lunedì 10 settembre 2012

Quarta lettera del dottor Gianantonio Valli al signor Stefano Gatti

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 Ci siamo ormai abituati a considerare inesistenti personaggi come Stefano Gatti, il cui ruolo sembra consistere nel rivolgere ad onesti cittadini gratuiti insulti, come quello di cui si parla nelle garbatissime lettere del dott. Valli, ben certo di poter operare nell’assoluta impunità. E lo si capisce dalla rete di coperture che Valli abbozza nella sua Quarta Lettera. Non credo che l’Italia abbia un testo come la “Israel lobby e la politica estera americana” scritto dai due politologi Mearheimer e Walt e subito tradotto in tutte le lingue. Non perché l’Italia manchi degli uomini capaci delle necessarie ricerche, ma perché il quadro istituzionale tende alla emarginazione e al silenziamento delle voci che sono in grado di indicare gli intrecci lobbistici, delineati da Valli. Addirittura, da noi si raggiunge l’inverosimile quando un ex-ministro della Giustizia imputa agli storici revisionisti di non accettare il dialogo. Sappiamo che è esattamente il contrario. Ma non indugiamo oltre a lasciare la parola al dottor Valli, per la sua Quarta lettera, augururandocene una Quinta ed una Sesta, che seguendo la finzione di un Interlocutore fantasma ci illumini su cose che molte persone ignorano.

Antonio Caracciolo


Quarta lettera
del dottor Gianantonio Valli al signor Stefano Gatti

Gentile signor Stefano Gatti,

    considerata la Sua inurbanità nel persistere a negarmi, dopo avermi provocato, una giustificazione razionale per il famigerato aggettivo, avrei fatto a meno di rivolgermi nuovamente a Lei. Anche perché penso di averLe ormai procurato adeguata fama all’interno del popolo goyish.

    Sollecitato tuttavia da qualche mio sodale interessato alle Sue vicende esistenziali, torno a chiedere ragione a Lei e alla Sua congrega di succhiasoldi. Risponda quindi, almeno per rispetto del contribuente italiano. Ci dica, ci tenga al corrente su quanti dei 300.000 euro annualmente versatiLe – certo, non per qualche personale bagordo, ma per la benemerita caccia a quelli che il CDEC taccia di «neonazismo» – sia venuta a costare l’indagine sulla manifestazione milanese del 14 luglio in favore del popolo siriano. E questo senza dire del batticuore provocatoLe da tanto ardire.

    Ovviamente, si tratta di un finanziamento più che legale – non uso, come vede, l’aggettivo legittimo. So bene che tra i plaudenti promotori e sostenitori parlamentari del Doveroso Obolo non ci sono solo i Suoi congeneri, ma tutta una pletora di moscelnizzanti, in prima fila il Grande Subacqueo Allampanato – kippà sul cranio anche nelle immersioni? E tuttavia mi permetta di complimentarmi con qualcuno dei più attivi dei Suoi, quali gli onorevoli Alessandro Ruben, Fiamma Nirenstein, Luca Barbareschi, Giulia Bongiorno, Paolo Guzzanti, Emanuele Fiano e Luciano Violante. Di essi vorrei anzi ricordarLe qualche cenno biografico. E mi cito:
Alessandro Ruben, avvocato, consigliere UCEI, vicepresidente del Benè Berith Italia, dal gennaio 2005 presidente della sezione italiana della Anti-Defamation League, il 12 aprile 2008 deputato per il berluscofinico Popolo della Libertà, passato poi al gruppo finiota Futuro e Libertà; eponimo del d.l. che nel novembre 2009 assegna 300.000 euro annui agli occhiuti della onlus CDEC Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea per «monitorare» l’«antisemitismo»: «Tale importante finanziamento è stato assegnato, in uno spirito bipartisan dall’intero Parlamento, riconoscendo al cdec un valore culturale, educativo e di ricerca storico-documentaristica di alta rilevanza sociale», inneggia Shalom  n.11/2009.

Fiamma Nirenstein, ex comunista autodefinita «ebrea e per di più agnostica», padre «polacco» Alberto/Aron Nirenstain/Nirenstein e madre «fiorentina» Wanda Lattes del Corriere della Sera, sposa dapprima al goy Franco Camarlinghi assessore picista a Firenze, città alla cui testa il centrodestro Forza Italia la candida nel maggio 2004, e poi a un colonnello del Mossad), fondatrice della rivista femminista Rosa, giornalista a Paese Sera, L'Europeo, L'Espresso, L'Indipendente, La Stampa, di cui è editorialista e inviata con sede a Gerusalemme, Epoca, Panorama e il Giornale, consulente vicedirettoriale del Liberal mensile, codirettrice di liberal settimanale, autrice di special TV di storia contemporanea, tra cui il settimanale d'attualità internazionale Mondo su Raidue nel 2005, nel 1992-94 a capo dell'Istituto Italiano di Cultura a Tel Aviv, nel 2001 tenutaria di lezioni di Storia del Vicino Oriente alla facoltà di Scienze Politiche della romana LUISS, il 12 aprile 2008 eletta deputata a Genova per il berluscofinico Partito della Libertà e vicepresidente della Commissione Esteri.

Luca Barbareschi, di madre ebrea, attore, imprenditore televisivo di successo e deputato del destrorso PDL, nel 2010 tra i più ràbidi transfughi nel finiota FLI Futuro e Libertà per l'Italia, poi rientrato in più remunerativi ranghi.

Giulia Bongiorno, avvocatessa, deputata il 21 aprile 2006 nelle file di Alleanza Nazionale, rieletta nel 2008 nelle liste del Popolo della libertà, presidente della Commissione Giustizia della Camera, nel luglio 2010 lascia il gruppo parlamentare del PDL per aderire al FLI di Gianfranco Fini.

Paolo Guzzanti, segretario sezionale PSI a Roma «destro» e poi «sinistro» e poi ancora «destro», ammirevole specialista nelle trasmigrazioni: membro dell'effimero democristico Patto Segni, senatore del berlusconico Forza Italia, deputato del berlusconico Popolo delle Libertà, all'opposizione antiberlusconica nel riesumato effimero Partito Liberale Italiano, poi nell'indefinito antiberlusconico Polo della Nazione, poi nell'altrettanto effimera Iniziativa Responsabile, poi di nuovo nelle file berlusconiche; attivo anche su Avanti!, La Stampa e Shalom, confidente del Quirinalizio Cossiga, telecommentatore, vicedirettore de il Giornale col fine, confessa a Claudio Sabelli Fioretti, di condurlo, coi direttori Mario Cervi e Maurizio Belpietro, «su posizioni sempre più liberali e nettamente antifasciste», nel maggio 2001, da senatore forzitalista, presiede la commissione sul «dossier Mitrokhin», la documentazione dell'ex archivista sulla «collaborazione» offerta al KGB da politici, giornalisti e professionisti italiani; ne riportiamo l'isterismo platealmente espresso nel sito essereliberi.it  il 16 luglio 2006 quanto ai massacri israeliani compiuti dal cielo sul Libano: «Voglio urlare a Israele: vai e colpisci, ovunque essi siano, vai e fai quello che un Occidente mentitore e senza spina dorsale non ha il coraggio di fare [...] io voglio gridare, voglio esaltare la guerra di Israele. Voglio che Israele con mano chirurgica e ferma colpisca e cauterizzi, che con mano pietosa distrugga col fuoco, voglio che Israele non abbia pietà degli equivicini, degli equidistanti, dei mascalzoni [...] I piloti devono avere occhi ben aperti, gli occhi di chi non può concedersi emozioni, le mani devono essere ferme sulle leve e i joy stick nei carri roventi che macinano la terra e la sabbia, le mani che guidano i motori diesel, le mani che stringono le armi e che vuotano caricatori, le menti gelide nel deserto rovente [...] Oh Israele se soltanto potessi marciare nella tua guerra [...] e far tuonare il corto cannone che non sbaglia mentre il cielo viene tagliato a lama di coltello dai nostri jet».

Emanuele Fiano, figlio dell'oloscampato olopropagandista itinerante Nedo – a sua volta cognato del brigatista «polacco» Alberto/Aron Nirenstain/Nirenstein – nel 1996 candidato deputato a Milano per L'Ulivo, nell'aprile 1997 consigliere comunale «indipendente» dei neocomunisti DS Democratici di Sinistra, nel 1998-2000 presidente della Comunità milanese, nel maggio 2001 capogruppo neocomunista: «È una delle risorse su cui la Quercia milanese punta maggiormente. Ha coordinato la realizzazione del programma per Milano del partito» (mentre il suggestivo Fiano è capogruppo DS, il confratello Federico Ottolenghi ne è il segretario provinciale), nel giugno 2004 candidato DS alla Provincia, dall'aprile 2006 deputato DS/PD sulle orme ideatoriorepressive del decretomancinico Enrico Modigliani, membro del COPASIR Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica.

Luciano Violante, nato in Etiopia da «padre comunista, madre ebrea, uno zio morto a Mauthausen» (così Giovanni Fasanella), magistrato allevato a Torino dal capo-giudice istruttore ex partigiano giellista Mario Carassi (en passant, Carasso è cognome sefardita), fautore dell'«interpretazione evolutiva del diritto» («Quando si trattava di giudicare dei poveri diavoli come i ladri d'auto, io e l'altro giudice a latere mettevamo in minoranza il presidente»), persecutore non solo del «neofascista» Movimento Politico Ordine Nuovo di Torino (accuse per omicidio e stragi, poi tutte giudicate infondate seppure obtorto collo, persino dopo diciassette anni di percorsi giudiziari: «Nessun atto di violenza, di minaccia, di provocazione, come riconosciuto in sentenza; nessun contatto con uomini politici o militari; nessuna risorsa economica; attività politica svolta alla luce del sole; mai avuto incidenti di sorta con avversari politici. La Corte d'Assise e la Corte d'Assise d'Appello, e le relative giurie popolari, giudicano sulla base dell'assurdo puzzle composto dal Giudice Istruttore e militante del PCI Luciano Violante, che su questo processo costruisce le sue personali fortune politiche: false testimonianze, perizie calligrafiche compiacenti eseguite su delle fotocopie anonime, "documenti" arbitrariamente attribuiti», scrive Salvatore Francia, uno dei perseguitati), ma anche dell'ex partigiano liberale anticomunista Edgardo Sogno Rata del Vallino, incarcerato per «golpismo» il 5 maggio 1976, scarcerato il 19 giugno seguente e prosciolto infine dal giudice istruttore il 12 settembre 1978 («Questo piccolo Vishinskij, gnomico Vishinskij, almeno una cosa è riuscito a dimostrare: il grado di assoluta scostumatezza che in un certo periodo vigeva nel nostro paese. Ha dimostrato come comunisti travestiti da magistrati sono riusciti in democrazia a intimidire, minacciare, incarcerare, perseguitare oppositori solo perché la pensavano in modo diverso», commenta, per una volta tanto equilibrato, il Quirinalizio Francesco Cossiga in una intervista al Gr1 trasmessa il 20 maggio 1991), mente giuridica delle «leggi antiterrorismo» al ministero della Giustizia («collegò la magistratura al PCI, che si fece garante dello Stato [...] agì non sulla base delle regole del diritto, ma attraverso l'uso delle leggi eccezionali e delle sentenze esemplari», commenta, poi smentendo, il picista poi neocomunista «eretico» goy Emanuele Macaluso), «creatore» dei sinistri giudici costituzionali scalfaroni Guido Neppi Modona certo confrère e Gustavo Zagrebelsky valdese e possibile (il fratello Wladimiro vicepresiede il Consiglio Superiore della Magistratura, l'organo sindacale dei magistrati, ed è direttore generale dell'organizzazione giudiziaria e degli Affari Generali al ministero flickiano di Grazia e Giustizia, «il numero uno operativo dell'intero ministero»), capo della commissione Giustizia del PCI-PDS e di quella Antimafia, nel 1996-2001 presidente della Camera, cioè terza carica dello Stato, nel 2001-06 presidente del gruppo DS alla Camera, indi presidente della Commissione Affari Costituzionali della Camera.
    E La rassicuro, non si spacchi la testa a cercare streghe «neonaziste» o tenebrosi informatori da tacciare di incitamento al cosiddetto «odio razziale». Tutte le informazioni di cui sopra sono di pubblico dominio, ricavate dai vanti dei singoli ai più diversi giornalisti, dalle fonti indicate o da internet. Quanto a «moscelnizzanti», ecco l'estratto esplicativo:
Il termine «moscelnizzanti», coniato sulla scorta del verbo tedesco mauscheln (disceso dal nome Moishe/Mosè, quintessenza di elezione, equivalente a jüdeln = «parlare con accento yiddish» e, per traslato, «parlare/atteggiarsi/comportarsi da ebreo», «parlare con accento ebraico o al modo degli ebrei» nonché popolarmente, continua, con venatura «antisemitica», il dizionario Bidoli-Cosciani: «mercanteggiare, truffare»), apparso per la prima volta in Germania nel 1622 in un manifesto diretto contro i coniatori cristiani di cattiva moneta ed entrato nell'uso a partire dalla parodia letteraria del «saggio» Nathan lessinghiano fatta da Julius von Voss in Der travestierte Nathan der Weise (1804), riguarda i più fervidi giudeo-rispettosi esemplari goyish. Come li riguardano le espressioni juifs honoraires (da noi usata, ma sicuramente in voga più o meno catacombale da decenni e in ogni caso fieramente rivendicata da un goy della stazza di Claudio Magris), «Gesinnungsjuden, ebrei per mentalità», coniata dal pedagogo Wilhelm Dolles nel 1921, e «Weiße Juden, Ebrei Bianchi», resa famosa da un articolo apparso il 15 luglio 1937 sul settimanale delle SS Das Schwarze Korps. O anche, con l'intellettuale fascista Telesio Interlandi in Contra Judaeos (1938): «gli apparentati degli ebrei, gli associati degli ebrei, i succubi degli ebrei e gli imbecilli di cui gli ebrei hanno l'arte di circondarsi». O, più modernamente con l'indomito Ariel Toaff: i «piaggiatori in buona e malafede», i «soliti pietosi compagni di viaggio che si interessano degli ebrei solo come vittime perennemente passive», gli «avvocati d'ufficio» delle Comunità. Servi tutti, aggiungiamo, ben più odiosi di coloro – i «Fratelli Maggiori» del Vicario «Polacco», i «Fathers in faith, Padri nella fede» del suo successore «tedesco» Baruch il Rieducato – che per nascita e crescita, è la loro natura, sono condannati a nutrirsi di odio e protervia.
    Concludo, non per Lei, che avrà certo assorbito col latte materno quanto segue, rinculcatoLe poi per l'intera Sua vita, ma per i miei venticinque lettori, con una simpatica nota:
Ad eccezione dei personaggi non-ebrei presupposti noti come tali al lettore medio, indicheremo, quando non lo si evinca dal testo, i non-ebrei coi termini «gentile/i» o, more haebraico, globalmente shkotzim (appellativo spregiativo apparentabile a «froci» e similari) o, più gentilmente, specificamente goy e goyim per i maschi e goyah per le femmine, o con aggettivo indifferenziato goyish, dal valore anche di «infedele». Semplicemente stupendo l'enochico Libro dei Giubilei XV 26 definendo i non-ebrei: «figli della distruzione».
    La lingua ebraica ha invero tutta una gamma di espressioni, atte per i più diversi mimetismi: nokhri/nokhriyah e ben nekhar «forestiero/forestiera» e «figlio di un paese stra¬niero», issah zarah «straniera idolatra», orel/orelte «uomo/donna non circonciso», yok/yaikelte (inversione onomatopeica di goy) e shaigetz/shiksa «uomo/donna abominevole»; la radice di shiksa, e del suo diminuitivo shikselke «piccolo abominio» o «puttanella», dai biblici shekets/ sheqetz e shiqquts, vale «abominazione, impurità, carne di animale interdetto» al pari di tohevah, «cosa detestabile»; l'israeliano Megiddo Modern Hebrew-English Dictionary spiega il termine shaigetz/shiksa come «wretch, persona spregevole», «unruly youngster, giovane scapestrato/a» e «Gentile youngster, giovane non-ebreo/a»; parimenti, Rabbi Daniel Gordis ci avverte che, al pari del maschile sheigitz e del neutro goy (che, seppur inteso come "nazione", possiede nell'uso corrente «ugly overtones, brutte connotazioni»), il termine shiksa «has a terribly derogatory connotation, ha una connotazione decisamente spregiativa».
    Termini altrettanto cortesi a indicare una non-ebrea sono niddah, shiftah e zonah, cioè, rispettivamente: «macchiata da mestruazioni» (da cui: «cosa contaminata/orrenda»), «schiava» e «prostituta». Simpaticamente, per il giudaismo ortodosso, se una donna nata da madre non-ebrea perde, convertendosi, i primi due appella¬ivi, non perde il terzo. Per quanto convertita, la shiksa resta una prostituta. Fino alla morte.
    Puntuale quindi Giacomo Leopardi: «La nazione Ebrea così giusta, anzi scrupolosa nel suo interno, e rispetto a' suoi, vediamo nella scrittura come si portasse verso gli stranieri. Verso questi ella non aveva legge; i precetti del Decalogo non la obbligavano se non verso gli ebrei: ingannare, conquistare, opprimere, uccidere, sterminare, derubare lo straniero, erano oggetti di valore e di gloria di quella nazione, come in tutte le altre; anzi era oggetto anche di legge, giacché si sa che la conquista di Canaan fu fatta per ordine Divino, e così cento altre guerre, spesso all'apparenza ingiuste, co' forestieri. Ed anche oggidì gli Ebrei conservano, e con ragione e congruenza, questa opinione, che non sia peccato l'ingannare, o far male comunque all'esterno, che chiamano (e specialmente il cristiano) Goi [...] ossia " gentile" e che presso loro suona lo stesso che ai greci barbaro: [...] riputando peccato, solamente il far male a' loro nazionali» (Zibaldone 881-2).
    Rinnovando gli auspici che possa anch'Ella, coi Suoi congeneri, gioire per la prossima vittoria del popolo siriano, stretto intorno al suo presidente Bashar al-Assad, contro i delinquenti armati dalla feccia del peggiore Occidente, resto sempre in attesa di motivata risposta.

Cuveglio, 9 settembre 2012

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