È diventato un
esercizio normale già da alcuni mesi prima delle elezioni politiche,
prendersela con il segretario Letta, per il loro prevedibilissimo esito,
disastroso per il PD, puntualmente verificatosi.
Intendiamoci:
Letta ci ha messo del suo. Dalla proposta di aumento dell’imposta di
successione per la “dote” ai giovani, al campo largo, che invece era, come
prevedibile, stretto, ecc. ecc. Tuttavia farne carico al segretario appare
viziato da un errore di valutazione sul quale è opportuno spendere qualche
riga.
Partiamo da una
considerazione: vi sono due modi estremi e opposti di valutare gli eventi
storici: il primo è farne una conseguenza di fattori non individuali né
dipendenti da scelte soggettive. Un esempio classico è la filosofia della
Storia di Hegel per il quale questa è l’attuazione del piano della provvidenza.
Lo spirito del mondo genera la storia; il ruolo dell’azione umana è così
secondario, i protagonisti hanno successo in quanto attuano il piano della
provvidenza. In questo senso il pensiero di Hegel è il tipo ideale della
concezione “determinista”. L’altro è rapportare gli eventi a cause per lo più
consistenti in attività (e passioni) umane. Così è stato interpretato come
causa principale della caduta dell’Impero romano d’occidente il contrasto tra
Ezio e Bonifacio e la conseguente perdita dell’Africa romana. In termini mediani, come nel pensiero di
Machiavelli, si può pensare che se da una parte c’è l’influenza della fortuna,
(quindi non riconducibile a una volontà di coloro che la subiscono) dall’altra
c’è la virtù con la quale si limitano e s’indirizzano (almeno in parte) gli
eventi causati dalla fortuna. E proprio quando la fortuna è avversa, occorre
che i governanti siano più dotati di virtù.
A servirsi di
tali strumenti interpretativi la tesi della scarsa fortuna del PD come
dipendente dalla “colpa” di Letta non regge o regge come concausa limitata: un po’ perché tutti i suoi
recenti predecessori quali Segretari hanno fatto altrettanti buchi nell’acqua;
un po’ perché anche da questo, è confortata l’opinione opposta che sia la
proposta politica del PD (ed i relativi mezzi) ad essere inadeguati e contrari alla
“corrente” della storia contemporanea.
Come mi è
capitato di scrivere più volte, con il crollo del comunismo è venuta meno la
contrapposizione borghesia/proletariato con i relativi sentimenti politici.
La cui
conseguenza è stata l’eclissarsi del senso
politico (cioè dell’opposizione amico-nemico) e della funzione politica delle conseguenti istituzioni anche
economiche e sociali. Come i partiti comunisti i quali o scompaiono e/o si
mimetizzano o cambiano radicalmente (come quello cinese); od anche di
istituzioni come la NATO e il Patto di Varsavia (logicamente sciolto) delle quali si capisce che ci stiano a fare: sicuramente
a comunismo imploso non hanno la funzione di prima.
Tuttavia il sentimento politico cioè in primo luogo
la percezione del nemico (anche come differenza etica) è elemento necessario
non solo della guerra (Clausewitz) ma anche della politica (Schmitt). Senza di
quello la politica (e il rapporto tra vertice e base) perde di tensione. Ed è progressivamente
sostituito da un’altra contrapposizione amico-nemico: quella vecchia viene neutralizzata
e ne diminuisce così la capacità di suscitare opposizioni decisive e primarie; tutt’al più conserva quella di
suscitare conflitti relativi e secondari. E chi lo interpreta ne subisce la
sorte: dal ruolo di protagonista decade a quello di comparsa.
La risposta del
PD (e antecedenti) a questa cesura storica è stata quella di cambiare nome
(anzi nomi): escamotage poco remunerativo perché da una parte i
dirigenti erano gli stessi (quindi poco credibili) dall’altra elementi della
vecchia opposizione erano conservati – soprattutto i più utili a tenersi il
potere.
Dato però che un
nemico era necessario e così delle idee da sventolare in sostituzione delle
vecchie, o almeno di alcune (l’antifascismo ha resistito alla rottamazione) il
nemico è diventato chi si oppone all’ideologia gender, alla famiglia nouvelle
vague, chi è convinto delle radici giudaico-cristiane dell’Europa, ecc.
ecc. Rispetto al vecchio nemico, cioè l’imperialismo capitalistico, il minimo
che si possa dire è che è un po’ poco: più che mettere paura, spesso fa ridere.
Ovvero, come l’antifascismo – e l’anticomunismo – è depotenziato in se.
Tale situazione dipende
dalla storia e gli uomini, in particolare i dirigenti italiani di sinistra,
l’hanno subita e non causata. In relazione alla quale poco si può fare. Anche
se il PD fosse stato guidato non da Fassino, Letta o Bersani ma da Cavour o da
Bismarck (o come scriveva Hegel da Cesare o da Napoleone) l’esito difficilmente
sarebbe stato diverso. Perché, come sostiene il filosofo, carattere distintivo
degli individui cosmico-storici è di attuare lo spirito del mondo: è questo a renderli
differenti dagli altri e capaci di padroneggiare i cambiamenti.
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