domenica 19 gennaio 2014

L’«onore» e la «dignità» di Hollande.

Un caprone? Un ...?
I miei cinque Lettori si saranno chiesti le ragioni del mio lungo silenzio su questo blog. È presto detto. La lingua italiana è per me diventata un fattore limitativo e frustrante. Cerco di imparare quante più lingue possibili, anche estinte come il sanscrito, ad esempio. Possono seguire i mei sforzi nella serie dei miei blog linguistici, forse a loro stessi utili se sono alle prese con qualche lingua straniera, necessaria da apprendere se sono in procinto di emigrare da questo paese allo sfacelo. Fatta questa breve premessa, la mente mia si sta soffermando su alcuni fatti nazionali e internazionali sui quali molto si diffondono i media, ma come sempre senza essere capaci di produrre nessuna seria riflessione. Ed anzi, al contrario, producendo maggiore ottundimento nella massa dei lettori e dei telespettatori di cui è stato dato loro il governo e l'appalto. Non occorre mai perdere di vista la frase di John Pilger che ho sentito in un Forum londinese sulla natura dell'informazione. Quale questa natura? «L’informazione è una emanazione del Potere», ma ho scoperto che non è tanto Pilger a dire ciò quanto invece piuttosto una sotta citazione che riconduce al filosofo dell'antichità Plotino sul quale mi riservo di ritornare in uno dei miei blog filosofici.

 Dieudonné: ganno paura di lui!
Ma veniamo al tema. Scrivo sempre di getto, esponendomi a chi critica la mia scarsa conoscenza della lingua italiana, e sempre mi rivolgo ai miei Cinque Lettori, che erano Quattro fino a quando se ne è aggiunto un Quinto che ha chiesto di far parte del ristretto Gruppo, quasi un Seminario. Avverto che vado qui abbozzando un discorso che non potrei terminare in una sola seduta di scrivania. Mi ritengo soddisfatto se viene raccolta l'idea di quanto propongo alla riflessione di chi legge, un'idea che poi potrà sviluppare lui stesso. Partiamo dal comico francese Dieudonné contro il quale è stata orchestrata una vera e propria guerra, mediatica e poliziesca, per farlo tacere, per chiudergli la bocca, per non fargli fare i suoi spettacoli che avevano un vastissimo pubblico pagante. Con tutto il rispetto: non i miei Cinque Lettori da cui non lucro certo il mio sostentamento, ma un pubblico pagante biglietti dal costo stratosferico, quasi un motore per l'economia e l'occupazione. Ecco una prima riflessione, ancora in limine rispetto a quanto verrò a dire più avanti. Quando si impedisce a qualcuno di parlare, o meglio di esprimere un contenuto che è una sua creazione originale dal punto di vista artistico, storico, scientifico, filosofico (non stiamo parlando di gossip!), non si fa tanto un torto a lui quanto al suo pubblico potenziale o reale. Se Galileo, Copernico, Bruno hanno una verità alla quale sono giunti, questa Verità che li illumina resta sempre in loro, nella loro testa. L'utilità o il danno sta tutto dalla parte di chi sarebbe destinato a credere ancora che il Sole gira intorno alla Terra e non viceversa, se vuol dare credito agli Hollande, agli Alfano, ai Flick secondo cui si verrebbe a ledere la «dignità» e l’«onore» dei «morti» che per oltre mille anni hanno dato credito alla visione tolemaica dell'Universo. Insomma, non si tratta del diritto di parlare ed esprimersi da parte di chi ha qualcosa da dire quanto del diritto di poter ascoltare di chi vuole starlo a sentire, salvo poi giudicare autonomamente con la propria testa ciò che si sente. Non è un Diedonné ad essere colpito, ma tutti noi che veniamo privati della libertà e del diritto di poterlo ascoltare.

È un mentitore in Parlamento?
E perché mai si vuol chiudere la bocca ad un “comico”? I potenti hanno stuoli di consiglieri al loro servizio, giacché vogliono dare ad intendere alle masse mediatizzate che ciò fanno è sempre secondo diritto, giustizia, verità, e appunto “onore” e “dignità”. Come già con Faurisson – nella “civilissima” Francia, un tempo patria dei diritti e dello Stato moderno sorto dalla Rivoluzione francese – non ebbero a trovare di meglio che il principio della Verità di Stato per confutare una persona che usciva assolto dai tribunali davanti ai quali veniva portato da una minoranza che si è impadronita di ogni potere ed opprime la totalità dei popoli europei, ora anche con il comico Dieudonné si escogita la lesione alla «dignità» e l’«onore» non di una singola persona vivente, ma di una totalità indistinta di persone, defunta da oltre mezzo secolo. Non è la prima volta che sento questa argomentazione della «dignità» e dell’«onore» dei «morti della Shoa» per giungere poi alla introduzione delle leggi che hanno già prodotto nella sola Germania migliaia e migliaia (200.000? o quante?) ree di avere delle opinioni, di avere scritto dei libri, financo di averli letti e prestati. Ricordo un discorso dell'allora ministro della giustizia Alfano, che si pronunciava negli stessi termini davanti ad una ristrettissima Comunità, ricordo in un seminario al palazzo di Giustizia S. E. Flick che si pronunciava negli stessi termini. Non escludo altri casi, ma questi sono quelli da me uditi e purtroppo non registrati, per cui devo affidarmi alla memoria ed al rischio di inesattezze.

Un “pizzicotto»?
La faccenda dell'«onore» e della «dignità» mi riguarda personalmente perché è sulla base di una siffatta norma, di epoca fascista, che sono stato deferito dal mio Rettore al Collegio di Disciplina del Consiglio Universitario Nazionale, venendo assolto con formula piena. Il regolamento degli impiegato della stato dice che chi ricopre una funzione pubblica, un pubblico impiego, deve farlo con “dignità” ed “onore”, naturalmente in vita e non da morto. La norma si riferisce a persone viventi, no a persone che sono morte, e si riferisce ai soggetti attivi che sarebbero venute meno all'obbligo dell'«onore» e della «dignità». Non si riferisce certamente alle loro vittime. Non – ad es. – alla “dignità” e all’«onore» di quella studentessa (maggiorenne) che subì dei pizzicotti nel sedere da parte di un professore universitario che fu per questo deferito alla stesse sede disciplinare dove mi ha preceduto e dove io ho potuto facilmente dimostrare di non aver mai dato “pizzicotti” alle studentesse in tanti anni di “onorato” servizio. Aiutato da amici avvocati e giuristi, ho potuto difendermi dall'addebito fattomi dal rettore  Frati, sollecitato dai Potenti,  dicendo che la norma in questione sanziona una condotta disdicevole (“pizzicotti” e quanto altro), ma non l'espressione di un pensiero che è tutelato dalla Costituzione, in pratica una carta che viene rivoltata come si vuole da chi concretamente gestisce il potere e ha le leve del comando in tutte le sue casematte. Essendomi dunque familiare la norma sulla “dignità e l'onore”, mi ha non poco sorpreso di vederla ribaltata dai “vivi” ai “morti”, dall'autore del reato presunto alle sue vittime pure presunte, dal piano strettamente personale (il concreto professore che dà un “pizzicotto sul sedere” ad una concreta studentessa) al piano generico ed indistinto di una pluralità di vittime, peraltro ignare del torto che verrebbe loro fatto non finché sono in vita, ma a 70 anni ed oltre dalla loro morte. Cose da pazzi! Neppure da processo alle streghe, dove vi era per lo meno il principio della attualità della lesione penale e della compresenza di parte offesa dal “reato” e del suo autore. È ormai ammesso in sede filosofica (Chomsky, ed altri) che non si può più parlare di esistenza del diritto internazionale. Grazie, ad Israele, è ormai stato condotto a termine la distruzione del diritto internazionale. Ma qui stiamo assistendo anche alla distruzione del diritto interno, praticamente alla mercé di Lobbies che possono dettare tutte le leggi che tornano loro comodo.

Luigi Pirandello
Non ho finito, anche se mi preme di giungere alla conclusione di questa bozza, rinviando ad altri momenti ulteriori sviluppi ed affinamenti del concetto, che non ho ancora espresso nella parte che mi sembra più significativa. Attenzione, per favore! Quando sentiamo parlare di “onore” e di “dignità” cosa intendiamo propriamente? Una qualità intrinseca della persona, del concreto individuo, o non piuttosto un concetto relazionale pertinente ad uno status sociale o a una funzione pubblica? È la stessa cosa che dire di un concreto individuo (lasciamo perdere la “persona” che è pure un concetto tecnico) che è “buono” o “cattivo”, “bello” o “brutto”? Nell’ancien règime avevano “dignità” e “onore” il Clero e la Nobiltà e non ne aveva alcuna il Terzo Stato. L’«Onore» era il principio costitutivo della Nobiltà in quanto ordine sociale. Insomma, “onore” e “dignità” non possono essere disgiunti da una funzione pubblica e da una relazione sociale da parte di chi ricopre una carica. Il “delitto d'onore” del marito tradito che uccide la moglie per non sentirsi dire “cornuto” nella piazza del paese è stato depennato dal nostro codice penale, se non erro. Ricordo in proposito un'opera di Pirandello, dove il marito ben sapeva che mentre lui era assente la moglie lo tradiva in casa sua. Lo sapeva e non gliene importava nulla. Solo che tornando verso casa, sentì la vicina gridare presentendo cià che avrebbe scoperto entrando in casa. E fu così, per una costrizione sociale, che l'uomo si trovò costretto ad uccidere, per difendere il suo “onore”.

Il valore dei sondaggi
Sono stanco, mi preme tornare ai miei blog linguistici ed altro, mi avvio alla conclusione provvisoria. Il signor Hollande che è presidente della Repubblica Francese ha un qualche “onore” e una qualche “dignità” mettendo le “corna” a una sua “compagna” che non è manco la sua “legittima” moglie ma che siede pure essa all’Eliseo, come Prima Donna di Francia? Curioso come gli stessa media riportavano pochi giorni prima una pauroso calo nei “sondaggi” di Hollande come leader politico, ma poi gli stessi media riferiscono di altri “sondaggi” dove sempre questi fantomatici francesi sarebbero favorevoli al 75 % per la privacy della questione di corna: un esempio di quel che valgono i “sondaggi”, dove il giorno prima si chiede se è giusto o non è giusto ammazzare la propria madre ed il giorno si chiede ancora se è meglio ammazzarlo con il veleno o con un coltello.  Un Alfano che probabilmente ha mentito al Parlamento sull'affare kazako, dove manca di “dignità” sia che “sapesse” sia - peggio ancora – che “non” sapesse? E potrei continuare, se non avessi fretta di concludere. Questi uomini che in modo così plateale, aperto e sfacciato non hanno “onore” e “dignità” come possono pretendere di parlare loro di «dignità» ed «onore», quando non hanno la minima consapevolezza di ciò che esso sia? È come se i ciechi volessero parlare di colori ed i sordi di melodie. Di certo possiedono in sommo grado una qualità in ludo indubbia: la Spudoratezza, l'assoluta mancanza di Pudore.

[a dopo la correzione dei refusi]

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