magistrato?... Già mi stanno sulla stomaco alcune sentenze, che ho dovuto subire, e che sospetto come influenzate da un “clima politica” su materie sensibili, dove mi turba il pensiero dell’opera diretta o indiretta di sayanim, o almeno di un “clima” la cui esistenza sfata il mito di un giudice vicario sulla terra del Giudice divino che sta in cielo. Adesso, leggendo un libro, tocca a me valutare la fondatezza di “ipotesi” giudiziarie... Chi non è giudice, deve valutare il lavoro dei giudici. Io non so, e poco mi interessa, se esista e sia fondata una “pista palestinese”, ma se Rosario Priore vuol sapere da me cosa ne penso della “questione palestinese” o meglio della “questione sionista” - intrecciate l’una con l’altra come le due facce di uina stessa medaglia -, allora non è il 2 agosto 1980 la data da tenere in mente e da cui partire, ma un’altra (trascura il giorno e la data) dell’anno 1882, quando i primi Biluim (coloni ebrei sionisti) sbarcavano in Palestina, avendo già perfettamente in mente quella “pulizia etnica” che giungerà a compimento nel maggio del 1948, e che avrà un opposto significato per ebrei israeliani e palestinesi: per gli uni sarà un giorno di festa, la fondazione dello stato ebraico di Israele, e per gli altri la «Nakba», la catastrofe, la disfatta nazionale, l’ingiustizia somma subita. Se poi si tratta di valutare le responsabilità politiche ed etiche dell’Italia in tutto il corso di questa storia (1882-2016), allora la cosa travalica qualsiasi competenza di giudice. Altro che lodo Moro! Un “lodo” che peraltro rivelava pragmatismo e buon senso. In fatto di violazione di “patti” sottoscritti, di tradimenti, ahimé è una costante della nostra storia. Come italiano, che vive nel 2016, brucio di vergogna alla rappresentazione pur sommaria, non certo giudiziaria, di come un patto di amicizia italo-libico, fresco di inchiostro, sia stato platealmente e sfacciamente violato con tutti i crismi di stato nel 2011 con l’aggressione alla Libia, fatta dai nostri Alleati, per nostra vergogna e disonore, e con i nostri politici tutti che hanno presto presto dimenticato e vanno a baciare il didietro a personaggi il cui senso dell’onore - se mai ancora esistesse quella cosa che si chiama onore - imporrebbe di muovere loro guerra. Non so se sia fondato o meno la “pista palestinese”, e poco mi importa, e poco influisce nel mio giudizio storico complessivo, ma così messa mi sembra un regalo alla propaganda sionista. E poiché si procede, a detto di Rosario Priore, per “ipotesi”, non vedo perché dovrei escludere questa ipotesi. E se si fa una facile ricerca nella letteratura di propaganda sionista, si vede come ci si frega le mani all’idea di poter strumentalizzare la “pista palestinese” per legittimare una “pulizia etnica” che accompagna la nascita della Repubblica italiana... Mah! Andiamo avanti nella lettura, che non capiamo quale verità debba finalmente svelarci, sia pure per ipotesi.
Post Scriptum. Attenzione! Non sto giustificando in nessun modo la strage di Bologna, che considero esecrabile e condannabile in sommo grado, chiunque ne siano stati gli autori! Oltretutto, per quanto ho sopra detto, poco ci era mancato che non ne fossi io stesso una vittima. Il libro, dopo 36 anni dai fatti, riveste oggi un interesse forse esclusivamente storico e politico. E quindi si tratta prevalentemente di decidere sotto quale angolatura debba essere letto e cosa gli Autori chiedano o si aspettino dai Lettori, nel caso di specie, da chi qui scrive, rivolto non agli Autori, i quali avendo scritto il libro probabilmente considerano concluso lavoro, dal quale si aspettano utili, ma ai suoi Sei lettori di questo Blog, verso i quali ritiene di avere qualche responsabilità. Ma l’atto dello scrivere può essere anche una forma di riflessione, tutta rivolta all’interno: in interiore homine, dove si dice che abita la verità e perfino dio.
Di Noam Chomski ho letto diversi libri, non tutti, e li leggo sempre con interesse e senza annoiarmi. Me ne ricordo uno, particolarmente interessante e istruttivo, per il modo in cui analizzava un altro libro, criticandolo attraversa la mera analisi testuale. Volevo sorvolare la pagina 18 dove leggo:
Se confrontiamo i termini del primo brano, singolarmente e nel loro insieme (grazie, pentimento, conferma, Br, ala oltranzista e infine resistenza palestinese) con l’andamento empatico del secondo brano, a me viene fuori il sospetto di una assunzione di campo. Non mi scandalizza se l’autore della narrazione ha simpatie sioniste, ma desidero saperlo. Addirittura in quella che un’azione di guerra vera e propria si parla di “sequestro” come fosse una partita di merci contraffatte in una normale operazione di polizia e della nostrana guardia di finanza. Infine il narratore se la ride con la “beffa”, come se la guerra, fra contendenti impari in armamenti, fosse una sequenza di “beffe” e non una tragedia che nel caso della questione palestinesi dura ormai di più di Cento Anni (1882-2016).
A proposito di “sequestri” e di “beffe” il mio pensiero va ad altro: nel 1986, in piena Roma, credo in Via Veneto, fu “sequestrato” dagli agenti israeliani Mordecai Vanunu, la cui colpa era quella di aver rivelato al mondo l’esistenza dell’atomica israeliana: altro che missiletti Sam-2. Come italiano, e romano, la “beffa” fu fatta a me! Non l’ho mai perdonato e mai ho perdonato quei magistrati che non perseguirono quel crimine, che gli inglesi sul loro territorio non permisero. In terra vive, l’Italia, lo si poteva fare, era consentito, era concesso... Non ho letto nessun libro che mi abbia dato la verità su quel fatto del 1986, ancora più recente di quello del 1980, narrato in questo libro di Cutonilli e Priore. Si può certamente obiettare che la strage di Bologna, con le sue vittime, è cosa più grave, ma il “sequestro” Vanunu, in territorio italiano, è cosa che ancora mi offende, mentre le vittime di Bologna riposano ormai in pace e non hanno di che indignarsi.
Insomma, non sono prevenuto contro il libro edito da Chiare Lettere. L’ho comprato con le migliori intenzioni e mi proponevo di fare bella figura alla prossima presentazione del 29 settembre, dimostrando di averlo già letto, ma le prime impressioni che ricavo dalla lettura sono quelle che ho scritto. Faccio però ora il bravo e cerco di giungere alla fine del libro (270 pagine) senza fare - spero - altre osservazioni. Da un punto di vista filologico credo che sarebbe stato opportuno distinguere la parte di testo che è di Rosario Priore, nato nel 1939 e magistrato in pensione, da quella scritta da Valerio Cutonilli. Probabilmente, la parte scritta da Priore è la sola introduzione (pp. 5-10) e tutto il resto è stato redatto da Cutonilli, non in che anno nato, ma certamente più giovane di Rosario Priore.
Sono arrivato a pad. 38 e l’impianto del libro sembra piuttosto semplice. Spero di non dover fare altre osservazioni e di giungere rapidamente alla fine. L’Autore, come ovvio, orientato verso la “pista palestinese”, non può fare a meno di dare un qualche inquadramento storico della questione palestinese, almeno quanto basta per dare un contesto alla sua ipotesi. Altrimenti il lettore comune, ignaro di problemi mediorientali, non capirebbe per nulla cosa possano entrarci i palestinesi con la strage di Bologna dell’agosto 1980. Sulla base di altre mie letture, ed una modesta conoscenza della geopolitica mediorientale, posso condividere quanto ebbe a dire addirittura un ebreo israeliano in una conferenza alla Fondazione Basso. Si tratta di Jeff Halper, noto per le sue lotte in Israele contro l’abbattimento delle case dei palestinesi, se ben ricordo. La tesi che a me sembra ovvia e che getta una pesantissima responsabilità sulla politica estera dei paesi europei, Italia inclusa, è tutta la forza di Israele non sta nella sua eccellenza tecnologica o perfino nella superiore intelligenza e moralità degli israeliani, ma nel sostegno costante da parte occidentale in tutti gli àmbiti: un flusso di denaro e di aiuti e forniture di ogni genere va dagli Usa in primis e dai paesi europei, Italia inclusa. L’Italia a sua volta è sotto il tallone degli Usa fin dal 1945. E negli Usa la comunità ebraica è di gran lunga la più potenza e influenza in modo massicio e determinante la politica estera americana. Cito soltanto il libro di Mearsheimer e Walt, per non essere tacciato di parzialità in questo mio giudizio. Non credo che si debbano spendere troppe parole per dimostrare che la sofferenza dei palestinesi e le guerre centenarie in Medio Oriente sono un magnifico regalo delle potenze europee che si spartite le spoglie dell’Impero ottomano. Non ho mai viaggiato nei paesi arabi e mai lo farò, perché mi sentirei a disagio per le responsabilità storiche dell’Europa, Italia inclusa, nel nostro Vicino Oriente, nel quale andrebbe fatta una ben diversa politica, che però non ci è consentita dalla nostra sudditanza agli Stati Uniti e allo stesso stato di Israele, che presso di noi ha una lobby potentissima.
Quindi, fermo restando, che non posso certo approvare, allietarmi, giustificare minimamente un qualsiasi atto terroristico che produca vittime innocenti, non avrei gran che di che stupirmi, se la “pista palestinese” venisse ad essere accertata. Sarei ancora più perplesso sulla effettiva utilità alla causa palestinese di un simile attentato. Mi sembrerebbe più logico un “false flag”: gli israeliani sono maestri insuperati in questo genere di operazioni. La tesi più che fondata è che vi è stata almeno dalla dichiarazione Balfour in poi un colpevole sostegno degli Usa e dell‘opera a una consapevole “pulizia etnica” della Palestina sul modello sperimentato della “pulizia etnica” dei pellerossa. Non ci si bagna però due volte nella stessa acqua e se è riuscita l'operazione pellerossa, mi pare più difficile riservare lo stesso “destino” ai palestinesi. Ed è anche comprensibile che la migliore arma di cui i palestinesi possono disporre è di natura non militare: risvegliare la coscienza etico-politica dei cittadini europei, ed italiani in particolare. Parafrasando una frase ricorrente che trovavo in documenti tedeschi della seconda guerra mondiale, possiamo dire per la questione israelo-palestinese: “questa è una guerra ideologica, mediatica”, che si combatte con la propaganda, con libri, articoli su giornali, trasmissioni televisive, dichiarazioni di politici, con una produzione legislativa che pretende di combattere l’odio, di stabilire la giusta e veritiera memoria della Storia, che punisce l’orientamento anti-israeliano, ma non punisce anzi favorisce quello anti-palestinese, anti-islamico, anti-arabo.
In questo contesto, direi, si colloca il libro di cui stiamo parlando, e che cerco di leggere rapidamente, finendolo di leggere in tempo per la presentazione romana del 29 settembre, dove mi asterrò dall’intervenire ed ascolterò in silenzio e con attenzione ciò che avranno da dire gli altri che interverranno: ho più interesse ad ascoltare che a parlare. Sono arrivato intanto a pagina, dove ancora mi colpisce il termine “beffare” che ripete la “beffa” di pagina 22: «I primi a beffare il Fronte Popolare sono stati proprio gli israeliani» (p. 73): “un’impresa spettacolare”: siamo a Hollywood. Sembra di leggere una lite di condominio... E comunque non solo non vedo la fondatezza o meno delle “ipotesi” di cui parla Priore a pagina 10, ma il loro interesse e soprattutto non vedo la tesi del libro: dove vuole arrivare? Dove vuole andare a parare? Quello che finora appare è la mancanza di sovranità non solo dell’Italia, in particolare, ma di tutti gli stati europei, che in un conflitto oramai secolare, iniziato con la prima guerra mondiale per la spartizione dei territori dell’Impero ottomano non è mai cessata, e della quale l’Europo, che ha il culto della Memoria, ha però perso memoria storia, e davanti alle tragedie del nostro tempo appare come un passante del tutto sprovveduto.
Sono a pagina 89 ed ancora non trovo la tesi del libro di pagine 270 circa, ma trovo questo passaggio:
Sono arrivato a pag. 105 e sembra prendere corpo l’impianto narrativo: poiché gli italiani, da sempre traditori, non rispettano più il “lodo Moro” (che non esiste ma esiste), subiscono con la strage di Bologna una ritorsione da parte dell’ala “oltranzista” della guerriglia palestinese (uso io il termine “guerriglia, guerriglieri” al posto del termine connotativo “terrorismo, terroristi” preferito dagli autori). Ma siamo sempre alle “ipotesi” di pagina 10: non di risultanze processuali. Il lettore, espressamente appellato da Priore («Ora sarà il lettore a giudicare se le nostre ipotesi siano fondate o meno»). Ma cosa ha fatto nella vita Rosario Priore? Il magistrato? E vuole dal povero lettore di un libro, letto con noia e di malavoglia, quella “verità” che un magistrato non ha saputo dare sul mero, nudo e crudo svolgimento dei fatti? Chi ha rubato il pollo? Chi ha messo la bomba? Al giudice, in quanto giudice, non competono valutazioni di carattere politico, strategico, geopolitico... Sono ad di sopra della sua ordinaria comprensione. Spesso ne capisce assai meno di un comune cittadino...
Il lettore, dunque. Innanzitutto, senza se e senza ma, la piena e assolutà pietà per le vittime innocenti, alle quali deve essere resa giustizia chiunque sia stato l’autore, ma non prendendo chiunque a caso, giusto per dire che giustizia è stata fatta e gabbare così il santo. Penso che le vittime sarebbero ancora più vittime, se venissero strumentalizzate e della loro morte venisse incolpato un innocente. Questa sì che sarebbe una “beffa”, fatta ai morti, e dunque un sacrilegio. Ma anche accettando, per ipotesi, fondata o meno, l’ipotesi dei due autori, avremmo una scissione di piani, con giudizi anche diametralmente opposti.
Ferma condanna degli autori ipotizzati del crimine, ma possibile condanna - almeno come opzione politica, a seconda di quale campo della battaglia si scelga di stare, se con i palestinesi o gli israeliani - della politica seguita da Cossiga, dopo l’uccisione di Moro, che essendo lui ministro dell’interno non ha saputo evitare. Se per assurdo la strage di Bologna avesse un meccanico nesso di causalità con la politica derivante dalla violazione dell’inesistente esistente “lodo Moro”, allora la responsabilità della strage dovrebbe essere ricondotta alla Causa Prima che muove le altre cause.
Pur ammettendo, per assurdo, la tesi della ritorsione, dubito della utilità di una simile azione efferata, che quanto meno avrebbe dovuto essere rivendicata. Che senso avrebbe altrimenti una “ritorsione” se non si dice e si fa sapere di aver fatto quella tal cosa come ritorsione alla tal altra? Siamo al di fuori della politica. Anche ammettendo, per assurdo, l’ipotesi Priore/Cutonilli, troverei più logico e plausibile un intervento del sempre presente Mossad per far cadere sulla causa palestinese l’impopolarità di una strage che offende la coscienza di un intero popolo, quello italiano, del cui sostegno la causa palestinese ha disperato bisogno. Ma andiamo avanti nella lettura...
E ci sto andando avanti, ma senza fare segni sulla pagina, o ricavare estratti per poi farne il confronto. Mi affido alla memoria, che adesso mi dice come nella pagine iniziali, ad un qualche punta, la presenza di una certa persona in Bologna, diventa un indizio rilevante, quasi una prova a sostegno delle ipotesi sulle quali è chiamato a giudicare il lettore. Ahimè! E mi viene in mente come il povero Mordecai Vanunu fu attirato da Londra (dove non poteva essere rapito) da una avvenente spia che inscenò un innamoramento per poterlo poi fare rapire a Roma, dove si poteva farlo in terra vile... Che ci vuole con una scusa qualsiasi da parte del Mossad ad attirare una persona in un luogo?.... Non poteva già allora essere stato messo a punto un piano che affiora adesso, sia pure per ipotesi?... Io io stesso, che scrivo, non ero passato da Bologna con il treno pochi giorni prima della strage?... Mi sono finora immaginato, sia pure per ipotesa remota, come una possibile vittima, ma ipotesi per ipotesi le vie dell’inferno sono lastricate di ipotesi non avrei potuto io avere avuto parte nell’attentato? Non ero un allievo prediletto di Aldo Moro?... Insomma, non mi sembra serio procedere per ipotesi per sostenere operazioni che fatalmente sono di propaganda politica e si prestano alla strumentalizzazione politica. Se gli autori vogliono porre il problema della collocazione dei governi al potere rispetto alla questione palestinese, è una cosa; ma se vogliono fare quei processi che i magistrati non hanno saputo condurre, non hanno istruiti, e renderne giudice il lettore di un libro, la cosa mi sembra alquanto bislacca. Ma andiamo avanti...
In altri termini, riassumendo, qual è lo scopo del libro? Vuole darci la verità “vera” sulla strage di Bologna finora processualmente accertata? Ne ha gli elementi probatori che prima mancavano? Si riapra il processo! Tutto è possibile... Vuole dare una ricostruzione storica di una opposizione irriducibile, insanabile, incomponibile, non mediabile israelo-palestinese il cui inizio io riporto all’anno 1882? Nel primo caso il Lettore non ha alcun potere, non ha strumenti e meno che mai questi possono essere costituiti da un libro. Nel secondo caso il libro stesso si colloca in una pubblicistica dove la neutralità non è in alcun modo possibile: o si sta con gli uni, o si sta con gli altri; o da una parte, o dall’altra. Ogni tentativo di terzietà è semplicemente un inganno.
Accidenti! Cosa ti trovo a pagina 120? Buttato e detto lì come se fosse un’inezia... Senza battere ciglio, i narratori di beffe, ci rivelano che lo stato italiano nella persona delle massime autorità, legittimate dal voto popolare, quello delle gente comune, che passa o si trova per strada, nei negozi, nelle stazioni, anche in quella di Bologna, ordina, esegue, è complice di volgarissimi omicidi, che accadono per “ragion di stato”, e quale stato? il loro! ... Gli Autori sono uomini d’onore, hanno chiaramente una eticità, vogliono e cercano una “verità”, ma quale verità? Quale verità vogliono raccontare? Quale verità pensano di avere scoperto? Ne hanno già individuato ed ammesso una più grande di quella della strage di Bologna, e non se ne accorgono... una verità che hanno sotto il naso e che supera quella di Bologna, la ingloba il sé... È forse meglio che trascriva per intero il brano che cercherò di commentare, con i metodi dell’analisi linguistica, come ho visto fare a Chomski:
Se Giacomo Casanova si trova in un città, ed in quella città si consuma un adulterio clandestino, ne è responsabile il noto Casanova, che ha consolidata fama di seduttore. E così lo stesso Casanova viene ritenuto responsabili di tutti gli adulteri nascosti che avvengono nelle città grandi e piccole in cui si trova a passare: lascia una scia... Questo mi sembra il livello delle “ipotesi” che dovrebbero portare alla «pista palestinese»: anzi alla «ritorsione palestinese», come se i governi tutti non avessero da rispondere su una “pulizia etnica della Palestina”, fonte di ogni illegittimità fondativa di qualsivoglia stato di diritto. Per il resto, dalla lettura del libro, condotto fin oltre la metà delle sue pagine, direi che i due autori non hanno nessuna o poca cognizione di cosa sia la «pulizia etnica della Palestina» (per tutti Pappe) e di cosa sia il sionismo (fondamentale: Gilad Atzmon). Curiosamente, nel libro è citata una ex spia del Mossad, Victor Ostrovsky, autore di un libro di rivelazioni sulla natura e i metodi del Mossad: Attraverso l’inganno. In questo libro si rivela l’esistenza della rete dei sayanim, cui un autore come Atzmon mostra credere, e di cui si parla in forma romanzata da parte di altri autori. Sayanim possono trovarsi dappertutto... Ed anche la “pista palestinese” potrebbe non esserne immune. Gli autori insistono sull’«oltranzismo» di una componente palestinese richiamata nel libro, ma viene dato semplicemente per presuppo un “oltransismo” di cui non ci si chiede la natura. È da chiedersi se non sia “oltranzismo” da parte di un giudice in pensione, e di un suo giovane collaboratore, la ricerca alla stazione di Bologna di una “verità” che gli organi inquirenti e i servizi segreti dello Stato non hanno saputo o voluto dare... Tutto questo mi sembra molto sospetto, senza che la “verità”, quale che sia, stia a me meno a cuore che ai due autori, i quali forse prediligono una verità piuttosto che un’altra.
Sono arrivato a p. 218. Non manca molto alla fine del libro e credo di aver ormai compreso ipotesi e tesi degli autori. Potrei cessare di scriverne ancora, ma in questa pagina emerge un “indizio” importante che svela non i segreti di Bologna, che restano tali, malgrado il libro, ma le intenzioni e le idealità politiche degli autori. Non si finisce mai di approfondire un argomento ed anche noi adottiamo qui il principio della verità provvisoria. Può anche darsi che gli autori non siano consapevoli dei loro stessi pregiudizi politici. Ed è così che resto sorpreso alla menzione di Sabra e Shatila, dove viene ignorata qualsiasi responsabilità dell’esercito israeliano che aveva invaso il Libano. Ignoranza dovuto alla necessità di un excursus enciclopedico per illustrare l’ipotesi della «pista» o «ritorsione» palestinese? Numerosi altri indizi e termini linguistici che si trovano nel libro e che ci siamo astenuto dall’evidenziare ad uno ad uno fanno pensare a un pregiudizio filo-israeliano e quindi il sospetto di un intero libro confezionato e redatto secondo i criteri dell’Hasbara. Non che personalmente cambierebbe alcunché per noi la fondatezza di una “pista” o “ritorsione” palestinese. Se i due autori sono in grado di dimostrarla, lo facciano! Il nostro giudizio etico-politico e storico sulla questione palestinese, ossia la “pulizia etnica” del 1948, già pensata nel 1882, o sul sionismo nella definizione datane da Gilad Atzmon, non mutano di una virgola. Anzi, se a tanto si sia potuto giungere, questo non fa che aggravare la responsabilità storica degli stati europei che hanno devastato il Vicino Oriente almeno a far data dal 1911 in poi. Perché 1911, anno della conquista italiana dello “scatolone di sabbia”? Perché una tesi che mi è capitato di ascoltare sarebbe questo il vero inizio della prima guerra mondiale... Una tesi seducente. Ho letto il libro perché mi è stato segnalato fortemente da un amico che doveva promuoverlo per favorire gli autori suoi amici... Peccato, che non lo abbia letto neppure lui ed abbia lasciato a me questo compito. A parte alcune ricostruzione storiche di eventi, dove ho potuto apprendere cose che non sapevo, mi sembra però fallito nel suo scopo doppiamente: a) sul piano strettamente giudiziario-processuale si basa - come è detto dallo stesso Priore - su “ipotesi”, niente altro che ipotesi; b) sul piano extra-giudiziario i due autori si avventurano in questioni geopolitiche ed etiche della cui natura o non paiono consapevoli o sono vittime esse stessi di pregiudizi indotti da una pubblicistica fortemente condizionata. Ci dispiace per i due autori, verso i quali non abbiamo nulla di personale, e ci dispiace per l’Amico che ci ha attenzionato il libro, facendocelo comprare e leggere: lo vogliamo finire di leggere in giornata, perché per domani 27 settembre ne è annunciato un altro, presso Mondadori, del sindaco Pizzarotti sul M5s. E questo ci interessa di più e vogliamo essere libero per domani, per un’altra scheda di lettura, a questa successiva.
Rosario Priore (n. 1939) |
Valerio Cutonilli |
La tesi ipotesi del libro |
Al lettore l’ardua sentenza! |
«...Grazie al pentimento di suo fratello, però, i carabinieri avranno la conferma della collaborazione tra le Br e l’ala oltranzista della resistenza palestinese».Non sarei stato a cercare il pelo nell’uovo nel brano sopra riportato, se poco più avanti, a pagina 22, non avessi trovato quest’altro:
«La pericolosità di quei missili era tale era tale che Tel Aviv aveva escogitato un’azione molto rischiosa per neutralizzarli. Piombato di notte all’interno di una base nemica, un manipolo di paracadutisti aveva sequestrato il radar usato per orientare in battaglia i Sam-2. L’apparecchio era stato dal terreno e portato via in elicottero. Un’autentica beffa che le autorità egiziane si ostineranno a negare per anni».È un ex-magistrato che scrive questi brani? Mi chiedo se in quegli anni in cui esercitava la professione mi fossi trovato sotto il suo giudizio e fossi stato di nient’altro colpevole che di sola simpatia ed empatia con la causa palestinese, cosa poteva capitarmi. Al tempo stesso, avendo poca esperienza di tribunali, mi sovviene il ricordo di una causa recente, che non ho voluto appellare, non perché meno convinto delle mie ragioni, ma perché privo di fiducia nel giudice di primo grado e di quello che avrei trovato in secondo grado. Finché si tratta di giudicare ladri di pollo, si può avere una ragionevole certezza sulla equanimità dei giudici, ma quando si toccano temi politici, nulla garantisce che il giudice, anche inconsapevolmente e convintamente, si adegui al “clima politico” dominante o sensibile alle sue corde. Non sto parlando male dei giudici, ma voglio dire semplicemente che sono uomini pure loro, non semidei.
Se confrontiamo i termini del primo brano, singolarmente e nel loro insieme (grazie, pentimento, conferma, Br, ala oltranzista e infine resistenza palestinese) con l’andamento empatico del secondo brano, a me viene fuori il sospetto di una assunzione di campo. Non mi scandalizza se l’autore della narrazione ha simpatie sioniste, ma desidero saperlo. Addirittura in quella che un’azione di guerra vera e propria si parla di “sequestro” come fosse una partita di merci contraffatte in una normale operazione di polizia e della nostrana guardia di finanza. Infine il narratore se la ride con la “beffa”, come se la guerra, fra contendenti impari in armamenti, fosse una sequenza di “beffe” e non una tragedia che nel caso della questione palestinesi dura ormai di più di Cento Anni (1882-2016).
A proposito di “sequestri” e di “beffe” il mio pensiero va ad altro: nel 1986, in piena Roma, credo in Via Veneto, fu “sequestrato” dagli agenti israeliani Mordecai Vanunu, la cui colpa era quella di aver rivelato al mondo l’esistenza dell’atomica israeliana: altro che missiletti Sam-2. Come italiano, e romano, la “beffa” fu fatta a me! Non l’ho mai perdonato e mai ho perdonato quei magistrati che non perseguirono quel crimine, che gli inglesi sul loro territorio non permisero. In terra vive, l’Italia, lo si poteva fare, era consentito, era concesso... Non ho letto nessun libro che mi abbia dato la verità su quel fatto del 1986, ancora più recente di quello del 1980, narrato in questo libro di Cutonilli e Priore. Si può certamente obiettare che la strage di Bologna, con le sue vittime, è cosa più grave, ma il “sequestro” Vanunu, in territorio italiano, è cosa che ancora mi offende, mentre le vittime di Bologna riposano ormai in pace e non hanno di che indignarsi.
Insomma, non sono prevenuto contro il libro edito da Chiare Lettere. L’ho comprato con le migliori intenzioni e mi proponevo di fare bella figura alla prossima presentazione del 29 settembre, dimostrando di averlo già letto, ma le prime impressioni che ricavo dalla lettura sono quelle che ho scritto. Faccio però ora il bravo e cerco di giungere alla fine del libro (270 pagine) senza fare - spero - altre osservazioni. Da un punto di vista filologico credo che sarebbe stato opportuno distinguere la parte di testo che è di Rosario Priore, nato nel 1939 e magistrato in pensione, da quella scritta da Valerio Cutonilli. Probabilmente, la parte scritta da Priore è la sola introduzione (pp. 5-10) e tutto il resto è stato redatto da Cutonilli, non in che anno nato, ma certamente più giovane di Rosario Priore.
Sono arrivato a pad. 38 e l’impianto del libro sembra piuttosto semplice. Spero di non dover fare altre osservazioni e di giungere rapidamente alla fine. L’Autore, come ovvio, orientato verso la “pista palestinese”, non può fare a meno di dare un qualche inquadramento storico della questione palestinese, almeno quanto basta per dare un contesto alla sua ipotesi. Altrimenti il lettore comune, ignaro di problemi mediorientali, non capirebbe per nulla cosa possano entrarci i palestinesi con la strage di Bologna dell’agosto 1980. Sulla base di altre mie letture, ed una modesta conoscenza della geopolitica mediorientale, posso condividere quanto ebbe a dire addirittura un ebreo israeliano in una conferenza alla Fondazione Basso. Si tratta di Jeff Halper, noto per le sue lotte in Israele contro l’abbattimento delle case dei palestinesi, se ben ricordo. La tesi che a me sembra ovvia e che getta una pesantissima responsabilità sulla politica estera dei paesi europei, Italia inclusa, è tutta la forza di Israele non sta nella sua eccellenza tecnologica o perfino nella superiore intelligenza e moralità degli israeliani, ma nel sostegno costante da parte occidentale in tutti gli àmbiti: un flusso di denaro e di aiuti e forniture di ogni genere va dagli Usa in primis e dai paesi europei, Italia inclusa. L’Italia a sua volta è sotto il tallone degli Usa fin dal 1945. E negli Usa la comunità ebraica è di gran lunga la più potenza e influenza in modo massicio e determinante la politica estera americana. Cito soltanto il libro di Mearsheimer e Walt, per non essere tacciato di parzialità in questo mio giudizio. Non credo che si debbano spendere troppe parole per dimostrare che la sofferenza dei palestinesi e le guerre centenarie in Medio Oriente sono un magnifico regalo delle potenze europee che si spartite le spoglie dell’Impero ottomano. Non ho mai viaggiato nei paesi arabi e mai lo farò, perché mi sentirei a disagio per le responsabilità storiche dell’Europa, Italia inclusa, nel nostro Vicino Oriente, nel quale andrebbe fatta una ben diversa politica, che però non ci è consentita dalla nostra sudditanza agli Stati Uniti e allo stesso stato di Israele, che presso di noi ha una lobby potentissima.
Quindi, fermo restando, che non posso certo approvare, allietarmi, giustificare minimamente un qualsiasi atto terroristico che produca vittime innocenti, non avrei gran che di che stupirmi, se la “pista palestinese” venisse ad essere accertata. Sarei ancora più perplesso sulla effettiva utilità alla causa palestinese di un simile attentato. Mi sembrerebbe più logico un “false flag”: gli israeliani sono maestri insuperati in questo genere di operazioni. La tesi più che fondata è che vi è stata almeno dalla dichiarazione Balfour in poi un colpevole sostegno degli Usa e dell‘opera a una consapevole “pulizia etnica” della Palestina sul modello sperimentato della “pulizia etnica” dei pellerossa. Non ci si bagna però due volte nella stessa acqua e se è riuscita l'operazione pellerossa, mi pare più difficile riservare lo stesso “destino” ai palestinesi. Ed è anche comprensibile che la migliore arma di cui i palestinesi possono disporre è di natura non militare: risvegliare la coscienza etico-politica dei cittadini europei, ed italiani in particolare. Parafrasando una frase ricorrente che trovavo in documenti tedeschi della seconda guerra mondiale, possiamo dire per la questione israelo-palestinese: “questa è una guerra ideologica, mediatica”, che si combatte con la propaganda, con libri, articoli su giornali, trasmissioni televisive, dichiarazioni di politici, con una produzione legislativa che pretende di combattere l’odio, di stabilire la giusta e veritiera memoria della Storia, che punisce l’orientamento anti-israeliano, ma non punisce anzi favorisce quello anti-palestinese, anti-islamico, anti-arabo.
In questo contesto, direi, si colloca il libro di cui stiamo parlando, e che cerco di leggere rapidamente, finendolo di leggere in tempo per la presentazione romana del 29 settembre, dove mi asterrò dall’intervenire ed ascolterò in silenzio e con attenzione ciò che avranno da dire gli altri che interverranno: ho più interesse ad ascoltare che a parlare. Sono arrivato intanto a pagina, dove ancora mi colpisce il termine “beffare” che ripete la “beffa” di pagina 22: «I primi a beffare il Fronte Popolare sono stati proprio gli israeliani» (p. 73): “un’impresa spettacolare”: siamo a Hollywood. Sembra di leggere una lite di condominio... E comunque non solo non vedo la fondatezza o meno delle “ipotesi” di cui parla Priore a pagina 10, ma il loro interesse e soprattutto non vedo la tesi del libro: dove vuole arrivare? Dove vuole andare a parare? Quello che finora appare è la mancanza di sovranità non solo dell’Italia, in particolare, ma di tutti gli stati europei, che in un conflitto oramai secolare, iniziato con la prima guerra mondiale per la spartizione dei territori dell’Impero ottomano non è mai cessata, e della quale l’Europo, che ha il culto della Memoria, ha però perso memoria storia, e davanti alle tragedie del nostro tempo appare come un passante del tutto sprovveduto.
Sono a pagina 89 ed ancora non trovo la tesi del libro di pagine 270 circa, ma trovo questo passaggio:
«In Italia, ancora oggi, non c’è consapevolezza dell’enorme partita giocata intorno alla questione degli euromissili che hanno posto fine alla superiorità militare sovietica».Consapevolezza di che? e di chi? Ricordando Manzoni, a me pare che in caso di conflitto USA-Russia i primi stracci a saltare in aria sono proprio quanti risiedono in Italia. E posto, ma non ne sono per nulla convinto, e non sono però un esperto di cose militari, posto che sia venuta meno la superiorità militare sovietica (oggi russa), quale altra superiorità vi si è sostituita? Quella americana (e indirettamente israeliana, per la nota influenza determinante di Israele sulla politica estera americana) in territorio italiano, dove sono 130 le basi americane, che siamo noi stessi a pagare? Fatta eccezione, per il pagamento del carburante per lo spostamento delle nostre navi, come mi fu detto in un convegno di militari...
Sono arrivato a pag. 105 e sembra prendere corpo l’impianto narrativo: poiché gli italiani, da sempre traditori, non rispettano più il “lodo Moro” (che non esiste ma esiste), subiscono con la strage di Bologna una ritorsione da parte dell’ala “oltranzista” della guerriglia palestinese (uso io il termine “guerriglia, guerriglieri” al posto del termine connotativo “terrorismo, terroristi” preferito dagli autori). Ma siamo sempre alle “ipotesi” di pagina 10: non di risultanze processuali. Il lettore, espressamente appellato da Priore («Ora sarà il lettore a giudicare se le nostre ipotesi siano fondate o meno»). Ma cosa ha fatto nella vita Rosario Priore? Il magistrato? E vuole dal povero lettore di un libro, letto con noia e di malavoglia, quella “verità” che un magistrato non ha saputo dare sul mero, nudo e crudo svolgimento dei fatti? Chi ha rubato il pollo? Chi ha messo la bomba? Al giudice, in quanto giudice, non competono valutazioni di carattere politico, strategico, geopolitico... Sono ad di sopra della sua ordinaria comprensione. Spesso ne capisce assai meno di un comune cittadino...
Il lettore, dunque. Innanzitutto, senza se e senza ma, la piena e assolutà pietà per le vittime innocenti, alle quali deve essere resa giustizia chiunque sia stato l’autore, ma non prendendo chiunque a caso, giusto per dire che giustizia è stata fatta e gabbare così il santo. Penso che le vittime sarebbero ancora più vittime, se venissero strumentalizzate e della loro morte venisse incolpato un innocente. Questa sì che sarebbe una “beffa”, fatta ai morti, e dunque un sacrilegio. Ma anche accettando, per ipotesi, fondata o meno, l’ipotesi dei due autori, avremmo una scissione di piani, con giudizi anche diametralmente opposti.
Ferma condanna degli autori ipotizzati del crimine, ma possibile condanna - almeno come opzione politica, a seconda di quale campo della battaglia si scelga di stare, se con i palestinesi o gli israeliani - della politica seguita da Cossiga, dopo l’uccisione di Moro, che essendo lui ministro dell’interno non ha saputo evitare. Se per assurdo la strage di Bologna avesse un meccanico nesso di causalità con la politica derivante dalla violazione dell’inesistente esistente “lodo Moro”, allora la responsabilità della strage dovrebbe essere ricondotta alla Causa Prima che muove le altre cause.
Pur ammettendo, per assurdo, la tesi della ritorsione, dubito della utilità di una simile azione efferata, che quanto meno avrebbe dovuto essere rivendicata. Che senso avrebbe altrimenti una “ritorsione” se non si dice e si fa sapere di aver fatto quella tal cosa come ritorsione alla tal altra? Siamo al di fuori della politica. Anche ammettendo, per assurdo, l’ipotesi Priore/Cutonilli, troverei più logico e plausibile un intervento del sempre presente Mossad per far cadere sulla causa palestinese l’impopolarità di una strage che offende la coscienza di un intero popolo, quello italiano, del cui sostegno la causa palestinese ha disperato bisogno. Ma andiamo avanti nella lettura...
Tutta questa la prova? |
In altri termini, riassumendo, qual è lo scopo del libro? Vuole darci la verità “vera” sulla strage di Bologna finora processualmente accertata? Ne ha gli elementi probatori che prima mancavano? Si riapra il processo! Tutto è possibile... Vuole dare una ricostruzione storica di una opposizione irriducibile, insanabile, incomponibile, non mediabile israelo-palestinese il cui inizio io riporto all’anno 1882? Nel primo caso il Lettore non ha alcun potere, non ha strumenti e meno che mai questi possono essere costituiti da un libro. Nel secondo caso il libro stesso si colloca in una pubblicistica dove la neutralità non è in alcun modo possibile: o si sta con gli uni, o si sta con gli altri; o da una parte, o dall’altra. Ogni tentativo di terzietà è semplicemente un inganno.
Accidenti! Cosa ti trovo a pagina 120? Buttato e detto lì come se fosse un’inezia... Senza battere ciglio, i narratori di beffe, ci rivelano che lo stato italiano nella persona delle massime autorità, legittimate dal voto popolare, quello delle gente comune, che passa o si trova per strada, nei negozi, nelle stazioni, anche in quella di Bologna, ordina, esegue, è complice di volgarissimi omicidi, che accadono per “ragion di stato”, e quale stato? il loro! ... Gli Autori sono uomini d’onore, hanno chiaramente una eticità, vogliono e cercano una “verità”, ma quale verità? Quale verità vogliono raccontare? Quale verità pensano di avere scoperto? Ne hanno già individuato ed ammesso una più grande di quella della strage di Bologna, e non se ne accorgono... una verità che hanno sotto il naso e che supera quella di Bologna, la ingloba il sé... È forse meglio che trascriva per intero il brano che cercherò di commentare, con i metodi dell’analisi linguistica, come ho visto fare a Chomski:
«...Cossiga, in realtà, è a conoscenza del ricatto libico sin dal novembre del 1979. È stato informato dal generale dei carabinieri, volato in Libia per tentare una ricomposizione bonaria dei dissidi. Questa volta il premier Cossiga non impone la linea intransigente adottata nel caso dell’Fplp. Le relazioni commerciali con Tripoli sono indispensabili per l’economia italiana sempre più in crisi. L’esigenza di tutelare gli interessi nostrani in Libia obbliga a una scelta sofferta e contraddittoria. Nella primavera del 1980, Santovito ottiene il via libera. Il Sismi può consegnare ai servizi segreti di Gheddafi la lista dei dissidenti con l’indicazione delle date per agire. La mattanza degli esuli prosegue per settimane, a Roma e Milano. L’11 giugno, alla stazione ferroviaria del capoluogo lombardo, viene ucciso Azzedine Lahderi. Questa volta sono colpiti anche gli interessi italiani perché la vittima è un informatore del Sismi...».Spero che il testo nella sua narrativa e nello stile con cui la narrativa viene fatta sia autoevidente, senza costringerci a diffonderci troppo. Siamo di fronte a un omicidio di stato e gli autori non percepiscono di avere qui la “verità” che cercano - a quanto pare - cercano altrove, per addossarne ad altri la colpa e responsabilità. Che differenza c’è nel brano sopra riportato da un qualsiasi omicidio di mafia? In Hobbes, il principio fondante del Leviatano è la relazione protezione-obbedienza. Uno Stato esiste perché non abbiano a compiersi mai e per nessuna ragione degli omicidi, essendo la vita il bene supremo al quale nessuno può rinunciare. Il reo è punito sulla base di una sentenza per aver violato una legge. Ma lo Stato non è autore o complice di omicidi come può esserlo un qualsiasi capo mafioso. La “verità” alla quale normalmente ci riferiamo ha un contenuto di eticità, giustizia, sacralità... Non è la soluzione di un rebus, di un cruciverba. In fondo, nel “lodo Moro” si puntava alla salvezza di vite umane, non alla loro uccisione. Il post-Moro (il suo “lodo”) ha generato una successione di eventi, prevedibili, dove la vita umana non ha più nessun valore. Che senso ha cercare la verità nella stazione di Bologna, quando la si trova già nella stazione di Milano? Insomma, la ricerca del libro non ha propriamente come suo oggetto la ricerca della “verità”, ma punta a una “pista palestinese” che possa tornare utili ai brutti ceffi della nostra storia, uno più brutto dell’altro senza che nessuno si salvi. Paradossalmente, i morti innocenti rischiano di essere colpevoli di nient’altro che della loro innocenza, per essere in qualche modo, astratto, fittizio, remotissimo, colpevoli della legittimazione degli uomini al potere che anziché proteggere le vite le sacrificano ai loro cinismi. I morti innocenti ammazzati erano elettori di Cossiga, o degli uomini di governo i cui nomi sono fatti nel libro?... Non so riesco a focalizzare la questione della rappresentanza politica, l’istituto per il quale un premier è un premier, in un’epoca in cui si incomincia a parlare della democrazia diretta come possibile e necessario superamento di una gestione del potere che non garantisce né le nostre vite né il benessere né la dignità né i diritti che sulla carta e nelle leggi sono solennemente dichiarati e per la cui garanzia esistono apparati e corpi dello stato... Rosario Priore ha pronunciato per tutta la sua esistenza sentenze in nome del popolo italiano.
Se Giacomo Casanova si trova in un città, ed in quella città si consuma un adulterio clandestino, ne è responsabile il noto Casanova, che ha consolidata fama di seduttore. E così lo stesso Casanova viene ritenuto responsabili di tutti gli adulteri nascosti che avvengono nelle città grandi e piccole in cui si trova a passare: lascia una scia... Questo mi sembra il livello delle “ipotesi” che dovrebbero portare alla «pista palestinese»: anzi alla «ritorsione palestinese», come se i governi tutti non avessero da rispondere su una “pulizia etnica della Palestina”, fonte di ogni illegittimità fondativa di qualsivoglia stato di diritto. Per il resto, dalla lettura del libro, condotto fin oltre la metà delle sue pagine, direi che i due autori non hanno nessuna o poca cognizione di cosa sia la «pulizia etnica della Palestina» (per tutti Pappe) e di cosa sia il sionismo (fondamentale: Gilad Atzmon). Curiosamente, nel libro è citata una ex spia del Mossad, Victor Ostrovsky, autore di un libro di rivelazioni sulla natura e i metodi del Mossad: Attraverso l’inganno. In questo libro si rivela l’esistenza della rete dei sayanim, cui un autore come Atzmon mostra credere, e di cui si parla in forma romanzata da parte di altri autori. Sayanim possono trovarsi dappertutto... Ed anche la “pista palestinese” potrebbe non esserne immune. Gli autori insistono sull’«oltranzismo» di una componente palestinese richiamata nel libro, ma viene dato semplicemente per presuppo un “oltransismo” di cui non ci si chiede la natura. È da chiedersi se non sia “oltranzismo” da parte di un giudice in pensione, e di un suo giovane collaboratore, la ricerca alla stazione di Bologna di una “verità” che gli organi inquirenti e i servizi segreti dello Stato non hanno saputo o voluto dare... Tutto questo mi sembra molto sospetto, senza che la “verità”, quale che sia, stia a me meno a cuore che ai due autori, i quali forse prediligono una verità piuttosto che un’altra.
Sono arrivato a p. 218. Non manca molto alla fine del libro e credo di aver ormai compreso ipotesi e tesi degli autori. Potrei cessare di scriverne ancora, ma in questa pagina emerge un “indizio” importante che svela non i segreti di Bologna, che restano tali, malgrado il libro, ma le intenzioni e le idealità politiche degli autori. Non si finisce mai di approfondire un argomento ed anche noi adottiamo qui il principio della verità provvisoria. Può anche darsi che gli autori non siano consapevoli dei loro stessi pregiudizi politici. Ed è così che resto sorpreso alla menzione di Sabra e Shatila, dove viene ignorata qualsiasi responsabilità dell’esercito israeliano che aveva invaso il Libano. Ignoranza dovuto alla necessità di un excursus enciclopedico per illustrare l’ipotesi della «pista» o «ritorsione» palestinese? Numerosi altri indizi e termini linguistici che si trovano nel libro e che ci siamo astenuto dall’evidenziare ad uno ad uno fanno pensare a un pregiudizio filo-israeliano e quindi il sospetto di un intero libro confezionato e redatto secondo i criteri dell’Hasbara. Non che personalmente cambierebbe alcunché per noi la fondatezza di una “pista” o “ritorsione” palestinese. Se i due autori sono in grado di dimostrarla, lo facciano! Il nostro giudizio etico-politico e storico sulla questione palestinese, ossia la “pulizia etnica” del 1948, già pensata nel 1882, o sul sionismo nella definizione datane da Gilad Atzmon, non mutano di una virgola. Anzi, se a tanto si sia potuto giungere, questo non fa che aggravare la responsabilità storica degli stati europei che hanno devastato il Vicino Oriente almeno a far data dal 1911 in poi. Perché 1911, anno della conquista italiana dello “scatolone di sabbia”? Perché una tesi che mi è capitato di ascoltare sarebbe questo il vero inizio della prima guerra mondiale... Una tesi seducente. Ho letto il libro perché mi è stato segnalato fortemente da un amico che doveva promuoverlo per favorire gli autori suoi amici... Peccato, che non lo abbia letto neppure lui ed abbia lasciato a me questo compito. A parte alcune ricostruzione storiche di eventi, dove ho potuto apprendere cose che non sapevo, mi sembra però fallito nel suo scopo doppiamente: a) sul piano strettamente giudiziario-processuale si basa - come è detto dallo stesso Priore - su “ipotesi”, niente altro che ipotesi; b) sul piano extra-giudiziario i due autori si avventurano in questioni geopolitiche ed etiche della cui natura o non paiono consapevoli o sono vittime esse stessi di pregiudizi indotti da una pubblicistica fortemente condizionata. Ci dispiace per i due autori, verso i quali non abbiamo nulla di personale, e ci dispiace per l’Amico che ci ha attenzionato il libro, facendocelo comprare e leggere: lo vogliamo finire di leggere in giornata, perché per domani 27 settembre ne è annunciato un altro, presso Mondadori, del sindaco Pizzarotti sul M5s. E questo ci interessa di più e vogliamo essere libero per domani, per un’altra scheda di lettura, a questa successiva.
(segue: trattasi di testo non definitivo, ancora in elaborazione)
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