Malgrado il
bombardamento anti-russo della comunicazione mainstream, non sembra, dai sondaggi ripetuti, che sia stata
scalfita la maggioranza neutralista nell’opinione pubblica soprattutto, si
legge, in Italia e in Romania; altrove, in Europa, tranne in quella orientale
(e si capisce il perché) favorevoli e contrari si distribuiscono in blocchi
pressoché uguali sull’aiuto all’Ucraina.
Dopo un simile
spiegamento di mezzi, i risultati paiono modesti. Soprattutto in relazione
all’argomento forte e più ripetuto,
che si adagia sulle comprensibili aspirazioni degli europei, i quali dopo i due
macelli collettivi del XX secolo, di aggressioni, guerre, ed aggressori non
vogliono sentir neanche parlare.
Per cui appare
facile demonizzare l’aggressore come turbatore della pace, e la resistenza allo
stesso come justa causa.
Quale può essere
il perché della tepidezza di buona parte dell’opinione pubblica? Le cause
possono essere tante, ma ritengo che le principali siano:
a) il timore di
un’estensione (fino al coinvolgimento diretto) nella guerra;
b) il non
comprendere (perché non spiegato) quale possa essere l’interesse nazionale ad un esteso aiuto ad uno dei belligeranti;
c) che la
Russia, anche se aggressore, non ha tutti i torti (scontri nel Donbass, accordi
di Minsk).
Quanto al timore
dell’escalation, è bene tenerne
conto, perché come sosteneva Clausewitz, è nella natura della guerra
l’ascensione agli estremi. Tuttavia a rendere tale ipotesi poco verosimile è
proprio il secondo elemento: la mancanza di un interesse nazionale, sia della
Russia che dei popoli europei ad aggredirsi. Anzi tutto l’interesse è quello di
convivere e commerciare pacificamente, per la complementarietà economica delle
due aree. Relativamente al terzo aspetto è chiaro che la dissoluzione
dell’Unione sovietica in Stati nazionali, le cui frontiere non coincidevano con
l’omogeneità etnica, di guerre ne ha generate tante, sia nella superpotenza che
nella Jugoslavia.
Basti ricordare
per la prima: Georgia, Ossezia, Cecenia, Abkhazia, Nagorni_Karabach (salvo
altri). Per cui la sussistenza, anche da parte dell’aggressore russo di una justa causa belli non è esclusa. Con la
conseguenza che, contrariamente all’evoluzione del diritto internazionale nel
XX secolo, la guerra, nel sistema westfaliano, è “giusta” da entrambe le parti.
Per cui che il sentimento ostile nei confronti
dell’aggressore sia così tiepido a dispetto di tutti gli sforzi per suscitarlo
e ravvivarlo non meraviglia.
Si aggiunge per
l’Italia la storia degli ultimi secoli; di guerre l’Italia (prima il Regno di
Sardegna) alla Russia ne ha mosse tre. La guerra di Crimea, l’intervento nella
guerra civile del 1918-1921, il fiancheggiamento della Germania nell’operazione
Barbarossa. Di converso l’unica volta che un esercito russo si è visto in
Italia è nel 1799. Ma i russi, peraltro alleati di Stati italiani occupati
dalla Francia, se ne andarono senza pretendere di tornare.
Gli è che né i
russi hanno alcun interesse ad occupare l’Italia, né gli italiani la Russia. Si
è cercato di compensare questa evidenza storica e politica col dipingere Putin
come il diavolo guerrafondaio, affetto da aggressività compulsiva, emulo nel
XXI secolo di Hitler. Ipotesi ancora più inverosimile dell’altra: vediamo perché.
É costante della
Russia estendere la propria influenza a sud, in particolare intorno al Mar
Nero.
Malgrado tutti
gli sforzi dei professionisti dell’informazione per additare Putin come pazzo
e/o malato, il Presidente russo non ha fatto altro che ripetere la politica dei
suoi predecessori, da Ivan il Terribile a Pietro il Grande, da Caterina la
Grande a Nicola I.
Il che rendeva
assai prevedibili sia le intenzioni che il comportamento dello stesso. Ciò
nonostante non è stato previsto il probabile,
e neppure adottati comportamenti idonei
ad evitare che una situazione, da anni esplosiva,
degenerasse in guerra.
Quando poi
questa è scoppiata, non c’è stato altro da fare che cercare di coprire il tutto
con la demonizzazione dell’aggressore, come mezzo per incrementare il
sentimento popolare, improntato ad una paurosa indifferenza.
Scrive
Clausewitz nel Von Kriege a proposito
del sentimento politico, cioè l’odio e l’inimicizia verso il nemico che questo
è “da considerarsi come un cieco istinto”
e corrisponde al popolo; e che “Le passioni che nella guerra saranno messe in
gioco debbono già esistere nelle nazioni”.
Sicuramente in Polonia e in Ungheria, tenuto conto della storia le suddette
passioni non mancano. Ma in Europa occidentale? Solo la Germania ha condotto
nella storia e per geopolitica diverse guerre con la Russia, alternate a periodi
di amicizia (spesso a scapito dei popoli che stavano “in mezzo”).
Ma Francia,
Spagna, Italia (e non solo) non hanno né ragioni politiche e geo-politiche né
una storia che identificasse nei russi il nemico principale e reale.
Per cui non
restava che affidarsi alla propaganda, confermando, con lo scarso risultato,
l’affermazione di Clausewitz.
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