martedì 13 dicembre 2016

Gilad Atzmon: «Il quotidiano “Israel National News” contro Gilad Atzmon».

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Gilad Atzmon
Strana coincidenza. L’articolo anti Atzmon in Israele appare dopo un mio privato scambio di opinioni, quasi subito interrotto per incompatibilità di vedute. In una messaggistica privata con un ebreo italiano, o ex italiano, residente in Tel Aviv, mi ero azzardato a dichiarare la mia amicizia e condivisione di vedute, con Gilad Atzmon, un ebreo o ex-ebreo,  come lui dice di se stesso. Per un non-ebreo, estraneo e assai lontano dalla mentalità ebraica, è quasi un obbligo dichiarare di avere almeno qualche amico ebreo (o trovarsene disperatamente uno che possa garantire per lui), per non sentirsi dare dell'antisemita, appena manifesti anche inconsapevolmente una qualche divergenza di vedute, o un minimo accenno critico non già alla politica contingente dello «Stato ebraico di Israele», ad esempio sulla sua politica forestale, che ha estirpato ulivi secolare per trapiantarvi pini forestieri, volendo rendere la Palestina simile alla Svizzera, ma abbia riserve direttamente sulla legittimità dello “Stato ebraico di Israele”, che nasce sulla “Pulizia etnica della Palestina”, come documento un altro ebreo israeliano, Ilan Pappe, pure inviso ai sionisti, ma assai meno di quanto lo sia Atzmon, che ha addirittura individuato la figura dell’«antisionista sionista», ossia dello pseudo sionista che resta intimamente razzista. Da Tel Aviv invece, dove era nato, Gilad Atzmon andò via all'età di 30 anni, ritenendo fosse quella una terra ingiustamente sottratta ai Palestinesi... Questo atteggiamento di timore diffuso di un goym davanti a un ebreo ha radici lontane, che vanno alle leggi istitutive del tribunale di Norimberga e a tutta una legislazione e politica mediatica che continua fino ad oggi e che è un vero e proprio terrorismo ideologico, volto a instillare nelle generazioni che ignare si succedono un vero e proprio permanente senso di colpa e di disprezzo per i propri antenati. Se vogliamo, la politica verso i migranti, ossia l’obbligo incondizionato di accoglierli, risponde a uno stesso disegno di distruzione della identità europea. Il discorso è lungo e non possiamo certamente affrontarlo in una prefazione, ma credo che sia sufficiente per dare una spiegazione non banale al perché addirittura un Gilad Atzmon venga tacciato di “antisemitismo”... Proprio lui! Addirittura lui! La sua vera ed unica colpa è quella di essere uscito, ed aver respinto la narrativa sionista e non essersi lasciato intimidire dal “potere ebraico” che domina inconstrato il mainstream e la politica estera degli Usa e dei suoi vassalli europei, fra cui l'Italia, dove gli articoli del tal Gerstenfeld, cacciatore di antisemiti, vengono tradotti in italiano su una testata di propaganda sionista, da un gay ebreo, trasferitosi in Tel Aviv. Altra osservazione: ridicolo e allucinante al tempo stesso l’operazione volta a far accettare agli Stati una definizione normativa, finalizzata alla sanzione penale, di ciò che si deve intendere per “antisemita” e quindi perseguire con il carcere e l'ostracismo, con l'emarginazione e la morte civile. Un lontano e previsto effetto del piano Morgenthau - guarda caso un ebreo - e della famigerata Direttiva JCS 1067?

AC
GILAD ATZMON
Il quotidiano “Israel National News” contro Gilad Atzmon

«Perfino gli ebrei possono essere antisemiti!» È il titolo di un articolo apparso su Israel National News - un foglio di coloni e ultra ortodossi israeliani – scritto da tale Manfred Gestenfeld, allo scopo di criticare il mio lavoro di una vita. Mi pare inutile aggiungere che esser sottoposto a tali campagne denigratorie, promosse da giornali ultra nazionalisti come questo, sia proprio il genere di pubblicità che ricerco. Vorrei comunque far notare a Manfred Gestenfeld che il titolo da lui scelto per il suo articolo è leggermente fuorviante. Intanto perché gli ebrei non sono semiti e poi,  per quanto mi riguarda, ho smesso di ritenermi ebreo almeno da vent'anni.

In questo suo articolo, cogliamo Gestenfeld nel disperato tentativo di dipingere il sottoscritto vostro affezionato come un antisemita. Ma proviamo ad analizzare una ad una le argomentazioni che adduce a questa sua tesi. Sono sempre stato considerato un fiero oppositore dei negazionisti dell’Olocausto e proprio per questo, non riesco a sopportare coloro che negano quei genocidi perpetrati  proprio in nome della Shoah.  Proprio come quello che sta avendo luogo in Palestina, per esempio (vedi link).

Suppongo che - nella visione di Manfred  Gerstenfeld - il mio supporto alla causa palestinese equivalga ad essere antisemita. Ma se consideriamo il fatto che anche i palestinesi siano semiti*, il  mio appoggio alla loro causa, sembra essere davvero la migliore forma  possibile di filo semitismo. Vorrei, con tutto il dovuto rispetto, prendere in esame le preoccupazioni di Gerstenfeld in merito all’Olocausto e alle teorie che lo negano. Credo che la Storia, intesa sia come ricerca empirica che  come disciplina scientifica, non possa evitare di esimersi anch’essa da un inevitabile processo di revisione. E questo processo riguarda anche l’Olocausto, proprio per non renderlo alieno dalle logiche che presiedono lo studio della Storia e dalla sua stessa veridicità. La Shoah, intesa nella sua corrente accezione, si vede ridotta ad una dottrina dalle venature dogmatiche, come fosse una vera e propria religione. Sostenere che anche la Shoah e la sua storia debbano essere sottoposti a un processo di revisione, non equivale in alcun modo a negarne la veridicità di fondo, ma equivale solamente ad integrare questo specifico paragrafo del passato nel più grande e generale libro della storia della umanità. In questo modo esso diventa una vera lezione etica invece che solo una ennesima, liturgica celebrazione della sofferenza ebraica. Questo cambiamento nella visione che abbiamo dell’Olocausto, sarà in grado di evitare che gli ebrei cadano negli stessi errori commessi lungo il corso della propria storia, errori che ci hanno portato a guardare alla storia del popolo israelita come a un continuo olocausto.

* Sono perfettamente cosciente del fatto che la parola Semita si riferisca per lo più ad un insieme di lingue piuttosto che ad un determinato ceppo etnico.

Goym Must Obey
Gerstenfeld,  il quale scrive su un organo di stampa che rappresenta la voce dei coloni israeliani di destra, lamenta il fatto che nei miei scritti io “attacchi” perfino alcuni ebrei non sionisti.  In un articolo intitolato “I goym devono solo obbedire”, Atzmon accusa gli ebrei non sionisti di pretendere di stabilire cosa “i non ebrei, compresi i palestinesi, debbano o non debbano fare e chi debbano o non debbano stare ad ascoltare”. Ma il linguaggio di Gerstenfeld manca completamente di precisione. Io non sono solito “attaccare” la gente. Semmai è Israele, che ha l’abitudine di attaccare violentemente coloro che considera i suoi nemici. In realtà, non faccio altro che limitarmi a criticare coloro che credo siano in errore.  La mia unica arma non è altro che la penna. In ogni caso, la citazione di cui sopra, è vera, è mia, e io la sostengo in pieno. Credo fermamente che le politiche perseguite dalla lobby ebraica internazionale siano disastrose e qualcosa di estremamente pericoloso, pericoloso soprattutto per gli stessi ebrei.

Sono assolutamente critico verso tutte le forme di politica portate avanti dalla comunità ebraica, che siano di destra o di sinistra, che siano sioniste o “anti”. Sfido tutta la compagine politica ebraica perché vedo che è fortemente orientata dalla e alla propria identità razziale.  Eccepisco apertamente che da una prospettiva “giudeo centrica” sia Israele che la Jewish Voice for Peace, siano né più e né meno che la stessa identica cosa.  Abbiamo a che fare con due esclusivi club ebraici orientati dalla propria identità razziale.  Addirittura - e tutto ciò è davvero imbarazzante - Israele in quanto stato territoriale appare essere meno razzista che la stessa JVP, dato che nella Knesset quantomeno abbiamo che il suo terzo partito più grande, è arabo, invece nella Jewish Voice for Peace, la leadership è esclusivamente composta da ebrei.

Gestenfeld erroneamente scrive, “Atzmon attacca perfino gli ebrei che disapprovano il Sionismo e il Giudaismo”. Ancora una volta il colono di destra ultraortodosso, crede che io abbia “attaccato” Shlomo Sand e Avigail Abarbanel. Ho grande rispetto per Sand e ho dedicato a tutto il suo lavoro un intero paragrafo nel mio libro precedente “L’Errante Chi?” Ho un approccio critico solamente verso alcuni aspetti del lavoro di Sand e di Abarbanel. E allora, mi chiedo, l’approccio intellettuale e critico verso due scrittori ebrei equivale forse ad essere antisemiti? Se lo è, allora non ci resta che credere che gli ebrei siano al di sopra di ogni possibilità di critica. Probabilmente, nella mentalità di qualche sionista rabbioso,  è questa prerogativa di intoccabilità che si intende quando si parla di “popolo eletto”.

Gestenfeld tenta disperatamente di provare a tutti i costi che io sia un antisemita. Ma una cosa che dimentica di fare è quella di portare prove e citazioni a suffragio della sua tesi e di evidenziare dove  e quando io abbia mai espresso odio verso gli ebrei e verso l’identità ebraica. Ma invece di portare prove, cerca l’appoggio della definizione di antisemitismo dataci dall’IHRA (International Holocaust Remembrance Alliance). Secondo questa interpretazione, “rendere affermazioni mendaci, disumanizzanti, demonizzanti o stereotipate sugli ebrei, o sul potere della loro comunità, come per esempio - ma non solo - il mito del complotto ebraico, o sul potere che gli ebrei hanno nei media, nell’economia e nella finanza, nella politica internazionale e in altri consessi e istituzioni sociali, è un esempio di antisemitismo”.

Utopia, Nostalgia and the Jew
Secondo Gestenfeld, alcune delle mie dichiarazioni ricadrebbero proprio in molte di queste casistiche.Gestenfeld cerca in ogni modo di cogliermi in fallo ma fallisce completamente nel suo intento mistificatorio. “Perché mai gli Ebrei, un popolo gelosissimo del proprio passato, mostrano di temere i ‘bianchi’ che esprimono nostalgia per il loro passato?” (vedi link). In seguito Gestenfeld usa la cortesia di riportare un’altra citazione da un mio scritto: «Gli ebrei progressisti temono la nostalgia della classe lavoratrice americana per una società anteriore a quella odierna dominata dal popolo di Gerusalemme, di un tempo nel quale la politica statunitense non fosse egemonizzata e controllata da persone quali i Saban, i Soros, i Goldman Sachs e altri capitalisti globali che non hanno alcun interesse nelle questioni della economia reale, della produzione materiale di beni che dà lavoro, del manifatturiero o dell’agricoltura».

Ed è proprio qua che Gestenfeld mi cade in fallo.  Finalmente ammette che il mio bersaglio non è certo rappresentato dal popolo ebraico in sé, ma dal cosiddetto progressismo israelita, il quale è individuabile in un preciso, specifico settore politico posto in seno alla comunità ebraica americana.

Posso accettare che Gestenfeld non sia affatto contento del fatto che io punti il dito contro gli oligarchi giudei come Soros, Saban e contro il loro ruolo corrosivo in seno al contesto della politica americana. Forse Gestenfeld dovrebbe piuttosto preoccuparsi che gli organi di stampa ebraici la smettano una volta per tutte di glorificare i miliardari ebrei con titoli del tipo: qui: Ecco a voi i migliori cinque donatori democratici!, e qui,  come sono soliti fare in più e più occasioni.

Gestenfeld, che probabilmente non figura affatto tra i pensatori più sottili e saggi,  non fa altro che ripetersi nel solito errore. La definizione che la IHRA dà di antisemitismo, asserisce che “accusare gli ebrei, in quanto popolo, di essere responsabili per malefatte immaginarie o reali che siano fatte da una singola persona o da un singolo gruppo appartenenti a questa comunità e anche di misfatti commessi da un non ebreo, è considerato antisemitismo”.  Concordo pienamente con la definizione dell’IHRA. La comunità ebraica inglese non dovrebbe essere legata a un crimine commesso da un suo singolo appartenente, un soggetto colpevole di violenze sessuali, un vigliacco. Per cui, a questo punto sarebbe interessante vedere le cose da una opposta prospettiva: restando in tema di scuse, il Board of Deputies of  British Jews [Il Consiglio Nazionale dei delegati della comunità ebraica inglese] deve ancora scusarsi con il paese (il Regno Unito) per il gravissimo comportamento tenuto da Lord Janner, il quale è accusato di probabili molestie e abusi sessuali perpetrati ai danni di alcuni bambini inglesi orfani. E questa vicenda disgustosa, è avvenuta proprio quando lo stesso Lord Janner era il presidente del Consiglio dei membri della comunità ebraica inglese. E quindi proprio per questo, la persona che rappresenta in maniera più istituzionale e pubblica possibile la stessa comunità ebraica del Regno Unito.
Gilad Atmon
– Traduzione italiana di Antonio Palumbo.

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