venerdì 23 aprile 2010

Teodoro Klitsche de la Grande: «Ancora sulle elezioni regionali: rischio di un bis». Memoria depositata al TAR.

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Continuano le vertenze sulle elezioni regionali del Lazio, col rischio del bis. Presentiamo parte della memoria depositata al T.A.R. dall’avv. Teodoro Klitsche de la Grange, che per la sua disamina sulle innovazioni dell’ultimo ventennio alle forme di governo delle Regioni, Province e Comuni, presenta un interesse politico-istituzionale.

* * *

ECC.MO T.A.R. DEL LAZIO
(R.G. 2507/2010)
SEZ. II bis (Ud. 6/5/2010)

MEMORIA
Per A. BRANCATI + 1
CONTRO
Ufficio centrale Regionale ed altri

DIRITTO

Ci riportiamo in primo luogo al ricorso 2507/2010 limitandoci ad argomentare ulteriormente sul motivo di ricorso

L’interpretazione logico-sistematica

1.2 Nell’ultimo ventennio l’ordinamento degli enti politici territoriali sub-statali (ma, anche, in misura minore, quello statale) è profondamente mutato: da un modello (tendenziale e prevalente) a carattere assembleare-parlamentare a uno presidenziale.

Le innovazioni al Titolo V (p. II) Costituzione.

1.3 Le tappe di questa trasformazione sono state per Comuni e Province le L. 142/90 e L.81/93; per le Regioni, che qui interessa, la novella costituzionale (L.c. 22/11/1999 n. 1 e successive integrazioni), con le profonde innovazioni al titolo V – (parte seconda) della Costituzione e le (conseguenti) novellazioni/revisioni degli Statuti regionali (tra cui quello della Regione Lazio, avvenuto con L.S. 11/11/2004, n. 1).

Pur nel rispetto dell’autonomia statutaria regionale la Costituzione (novellata) indica alcuni principi/direttive in materia statutaria (e di ordinamento) regionale.

Con l’art. 121 indica gli organi e le loro funzioni/poteri, in omaggio alla distinzione dei poteri (I comma): legislativo al Consiglio regionale (II comma); esecutivo alla Giunta (III comma); di direzione politica (e “centralità istituzionale”) al Presidente della Regione (IV comma).

L’art. 122 (ultimo comma) dispone che “Il Presidente della Giunta regionale, salvo che lo statuto regionale disponga diversamente, è eletto a suffragio universale e diretto. Il Presidente eletto nomina e revoca i componenti della Giunta”. Quindi Consiglio e Presidenza sono ambedue eletti direttamente dal corpo elettorale; il Presidente nomina (e revoca) i componenti della Giunta. È chiarissimo in queste disposizioni: a) la dipendenza diretta dal voto popolare dei due organi, senza la “mediazione” dell’elezione o della fiducia del Presidente da parte del Consiglio; b) l’autonomia del Presidente che nomina l’esecutivo di propria fiducia (la Giunta), senza intervento (di fiducia o d’altro) da parte del Consiglio. Ovviamente ambedue queste innovazioni sono tipiche degli ordinamenti presidenziali (o semi-presidenziali) (v. artt. 6 e 8 Cost. V Rep. francese; art. II, sez. I Cost. U.S.A.).

L’art. 126, in mancanza di un autonomo e discrezionale “potere di scioglimento” dell’organo legislativo, attribuito per lo Stato al Presidente della Repubblica, lega lo scioglimento all’approvazione della mozione di sfiducia (o a determinati casi di cessazione della carica del Presidente) “L’approvazione della mozione di sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta eletto a suffragio universale e diretto, nonché la rimozione, l’impedimento permanente, la morte o le dimissioni volontarie dello stesso comportano le dimissioni della Giunta e lo scioglimento del Consiglio.

In ogni caso i medesimi effetti conseguono alle dimissioni contestuali della maggioranza dei componenti il Consiglio”; e quindi segue l’indizione di nuove elezioni.

Lo Statuto regionale del Lazio.

1.4 Il modello presidenziale delineato dalla novella al Titolo V della Costituzione è stato puntualmente seguito dalla Regione Lazio, la quale con L.S. 11/11/2004 n. 1 si è data un nuovo Statuto.

Questo all’art. 18 dispone: “La forma di governo della Regione è determinata dallo Statuto regionale, in armonia con i principi della Costituzione e in osservanza del principio della separazione dei poteri”; l’art. 19 (ultimo comma) prescrive lo scioglimento del Consiglio in caso di dimissioni della maggioranza dei consiglieri; l’art. 23 l’attribuzione al Consiglio della funzione legislativa; l’art. 40, comma I, ripete la disposizione costituzionale che “Il Presidente della Regione è eletto a suffragio universale e diretto, in concomitanza con il rinnovo del Consiglio regionale”. Segue l’art. 41 che elenca le funzioni dell’organo-Presidenza; l’art. 42 la nomina e revoca dei componenti della Giunta (“Il Presidente della Regione, entro dieci giorni dalla proclamazione, nomina i componenti della Giunta regionale, tra i quali un Vicepresidente, scegliendoli anche al di fuori del Consiglio regionale”; l’art. 43 la mozione di sfiducia (“1. Il consiglio regionale esprime la sfiducia nei confronti del Presidente della Regione mediante mozione motivata, sottoscritta da almeno un quinto dei suoi componenti e approvata per appello nominale a maggioranza dei componenti stessi. La mozione non può essere messa in discussione prima di tre giorni e non oltre venti giorni dalla presentazione.

2. L’approvazione della mozione di sfiducia comporta le dimissioni della Giunta regionale e lo scioglimento del consiglio”). L’art. 44 disciplina le ulteriori cause di cessazione dalla carica di Presidente “1. Le dimissioni volontarie, la rimozione, la decadenza, l’impedimento permanente e la morte del Presidente della Regione comportano le dimissioni della Giunta regionale e lo scioglimento del Consiglio regionale.

2. L’esistenza di una causa di cessazione dalla carica di Presidente della Regione, fatta salva l’ipotesi della rimozione nonché di scioglimento del Consiglio ai sensi dell’art. 126, Comma 1, della Costituzione, è dichiarata con proprio decreto dal Presidente del Consiglio regionale”. Da cui consegue il principio che Presidente e Consiglio simul stabunt simul cadent; è escluso che il Consiglio possa nominare altro Presidente, neanche per l’ordinaria amministrazione e limitatamente al periodo elettorale.

L’art. 45 è particolarmente interessante ai fini della soluzione della questione de qua.

Infatti il comma 1 conferma la nomina dei componenti della Giunta da parte del Presidente (art. 42), tra i quali espressamente cita il Vice-Presidente.

Il comma 2 dispone che “Il Vicepresidente sostituisce il Presidente in caso di assenza o impedimento temporaneo”; il comma 4 la durata del Presidente e della Giunta “Il Presidente della Regione e la Giunta durano in carica fino alla proclamazione del Presidente della Regione neoeletto” (quindi fino alla nuova elezione da parte del corpo elettorale). Il che esclude la nomina di sostituti anche temporanei.

Il comma 6 prescrive “La Giunta dimissionaria ai sensi dell’art. 19, comma 4, dell’articolo 43, comma 2, dell’articolo 44, comma 1, resta in carica, presieduta dal Presidente della Regione ovvero dal Vicepresidente nei casi di rimozione, decadenza, impedimento permanente e morte del Presidente, limitatamente all’ordinaria amministrazione, fino alla proclamazione del Presidente della Regione neoeletto”. Il che conferma sia il principio che a governare è sempre il Presidente eletto dal corpo elettorale, sia che i casi di “reggenza” del Vicepresidente non coincidono in tutto con quelli elencati nell’art. 44, perché manca il caso delle dimissioni volontarie, cioè proprio quello che costituisce la ragione delle discussioni del Presidente Marrazzo: non solo fatto notorio, ma accertato e dichiarato nell’atto del Presidente del Consiglio regionale (Astorre) del 29 ottobre 2009, 201/VIII, quale causa di scioglimento del Consiglio.

Tutte tali disposizioni confermano il principio che a dirigere “l’esecutivo” è chi è stato eletto dal corpo elettorale alla carica di Presidente: non solo la nomina diretta per elezione, ma la “clausola di dissolvenza” per cui sia la sfiducia che altre cause di cessazione dalla carica di Presidente comportano l’automatico scioglimento del Consiglio, e la stessa durata della carica, per cui, anche in caso di crisi politica (con convocazione dei comizi elettorali) continua a governare il Presidente uscente eletto, fino all’insediamento del nuovo Presidente eletto.

Il sistema negli enti locali

1.5 D’altra parte un sistema assai simile vige per le elezioni comunali e provinciali. La L. 25/03/1993 n. 81, all’art. 6 dispone “Nei comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti, il sindaco è eletto a suffragio universale e diretto, contestualmente all’elezione del consiglio comunale”; l’art. 8 dispone che “Il Presidente della provincia è eletto a suffragio universale e diretto, contestualmente alle elezioni del consiglio provinciale. La circoscrizione per l’elezione del presidente della provincia coincide con il territorio provinciale”; l’art. 12 prescrive “1. All’art. 36 della legge 8 giugno 1990, n. 142, è premesso il seguente comma:

«01. Il sindaco e il presidente della provincia sono gli organi responsabili dell’amministrazione del comune e della provincia».

2. Il comma 1 dell’art. 36 della legge 8 giugno 1990, n. 142, è sostituito dal seguente:

«1. Il sindaco e il presidente della provincia rappresentano l’ente, convocano e presiedono la giunta, nonché il consiglio quando non è previsto il presidente del consiglio, e sovrintendono al funzionamento dei servizi e degli uffici e all’esecuzione degli atti»”; l’art. 16, comma II “il sindaco e il presidente della provincia nominano i componenti della giunta, tra cui un vicesindaco, e ne danno comunicazione al consiglio nella prima seduta successiva alla elezione unitamente alla proposta degli indirizzi generali di governo. Il consiglio discute ed approva in apposito documento gli indirizzi generali di governo”; particolarmente importante è l’art. 18, II comma che prevede “Il sindaco, il presidente della provincia e le rispettive giunte cessano dalla carica in caso di approvazione di una mozione di sfiducia votata per appello nominale dalla maggioranza assoluta dei componenti il consiglio. La mozione di sfiducia deve essere motivata e sottoscritta da almeno due quinti dei consiglieri assegnati e viene messa in discussione non prima di dieci giorni e non oltre trenta giorni dalla sua presentazione. Se la mozione viene approvata, si procede allo scioglimento del consiglio e alla nomina di un commissario ai sensi delle leggi vigenti (cfr. art. 20, comma 3°)” (anche qui è escluso che gli organi consiliari possano eleggerne uno nuovo o sostituirlo anche surrettiziamente).

Anche l’art. 20 di detta legge è illuminante “In caso di dimissioni, impedimento permanente, rimozione, decadenza o decesso del sindaco o del presidente della provincia, la giunta decade e si procede allo scioglimento del consiglio.

Il consiglio e la giunta rimangono in carica sino alla elezione del nuovo consiglio e del nuovo sindaco o presidente della provincia. Sino alle predette elezioni, le funzioni del sindaco e del presidente della provincia sono svolte, rispettivamente, dal vicesindaco e dal vicepresidente” (comma 1°); e al 4° comma “Lo scioglimento del consiglio comunale o provinciale determina in ogni caso la decadenza del sindaco o del presidente della provincia nonché delle rispettive giunte”. Nella legge suddetta è esplicitamente previsto, anche per il caso di dimissioni del Sindaco, la “reggenza” del vice, mentre per la Regione Lazio, no.

Anche per gli enti politici territoriali, con la variante della nomina del Commissario, è comunque escluso che si possa arrivare a prassi di sostituzione surrettizia del Presidente (attraverso un vicepresidente all’uopo designato), se non per il tempo strettamente necessario al rinnovo elettorale degli organi. L’unica differenza appare che, nel caso dei Comuni e delle Province, la “reggenza” dei “vice” comprende, diversamente dallo Statuto della Regione Lazio, anche il caso di dimissioni.

1.6 Deriva, anche dall’esame della legislazione elettorale (e ordinamentale) degli enti locali che nel “sistema delle autonomie” è stato attuato (almeno tendenzialmente per le Regioni) il sistema presidenziale ponendo organo consiliare e organo “governativo” in una situazione di sostanziale equilibrio, diversamente dal sistema assembleare-partitocratico in cui il rapporto tra corpo elettorale ed esecutivo era mediato dall’organo consiliare, per cui v’era una costruzione “a gradi” dell’ordinamento dell’Ente, con il corpo elettorale che sceglieva la rappresentanza consiliare e questa che sceglieva l’ “esecutivo”. Invece nel sistema attuale ambedue – Consiglio e Presidente (Sindaco) – sono eletti direttamente e un contrasto tra i due (o anche solo una vacatio) comporta che il corpo elettorale decida nuovamente (anche anticipatamente rispetto alla scadenza naturale), determinando il nuovo equilibrio col rieleggere gli organi; per cui, rispetto ai due organi “egualmente ordinati” è il corpo elettorale il “terzo superiore” con funzioni decisive, di risoluzione dell’impasse o della crisi (politica) dell’Ente.

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