Quanto successo
nei mesi scorsi sulle case occupate e l’obbligo di pagamento dell’IMU lascia
sperare in un futuro – almeno in tema – meno scuro del passato recente, quello,
per intendersi, della “Seconda Repubblica”.
Da una parte il Governo,
su “spinta” di Salvini, ha tolto l’obbligo dei proprietari di pagare l’IMU se i
loro immobili sono stati occupati abusivamente (e l’occupazione denunciata al
giudice penale); dall’altra la Corte Costituzionale, sempre nel caso di
occupazione abusiva denunciata ha dichiarato incostituzionale l’art. 9, I
comma, previgente alla modifica (L. 197/2022 del governo Meloni), che imponeva
al proprietario di pagare l’IMU anche se non ricavava alcuna utilità dall’immobile
occupato abusivamente (sent. 60/2024).
La Corte
costituzionale ha argomentato la propria decisione dal fatto che, non avendo il
proprietario alcuna utilità dall’immobile, l’imposizione era violazione al
principio della capacità contributiva, cioè all’art. 53 della Costituzione (letta
anche in connessione con l’art. 3). Ma a chi scrive pare che la arpagonista pretesa di farsi pagare dai
cittadini anche se questi non possano ricavare alcunché dalla proprietà,
abusivamente occupata, sia contraria a qualcosa di ancor più generale della normativa costituzionale.
Invero, e come
risulta dalla narrativa della sentenza 60/2024 della Corte, il proprietario si
doleva che da 7 anni fosse occupato l’immobile e, malgrado ciò e il sequestro
disposto dall’autorità giudiziaria, questo non fosse stato eseguito per diversi
anni. Così che lo Stato che pretendeva l’imposta, non assicurava affatto che all’obbedienza fiscale del contribuente
corrispondesse la protezione del
diritto di proprietà.
Thomas Hobbes, com’è
noto, vedeva nel rapporto tra protezione ed obbedienza il fondamento dell’obbligazione
politica. Chiudeva il Leviathan
affermando di averlo scritto “senza altro scopo che di porre davanti agli occhi
degli uomini la mutua relazione tra
protezione ed obbedienza; alle quali la condizione della natura umana e le
leggi divine – tanto naturali che positive – richiedono un’osservanza
inviolabile”. Questa è una legge di natura “Il fine dell’obbedienza è la
protezione, alla quale, dovunque sia vista da un uomo, o nella propria o nell’altrui
spada, la natura fa aderire l’obbedienza di lui, e il suo sforzo per mantenerla”.
Senza la protezione, viene meno l’obbligo dell’obbedienza “L’obbligo dei
sudditi verso il sovrano s’intende che duri fino a che, ma non più di quanto
dura il potere, col quale egli è capace di proteggere quelli, poiché il
diritto, che gli uomini hanno da natura di proteggere se stessi, quando nessun
altro possa proteggerli, non può essere abbandonato con nessun patto”. Invece
nella visione legalitaria (??) della
seconda Repubblica (anche) il suddito contribuente deve pagare il potere
pubblico anche se questo è inadempiente a proteggerlo. Perché? Le risposte sono
quelle tanto spesso ripetute “ce lo chiede l’Europa”, per il “bene comune” (ma
di chi? Di tutti o di qualcuno che di quella imposta campa?) e così via.
Onde che si
riconduca, a mezzo della capacità
contributiva, l’obbedienza al dovere di protezione è sicuramente un passo
avanti. Anche perché se vogliamo che siano realmente protetti i diritti del
cittadino, occorre che la mancata protezione dello Stato sia “sanzionata” con
la mancata percezione dell’imposta. Se invece si desidera che tutto rimanga
uguale non c’è che da mantenere ad un
potere predatorio ed inefficiente l’impunità economica.
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