mercoledì 14 aprile 2010

Ma come? Non hai letto Gigi Battista? Lui sì che se ne intende! – Sulla pretesa di una moratoria del linguaggio.

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IL MONDO PENSATO ALLA ROVESCIA
Paradigmi di «Informazione Corretta»
2.

Il divieto sionista dell’analogia

Quando al ginnasio studiavo la grammatica greca, ricordo come spesso la nostra insegnante dovendo spiegarci il perché di una forma verbale o sostantivale ricorreva spesso ad una parola magica: per analogia. In effetti, la mente umana ricorre spesso all’uso di analogie. Se prestiamo attenzione a quante volte al giorno facciamo uso di analogie per esprimerci, ci rendiamo conto che senza l’uso della comparazione il linguaggio forse non sarebbe mai sorto e l’uomo non si sarebbe distinto dalle scimmie, cui rassomiglia. Si potrebbe perfino dire che l’uomo è come una scimmia senza peli o eguale abbondanza di peli. Appena questa mattina da una persona di madre lingua straniera mi è stato chiesto cosa significhi il termine italiano “ambiente”. Per spiegarlo ho fatto ricorso ad una serie di analogie. L’uso dell’analogia è normale nel funzionamento del linguaggio e del cervello umano. Nulla di ciò che esiste e cade sotto la percezione umana si sottrae dal ricorso all’analogia. Ricordo i primi tempi in cui sentivo parlare di virus informatici e mi chiedevo cosa mai potessero essere e addirittura pensavo a forme biologiche. Poi ho capito, ma capisco quanto sarebbe più difficile far capire capire il concetto senza ricorso all’analogia.

Ma perché dico queste cose? Mi ci hanno fatto pensare i “Corretti Informatori”, sempre rigorosamente anonimi nei loro commenti, per cui non si riesce a capire se dovuti a qualche ragazzo ancora immaturo o da persone che davvero credono e si rendono conto di ciò che scrivono. Ecco un loro quotidiano commento, analogo a moltissimi altri dello stesso tenore:
«…Evidentemente, Scego non legge gli articoli di Pierluigi Battista, sul Corriere della Sera. Peccato, quello di ieri sulla banalizzazione della Shoah (ripreso nella rassegna stampa di IC) le sarebbe stato utile. Forse, leggendolo, avrebbe evitato il parallelo fra centri di espulsione degli immigrati e lager nazisti. Il genocidio degli ebrei non è un termine di paragone da utilizzare a proprio piacimento per suscitare la compassione del lettore. Ed è vergognoso che questa pratica sia sempre più diffusa. Invitiamo i nostri lettori a scrivere al direttore dell'UNITA', Concita de Gregorio, per chiederle che cosa ne pensa dell'articolo di Igiaba Scego e del paragone inaccettabile che contiene» (Fonte, eletta e corretta, dove si può leggere il contesto).
Naturalmente, pur essendo un loro lettore, monitorando la loro follia, non scriverò per questo a Concita De Gregorio. Le considerazioni sul brano che possono farsi sarebbero di diverso genere. Tralasciamo l’indicazione della prosa e della logica di Pierluigi Battista come modello etico, logico e normativo su cui basarsi. Conviene invece concentrarsi su quella che appare decisamente come una costante non sapremmo dire se del modo di pensare ebraico o forse più fondatamente della propaganda sionista, che dispone di appositi uffici, credo assai cospicuamente finanziati. È la cosiddetta Hasbara, il cui scopo consiste nell’indurre pregiudizi mentali subliminali.

Non ho fatto una rilevazione statistica di tutti gli innumerevoli casi in cui si pretendere di sindacare l’uso del linguaggio che ognuno di noi del tutto spontaneamente potrebbe fare. Ne cito alcuni recenti di cui molto si parla ancora in questi giorni. La predica del frate Cantalamessa che ha suscitato tanta concertata reazione in tutto il mondo sionista-ebraico era in fondo suscitata da una innocua analogia. Vi è poi il caso dell’«olocausto» nella scuola, cioè nell’uso di questo termine che insegnanti in sciopero avevano fatto per indicare con una metafora la politica dei tagli e di riduzione del personale. Ricordo ancora una vignetta di dove comparivano insieme Rosarno e Auschwitz. Veramente sono tantissimi i casi. Ed ogni volta scatta sempre l’accusa se non di “negazione” dell’«Olocausto» quello di una sua riduzione o banalizzazione.

La Lobby è riuscita in 13 paesi europei ha introdurre una legislazione penalistica in materia. E la si vorrebbe estendere anche in Italia: è stato chiesto espressamente. Se questo non è terrorismo ideologico, mi chiedo cosa altro lo sia maggiormente. Chiudiamo questa breve riflessione con una considerazione analogica, ma solo in parte. Infatti, le analogie non sono mai assolute, ma sempre relative. Cogliendone le differenze, anche minime e impercettibili, si sviluppa il nostro uso del linguaggio ed anche la capacità di pensare autonomamente: cosa che i “corretti informatori”, al servizio di uno stato estero, ci vorrebbero precludere. Sia nella religione cristiana sia in quella ebraica esiste il divieto di nominare invano il nome di Dio. Forse uno dei divieti religiosi più difficili da comprendere, ma che potrebbe avere un suo fondamento etico e logico.

Esiste quella che viene definita una “holocaustica religio”. Sono convinto che qui non si tratta più di storia, beninteso storia tragica della seconda guerra mondiale, meglio ancora della guerra civile europea dei Trent’Anni, dal 1914 al 1945, ma del processo fondativo di una vera e prorpia religione, alla quale perfino la Chiesa cattolica si è piegata. Restano un mistero le ragioni per le quali le alte gerarchie cattoliche accettano continue umiliazioni dai loro “fratelli maggiori”, un termine insensato che ignora come per i «gentili» la nuova religione potè trovare ascolto solo nella misura in cui avesse reciso ogni legame con la vecchia religione ebraica. Infatti, non ci sarebbe stato nessun motivo per convertirsi alla “nuova” religione se quella vecchia restava “maggiore”. E soprattutti gli antichi greci e romani avrebbero ben potuto conservare le loro più tolleranti religiosi, se fossero stati più accorti o se il fato non avesse congiurato contro di esse.

Dunque, il divieto di analogia con fatti storici, peraltro non criticabili, della seconda guerra mondiale, per il loro contenuto religioso, richiama alla mente il comandamento divino di non nominare il nome di dio invano. Ma solo in parte, però. Di Shoah veniamo bombardati ogni giorno. In Francia, addirittura, qualche folle aveva proposto di far adottare ad ogni bambino francese un bambino ebreo morto nei campi di concentramento oltre 60 anni prima. Come si possa giungere solo a pensare tanta scriteriata follia non lo si può spiegare se non con l’attività nascosta e coperta delle lobbies, che fanno spuntare come funghe le leggi più assurde e liberticide, che rinnegano alla radice oltre due secoli di illuminismo. Una persona come Avraham Burg ha messo in rilievo tutta l’assurdità di una pedagogia e di una propaganda basata sulla Shoah! Non lo hanno voluto ascoltare. Ha fatto uso di quel doppio se non triplo passaporto di cui dispone ogni ebreo.

Noi pensiamo come una “colpa” della Chiesa la conversione forzata al cristianesimo di intere popolazioni nel corso dei secoli. La migliore teologia insegna tuttavia che la libertà di coscienza non può essere coartata più di tanto ed una conversione imposta con la forza è spesso soltanto un atto di conformismo politico. Se fortunatamente sono finiti i secoli dell’imposizione della fede, non possiamo oggi accettare forme subdole di imposizione di una nuova religione, invero alquanto macabra. Nei secoli passati la chiesa avesa saputo suscitare al suo interno figure di predicatori e di santi che la rinvigorivano e ne sanavano le piaghe. Oggi però una riscossa di dignità sembra non la si debba aspettare dalle gerarchie, ma da chi in nome dell’uomo rivendica una libertà piena di coscienza, di fede, di pensiero.

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