martedì 27 settembre 2016

Letture: 44. Federico Pizzarotti: «Una rivoluzione normale» (Mondadori, settembre 2016).

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Ho appena finito di leggere il libro sulla “strage di Bologna”. Passando a una nuova lettura, avendo ancora fresca la precedente, dove compare spesso la parola “beffa”, una prassi goliardica, mi viene in mente l’incidente automobilistico di Beppe Grillo: lui salta fuori dalla macchina che guidava e i suoi amici cadono nel precipizio, perdendovi la vita. L’avvio del libro di Pizzarotti non è fondato su “ipotesi” o su “beffe”, ma sul «realismo» che non può essere limitato al «dualismo» di «buoni e cattivi, giusto e sbagliato, onesti e disonesti» (p. 5). Già nell’incipit è contenuto una critica alla presunzione di superiorità morale che costituisce l’asse portante della propaganda grillina e talebana, mentre sta franando tutto l’edificio casaleggiano entro il quale si è voluto contenere e frenare uno spontaneo movimento di protesta, per non dire rivoluzionario, che nasce dalla implosione del vecchio sistema partitico.

Intanto una osservazione che a un lettore esperto salta agli occhi fin dalle prime righe. Siamo lontani anni luce da un altro libri uscito pochi mesi mesi prima: quello di Davide Barillari, di cui ci occupiamo qui, due numeri più avanti (n. 42), in queste schede di lettura, banali annotazioni in margine alle pagine. Quello di Barillari appare subito come fuffa che ha bisogno di un endorsement di Beppe Grillo, il cui nome risalta nella copertina e fa pensare a una sorta di co-autore. Si tratta invece di un brano di circostanza ed è probabile che Beppe il libro di Davide non lo abbia neppure letto, ma al massimo solo sfogliato... Ci ha premesso una pagina piuttosto generica ed essa stessa alquanto discutibile nella sua genericità, contraddetta peraltro dagli sviluppi sul campo. Berlusconi aveva parlato di Beppe come un novello Hitler, se ben ricordo ma non sapendo ritrovare la fonte (mi aiuti chi può)... Era parsa una esagerazione, come sono esagerazioni polemiche tutte le rappresentazioni di questo genere, ma se non ci si lascia ingannare dalla comicità del personaggio e si guarda con attenzione alla struttura organizzativa, messa a nudo dalle cause giudiziarie promosse su impulso di un attivista agguerrito, Roberto Motta, al quale mi sono subito associato, seguito da tanti altri altri in cause che si avvicendano una al seguito dell’altra, allora si vede che esiste un serio problema di democraticità all’interno del M5s. Gli attivisti non a rischio di espulsione sono i cosiddetti talebani, masse di fanatici che rischiano di trasformarsi in squadristi. Urge quanto mai la legge attuativa dell’art. 49 della costituzione. Se la memoria non mi inganna, uno degli avvocati messi in campo da Beppe Grillo, ha sostenuto che l’art. 49 della costituzione non ha bisogno di una legge applicativa. Mi sembra una posizione degna della peggiore partitocrazia, del comunismo staliniano, quello di “Buio a mezzanotte”.

Dicevamo sopra di un “dualismo” che porta alla presunzione di superiorità morale. Pizzarotti va subito nel cuore della questione: «è un grave errore» (p. 5). A differenza di altri libri, che non cito in confronto negativo (il bucato A è più bianco del bucato B), piace la capacità di entrare subito in medias res. È diretta ed esplicita la condanna di una politica e propaganda politica che si alimenta e campa tutta sulla demonizzazione dell’avversario:
Anziché fossilizzarci sulle categorie, penso che si debba innalzare il livello della politica proponendo soluzioni ai problemi e occupandoci meno dei “disastri” dell’avversario. In questo modo saremo in grado di fornire un contributo positivo all’Italia e agli italiani. Invece, molto spesso, la politica è fango e dita puntate.
Il brano si presta a un commento, anche criptico. Intanto, quello che ho sempre detto, dal primo giorno che ho aderito al M5s, non dalla vittoria di Pizzarotti nel maggio del 2012, quando fu eletto sindaco al ballottaggio. Ma pochi mesi più tardi, al risultato regionale siciliano dell’ottobre 2012. Io sono dell’estremo sud e il nord parmense era per me lontano, un altro mondo. Ma in una situazione come quella siciliana il voto al M5s significava che ormai la gente non aveva più la minima speranza neppure nel voto di scambio, non inteso necessariamente come fatto delittuoso, ma come la semplice speranza che se veniva eletta una persona amica e vicina le si poteva magari chiedere qualche favore. L’unica previsione che insieme ad un amico abbiamo fatto ed azzeccato fu che da lì a poco mesi il M5s sarebbe stato anche il primo partito alle politiche del febbraio 2013. E così fu.

Ma qui cominciano i guai. Il M5s non nasce per forza propria, ma è la conseguenza della dissoluzione e implosione del sistema politico-partitico italiano che non può più neppure attingere al depredamento delle risorse pubbliche: vi è poco o nulla da spremere, o non è più facile farlo come prima. E soprattutto si stenta a riconoscere ai politici la legittimità della loro funzione. A fronte di questo però, fino ad oggi, il M5s non ha dimostrato nessuna nuova cultura politica. Paradossalmente, contraddice i suoi stessi pochi principi. Un esempio? Il principio “uno vale uno” che voleva essere una sorta di democrazia diretta, una forma di orizzontalità dell’impegno politico, in opposizione al verticismo e al leaderismo. Intanto, i parlamentari - già miracolati in parlamento con procedura “talebana” - si sono trasformati in veri e propri commissario di partito. In pratica, i parlamentari sono l'organico direttivo del nuovo partito, quello che non esiste, il non-partito. Ed è esattamente il contrario della dottrina del liberalismo classico dello stato di diritto, dove i partiti servono per controllare gli eletti. Qui invece gli eletti controllano il partito formato dagli attivisti talebani: quelli che non si adeguano vengono espulsi, o “sospesi” che è stato il caso illustre di Pizzarotti, il caso che non può essere ignorato dai media, come stanno facendo con tutti gli altri “espulsi”.

Ho terminato di leggere il libro che è di 151 pagine e non avendo seguito il metodo dell’annotazione do quelle pagine dove avrei avuto qualcosa da osservare, dovrò rileggerlo una seconda volta, avendone ormai una visione d’insieme che è utile e risparmia possibili travisamenti. Posso conservare le osservazioni già fatte in apertura. Ai fini della mia analisi il libro è disturbato dai brani letterari, autobiografici, cose che toccano l'umanità e la privacy del personaggio pubblico Federico Pizzarotti che è qui oggetto del mio interesse. Non pochi i riferimenti a romanzi e opere cinematografiche, come a uomini politici presi come modello, ad es. John Kennedy. Nessun riferimento a opere di saggistica, storia, diritto, filosofia... Non sono però io in genere un lettore di romanzi né attribuisco soverchia importanza alla cinematografia. Quindi, espungo tutta questa parte dalla mia analisi, riducendo a pochi brani quelli di mio interesse.

In particolare, prima di dimenticarlo e re-iniziare la lettura del fortunatamente breve libro, vado ad un brano finale che ha attratto la mia attenzione: la data del 12 maggio 2016. Cosa successe allora? Divenne di dominio pubblico la notizia dell’avviso di garanzia a seguito di un esposto presentato e con udienza presso la procura fissata per il 27 maggio. Nella stessa mattinata del 12 maggio il mitico Staff anonimo di Beppe Grillo spediva una email, la cui struttura e connotati ben conosciamo pure noi Attivisti romani, per averne ricevuta in febbraio una a testa, di cui la mia è la più singolare. È utile riportare da pagine 142 il testo della email del mitico e anonimo «Staff di Beppe Grillo»:
Gentile Federico Pizzarotti,
abbiamo appreso la notizia da fonti di stampa che saresti indagato per il reato di concorso in abuso d’ufficio connesso ad alcune nomine fatte al Teatro Regio. Come per tutti gli altri casi che ci hanno interessato, siamo qui a chiederti la cortese trasmissione di copia dell’avviso di garanzia ricevuto e di tutti i documenti connessi alla vicenda che ti contesta la procura di Parma. Ti preghiamo di farcelo pervenire entro domani mattina, in modo da poter chiudere al più presto l’istruttoria avviata in ossequio ai codici di comportamento del Movimento 5 Stelle. Certi di una tua leale collaborazione, ne approfittiamo per mandarti i nostri saluti.
Non posso trattenermi dal comparare, sommariamente, questa email inviata il 12 maggio a Pizzarotti con quella a me inviata in febbraio. Ma prima qualche osservazione. Incredibile come questi Signori dello Staff dopo aver sempre detto peste e corna della stampa di regime ne dipendano interamente e senza nessun discernimento critico come fonte delle loro decisioni. Perlomeno, nel caso di Pizzarotti, comunicano il titolo del reato per il quale sarebbe indagato, ma non che gli sia stato contestato, giacché credo in questo caso vi sarebbe stata da parte della procura la richiesta di rinvio a giudizio, invece sappiamo da pochi giorni che vi è stata richiesta di archiviazione. Non voglio adesso scendere in dettagli, ma a me non mi fu neppure detto di quale capo di imputazione avrei dovuto difendermi presentando mie controdeduzioni entro dieci giorni. Immaginate che si abbia a ricevere un avviso di garanzia dove non è neppure scritto il reato per il quale si è indagati: quello che successe nel mio caso con analoga email spedita dal Mitico e Anonimo «Staff di Beppe Grillo», massima struttura dirigenziale del Movimento Cinque Stelle. Non sono però del tutto privo di immaginazione e venne io in soccorso dello Staff, scrivendo loro: guardate che se è per quella vecchia storia di sette anni fa, io sono stato assoluto con formula piena per inesistenza del fatto e del diritto. Vi allego ad ogni buon conto la mia Memoria difensiva (di pagine 17, disponibile in rete) presentata nel gennaio 2010 davanti al Collegio di Disciplina del Consiglio Universitario Nazionale e relativa delibera di assoluzione emanata qualche mese dopo.  E lo feci a meno di un’ora dal ricevimento della email di sospensione ed esclusione dalle Comunarie. Incredibile a dirsi ma vero, trascorsi i dieci giorni mi risposero che non avevano ricevuto nulla, e me perciò mi espellevano dal M5s, ma che potevo fare ricorso al Comitato di Appello, cosa che feci ma intimando a detto Comitato il termine di cinque giorni prima di adire io all’Autorità giudiziaria. Cosa che feci puntualmente, giungendo a me in data 12 aprile 2016, stesso giorno della morte di Gianroberto Casaleggio, il testo della Ordinanza cautelare di pagine 57 con la quale la Terza Sezione del Tribunale Civile di Roma stabiliva l'illegittimità della mia espulsione e ordinava il reintegro.

Anche Federico Pizzarotti rispose alla sconcertante email dello Staff di Beppe Grillo. E pubblica a pag. 142-43  il testo della sua lettera che riportiamo di seguito:
Gentilissimo anonimo Staff,
forse vi siete dimenticati che sono un sindaco eletto e un pubblico ufficiale, e a una mail anonima non fornisco nessun documento. Soprattutto per una indagine in corso che coinvolge me, altri membri del Cda, e una fondazione. Innanzitutto citatemi quali sarebbero i regolamenti cui fate riferimento, in cui vengono espressi tempi, modi e situazioni. Voi da mesi non rispondete alle diverse e-mail su cui chiediamo chiarimenti in merito alla situazione del nostro consiglio comunale, forse dovreste preoccuparvi anche di quello. Per altri approfondimenti fatemi chiamare dal responsabile dei Comuni Luigi Di Maio.
Distinti saluti
sindaco Federico Pizzarotti
Ed il giorno dopo arriva a Pizzarotti la famosa sospensione di cui tutti sappiamo e di cui tutti hanno parlato e continuano a parlare. E pure noi, quei tre temerari - Dr. Roberto Motta, avv. Paolo Palleschi, Prof. Antonio Caracciolo, rappresentati dall’Avv. Lorenzo Borrè, e coadiuvato da uno Staff amico di dieci legali, i cui nome sono stati resi pubblici e che vengono di tanto in tanto informati e consultati -, i tre Signor Nessuno che hanno osato muovere causa al Divino Beppe, che in barba all’«uno vale  uno», lui vale e conta per tutti, e tutti gli altro sono quelli che il Marchese del Grillo diceva contare un... nulla! È di oggi una manifestazione di panico del comico genovese, che si sente mancare la terra sotto i piedi e fa del vittimismo, lui che non ha mai ascoltato nessuno delle centinaia, forse migliaia di attivisti anonimi che venivano espulsi con un calcio sul dietro, senza un grazie, e soprattutto senza uno straccio di perché: non erano deputati e senatori! Erano e sono semplici militanti attivisti che spesso non hanno neppure i soldi per rivolgersi a un avvocato.

Ma veniamo al punto, prima di procedere a una seconda lettura sequenziale del libro. Occhio alle date: è del 12 maggio la mail di contestazione ed sospensione dal M5s del sindaco Federico Pizzarotti. È del 12 aprile la notizia mediatica della Ordinanza del Tribunale Civile che reintegrava nei loro diritti di iscritti al M5s i tre ricorrenti romani, espulsi dalle Comunarie, che si sono svolte egualmente malgrado il vulnus alla loro legittimità inferto dalla Ordinanza del Tribunale. Un loro comunicato ricordo che recitava “Il M5s romano va avanti...” e adesso ballano, insieme alla bella Virginia.

Cercando di prevedere le mosse di Federico, con il quale non si riusciva a stabilire un contatto pubblico e diretto, ci si chiedeva: “ma perché non si rivolge a un giudice per invalidare la sospensione? Il Tribunale di Roma (e a venire quello di Napoli) gli hanno aperto la strada? A lui e a chiunque si senta leso nei suoi diritti politici ex art. 49 della costituzione? I commenti meno benevoli - non se ne abbia Federico se legge - è che non fosse un ragazzo molto sveglio, anche se un bravo ragazzo. Ora però, dopo la sua conferenza stampa del lunedì 3 ottobre (il nostro testo è in progress), una sua dichiarazione che citiamo a memoria ci fa comprendere un suo diverso modo di pensare: lui non crede ai ricorsi presso un giudice. Io gli ho lasciato un commento che è difficile ritrovare fra le parecchie migliaia in cui si trova. Ed è questo, all'incirca, nel senso: tu hai indubbiamente una tua visibilità come sindaco di Parma, il primo sindaco 5s, ma l’oscuro attivista quale speranza può avere se non si rivolge a un giudice? Per tutta la vita gli resterà l’onta della cacciata senza motivo (altro che le "poche regole” violate!) e pure  accompagnate da male parole (gli “sporchi dentro” che hanno fatto fioccare a Beppe tre distinte querele penali, per le quali dovrebbe aver ricevuto o dovrebbe ricevere relativo “avviso di garanzia” che a sua volta Beppe dovrebbe rendere pubblico).

Ci sembra qui di notare una incoerenza di Federico Pizzarotti, o meglio qualcosa di cui lui non si accorge e che invece a noi sembra chiara. Giustamente, Pizzarotti antepone il suo ruolo istituzionale di Sindaco di Parma a tutte le indebite pressioni che riceve dallo Staff anonimo. Tutto il libro è una sorta di autocelebrazione del suo status di sindaco di tutti i cittadini parmensi. Gli sfugge forse il fatto che l'iscrizione a un partito politico e il connesso ruolo di cittadini forniti di diritti politici è una status giuridicamente non inferiore a quello di Sindaco, che è tale in quanto eletto da cittadini che godono dei diritti politici. L’adesione e militanza in un qualsiasi partito è un loro diritto, non un regalo che ricevono da Beppe Grillo...

Quindi, a mio avviso, Federico Pizzarotti avrebbe dovuto vedere non la sua singola e illegittima sospensione, ma quella di ogni altro attivista che non si chiami Federico Pizzarotti ed abbia la sua visibilità. Se avesse impugnato la sua sospensione davanti a un giudice Federico Pizzarotti non avrebbe agito uti singulus ma uti universus, e così avrebbe tutelato ogni iscritto al M5s, senza lasciare libero il campo ai Talebani che proprio nella sua pagina continuano a insultarlo in modo tale da far vergognare tutti gli altri iscritti e i milioni di cittadini che con speranza hanno votato il M5s, stanche della vecchia partitocrazia. Pizzarotti rivolgendosi a un giudice avrebbe fatto traballare le sedie dell'anonimo Staff, che con il loro anonimato pretendono di tenere in scacco tutta la democrazia italiana: altro che massoneria!

Non mi piace procedere per congetture, ma il motivo del silenzio di Pizzarotti davanti alle cause degli attivisti romani e napoletani potrebbe essere - secondo taluni - motivato da “furbizia”: aveva in mente di andarsene dal M5s, di cercare nuove alleanze, e di prepararsi una lista per il secondo mandato in Parma... Cose peraltro legittime. Ma avrebbe sempre potuto farle, associandole a una lotta interna per la democrazia, un bene che è di tutti i cittadini. Alle competizioni elettorale partecipano tutte le liste ammesse, ma di ognuna di esse i cittadini devono che hanno tutte eguale legittimità democratica... Pensando che non l'abbia, la legge ha vietato la ricostituzione del disciolto partito fascista.... ma qui ci avventuriamo in un campo minato dove saltano in aria i fondamentali diritti di libertà in materia di pensiero e sua espressione. È un’altra storia che abbiamo raccontato altrove.

Procediamo adesso, con calma, a una seconda lettura sequenziale di tutto il libro di Pizzarotti, incominciando dal titolo:  «una rivoluzione normale». Cosa è una “rivoluzione” e per giunta “normale”?                                                        



(segue)

1 commento:

bitolgius ha detto...

Berlusconi paragona Grillo a Hitler. https://m.youtube.com/watch?v=vkEGGFuy7dU