A cura della
moglie Ylva sono raccolti nel volume tanti scritti di Luigi Mazzella che, quasi
quotidianamente afferra l’occasione per esercitare una intensa e serrata
critica agli idola contemporanei;
usiamo il termine di bacone perché quello moderno, cioè fake news è stato affibbiato dai padroni della parola alle
esternazioni dei loro oppositori. Il filo conduttore dei quali è la critica a
convinzioni e idee che sotto l’apparenza di una razionalità (ma anche di bontà,
di compassione, di umanità, ecc. ecc.) compiono le più profonde rotture col
pensiero razionale e ragionevole. Scrive l’autore «la “follia” di cui io intendo
parlare è quella racchiusa nelle fandonie utopiche e nei sogni irrealizzabili
in questo o in altri mondi, diffusa dai “fratelli” cristiani di Erasmo e,
dall’Ottocento, dai “camerati” e dai “compagni” figli del post-platonico Hegel.
Più che una follia è una caligine (mediorientale e teutonica) che annebbia la
ragione e induce gli Occidentali a fare scelte sbagliate». E l’autore non pensa
che attualmente le ideologie se la passino tanto male, ad onta del fatto che
nel secolo scorso hanno esaurito, con due colossali sconfitte rapidamente il
proprio “ciclo”. Questo perché i fideismi hanno soltanto cambiato le derivazioni (scriverebbe Pareto).
Al posto della
società senza classi (Marx) e del Reich millenario (Hitler) hanno innalzato
idoli (e idola) nuovi: dall’ambiente
(e il clima) ai diritti umani, a quelli degli animali. E questi nuovi idola vengono usati essenzialmente per
indicare il nemico da combattere,
caricandolo di negatività ed anche di crimini, spesso di cui non è neppure
responsabile. E dietro i quali si intravede una delle regolarità del politico: quella, tucididea della lotta
per il potere e il dominio dell’uomo sull’uomo.
Oltretutto con
ragionamenti spesso ingenuamente (ma occultamente) irrazionali, quelli che
Freund chiamava “razioidì”. Ad esempio
il cambiamento climatico che tanto preoccupa (anche) l’UE, attribuito al
consumo di combustibili fossili. Ma i dati dicono che il più inquinante dei
quali, cioè il carbone, è utilizzato, per circa un terzo della produzione
mondiale, dalla Cina, e per un altro 15% dall’India, mentre l’UE ne brucia
neanche il 7%.
C’è da chiedersi
perché Greta (e gretini al seguito) non vadano a manifestare da Xi o da Modi,
invece che a Bruxelles. Forse se convincessero i leaders cinesi ed indiani il pianeta ne avrebbe un beneficio
superiore.
La scarsa congruità
allo scopo dichiarato della transizine climatica limitata all’Europa fa pensare
che gli interessi sottostanti siano tutt’altri.
A questo punto
tre considerazioni, per non gravare il lettore di una recensione che seppur
meritata dal libro, sarebbe troppo lunga.
La prima: è vero
che le religioni monoteistiche sono connotate da una intolleranza strutturale, perché se Dio è unico, vuol dire che gli
dei degli altri non sono tali o meglio sono creature infernali, per cui il
politeismo greco-romano, apprezzato da Mazzella, è per sua natura tollerante
(vedi il Pantheon). Solo che anche
per il politeisti – e per qualsiasi altra comunità umana, c’è un nemico.
Quello che nega la tolleranza del politeismo. Così ai tempi nostri, i nemici
dei liberali, anche di quelli classici, erano coloro che negavano la libertà:
cioè i vari totalitarismi. I regimi liberali, nazisti e comunisti erano
largamente secolarizzati, onde la regolarità amico-nemico funziona in assenza di Dio. Perché in ogni sintesi
politica c’è sempre qualcosa di assoluto:
nel caso più “laico”, quello dell’esistenza della comunità.
La seconda è che
le derivazioni (anche) dei
totalitarismo erano costituite da mete
superiori, mai raggiunte dall’umanità: che richiedevano uno sforzo prometeico. Le
odierne paiono alla portata di qualsiasi frequentatore di internet e delle di
esso limitate (e private) aspirazioni. Quelle erano ideali di società in ascesa, queste di decadenti.
Non a caso (e
siamo a tre) Mazzella ci ricorda le ciminiere europee che scompaiono e il
capitalismo che qui è diventato essenzialmente finanziario.
Le conseguenze,
ci ha ricordato qualche anno fa un generale, uno dei più influenti teorici
militari cinesi è che il potere militare (e quindi politico) è quello di coloro
che producano più beni reali, cioè, già da oggi, della Cina. E chi ha più
potere, finisce sempre col comandare a chi ne ha di meno.
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