1.0 Le reazioni indispettite
delle èlite europee e
della stampa loro allineata alle pagine che Trump ha
dedicato all’Europa nel
documento National Security Strategy 2025,
non sorprendono: né per la reazione
né nei di essa
modi
ed argomentazioni.
D’altra parte anche le considerazioni del documento americano erano
state in gran parte anticipate nelle precedenti esternazioni di Trump
(e di Vance); peraltro, diversamente da quello che il Presidente USA
afferma urbi et orbi,
ossia tutto e il contrario di tutto a giorni alterni, il pensiero
sull’Europa è stabile e immutato.
I punti essenziali del
quale sono di seguito
riepilogati.
1) “L’Europa
continentale sta perdendo quota nell’economia globale: è scesa dal
25% del PIL mondiale nel 1990 al 14% attuale — in parte a causa di
regolamentazioni nazionali e sovranazionali che soffocano creatività
e spirito d’iniziativa.
Ma questo declino economico è superato da una prospettiva ancor più
grave: quella della cancellazione civile”
e questo perché l’attività
dell’U.E. e di altri organismi internazionali…” conculcano
la libertà politica e la
sovranità; ed adottano
“politiche migratorie che
stanno trasformando il continente e creando
conflitti; censura della
libertà di espressione e repressione dell’opposizione politica;
crollo dei tassi di natalità; perdita delle identità nazionali e
della fiducia in sé stessi.
Se le tendenze attuali
proseguiranno, il continente sarà irriconoscibile in 20 anni o
meno”.
2) Il Presidente
afferma di volere “che l’Europa rimanga europea, che
ritrovi fiducia civile e abbandoni il suo fallimentare modello di
soffocamento regolatorio”. Poi un’altra considerazione
realistica “Gli alleati europei godono di un significativo
vantaggio in termini di hard power rispetto alla Russia in
quasi tutte le misurazioni, tranne che nelle armi nucleari”, perciò
l’Europa gode di un vantaggio che dovrebbe impedire o almeno
ridimensionare le (pretese) velleità egemoniche di Putin, se ne
deduce.
3) “L’amministrazione
Trump si trova in contrasto con funzionari europei che nutrono
aspettative irrealistiche sulla guerra e governano in
maggioranze instabili, molte delle quali calpestano principi
democratici fondamentali per reprimere l’opposizione. Una larga
maggioranza degli europei vuole la pace, ma questo desiderio non si
traduce in politiche concrete, in larga parte a causa della
sovversione dei processi democratici da parte di questi governi”.
4) Tuttavia “l’Europa
rimane strategicamente e culturalmente vitale per gli Stati Uniti.
Il commercio transatlantico resta uno dei pilastri dell’economia
globale e della prosperità americana” pertanto “La diplomazia
americana deve continuare a difendere la vera democrazia, la
libertà di espressione e la celebrazione senza complessi dei
caratteri nazionali europei e della loro storia. L’America
incoraggia i propri alleati politici in Europa a promuovere questa
rinascita dello spirito, e la crescita dell’influenza dei
partiti patriottici europei rappresenta effettivamente un
motivo di grande ottimismo.
Il nostro obiettivo
deve essere aiutare l’Europa a correggere la sua traiettoria
attuale… Vogliamo lavorare con paesi affini che desiderano
restaurare la propria grandezza.
Sul lungo periodo, è
più che plausibile che entro poche decadi almeno alcuni membri della
NATO diventeranno a maggioranza non europea”.
5) La migrazione
incontrollata può alterare l’anima dell’Europa. Nelle nazioni
ove la maggior parte della popolazione divenisse non europea “è
una questione aperta se considereranno il proprio ruolo nel mondo —
o la propria alleanza con gli Stati Uniti — nella stessa maniera di
coloro che firmarono il Trattato NATO”.
6) Segue un elenco di
priorità: Ristabilire condizioni di stabilità interna in Europa e
stabilità strategica con la Russia; conseguire autonomia militare,
invertire la rotta spirituale. Tra queste interessano soprattutto:
“• Rafforzare le
nazioni solide dell’Europa centrale, orientale e meridionale
tramite legami commerciali, vendite di armi, collaborazione politica
e scambi culturali ed educativi;
• Porre fine alla
percezione — e prevenire la realtà — di una NATO in
espansione perpetua;
• Incoraggiare
l’Europa a contrastare sovracapacità mercantiliste, furti
tecnologici, cyber-spionaggio e altre pratiche economiche ostili”.
2.0 I capisaldi del
discorso di Trump sull’Europa e di tutto il documento, sono il
realismo, il pragmatismo, il ridimensionamento (o il rifiuto) di
contrapposizioni ideologiche: tipo quella spesso prediletta di
democrazie contro autocrazie. Ossia il contrario (spesso) e, in
genere, il diverso da quanto praticato dalle élite europee
(al tramonto) nell’ultimo trentennio, anche ispirato dalle
amministrazioni USA pre-Trump.
D’altra parte che il
capitolo sull’Europa s’intitoli “promuovere la grandezza
europea” è anch’essa una considerazione realistica, per due
motivi. Il primo che in un pluriverso, è essenziale selezionare i
nemici e gli amici: se il nemico è un elemento insopprimibile,
occorre provvedersi di amici, perché – come insegnato da millenni
di storia, non ci si può contrapporre a tutti, pena la sconfitta e,
al limite, l’autodistruzione.
E tra i diversi
soggetti politici (Russia, Cina, India) l’intesa è più facile con
chi, come Europa e USA, appartengono alla medesima Kultur
(civiltà): quella del cristianesimo occidentale, con la separazione
di Chiesa e Stato, di questo dalla società civile, del popolo e dei
suoi rappresentanti, della libertà e delle proprietà garantite
(anche nei confronti dei poteri pubblici).
3.0 Dove la critica di
Trump coglie nel segno è nel notare come la pratica governativa
della maggior parte dei paesi europei abbia contraddetto gran parte
dei principi della civiltà euro-occidentale e della capacità di
ripresa..
Il primo luogo con la
perdita del rapporto tra vertice politico (governanti) e
seguito (in senso lato i governati), il cui segno più
evidente è il moltiplicarsi di governi populisti o comunque non
allineati alle vecchie élite, in particolare nell’Europa
“centrale, orientale e meridionale”. Ma risulta anche laddove i
governi “nuovi” non hanno conseguito la maggioranza negli organi
governativi, ma l’hanno tra gli elettori, con la conseguenza della
difficile governabilità, come in Francia (malgrado la prevalenza
nella quinta Repubblica del pouvoir minoritaire
presidenziale-governativo). Mentre nel contempo la dirigenza europea
esercita pressione sui governi non allineati, malgrado eletti (e
confermati) da maggioranze popolari (come l’Ungheria di Orban) o
cercando di non condannare, anzi di agevolare la manomissione
del procedimento elettorale (come in Romania).
Tutte pratiche aventi
in comune la debolezza di élite dal consenso scemante;
ovviamente riuscendo sempre meno a raggiungere lo scopo.
In secondo luogo
l’irrealismo di certe politiche: dal cominciare col far passare la
Russia come nemica principale, quando è evidente che Putin
non ha l’intenzione, e a ben vedere neppure la forza di invadere
l’Europa centrale ed occidentale in un conflitto convenzionale
(l’uso della superiorità nucleare russa appare ancor più
irrealistico). O quello di europeizzare masse di migranti, in
particolare islamici: poco propensi ad abiurare. O perseguire
obiettivi (Green Deal) in modo autolesionistico (per l’economia).
Inoltre Trump nota il
tafazzismo europeo quando, invece dell’orgoglio delle
proprie civiltà, istituzioni, valori e cioè della propria identità,
ne prova quasi vergogna (qua, però, l’esempio è venuto dagli USA
e dalla cancel culture).
Le proposte del
documento sull’Europa hanno anche un effetto ironico: dopo
che le élite europee avevano favorito l’estensione della
NATO (e dell’UE) agli Stati dell’Europa orientale, proprio
dell’America viene il prudente (ed evidente) consiglio di non
espanderla (dato a suo tempo da tanti altri, tra cui Kissinger). Così
i tromboni italiani che hanno auspicato la riduzione della sovranità
nazionale – cominciando del “vincolo esterno” – e
“guerrafondai” europei (italiani compresi) tutti compiaciuti di
aiutare gli ucraini a combattere una guerra (persa) a danno dei
combattenti e a spese degli europei, che proprio dal referente
principale arrivi il consiglio a calmare i bollenti spiriti e a
pensare più realisticamete è sintomatico dell’inadeguatezza di
élite decadenti.
Alle quali ciò che
(più verosimilmente) dispiace del documento è l’incoraggiamento
ad alleati politici e partiti patriottici; suona come un preavviso di
sfratto alle élite.
Cosa che ovviamente non
sopportano e pour cause: avendo collezionato talvolta
sconfitte e talaltra risultati mediocri, non resta loro che
consolarsi con l’esercizio del potere.
E’ il potere
per il potere, in
luogo del potere per uno scopo (l’interesse generale, della
comunità.
Ma
non vogliono che lo si “racconti in giro” come ha fatto Trump. E
per questo fanno passare le critiche del Presidente americano per
spirito antieuropeo nel senso delle comunità, quando il bersaglio ne
sono le élite europee.