mercoledì 8 febbraio 2012

Scene di gioia e amore in Damasco: facciamo un poco di chiarezza sulla battaglia dei Giganti intorno alla Siria

Riempivano gli occhi e scaldavano il cuore le immagini che questa mattina hanno salutato al risveglio gli spettatori dei media alternativi. Una lunga diretta trasmessa su RT e Press-TV mostrava l'arrivo in Damasco del ministro degli esteri russo Sergei Lavrov, in visita ufficiale in Siria per incontrare il Presidente Bashar al-Assad dopo gli eventi recenti nel Consiglio di Sicurezza dell'ONU che riguardavano proprio la Siria e vedevano protagonisti la Cina e appunto la Russia.

E' stato accolto festosamente dal popolo siriano con gli onori degni di un eroe, il ministro russo, quando il lungo corteo presidenziale è sfilato per le vie di Damasco.

Era massiccia la presenza delle forze dell'ordine - ma non sarebbe stato necessario, se non per motivi di protocollo.

A fatica gli agenti tentavano di tenere a bada i cittadini che spingevano per avvicinarsi al corteo esibendo le bandiere della Russia. Qualunque timore per un eventuale assalto violento si rivelava del tutto infondato. La folla in festa altro non voleva che dare un caldo benvenuto e manifestare la propria gratitudine all'uomo che si è esposto per difendere la Siria e il suo leader nei media - al rappresentante del paese che ha avuto il coraggio di opporsi all'aggressione delle potenze Occidentali  nella recente sessione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu.

I siriani sono perfettamente consapevoli di chi siano i loro veri nemici - ma i "farabutti dei media" - come li definisce regolarmente il giornalista americano Stephen Lendman - ogni giorno riversano sugli schermi dei paesi occidentali le versioni fraudolente dettate dai poteri a noi noti, secondo cui il Presidente siriano al-Assad sarebbe il carnefice del suo popolo.

Le intenzioni di USA, Israele, e dei paesi vassalli nella NATO e nella Lega Araba sono di replicare le modalità del "caso Libia", servendosi dei media per fare credere al mondo che il leader siriano sia un feroce tiranno che "tenta di soffocare nel sangue una rivolta civile". Niente è più lontano dalla verità.

Ma andiamo per ordine.

Cerchiamo di capire perché il ministro degli esteri russo veniva oggi accolto con una tale manifestazione di entusiasmo, in una scena che vorremmo vedere ripetersi ogni giorno - la scena di popoli che hanno motivi validi per acclamare un funzionario di governo che viene in solidarietà con i cittadini e il loro leader. Un leader - Assad - che certo non è un santo, ma che gode della gratitudine del popolo siriano perché finora è riuscito a tenere a bada i falchi di USA e Israele, impedendo ai due regimi di impossessarsi del paese ed evitando alla Siria la stessa sorte purtroppo toccata ad altre nazioni confinanti con Israele che ora gravitano nell'orbita del regime sionista con governi fantoccio che hanno venduto la sovranità dei rispettivi paesi alle mire imperiali degli USA e all'egemonia sionista nella regione.

Le scene di giubilo che abbiamo visto oggi in Damasco sono il risultato della vittoria conseguita dalla Russia e dalla Cina in favore della Siria.

Una vittoria che vale doppio perché è il risultato di sforzi diplomatici e non di conflitti armati in cui vince chi possiede le armi di distruzione di massa più micidiali.

La vittoria diplomatica è stata conseguita due giorni fa, quando per la terza volta nel giro di pochi mesi, il Consiglio di Sicurezza dell'ONU (CdS) si è riunito per deliberare sulle proposte per una Risoluzione contro la Siria, formulata in un testo preparato dalla Lega Araba che, a dispetto del suo nome ufficiale, è l'organismo che rappresenta gli interessi degli USA e di Israele nella regione.

Visto il fallimento delle due sessioni precedenti, in cui Cina e Russia si sono opposte con il veto, la Lega Araba nella sua cecità e arroganza aveva questa volta presentato un testo in apparenza meno aggressivo - ma appunto solo in apparenza.

Ma anche questa volta, Russia e Cina non si sono fatte ingannare e il veto è arrivato puntualmente.

Lo scontro che si è scatenato successivamente nella sede dell'ONU è stato dei più feroci. Le maschere della decenza diplomatica sono cadute e l'osceno volto del Potere si è rivelato in tutto il suo maligno splendore.

In una sessione trasmessa integralmente da Press-TV e durata diverse ore, abbiamo assistito alla votazione dei membri del CdS, al veto di Cina e Russia, e alle successive dichiarazioni degli attori principali del dramma che andava in scena.

L'ambasciatrice USA presso l'ONU, Susan Rice, che si contorceva sulla sua sedia, fumante di rabbia, ha dichiarato "disgustoso" il rifiuto di Cina e Russia di piegarsi alla presunta "volontà della comunità internazionale preoccupata della sicurezza dei cittadini oppressi dal regime siriano", aggiungendo che il veto dei due paesi rappresentava una "farsa" delle procedure dell'ONU. (???)

L'ambasciatore siriano presso l'ONU, visibilmente turbato dalle parole offensive della Rice, ha replicato con tono tuttavia calmo e posato, in pieno contrasto con il linguaggio inviperito della rappresentante americana, commentando: «Cara signora ambasciatrice, ciò che è disgustoso sono gli oltre 60 veti posti sistematicamente dagli USA a qualunque Risoluzione ONU nei confronti di Israele. ... E come osa lei ripetutamente chiamare "regime" il legittimo governo della Siria ...»

Molto compassata è stata la replica dell'ambasciatore della Cina, che non ha dato soddisfazione alle contorsioni fisiche e dialettiche della rappresentante di Washington e si è limitato a fornire le motivazioni razionali e realistiche del veto posto dal suo paese.

Alquanto colorita è stata invece la reazione dell'ambasciatore russo all'ONU, Vitaly Churkin - non tanto nella replica peraltro molto apprezzabile durante la sessione del CdS, quanto successivamente, durante il suo incontro con la stampa, sempre trasmesso in diretta dal Palazzo dell'Onu in New York.

Sorprendentemente, la stampa sembrava in prevalenza schierata dalla parte delle forze che si opponevano alla Risoluzione contro la Siria - lo si capiva benissimo dalle domande prive di polemica nei confronti di Churkin, ma molto critiche verso l'esibizione andata "in onda" da parte della rappresentante di Washington. Uno dei giornalisti chiedeva a Churkin, con tono complice, di ripetere quanto dichiarato dall'ambasciatrice USA, ma Churkin - che sembrava alquanto divertito dalla proposta - ha risposto con tono scherzoso lasciando intendere che non si sarebbe abbassato ai livelli esibiti dall'ambasciatrice degli Stati Uniti, perché non avrebbe potuto ripetere i discorsi della collega senza scendere in una parodia non degna di un diplomatico. 

Subito è arrivata anche la reazione della Clinton, ministro degli esteri USA, che dalla sede della Conferenza sulla Sicurezza in atto come ogni anno in Monaco di Baviera, dichiarava: «La Cina e la Russia dovranno da ora in poi portare il peso della responsabilità per lo spargimento di sangue dei cittadini siriani che sarà la conseguenza del veto sulla Risoluzione Onu.»

Ma la reazione più dura è arrivata il giorno dopo da parte del ministro degli esteri russo, Sergei Lavrov - ora appunto in visita a Damasco. Ha condannato le reazioni "isteriche" degli USA al veto di Cina e Russia, lasciando intendere con un giro di frase scelto con cura, che l'appellativo di "isteriche" era diretto alle "incontinenze verbali" delle due rappresentanti USA. Inoltre ha ben illustrato il motivo del veto russo alla risoluzione, spiegando tra l'altro che non fa parte dello statuto dell'ONU sostituire le forze di governo nei paesi membri. E che pertanto un'interferenza e un intervento militare esterno per rovesciare un governo è illegale.

E a proposito delle due ladies americane chiamate in causa, va spiegato questo: l'ambasciatrice all'ONU Susan Rice, secondo gli esperti, ambisce alla carica ora rivestita dalla Clinton, qualora Obama fosse rieletto nelle presidenziali che si terranno in novembre. La Rice è consapevole che tale carica dipenderà in ultima istanza dalla sua fedeltà alle direttive della Israel Lobby AIPAC, che ha sempre l'ultima parola in fatto di scelte per le cariche nelle posizioni chiave del potere americano.

Mentre alla Clinton i giornalisti seri che leggiamo nel web hanno dato l'appellativo di Dea della Guerra, specificando che Hillary è talmente priva di carisma e altrettanto consapevole di contare poco e niente sullo scacchiere strategico mondiale, che deve sopperire al suo peso politico a gravità zero adottando un linguaggio aggressivo per attirare i riflettori dei media.

Detto ciò, è importante non farsi illusioni su quanto succede intorno e all'interno della Siria.

La Siria è attualmente il teatro di guerra in cui si scontrano i Giganti della scena politica mondiale, schierati su due fronti opposti.

Da una parte le forze imperiali USA/Israele sono all'opera assoldando forze mercenarie e gruppi terroristici in appoggio alle sfere che in Siria vogliono prendere il potere. Secondo un modello ben noto e collaudato, generano il caos per creare divisione e ostilità settarie. Vogliono replicare il "modello Libia" - ma questa volta qualcosa non va nel verso voluto (la cecità del potere arrogante !)

Dall'altra parte, le grandi potenze non allineate con l'Impero - Cina e Russia - tentano di tutelarsi opponendo resistenza. Ovviamente noi speriamo che le due potenze siano sinceramente preoccupate per la sorte del popolo siriano. Ma restando con i piedi per terra e analizzando la situazione nell'ottica della Realpolitik, è importante considerare che la Siria è l'anticamera per entrare in Iran, e che l'Iran è l'anticamera per entrare in Russia e Cina, entrambe da tempo nel mirino degli USA. E' ovvio che la preoccupazione maggiore dei due governi è quella di salvaguardare la sovranità dei rispettivi paesi.

Ciò che osserviamo al momento sulla scena politica mondiale relativa alla Siria (ma anche all'Iran) è l'espressione del conflitto tra i due schieramenti opposti.

Da una parte  c'è il polo USA/Israele/Arabia Saudita, con i vari stati vassalli che gravitano nelle loro rispettive orbite: Unione Europea, Australia, Canada, e gli stati del Golfo asserviti come Qatar, Bahrein, Giordania, EAU e altri.

Dall'altra parte troviamo schierate Cina e Russia - oltre all'Iran con i suoi alleati Siria e Libano. Infatti, come commentava in una recente intervista il grande giornalista Mahdi Nazemroaya, appena insignito del premio internazionale per il "reportage di guerra" (in Libia), la guerra di Israele contro il Libano nel 2006 mirava non solo a distruggere il movimento di resistenza del Libano, Hezbollah, ma anche a invadere la Siria e rovesciare il governo Assad.

Come sappiamo, tale campagna militare è finita male per Israele che ha subìto una sonora e sanguinosa sconfitta, perché Hezbollah è stato assistito dall'Iran con un appoggio militare massiccio e determinante. L'invasione della Siria è stata quindi rinviata per cause di forza maggiore.

Le prime reazioni aggressive da parte del polo schierato con USA/Israele, sono arrivate il giorno dopo il veto di Russia e Cina nell'ONU Le ambasciate di Siria e Russia sono state attaccate in diverse capitali: un messaggio forte e chiaro da parte di chi sta armando la rivolta creata artificialmente in Siria.

Oggi invece arrivano le notizie della chiusura delle ambasciate in Siria da parte dei paesi che costituiscono l'anello politico più debole della catena pro-USA / pro-Israele, tra cui anche l'Italia. Mentre è di poco fa la notizia che gli stati del Golfo Persico - vassalli dell'Arabia Saudita - stanno espellendo gli ambasciatori siriani nelle rispettive capitali.

Forse sarà evitata una replica del "modello Libia" - certamente la NATO non avrà gioco facile per via del Polo schierato in opposizione alle mire di Tel-Aviv e di Washington.

Tuttavia molti esperti temono che alla fine i neo-con sionisti degli USA, e i loro alleati attivi e passivi di comodo, troveranno un modo per aggirare l'ostacolo della legalità e per sferrare un attacco militare alla Siria. A dire il vero, una guerra finanziata da USA/Arabia Saudita e Qatar è già in atto in Siria, seppure non ancora su scala massiccia.

E ricordiamo che tutto questo succede principalmente come conseguenza del cancro Israele che si è introdotto nel tessuto vivo delle terre arabe come una cellula estranea, che tenta di espandersi sull'intero corpo fino a consumarlo interamente.


In due articoli successivi, il giornalista e autore americano Stephen Lendman descrive la situazione della Siria come segue

«Le mire di Washington sono di rovesciare i governi di Siria e Iran, sostituendoli con regimi fantoccio che non si opporranno al controllo e allo sfruttamento delle risorse del Medio Oriente da parte dell'impero.

«Con il veto del 4 febbraio Russia e Cina si sono opposte ad una risoluzione che avrebbe fatto cadere il presidente Assad. Come dicevo in un articolo precedente, Assad è la vittima, non il carnefice. Eppure viene falsamente accusato delle violenze generate di proposito dall'esterno.

«In effetti, Assad si è trovato a far fronte ad una insurrezione armata generata dalle potenze che tentano una ripetizione di quanto provocato in Libia. Nell'opporsi, Assad ha agito responsabilmente, contrastando le aggressioni occidentali come poteva.

«Immaginate se uno scenario simile si verificasse in USA (forze straniere che assoldano e armano gruppi di opposizione con mire di potere, per rovesciare il governo americano). Le forze della polizia, l'esercito nazionale e le forze al comando del Pentagono li affronterebbero con violenza inaudita. Le forze congiunte americane eccederebbero di gran lunga la reazione mostrata da Assad in Siria.

«Ne conseguirebbero uccisioni di massa. Ovviamente i farabutti dei media occidentali che ora accusano Assad, approverebbero la reazione delle forze nazionali americane. L'auto-difesa di Assad in Siria viene chiamata dal New York Times: "una carneficina sponsorizzata dallo stato" - (dimenticando che in gran parte i morti ammazzati sono proprio gli esponenti le forze dell'ordine e dell'esercito siriano).

«La posizione dei media sostituisce la verità con la disinformazione. La versione dei fatti reali viene evitata con cura per tradire il pubblico con versioni fraudolente. Il NYT lo fa da decenni.

«Da quando la violenza è scoppiata in Siria nel marzo dell'anno scorso, è stato accusato il governo siriano - per mezzo dei media - delle violenze provocate dall'Occidente. Fa parte del progetto di Washington chiamato "New Middle East", che prevede la presa del Nord Africa, del Medio Oriente e dell'Asia Centrale fino alle regioni di confine con Russia e Cina.

«In tale ottica, da oltre un decennio vengono presi di mira Iraq, Afghanistan, Libano, Iran, Somalia, Yemen, Sudan, Libia e Siria, e altri paesi non lontani dalla regione.

«L'obiettivo di Washington è ora replicare ovunque per mezzo della NATO il modello impiegato per la Libia - che possa riuscirci in Siria è ancora da vedere.

«Al momento le forze che operano in Siria sono mercenari entrati dai paesi confinanti. I civili siriani si trovano intrappolati da forze terroriste esterne convergenti. Nessuna fine delle violenze in vista. In effetti, il peggio deve ancora arrivare.

«La Russia intanto ha dispiegato le "Forze di Rapida Reazione" (Spetsnaz) nelle basi sul Mar Nero, pronte a entrare in azione per difendere la Siria. ...

(Sappiamo anche, che una flotta militare russa è dispiegata nelle acque al largo della Siria, pronta a intervenire appena necessario)

Continua Stephen Lendman:

... «Nonostante il popolo sia dalla parte di Assad (sanno bene cosa succede) - la Casa Bianca dichiarava il 4 febbraio: "Assad deve mettere fine ai crimini contro il suo popolo e deve dimettersi perché si possa instaurare un governo democratico".

«Ma Washington dimentica che mai nella storia, nessuna nazione o combinazione di forze congiunte ha causato maggiore distruzione e sofferenza di quanto lo abbiano fatto gli Stati Uniti nel mondo.

«Inoltre, Washington non tollera la democrazia - né in casa né tantomeno all'estero.

«Washington dichiara: "Assad non ha il diritto di governare la Siria, ha perso ogni legittimità nei confronti del suo popolo e della comunità internazionale. Dobbiamo intervenire per proteggere il popolo siriano dalla abominevole brutalità di Assad".

«Ma Washington dimentica, che il diritto internazionale proibisce ogni interferenza esterna nelle questioni interne di altre nazioni - e dimentica anche che la "abominevole brutalità" in Siria è interamente provocata dalle forze occidentali. La violenza era inesistente finché gli USA e i suoi complici dei paesi Nato e quelli regionali come l'Arabia Saudita e il Qatar sono intervenuti.

«E dimentica la parte che Israele ha in tutto questo.

«Washington dichiara: "Dobbiamo affiancarci al popolo siriano per costruire un futuro migliore per la Siria. Al popolo afflitto della Siria diciamo: siamo con voi, e il regime di Assad deve finire".

«Ma cosa fa Washington quando "affianca i popoli afflitti"?

«La risposta la conoscono bene i popoli in Iraq, Afghanistan, Libia, Somalia, Bahrein, Yemen e molti altri popoli nel mondo, che conoscono bene l'orrore dell'intervento di Washington...

«E soprattutto la risposta la conoscono bene i Palestinesi.

«Ma la conoscono bene anche i cittadini della Siria. Si oppongono al terrore di Washington con tutte le forze.

«E vorrei citare il Prof. Chossudovsky, direttore del Center for Global Research in Vancouver, (con il quale collabora anche Mahdi Nazemroaya citato in alto). Il 4 febbraio Chossudovsky spiegava: le forze che operano in Siria sono gruppi mercenari al soldo dell'Occidente, in appoggio ad un'organizzazione paramilitare che si chiama (eufemisticamente) Siria Free Army, ed è coinvolta in atti di terrorismo.

«Sono loro che uccidono le centinaia di forze dell'ordine e soldati dell'esercito. Sono loro che provocano il terrore imputato ad Assad. Sono loro che distruggono le infrastrutture e gli oleodotti, i treni e i mezzi che trasportano carburante, gli edifici civili e altri obiettivi.

«Le loro fila sono composte di elementi simili ai militanti che operavano in Libia, compresi gli affiliati ad al-Qaeda, e gruppi Salafisti e Wahhabisti. Sono supportati da Israele, Turchia e Saudi Arabia - ma anche da altri stati del Golfo Persico, come Qatar e Giordania (dai loro governi, non dai popoli ovviamente).

«Ora ci sono Russia e Cina a contrastare da soli l'intera coalizione composta da Washington, Gran Bretagna, Francia, Germania, Portogallo, Colombia - oltre aTurchia, Saudi Arabia, Kuwait, Qatar, Oman, EAU, Bahrein, Giordania - e il nuovo governo fantoccio della Libia.

«Si sono opposti con coraggio nel Consiglio di Sicurezza dell'ONU - e l'ambasciatrice USA Susan Rice li ha accusati di "tenere il Consiglio in ostaggio"

«Nella sua replica, l'ambasciatore russo Vitaly Churkin osservava: "il compito del CdS dell'ONU è appunto quello di favorire le soluzioni diplomatiche - mentre invece fin dall'inizio della crisi in Siria alcuni paesi membri che siedono a questo tavolo hanno ostacolato qualsiasi tentativo di trattative pacifiche, intervenendo dietro le quinte per armare l'opposizione contro il governo". ...

«Churkin commentava inoltre che il testo della Risoluzione rigettata da Cina e Russia "non rifletteva la realtà in Siria ... Gli sponsor della Risoluzione dimenticano che l'opposizione in Siria, per essere legittima, deve distanziarsi dai gruppi estremisti che commettono atti di terrore, né chiedere l'appoggio di altri stati pronti ad esercitare la forza in virtù della propria superiorità militare. L'unico appoggio lecito è quello dell'influenza esercitata per fare cessare atti di violenza".

«E come ha reagito il Segretario Generale dell'ONU? Come il suo predecessore Kofi Annan, anche Ban Ki-Moon è uno strumento dell'Impero. In merito al veto nel CdS dell'Onu si è espresso dichiarando il veto di Cina e Russia "una grande delusione per il popolo della Siria e per l'intero Medio Oriente, così come per tutti coloro che supportano la democrazia e i diritti umani".

«Ban Ki-Moon, un servo di Washington, non ha mai deluso, lui, il suo padrone, con il suo appoggio ai crimini dell'Impero e quelli di Israele contro i Palestinesi.

«Non c'è da stupirsi che i cittadini di Gaza lo abbiano accolto con lanci di scarpe e sassi qualche giorno fa, mentre era di passaggio in Gaza dopo la visita a Israele (l'altro suo padrone).


In un suo commento durante la diretta di Press-Tv sulla Siria, Lendman commentava:

«Washington cerca sempre l'ombrello diplomatico per le aggressioni che intende sferrare. Ma con o senza l'approvazione dell'Onu, Washington non si fermerà. Nel 1999 ha bypassato il CdS nell'intervenire in Serbia/Kosovo, dichiarando, che bastava l'autorizzazione della NATO.

«Obama ha in mente il rovesciamento dei governi in Siria e Iran, e agirà di conseguenza. C'è da aspettarsi scenari simili a quelli già osservati in precedenza. Forse un'operazione "false flag" - un incidente provocato sotto falsa bandiera - farà precipitare gli eventi. Sappiamo che quando Washington vuole qualcosa, la ottiene in un modo o nell'altro.

«Con il supporto dei media di massa, la farà franca anche questa volta, con le uccisioni e con le bombe.

In uno degli articoli, Lendman cita il grande John Pilger, secondo cui la prima vittima della guerra è il giornalismo. Specificava John Pilger:

«Non solo: durante la guerra il giornalismo diventa una vera e propria arma bellica, con la sua censura e il suo inganno che soprattutto in USA, Gran Bretagna e altre "democrazie" occidentali funziona benissimo; la censura per omissione ha un potere tale che in tempi di guerra può rappresentare la differenza tra la vita e la morte per i popoli di paesi lontani ...»


Poi Lendman cita David Edwards e David Cromwell, che nel libro intitolato "Guardians of Power" (i guardiani del potere), spiegano che oggi il giornalismo è in crisi e mette a rischio la libertà e la sicurezza dei popoli; che i fatti della realtà sono sostituiti dalla fiction; che le notizie vengono filtrate accuratamente; che il dissenso viene minimizzato, e l'appoggio al potere sostituisce l'informazione esauriente e corrispondente alla verità.

Come dicevamo in alto: le scene di gioia in Siria per la solidarietà espressa nei confronti del paese, sono ciò che vorremmo vedere ogni giorno, ovunque nel mondo.

Noi continuiamo a sperare e a non farci scoraggiare, per quanto disperata la situazione che si manifesta ai nostri occhi.

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