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A differenza di altre schede di letture, sulle quale indugio, via via che proseguo nella lettura del libro spesso interrotta da lunghe pause, ho letto tutto d'un fiato il libro di Paolo Sensini, pur di pagine 298. In buona parte si è trattato di informazioni che già possedevo, ma con ciò non intendo in nessun modo diminuire il pregio e l’importanza del lavoro fatta da Sensini. Tutt'altro! Mi è parsa una raccolta ordinata e documentata di notizie e documenti che è difficile tenere insieme. Si tratta per larga parte di fonti in lingua inglese, per il cui reperimento ci vuole una grande perizia oltre che una perfetta conoscenza della lingua inglese (che io ahimé non possiedo). Ho detto di aver seguito per questo libro un diverso metodo di lettura: ne scrivo adesso dopo averlo letto per intero. Ne ho una visione e un giudizio d’insieme, ma il rovescio della medaglia è che non ho potuto fare le annotazioni a piè di pagina, in corso di lettura, alle quali i miei Cinque o Sei Lettori abituali (non ricordo bene il numero) erano abituati. Dovrò pertanto procedere ad una seconda lettura secondo il metodo abituale.
Qui posso ora fare una sola osservazione di parziale dissenso su alcuni capitoli dei 24 che formano il libro, capitoli ben incastrati l’uno con l'altro e fra i quali non poteva certo mancarne uno sull’Islam in quanto dottrina religiosa. Non sono le mie osservazioni sulle accurate e utili distinzioni all’interno della galassia Islam, ma attengono al rapporto fra Islam in quanto religione e politica in quanto scontro armato fra parti conflittuali. Se sono un buon discepolo di Carl Schmitt, penso di potermi con fondatezza richiamarmi ai luoghi di Carl Schmitt dove egli avverte che il “politico”, la distinzione amico/nemico, con quel che ne consegue, si può trasferire e annidare in ogni àmbito, e particolarmente in quello religioso. Cercando di semplificare, come faccio negli interventi a conferenze sulla teologia islamica alle quali sono invitato e dove cerco di apprendere una teologia diversa da quella cattolica nella quale sono cresciuto, credo che sarebbe ridurre di molto l’idea di Dio che ognuno - credente o non credente - possa avere, se si immagina che un Dio possa servirsi dei suoi fedeli come sicari per ammazzare e scannare altri esseri umani. Se lo volesse, Dio potrebbe sterminare in un solo istante tutto il genere umano senza bisogno alcuno di intermediari, di sicari. Simpatica l'idea di alcuni filosofi antichi, che ammettevano sì che gli dèi esistano, ma escludevano che si interessassero degli uomini, lasciati alle loro miserie e alla loro mortalità.
Detto questo, non obietto all’amico Paolo Sensini che i taglia-goli dell’ISIS non scannino essere umani innocenti (e poco importa se innocenti non fossero) in nome di Allah. Solo che Allah non c’entra nulla, anche se tutto viene fatto in suo nome. Potrei sostituire il nome di Allah con quello di qualsiasi divinità di qualsiasi religione di qualsiasi epoca e di qualsiasi luogo: l’idea di dio attiene alla sfera della coscienza tutta e soltanto individuale e non fa parte della sfera del politico, anche se vi ci si può insediare. Mi spiego con un esempio, ad uso dei miei ex-studenti che possano capitare in questa pagina. Nel 951, in Calabria, l’antica città ellenica di Taureana fu interamente distrutta da un’incursione saracena, costringendo la popolazione superstite a fuggire e fondare nuovi centri abitati, fra cui il mio paese natale, Seminara. Se mi fossi trovato a vivere in quell’epoca, avrei difeso dagli invasori la mia città con tutte le mie forze, o sarei fuggito insieme con i superstiti, ma davanti a me si trovavano scellerati assassini contro cui era più che lecito difendersi, non uomini pii che avessero rapporto con un qualsiasi Dio. Ben avrebbero loro potuto invocare qualunque dio volessero, ma io davanti a me non vedevo nessun dio, ma solo uomini scellerati, nemici, che dovevano essere respinti con difese militare adeguate ed efficaci,
Credo che sia un’astuzia bellica dei neocon fare di tutto per suscitare la convinzione che vi sia scontro di religioni dove invece si tratta di quella stessa strategia del caos di cui Sensini offre un'ottima descrizione. Non si potrebbe fare maggior piace ai neocon e al sionismo se un miliardo e passa di cristiani si mettessero a fare la guerra a due miliardi di musulmani, o viceversa, e ci si scannasse senza fine per il godimento del terzo che ha attizzato e alimentato e finanziato il conflitto in essere e davanti ai nostri occhi senza che per la colpevole complicità dei media il gran pubblico riesca a individuarne le vere cause. In questa opera di svelamento della verità il libro di Paolo Sensini ha il suo grande merito e poca importanza hanno le mie osservazioni sul ruolo effettivo del pensiero autenticamente religioso nell’atroce guerra di cui ancora non si vede la fine.
Qui posso ora fare una sola osservazione di parziale dissenso su alcuni capitoli dei 24 che formano il libro, capitoli ben incastrati l’uno con l'altro e fra i quali non poteva certo mancarne uno sull’Islam in quanto dottrina religiosa. Non sono le mie osservazioni sulle accurate e utili distinzioni all’interno della galassia Islam, ma attengono al rapporto fra Islam in quanto religione e politica in quanto scontro armato fra parti conflittuali. Se sono un buon discepolo di Carl Schmitt, penso di potermi con fondatezza richiamarmi ai luoghi di Carl Schmitt dove egli avverte che il “politico”, la distinzione amico/nemico, con quel che ne consegue, si può trasferire e annidare in ogni àmbito, e particolarmente in quello religioso. Cercando di semplificare, come faccio negli interventi a conferenze sulla teologia islamica alle quali sono invitato e dove cerco di apprendere una teologia diversa da quella cattolica nella quale sono cresciuto, credo che sarebbe ridurre di molto l’idea di Dio che ognuno - credente o non credente - possa avere, se si immagina che un Dio possa servirsi dei suoi fedeli come sicari per ammazzare e scannare altri esseri umani. Se lo volesse, Dio potrebbe sterminare in un solo istante tutto il genere umano senza bisogno alcuno di intermediari, di sicari. Simpatica l'idea di alcuni filosofi antichi, che ammettevano sì che gli dèi esistano, ma escludevano che si interessassero degli uomini, lasciati alle loro miserie e alla loro mortalità.
Detto questo, non obietto all’amico Paolo Sensini che i taglia-goli dell’ISIS non scannino essere umani innocenti (e poco importa se innocenti non fossero) in nome di Allah. Solo che Allah non c’entra nulla, anche se tutto viene fatto in suo nome. Potrei sostituire il nome di Allah con quello di qualsiasi divinità di qualsiasi religione di qualsiasi epoca e di qualsiasi luogo: l’idea di dio attiene alla sfera della coscienza tutta e soltanto individuale e non fa parte della sfera del politico, anche se vi ci si può insediare. Mi spiego con un esempio, ad uso dei miei ex-studenti che possano capitare in questa pagina. Nel 951, in Calabria, l’antica città ellenica di Taureana fu interamente distrutta da un’incursione saracena, costringendo la popolazione superstite a fuggire e fondare nuovi centri abitati, fra cui il mio paese natale, Seminara. Se mi fossi trovato a vivere in quell’epoca, avrei difeso dagli invasori la mia città con tutte le mie forze, o sarei fuggito insieme con i superstiti, ma davanti a me si trovavano scellerati assassini contro cui era più che lecito difendersi, non uomini pii che avessero rapporto con un qualsiasi Dio. Ben avrebbero loro potuto invocare qualunque dio volessero, ma io davanti a me non vedevo nessun dio, ma solo uomini scellerati, nemici, che dovevano essere respinti con difese militare adeguate ed efficaci,
Credo che sia un’astuzia bellica dei neocon fare di tutto per suscitare la convinzione che vi sia scontro di religioni dove invece si tratta di quella stessa strategia del caos di cui Sensini offre un'ottima descrizione. Non si potrebbe fare maggior piace ai neocon e al sionismo se un miliardo e passa di cristiani si mettessero a fare la guerra a due miliardi di musulmani, o viceversa, e ci si scannasse senza fine per il godimento del terzo che ha attizzato e alimentato e finanziato il conflitto in essere e davanti ai nostri occhi senza che per la colpevole complicità dei media il gran pubblico riesca a individuarne le vere cause. In questa opera di svelamento della verità il libro di Paolo Sensini ha il suo grande merito e poca importanza hanno le mie osservazioni sul ruolo effettivo del pensiero autenticamente religioso nell’atroce guerra di cui ancora non si vede la fine.
(segue)
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