mauro manno
Messa in
guardia iniziale al lettore: Presento qui un lungo articolo sulla religione dell’olocausto e sul sionismo. La mia argomentazione può risultare pesante a causa delle numerose citazioni. Ma se le citazioni appesantiscono il discorso, esse sono anche punti fermi della dimostrazione.
Sul Jerusalem Post è comparso alcuni giorni fa un articolo del giornalista
Etgar Lefkovits dal titolo: 'Un dirigente sionista fu il primo a essere informato della soluzione finale'. L’originale in inglese si può leggere sul
The Jerusalem Post. L’articolo è un altro esempio di come la manipolazione sull'olocausto continui ad essere alimentata e diffusa dai sionisti per poter portare avanti i loro interessi e nascondere le loro responsabilità storiche. Traduco alcuni brani dell’articolo:
“Un dirigente sionista che operava in Svizzera durante la Seconda Guerra Mondiale fu probabilmente la prima persona a ricevere informazioni da fonte tedesca circa il piano per lo sterminio sistematico degli ebrei d’Europa, secondo un recente libro pubblicato dallo Yad Vashem.”
Lo Yad Vashem, come tutti sanno, è l’istituzione israeliana che cura la memoria degli ebrei morti durante la guerra 1939-45 e gestisce il museo dell’olocausto costruito in Israele a pochi passi da dove era il villaggio palestinese di Deir Yassin, i cui abitanti furono sterminati dall’esercito sionista durante la pulizia etnica dei palestinesi nel 1948. Il villaggio palestinese fu poi raso al suolo con la dinamite come altri 400 o 500 villaggi palestinesi fatti sgomberare con la forza e il terrorismo. Ma riprendiamo l’articolo:
“Jonathan Beck Chaim Pazner, capo dell’ufficio dell’Agenzia Ebraica di Ginevra, passò immediatamente l’informazione ai dirigenti britannici e ebraici della Palestina allora governata dall’Inghilterra, così il rapporto giunse ai livelli più alti del governo britannico, secondo il libro Chaim Panzer, l’uomo che sapeva.”
Chaim Pazner è il padre di Avi “Panzer” che forse qualche lettore ricorda. Avi è stato il portavoce del governo di Ariel Sharon per vari anni, un uomo piccolo, dal capo pelato ma dal parlare aggressivo, che nei telegiornali Rai, introdotto dall’inamovibile inviato filo-israeliano (pagato con i nostri denari), il famigerato Claudio Pagliara, si esprimeva in buon italiano e parlando dei palestinesi pronunciava tre volte ‘terrorista’ ogni quattro parole, un vero panzer, come d’altronde il suo capo.
L’articolo spiega che l’informazione proveniva da fonte sicura, una fonte tedesca. Un certo Edgar Salin, ebreo convertitosi al cristianesimo e professore di economia a Basilea aveva ricevuto l’informazione dal “Dr. Arthur Zommer, ufficiale tedesco e anch’esso professore di economia oppositore del regime nazista, amico e collega di Salin”. Il messaggio diceva: “In Oriente vengono allestiti campi per distruggere col gas tutti gli ebrei d’Europa e molti dei prigionieri sovietici”. Secondo l’articolo, Zommer implorava: “Per favore passate personalmente questa informazione immediatamente a Churchill e Roosevelt” e concludeva: “Se la BBC diffonde quotidianamente un avvertimento ai tedeschi affinché non mettano in funzione le camere a gas forse essi non lo faranno, perché i criminali stanno facendo di tutto per impedire al popolo tedesco di sapere cosa stanno preparando ed è chiaro che hanno serie intenzioni”. Cosa fa a questo punto Chaim Pazner? “Pazner passò l’informazione ad un dirigente ebraico svizzero, il dottor Benjamin Sagalowitz, un amico del rappresentante del Congresso Mondiale Ebraico, il dottor Gerhart Riegner”. Né Chaim si fermò lì. “Successivamente, Pazner spedì velocemente l’informazione ai dirigenti dell’Agenzia Ebraica di Gerusalemme nella Palestina britannica. Quindi, il 2 agosto 1942, incontrò l’agente dei servizi segreti inglese Victor Farell, che lavorava all’ufficio passaporti in Svizzera. Pazner lo implorò di mandare l’informazione a Churchill come aveva richiesto la fonte tedesca. L’agente britannico disse che lo avrebbe fatto, ma la notizia non fu mai trasmessa dalla BBC (..) Durante un successivo incontro, l’agente britannico assicurò un ansioso Pazner, il quale era stato sulle spine nella speranza di poter ascoltare la trasmissione del messaggio dalla BBC, che egli aveva effettivamente spedito la notizia e che questa era giunta nelle mani di Churchill, e che egli avrebbe nuovamente richiesto che fosse trasmessa”.
E bravo Pazner, il suo attivismo è encomiabile! L’articolo ci dice anche che “informazioni sulle intenzioni dei tedeschi e le uccisioni di massa erano filtrate già prima dai servizi segreti polacchi o da fonti ebraiche, ma questa era la prima volta che giungevano da fonti tedesche”. Le informazioni “parlavano di un piano, ma non si trattava (solo) di un piano, esso era già in via di realizzazione”. L’articolo cita anche lo storico ebreo David S. Wyman secondo il quale “Gerhart Riegner [sempre il rappresentante del Congresso Mondiale Ebraico], durante i primi giorni di agosto dello stesso anno, aveva ricevuto proprie informazioni circa il piano nazista di eliminare tutti gli ebrei d’Europa da un importante industriale tedesco, successivamente identificato per Eduard Schute”. Anche Riegner si era dato da fare, con gli americani però. Il suo messaggio “raggiunse gli Stati Uniti nell’agosto 1942 ma non fu dato alla stampa prima di novembre dello stesso anno, su richiesta del Dipartimento di Stato che analizzò i rapporti con incredulità totale e chiese ai dirigenti ebrei americani di non pubblicare l’informazione prima che fosse verificata”. È chiaro che, quando parla del piano tedesco di distruzione di “tutti gli ebrei d’Europa”, l’articolo si riferisce a quanto deciso alla conferenza di Wannsee (20 gennaio 1942). Da esso comunque risulta una lode sperticata dell’attivismo dei dirigenti sionisti ed una condanna di inglesi e americani i quali lasciarono che “lo sterminio nazista degli ebrei d’Europa continuasse ininterrotto per altri due anni e mezzo”.
Abbiamo riportato lunghe citazioni perchè risulti chiaro al lettore gli obiettivi dell’autore e dell’ Yad Vashem. Essi sono:
1. discolpare completamente i sionisti, nascondere le loro responsabilità
2. far ricadere la colpa sui britannici e sugli americani, oltre che sui tedeschi naturalmente dai quali evidentemente i sionisti si aspettano, tramite il ricatto, altri favori. Non bastano quelli che hanno già ottenuto
3. buttare fumo sui fatti storici e presentarli secondo la visione della religione dell’olocausto. Vediamo le cose da vicino e punto per punto:
1.
Discolpare e nascondere
La gente che cade vittima della religione dell’olocausto ignora che i sionisti collaborarono a lungo e intensivamente con tutti gli antisemiti, dai ministri della Russia zarista, agli antisemiti ucraini di Petliura, ai membri della X Mas di Junio Valerio Borghese, ai nazisti, le SS e la Gestapo, ecc. La logica era quella che gli antisemiti, cacciando e perseguitando gli ebrei assimilati o in via di assimilazione d’Europa, li avrebbero spinti nella braccia dei sionisti (ferocemente contrari al miscuglio della ‘razza’ ebraica con i goyim e favorevoli, come Hitler, alla separazione degli ebrei dagli ariani o comunque da popolazioni non ebraiche germanizzabili). I sionisti avrebbero provveduto ad avviarli in Palestina, a togliere le terre ai palestinesi. Per le persone ragionevoli gli ebrei che risiedono da millenni in Occidente sono cittadini (di religione ebraica) dei paesi occidentali e in questi paesi hanno ogni diritto di restare e devono restare. Se poi si assimilano alle popolazioni occidentali, tanto meglio, come si sono assimilati i normanni (in Inghilterra, in Francia e in Italia, i galli (in Francia, in Nord Italia e altrove), gli spagnoli e i francesi (ancora nel nostro paese, in particolare nel Meridione), prima di loro i longobardi, poi gli arabi (in Sicilia e in Spagna) e tutte le altre popolazioni che hanno fatto l’attuale popolazione europea. Anche tutti gli ebrei d’Europa si sarebbero oggi completamente assimilati (molti lo hanno fatto) se non fosse stato per tre fattori.
Il primo è un elemento della cultura e della religione ebraica che dice che gli ebrei sono il ‘popolo eletto’, concetto variamente interpretato ma oggi spesso e irresponsabilmente interpretato in senso razzistico ed etnico. Il secondo elemento è l’antisemitismo che considera gli ebrei una razza distinta, semitica, e quindi inassimilabile in Europa. Assurdità antistorica e ridicola perché la maggior parte degli ebrei (gli askenaziti) non sono semiti ma sono i discendenti dei khazari, un popolo di origine turca che si convertì all’ebraismo intorno all’ottavo secolo nella Russia meridionale. Gli askenaziti sono i primi responsabili dell’imbroglio perché hanno disconosciuto la loro origine non semitica e si sono dichiarati sempre discendenti razzisticamente dagli ebrei palestinesi (sefarditi), al punto di subire l’antisemitismo quando loro semiti non sono. Il terzo elemento è il sionismo, che vuole la separazione razziale degli ebrei dai goyim, sostiene il matrimonio tra ebrei e vuole in Palestina uno stato per soli ebrei. Il sionismo è nato prima dell’olocausto e in qualche modo lo ha favorito con la sua collaborazione ideologica e pratica con gli antisemiti e con i nazisti. Non è quindi vero che Israele è nato dall’olocausto, ma semmai ha approfittato dell’olocausto. La religione dell’olocausto serve appunto a confondere le idee e giustificare la criminale impresa sionista e il massacro quotidiano dei palestinesi. Di tutto questo io ho scritto nel mio libro
La natura del sionismo (2006). Non sono l’unico ad averlo fatto; i libri sull’argomento abbondano, per esempio, per citarne uno solo, ‘Zionism in the Age of the Dictators’, 1983, di Lenni Brenner, un ebreo antisionista. Il libro è scaricabile dal sito http://www. marxists.de/middleast/brenner. Portando il lettore a concentrare la sua attenzione sull’attività per così dire frenetica dei sionisti per salvare gli ebrei, l’articolo rigetta la colpa delle disgrazie degli ebrei sugli altri, i goyim, senza grandi distinzioni. I nazisti sterminavano, gli inglesi, gli americani e gli altri stavano a guardare. Differenza non sostanziale in un unico atteggiamento antiebraico, antisemita. Contro tutti gli ebrei, sionisti e assimilazionisti insieme. Ma le cose stanno veramente così? C’è veramente una congiura mondiale, eterna dei goyim contro gli ebrei? E i sionisti sono poi così innocenti?
Tra il 1933 e il 1945 i sionisti furono i migliori alleati dei nazisti. Si considerino le seguenti citazioni:
Sulle Leggi di Norimberga, 1935: “Il centro Hechalutz [i pionieri sionisti “socialisti”] che reclutava e preparava ebrei tedeschi da inviare nei kibbutz, concluse che la promulgazione delle leggi che definivano un crimine i matrimoni misti rappresentava una buona occasione per un nuovo approccio al regime. I pionieri presentarono un piano [ai nazisti] per l’emigrazione dell’intera comunità ebraica [in Palestina] in un periodo di 15-20 anni”. (Lenni Brenner, Op. cit.)
Sull’antisemitismo dei nazisti:
“Se noi [sionisti, ndt] non ammettiamo che gli altri abbiano il diritto di essere anti-semiti, allora noi neghiamo a noi stessi il diritto di essere nazionalisti. Se il nostro popolo merita e desidera vivere la propria vita nazionale, è naturale che si senta un corpo alieno costretto a stare nelle nazioni tra le quali vive, un corpo alieno che insiste ad avere una propria distinta identità e che perciò è costretto a ridurre la sfera della propria esistenza. É giusto, quindi, che essi [gli anti-semiti, ndt] lottino contro di noi per la loro integrità nazionale. Invece di costruire organizzazioni per difendere gli ebrei dagli anti-semiti, i quali vogliono ridurre i nostri diritti, noi dobbiamo costruire organizzazioni per difendere gli ebrei dai nostri amici che desiderano difendere i nostri diritti” (Jacob Klatzkin citato in Jacob Agus, Enciclopedia Judaica, vol II, p. 425).
Sull’alleanza sionismo-nazismo contro il liberalismo:
“Per i sionisti, il nemico è il liberalismo; esso è anche il nemico per il nazismo; ergo, il sionismo dovrebbe avere molta simpatia e comprensione per il nazismo, di cui l'anti-semitismo è probabilmente un aspetto passeggero” (Harry Sacher, Jewish Review, settembre 1932, p. 104, Londra). “Il significato, per la nazione germanica, della rivoluzione tedesca risulterà chiaro alla fine a coloro che l’hanno creata e le hanno dato la sua impronta. Per noi (sionisti, ndt) il suo significato è questo: Le fortune del liberalismo sono finite. L’unica forma di vita politica che ha aiutato gli ebrei ad assimilarsi è scomparsa.” (Joachim Prinz, Wir Juden, Berlino, 1934, pp. 150-1).
Sull’alleanza sionismo-nazismo contro gli ebrei assimilazionisti:
“Hitler tra qualche anno sarà dimenticato, ma avrà un bellissimo monumento in Palestina. Sapete, la venuta dei nazisti è stato un avvenimento piuttosto benvenuto. Vi erano tanti dei nostri ebrei tedeschi che pendevano tra due sponde; tanti di loro navigavano nella corrente ingannatrice tra la sponda di Scilla dell'assimilazione e quella di Cariddi di una conoscenza compiaciuta delle cose ebraiche. Migliaia di loro che sembravano completamente perduti per l'ebraismo furono riportati all'ovile da Hitler, e per questo io sono personalmente molto riconoscente verso di lui”(Emil Ludwig intervistato da M. Steinglass, Emil Ludwig before the Judge, American Jewish Times, aprile 1936, p. 35).
“L'hitlerismo ... ci ha reso per lo meno un servizio dal momento in cui non ha tracciato una linea di demarcazione tra l'ebreo religioso e l'ebreo apostata. Se Hitler avesse fatto eccezione per gli ebrei battezzati [al cristianesimo], avremmo assistito allo spettacolo poco edificante di migliaia di ebrei che correvano a battezzarsi. L'hitlerismo ha forse salvato l'ebraismo tedesco, che stava assimilandosi fino all'annichilimento” (Chaim Bialik, Palestine and the Press, New Palestine, 11 dicembre 1933).
Sulla convergenza tra sionismo e nazismo circa uno stato fondato sulla purezza della razza:
“Uno Stato costruito sul principio della purezza della nazione e della razza (cioè la Germania nazista, ndt) può solo avere rispetto per quegli ebrei che vedono se stessi allo stesso modo” (Joachim Prinz, (1936), citato in Benyamin Matuvo, The Zionist Wish and the Nazi Deed, Issues, (1966/67), p. 12).
“Vogliamo che l’assimilazione sia sostituita con una nuova legge: La dichiarazione di appartenenza alla nazione e alla razza ebraica. Uno Stato costruito sul principio della purezza della nazione e della razza può solo essere onorato e rispettato da un ebreo che si dichiara appartenente alla sua razza. Avendo dichiarato apertamente la sua appartenenza, egli non sarà mai capace di un comportamento sleale verso uno Stato. Uno Stato, d’altra parte, non può volere ebrei diversi da quelli che dichiarano la loro appartenenza alla propria nazione. Non deve desiderare di avere ebrei che si fanno adulatori e strisciano davanti ad esso (gli assimilazionisti, ndt). Uno Stato deve esigere da noi fede e lealtà ai nostri propri interessi. Perché soltanto chi onora la propria razza e il proprio sangue può avere un atteggiamento onorevole verso il volere nazionale di altre nazioni” (Joachim Prinz, Wir Juden, Berlino, 1934, pp. 150-1).
I nazisti rispondono positivamente ai sionisti:
“I membri delle organizzazioni sioniste non devono essere, date le loro attività dirette verso l'emigrazione in Palestina, trattati con lo stesso rigore che invece è necessario nei confronti dei membri delle organizzazioni ebraico-tedesche (cioè gli assimilazionisti, ndt)” (Circolare della Gestapo bavarese indirizzata al corpo di polizia bavarese, 23 gennaio, 1935, Herzl Yearbook, vol VI, p. 340).“Il momento non può più essere lontano ormai in cui la Palestina sarà in grado di nuovo di accogliere i suoi figli che aveva perduto da oltre mille anni. I nostri buoni auguri e la nostra benevolenza ufficiale li accompagnino” (Reinhardt Heyndrich, capo dei Servizi Segreti delle SS, Das Schwarze Korps, organo ufficiale delle SS, maggio 1935).
Si tratta di un’alleanza ideologica bella e buona. Non solo. Sulla base della convergenza ideologica che abbiamo delineato, sionisti e nazisti costruirono una pratica comune finalizzata all’emigrazione degli ebrei tedeschi verso la Palestina (previa loro sionistizzazione) e alla distruzione degli ebrei non sionisti e assimilazionisti. Izaak Greenbaum, caporione dell’Agenzia Ebraica così si esprime nei confronti degli ebrei che non volevano sionistizzarsi ed emigrare in Palestina:
“Una mucca in Palestina vale più di tutti gli ebrei d’Europa” e ancora: “Se chiedessero a me «Non si potrebbero usare i fondi del United Jewish Appeal per soccorrere gli ebrei d’Europa?» Io ho già detto NO! e ribadisco il mio NO! ... Si dovrebbe resistere a quest’ondata che pone le attività sioniste in secondo piano” (suo discorso al Consiglio Esecutivo Sionista, 18 febbraio 1943, un anno dopo che il summenzionato Jonathan Beck Chaim Pazner aveva ricevuto notizia, da fonte tedesca,sui progetti nazisti riguardanti gli ebrei).
I sionisti sapevano tutto dal 1942, subito dopo la conferenza di Wannsee, dice l’articolo del
Jerusalem Post, informarono inglesi e americani i quali non fecero nulla per salvare gli ebrei. La verità è tutt’altra. I sionisti sapevano tutto da molto prima. Sapevano quello che stava per avvenire agli ebrei non sionisti e lo sapevano perché avevano contribuito, per anni, sia ideologicamente sia praticamente a preparare con i nazisti la “distruzione di tutti gli ebrei d’Europa”, salvo i sionisti ovviamente. Non solo sapevano, degli ebrei non sionisti nei campi a loro importava meno di una mucca in Palestina! Operarono quindi di persona per tenere nascosta la realtà.
Stephen Wise, capo sionista, americano e consigliere di Roosevelt, nel dicembre del 1942, affermò:
“Da alcuni mesi ricevo cablogrammi e informazioni riservate che mi informano di queste cose (lo sterminio, ndt). Sono riuscito, insieme ai capi di altre organizzazioni ebraiche a non fare giungere queste notizie alla stampa” (in Eliyhu Matzozky, ‘The Responses of American Jewry and its Representatives Organizations’, Yeshiva University, app. II).
Dov Joseph, altro caporione dell’Agenzia Ebraica, nel 1944, parlando a giornalisti sionisti in Palestina preoccupati delle notizie provenienti dall’Est Europeo, li mise in guardia contro:
“la pubblicazione di dati che esagerano il numero delle vittime ebraiche, perché se noi annunciamo che milioni di ebrei sono stati massacrati dai nazisti, poi ci chiederanno, a ragione, dove sono i milioni di ebrei per i quali noi rivendichiamo una patria quando la guerra sarà finita” (in Yoav Gelber, ‘Zionist Policy and the Fate of European Jewry’, p. 195).
Potremmo aggiungere la collaborazione diretta dei sionisti nella deportazione degli ebrei non-sionisti in Ucraina, in Romania e in Ungheria dove il caporione della struttura sionista ungherese Rezso Kasztner e i suoi accoliti aiutarono alla deportazione di 400.000 loro correligionari verso i campi, e con questo ottennero di salvare familiari e membri delle organizzazione sioniste (1.600 persone in tutto). Ma è una lunga storia da raccontare per cui rimando ancora una volta al mio libro o a quello di Lenni Brenner. Potremmo aggiungere anche la collaborazione di tipo economico e commerciale tra Nazismo e sionismo. In un decennio, si misero su banche, istituzioni, organismi politici ed economici, trattati commerciali tra Germania e Yushuv (comunità sionista in Palestina), dove sionisti e nazisti operarono con l’obiettivo comune della deportazione, pardon si deve dire ‘emigrazione’, in Palestina degli ebrei tedeschi. Anche qui, troppo spazio ci vorrebbe qui per esporre tutti i fatti ma il lettore trovi il tempo di indagare sul patto commerciale Haava’ara firmato tra nazisti e sionisti ‘socialiti’, sulla International Trade and Investment Agency Bank (INTRIA), sulla Near and Middle East Commercial Corporation (NEMICO) che impegnava i sionisti a cercare soci commerciali per la Germania nazista in Medio Oriente. Vi era la Ha Note’a Ltd che serviva all’acquiso da parte dello Yushuv di prodotti tedeschi. Vi era una società per l’esportazioni di arance dello Yushuv in Germania, via Londra. Un’altra per l’acquisto di armi all’estero, compresa la Germania nazista, ecc ecc.Se si conoscono questi fatti (ovviamente tenuti nascosti), diventa evidente che l’articolo del Jerusalem Post è solo fumo negli occhi per occultare la natura perversa, nazista del sionismo e il suo ruolo nell’olocausto.
2.
Il ricatto
Chiaramente, una volta occultate le responsabilità sioniste, l’articolo diventa un ricatto bello e buono all’Occidente, accusato di aver lasciato compiere la “distruzione di tutti gli ebrei d’Europa”. Ma perché ricattare perfino i loro alleati di oggi? Non è difficile capirlo. Perché essi si sentano sempre obbligati moralmente a sostenere Israele e i suoi piani! La cosa sembra funzionare visto che Gran Bretagna e USA continuano ad essere le colonne portanti dell’appoggio internazionale allo stato sionista, fino al punto di far ammazzare per esso i loro stessi soldati in Iraq e Afghanistan. Oggi anche la destra fascista ha piegato le ginocchia davanti a Israele e si sente moralmente in dovere, come la Germania moderna d’altronde, di inchinarsi al sionismo. L’opinione pubblica occidentale continua ad essere bombardata con l’accusa delle responsabilità dell’Occidente nell’olocausto ed essa accetta e sostiene il coinvolgimento dei suoi governi nel sostegno a Israele e nei suoi crimini. A questo serve l’articolo del Jerusalem Post, assieme ai film sull’olocausto, ai musei dell’olocausto, alle celebrazioni del 27 gennaio, e a tutta la religione dell’olocausto. L’uso dell’olocausto da parte di chi all’olocausto ha partecipato, come hanno fatto i sionisti, è doppiamente vergognoso: perché si usano i morti e perché chi li usa ha le mani sporche del loro sangue.
3. La religione dell’olocaustoL’articolo dà per scontato che la Conferenza di Wannsee abbia stabilito la “distruzione di tutti gli ebrei d’Europa”. Ma la cosiddetta soluzione finale è veramente questo e non invece una soluzione territoriale?
A tutti coloro, ebrei e goyim alike, destri e sinistri alike, che hanno sempre pronta l’accusa di ‘negazionismo’ per chi osa discutere i caposaldi della religione dell’olocausto, voglio rivolgere l’invito a leggersi il libro 'La soluzione finale', dello storico tedesco non negazionista
Hans Mommsen (2002).
Nel capitolo 6, ‘La politica dei trasferimenti e la soluzione territoriale della questione ebraica’, lo storico ribadisce la collaborazione dei nazisti con i sionisti per il trasferimento degli ebrei tedeschi in Palestina. Momsen scrive:
“negli anni dopo il 1933 non erano mancati, soprattutto grazie all’accordo di Hava’ara favorito da Hjalmar Schacht, i segnali che facevano pensare ad una politica migratoria abbastanza costruttiva” (p. 95).
Quando i nazisti si accorsero della resistenza degli arabi (possibili futuri alleati nella guerra contro i britannici) alla creazione di uno stato ebraico in Palestina, denunciarono l’accordo di Hava’ara e si volsero ad un altro tipo di soluzione migratoria. A Hjalmar Schacht fu chiesto dal regime di intavolare a Londra trattative con il famoso comitato Rublee.
“L’accordo negoziato nella capitale inglese prevedeva la progressiva sistemazione nel giro di 5 anni, nei paesi disposti ad accoglierli ma ancora da definire, di 150.000 ebrei, che a loro volta avrebbero potuto farsi raggiungere da non più di 250.000 familiari” (p. 96)
Emigrazione ancora, non sterminio! Verso paesi da definire assieme a GB, USA e Francia. L’accordo che riguardava la quasi totalità degli ebrei tedeschi non andò in porto. Con la guerra e la conquista della Polonia e della Francia, non fu più possibile continuare le trattative e questa prospettiva svanì. Ci fu allora
“una discussione in seno al Consiglio ministeriale per la difesa del Reich e, due giorni dopo, da un incontro con i capi della polizia di sicurezza nel corso del quale si parlò dell’espulsione degli ebrei dal territorio del Reich nel giro di un anno. In quel periodo Heydrich aveva in mente la creazione di una «riserva per gli ebrei» nella regione di Cracovia e, poco dopo, in quella parte del territorio polacco che l’Unione Sovietica aveva restituito in cambio degli stati baltici” (p. 101).
Ci fu anche una prima deportazione di ebrei viennesi in quella regione (piano Nisko) ma ben presto si presentò una nuova e più interessante prospettiva. Con la collaborazione fattiva tra nazisti e regime di Vichy si prospettò la possibilità di deportare gli ebrei tedeschi e quelli, molto più numerosi dei paesi conquistati, verso le colonie della Francia, in particolare il Madagascar. Questo piano aveva per i nazisti due vantaggi, da una parte permetteva di destinare i territori di Cracovia e Lublino, non più agli ebrei ma ai tedeschi espulsi dai russi dai paesi baltici, dall’altro estirpava gli ebrei dall’Europa e li spediva molto lontano, in Africa e per giunta su un’isola.
“In agosto (1940), a conclusione di un colloquio che ebbe con Hitler, Goebbels annotò nel suo diario: «Vogliamo spedire gli ebrei in Madagascar: lì potranno dare vita a un loro stato».
Anticipando il piano Madagascar, tra luglio e settembre 1940, 25.000 cittadini francesi, tra cui un gran numero di ebrei, vennero espulsi, con l’esplicito consenso di Hitler, dall’Alsazia-Lorena nella parte non occupata del paese, dove, tra il 22 e 23 ottobre, vennero raggiunti da 6.502 ebrei a loro volta deportati dal Baden e dal Saar-Palatinato” (p. 110). Se il piano era fin dall’inizio lo sterminio, queste espulsioni non si spiegano.
Ma per portare milioni di ebrei in Madagascar occorreva il permesso della Gran Bretagna che con la sua flotta controllava gli oceani e questo permesso Churchill non lo accordò mai.
“Il rifiuto che Londra oppose alle dubbie [perché mai dovevano essere dubbie? ndt] offerte di pace di Hitler e la sconfitta patita dai tedeschi nei cieli inglesi resero inattuale, almeno a breve termine, il piano Madagascar, la cui realizzazione presupponeva ovviamente il controllo delle rotte marittime” (p. 110).
Fallita anche questa possibilità e nel frattempo iniziata l’aggressione all’Unione Sovietica si pensò di deportare, ma dopo la guerra e la sconfitta di Stalin (allora data per certa non solo dai nazisti), tutti gli ebrei europei oltre gli Urali. La conferenza di Wannsee non fu affatto la sanzione dell’olocausto ebraico. Essa rimane sempre nell’ambito di una “soluzione finale territoriale”. Le chiacchiere sioniste contenute al riguardo nell’articolo del Jerusalem Post non devono ingannarci. Su Wannsee, Mommsen dice e non dice, anzi dice due cose contraddittorie.
“Si è spesso voluto ravvisare nella conferenza di Wannsee il decisivo via libera all’implementazione dell’Olocausto, se non addirittura una cospirazione delle élite di potere, ma essa, in realtà, costituì tutt’al più un ulteriore passo compiuto nella direzione dello sterminio ed ebbe soprattutto la funzione di indurre le amministrazioni interessate ad accettare l’estensione, reclamata da Heydrich in considerazione della situazione venutasi a creare nell’Europa orientale, del concetto di ebreo così come era stato definito dalle leggi di Norimberga” (p. 166).
La frase di Momsen è un capolavoro di contorsioni. Il tema è delicato e si rischia di farsi accusare di essere un ‘negazionista’ con immancabile ostracismo, perdita del posto di lavoro, processo e prigione, come è successo a Faurisson. Cosa dice Mommsen?
Vediamo con attenzione:
1) la conferenza di Wannsee non è “il decisivo via libera all’implementazione dell’Olocausto” come qualcuno (gli storici filoebraici o sionisti) hanno voluto ravvisare.
2) Essa rappresenta “tutt’al più un ulteriore passo compiuto nella direzione dello sterminio”
3) Essa “ebbe soprattutto la funzione di indurre le amministrazioni interessate ad accettare l’estensione del concetto di ebreo così come era stato definito dalle leggi di Norimberga”. In altre parole, un gerarca nazista, Heydrich cercava a Wannsee di estendere il concetto di ebreo ai «messi ebrei», cioè ai figli di un ebreo e di una non-ebrea (shiksa) o di un non-ebreo (goy) con una ebrea. Ma Heydrich riuscì nel suo scopo? Mommsen dice che su questo punto
“egli si scontrò con la decisa opposizione del rappresentante del ministero degli interni, il segretario di Stato Wilhelm Stuckart, il quale, rifacendosi a Hitler, prese posizione contro l’indiscriminata inclusione dei «mezzi ebrei» tra quanti dovevano essere deportati e contro il peggioramento dello status dei «misti di secondo grado»” (p. 166)
cioè i tedeschi che avevano un nonno ebreo o una nonna ebrea.
“Anche un’altra conferenza che si tenne poco dopo (6 marzo 1942) non consentì di comporre le divergenze esistenti al riguardo, soprattutto perché Stuckart sapeva di avere dietro di sé Hitler, il quale, almeno pubblicamente, non voleva rinunciare al sistema normativo fondato sulle leggi di Norimberga” (p. 166)
Il mancato peggioramento dello status dei «mezzi ebrei», che non dovevano essere nemmeno deportati, e dei «misti di secondo grado», a cui si opponeva Hitler smentisce di fatto l’affermazione precedente (già molto ambigua di per sé) di Mommsen del “tutt’al più un ulteriore passo compiuto nella direzione dello sterminio”. Un passo indietro semmai! E poi in cosa consiste quest’ulterore passo? Mommsen non dice né altri storici compiacenti sanno dirlo. Un poco oltre Mommsen, con molta prudenza, data la spada di Damocle incombente della prigione per ‘negazionismo’, afferma proprio il contrario:
“La presa di posizione di Heyndrich in occasione della conferenza di Wannsee lascia intendere [si noti l’eufemismo prudenziale, ndt] che ancora non esisteva, per la soluzione finale, un piano complessivo suscettibile di concreta applicazione, e non esistevano nemmeno i presupposti tecnici (…) per la realizzazione di un progetto che dava l’impressione [altro eufemismo prudenziale, ndt] di essere essenzialmente utopico” (p. 168).
Riguardo ai discorsi di Hitler circa la “distruzione della razza ebraica in Europa” (ad esempio il discorso tenuto davanti al Reichstag, 30 gennaio 1939) e alla politica del partito nazista, lo storico Momsen scrive:
“Sarebbe sbagliato ricavare da una simile affermazione, sebbene anche in seguito più volte ripetuta da Hitler, una precisa e diretta volontà di sterminio. In realtà, essa venne fatta nel contesto della conferenza di Évian e degli sforzi, all’epoca ancora in corso, che mediante le trattative con il comitato Rublee si stavano compiendo per indurre le potenze occidentali a finanziare l’emigrazione ebraica” (p. 94).
Gli sforzi fallirono e in seguito, durante la guerra, fino al dicembre 1944, la Germania, accanto alla politica dei trasferimenti, cercò di vendere gli ebrei alle potenze occidentali in cambio di denari o dei famosi 10 mila camion che i nazisti contavano di usare sul fronte orientale per cercare di contrastare l’offensiva sovietica. Gli alleati rifiutarono sempre.
Ancora Mommsen su Hitler:
“Le prese di posizione di Hitler in merito all’intera questione davano di norma l’idea di una soluzione finale [territoriale e non sterminazionista, ndt] della questione ebraica da collocare solo nel futuro” (p. 169).
Non ci furono quindi ordini diretti e scritti di Hitler che promossero lo sterminio fisico degli ebrei.Uno degli obiettivi della religione dell’olocausto è sempre stato quello di presentare la politica di soluzione territoriale della questione ebraica dei nazisti come sterminio fisico degli ebrei e Wannsee come il punto centrale di questa politica. I sionisti hanno anche insistito sul cosiddetto ordine scritto di Hitler sullo sterminio fisico. Mommsen, che non si dichiara negazionista, né è accusato di esserlo, sembra su questi punti dare ragione a Faurisson e agli altri ‘negazionisti’. Notiamo che Mommsen, che crede nell’esistenza delle camere a gas, non si sforza di portare la minima prova, dando per scontato che esse siano esistite e lasciando l’onere della dimostrazione ad altri. Lo storico tedesco però ci spiega che molti ebrei furono assassinati dai lettoni, lituani, estoni, polacchi o ucraini prima che le truppe tedesche entrassero nei loro paesi e subito dopo che l’esercito sovietico si era ritirato.
Vogliamo forse dimostrare che il giudeicidio non ci sia mai stato? No!
Molti ebrei sono stati uccisi nell’Est Europeo durante la guerra. Non lo si può negare. Ma la visione sionista della religione dell’olocausto è un’accozzaglia di reticenze e di menzogne. L'idea centrale non ha niente a che fare con il giudeicidio reale. La religione dell’olocausto si fonda sull’idea che il nazismo non cercava una soluzione territoriale ma una soluzione sterminazionista, e da subito. Per i sionisti è importante imporre al mondo l’idea che i nazisti abbiano incarnato nel modo più coerente ed estremo l’odio eterno che tutti i goyim hanno irrimediabilmente (come se fosse nel loro DNA) per tutti gli ebrei, indipendentemente da come essi agiscano e se siano assimilazionisti o meno. Così si spiega l’accusa rivolta anche a inglesi e americani (e agli altri) di aver assistito alla distruzione di “tutti gli ebrei” senza muovere un dito. Tutti i goyim sono responsabili! Così si spiega anche la centralità che i sionisti e i loro amici danno all’esistenza delle camere a gas. L'esistenza delle camere a gas proverebbe che non si voleva una soluzione territoriale ma si voleva uccidere e uccidere tutti gli ebrei e, sottinteso, solo gli ebrei. Non ci sono prove certe dell’esistenza delle camere a gas. Non ne sono state trovate, quelle che sono state additate come tali in realtà erano altro. Il libro di Mommsen, se letto attentamente, sottolinea soprattutto la morte e l’uccisione di ebrei sui campi di battaglia in Russia, nei rastrellamenti e nelle esecuzioni seguite alla guerra di resistenza nei territori occupati, nei campi di lavoro dove le condizioni imposte da uno sfruttamento micidiale all’interno di uno sforzo produttivo sempre più disperato man mano che la vittoria sull’Unione Sovietica si allontanava divennero ben presto esiziali, nei campi di concentramento dove la vita (alimentazione, igiene, ecc.) peggiorava parallelamente al peggiorare della vita degli stessi civili tedeschi nelle città bombardate). Non si può pensare che ai deportati dei campi il Reich potesse riservare condizioni di vita migliori di quelle riservate ai civili tedeschi. In questo modo molti ebrei morirono, nella violenza della guerra, nelle repressioni della guerra partigiana (repressioni di cui i nazisti si sono macchiati anche in Italia, Grecia, Iugoslavia, Francia, Polonia, ecc), a causa dello sfruttamento disumano nei campi di lavoro, a causa di infezioni, malattie, epidemie, scarsa alimentazione, ecc. Questa è stata la tragica conseguenza di un’ideologia che propugnava la separazione delle razze e la costituzione di stati razzisticamente puri. I nazisti potevano, ancora senza troppi danni, gestire (in accordo con i sionisti) una simile politica di separazione razziale in Germania, dove gli ebrei erano poche centinaia di migliaia. Quando, con la conquista della Polonia e di gran parte della Russia, gli ebrei sotto dominazione tedesca divennero circa 10 milioni, la politica della separazione delle razze divenne un inferno. La separazione delle razze era la concezione nazista ma anche quella dei sionisti. Il nazismo è morto, il sionismo sopravvive e continua a espellere i palestinesi dalla Palestina per fare di questo paese uno stato per soli ebrei, Israele. Questa filiazione comune, ce la vogliono fare dimenticare, ma noi non ci stancheremo di ribadirla.
Nei campi di lavoro e di concentramento, nelle rappresaglie, nelle esecuzioni morirono altrettanti polacchi, europei dell’Est e dell’Ovest, e morirono soprattutto milioni e milioni di prigionieri sovietici. Di questi, oggi, poco si parla: vite cancellate dalla religione dell’olocausto, sacrificate al concetto di superiorità del ‘popolo eletto’, altro concetto centrale della religione dell’olocausto. Si pensi che nelle rappresaglie, nelle fucilazioni (per esempio a Cefalonia), nei campi, morirono per mano di nazisti meno ebrei italiani che italiani non-ebrei (ufficiali, soldati, renitenti alla leva deportati, carabinieri, partigiani e loro sostenitori uccisi sul posto o deportati e morti nei campi, mano d’opera reclutata in modo forzoso, civili nelle regioni dove operavano i partigiani, comunisti, liberali, anche dei fascisti, cattolici, suore, preti, perfino un membro della famiglia Savoia. E anche italiani che hanno pagato con la deportazione e la morte il loro umanitario tentativo di soccorrere e nascondere degli ebrei. La religione dell’olocausto ha ucciso costoro una seconda volta. Nessun museo dell’olocausto per loro. Sembrerebbe invece che nella Seconda Guerra Mondiale i tedeschi abbiano deportato dall’Italia o ucciso solo degli ebrei (7.000 in tutto di cui 1.000 sopravvissuti).
Oggi i nostri politici di destra e di sinistra, in particolare l’odioso ‘sionistro’ Veltroni, fanno a gara per recarsi in pellegrinaggio allo Yad Vashem, ad Auschwitz, a promuovere film sullo sterminio dei (soli) ebrei, a fondare musei olocaustici.
Per tenere sotto controllo i goyim e gli stessi ebrei, i promotori di questa nuova religione, fanno del nazismo, che era già pessimo di per sé (a causa tra l’altro della sua concezione razziale, che però i sionisti condividevano e condividono) qualcosa di molto peggiore di quello che effettivamente era quando i sionisti pensarono bene di collaborare con esso. Contemporaneamente nascondono o negano (che siano loro i veri ‘negazionisti’?) il loro ruolo nel giudeicidio e il loro tradimento degli ebrei assimilazionisti (il 90% di tutti gli ebrei di allora). Vogliono promuovere (attraverso le esagerazioni, le demonizzazioni e i ricatti) il senso di colpa dell’Occidente, di cui desiderano poi approfittare per incassare dividendi economici e sostegni politici. I dividendi economici sono in particolare i ‘risarcimenti’ (io direi estorsioni) dalla Germania e dalle banche svizzere per ‘i sopravvissuti dell’olocausto’(in realtà andati a Israele e alla lobby ebraica USA) e gli aiuti economico/militari a Israele da parte americana. I sostegni politici sono l’influenza mondiale derivante dallo status di vittima e la mano libera per distruggere i palestinesi e occupare tutta la Palestina. Sono anche le guerre mediorientali che USA, Occidente e Nato conducono per conto dello stato ebraico, ovviamente ‘sempre minacciato’.
I sionisti non sono migliori di nessuno, nemmeno dei nazisti.
Con tutti i loro articoli e i loro film non riusciranno ad ingannare ancora a lungo il mondo che è sempre più stanco delle loro manovre e delle loro prepotenze.
mauro manno
18 novembre 2007