Precedente - Successivo
Li abbiamo appena spesi 29 euro e ce ne duole molto. Non annoierò i miei fedeli Lettori con la descrizione dello stato delle mie finanze e con la mia politica di acquisti librari, mentre ai Censori e detrattori che tengono in osservazione questo blog offro tuttavia un esempio di come io leggo specialmente i libri che non condivido o di cui non amo gli autori. In questo caso l’autore è un «eccelso sionista»: una qualifica che si trova in un sito di bieca propagaganda sionista, dove Israel Giorgio, da noi detto Giorgino, collabora attivamente. Vi fu al riguardo una polemica con Piergiorgio Odifreddi che avevamo seguito e dove eravamo intervenuti, a difesa di Odifreddi, ma senza essere stati nominati avvocati difensori. Ci si potrebbe chiedere perché uno debba mai perdere il suo tempo con autori che gli sono decisamente non congeniali e che producono perfino irritazione. La risposta è qui subito data dai libri di ben altro ebreo, cioè Noam Chomsky, che scrissi fra gli altri un libro non recente, «La fabbrica del consenso», che ho pure comprato a minor prezzo e senza rimpianto per il denaro speso. Ne parlerò in seguito.
Vale qui la pena osservare, in limine, come entrambi Israel e Chomsky siano degli “ebrei”, ammesso e non concesso che esista una definizione univoca di cosa sia un “ebreo”. A questo riguardo, se non ricordo male, la risposta che un rabbino dava alla domanda del perché della circoncisione era la seguente: per distingerci dagli altri! Solo per essere distinti dagli altri, evidentemente una massa immonda di idolatri con la quale è bene non confondersi. Inutile a cercare sottigliezze filosofiche e teologiche: non ve ne sono. Non ho mai visto un pene circonciso e non ho mai assistito alla circoncisione. Ho letto invece di una superstizione ebraica riportata da Giulio Morosini, di cui non ho le risorse finanziarie per editare il testo. A Morosini ha largamente attinto Ariel Toaff. Ebbene, vi si legge di donne ebraiche sterili che ingoiavano i residui della circoncisione credendo in questo modo di trovare una cura per la loro sterilità. Se questa era una superstizione dell’epoca, si può ben credere che non fosse la sola. Ma qui chiudiamo subito la digressione per non entrare nel merito della prima edizione di Ariel Toaff, da noi acquisita prima della liberalissima purga e della ritrattazione cui sembra l’autore sia stato costretto.
Il filo del discorso resta invece sulla necessità tutta ebraica, ed unicamente ebraica, di mantenere una rigida ed assoluta distinzione da tutta la restante umanità. È un dato dal quale si dovrebbe sempre partire quando si parla di razzismo, discriminazione, persecuzione, genocidio e simili. Mentre vi è stata e continua ad esservi una campagna feroce su alcuni luoghi della liturgia cattolica dove si parla di ebrei, e si prega per la loro conversione, è invece prodotta artificialmente e volutamente un muro di mistero sulla liturgia ebraica dove si menzionano i cristiani, il cristianesimo, la madonna, ma anche la restante restante umanità, quella dei goym, non se la passa bene...
Riprendiamo, dunque, con alcuni concetti generali, che illustremo poi nel dettaglio. Alla tesi sostenute dall’«eccelso sionista» si può obiettare che in senso proprio non esiste una possibilità etica del razzismo, di nessun razzismo fra esseri umani, nel senso che l’uomo è e resta sempre uomo per un altro uomo. La migliore dimostrazione di ciò in tutte le epoche, in tutti i paesi, in tutte le società anche le più chiuse e castali, è la invincibile attrazione dei sessi. Non si è mai sentito dire che un uomo davanti ad una Venere a lui disponibile abbia preferito congiungersi carnalmente con un cavallo o una gallina. È però ben vero, oggi ancor più di ieri, che gli uomini possono essere assai ostili gli uni agli altri. Il mito di Caino, fratello maggiore, e di Abele ricorre anche nella mitologia ebraica.
Se l’uomo schiavizza un altro uomo, lo offende, lo umilia, deve cercarsene una ragione non nella “razza”, cioè nel non essere un uomo appunto un uomo ma una sorta di cavallo su due piedi, bensì si deve esplorare la storia, l’economia, la religione e quanto altro possa servire a spiegare perché gli uomini da quando esistono si sono sempre fatti reciprocamente la guerra ed hanno sempre cercato di prevalere gli uni sugli altri, magari nascostamente ed ipocritcamente. La capacità di mentire e di simulare, l’ipocrisia, è una caratteristica tutta peculiare del genere umano. Per chi poi è stato educato religiosamente non sul Talmud ma sul Vangelo è familiare la costante polemica contro l’ipocrisia farisaica. Non possiamo qui aprire una nuova ampia digressione, ma a nostro avviso il rapporto fra cristianesimo ed ebraismo è stato ed è di assoluta opposizione: il primo è il superamento teologico del secondo e non può convivere con esso allo stesso modo il cui la farfalla si è lasciata dietro di sé la larva da cui ha tratto origine. Il connubio “giudaico-cristiano” della nostra epoca è solo un segno della confusione e della manipolazione cui siamo soggetti. Naturalmente, la distinzione e l’irriducibile opposizione teologica non comporta e non giustifica nessuna forma di violenza fisica o di persecuzione.
Non vi è bisogno di una grande ricerca per constatare come da più di un secolo a questa parte il sionismo ovvero l’ebraismo sionista abbia investitito capitali immensi nel controllo delle strutture politica e dei canali di informazione e di formazione. Il libro di Giorgino Israel rientra perfettamente in questo filone ideologico che ci vuol persuadere della indegnità del nostro passato, della malvagità dei nostri padri e perfino di tutti i nostri avi da tremila anni a questa parte. A questo riguarda un altro ebreo, Bernard Lazare, faceva un’osservazione di una semplicità disarmante: se in tremila anni, presso tutti i popoli al cui contatto si sono trovati, sotto ogni latitudine, gli ebrei – caratterizzati dalla loro peculiare filosofia religiosa che li poneva in peculiari rapporti con tutti gli altri uomini – hanno suscitato ostilità verso di loro, sarebbe forse il caso di porsi qualche interrogativo su se stessi. Se entro in uno stanza e pretendo di essere il più bello, il più intelligente, un “eccelso”, è quasi inevitabile che io mi procuri qualche antipatia, cosa ben diversa da quell’«odio» che la propaganda sionista sfrutta ad ogni pie’ sospinto come fosse una risorsa petrolifera con la quale muovere tutti i macchinari, tutte le rotative di stampa, tutti i megafoni e tutti i pappagalli di regime.
Se proprio si vuole oggi identificare l’ebraismo con il sionismo e lo stato di Israele, non è per nulla difficile constatare come questo abbia superato di gran lunga tutta la negatitività che si attribuisce a fascismo e nazismo: per durata (oltre un secolo a fronte di qualche decennio), per intensità (da Gaza e Piombo Fuso risalendo indietro nel tempo sui semplici fatti noti, ben sapendo che vi è un Ignoto ancora più inquietante), per intenzionalità. A quest’ultimo riguardo si può trovare nel web una registrazione dello stesso Giorgio Israel, dove egli pretende che sia cosa legittima la pulizia etnica del 1948 ed il rifiuto ai profughi palestinesi del diritto al ritorno nelle loro case. Questa è ideologia della più becera. Quanto all’esistenza di un diffuso razzismo nello stato di Israele, proprio oggi nel 2010, è cosa che è riconosciuta dallo stesso Giorgino, che parla di razzismo a proposito di discriminazioni scolastiche in Israele. E dunque?
In effetti, è un quesito interessanti chiedersi come mai siano state emanate le leggi fasciste a difesa della razza. Essendo passato molto tempo sarebbe saggio deporre ogni forma di condanna demonizzante ed ipocrita per cercare di capire il nostro passato storico. Personalmente, trovo poco convincente nel 1938 spiegare le leggi fascite come il risultato di un’influenza da parte del nazismo. Ancora meno convincente una sorta di spiegazione metafisica per cui il fascismo sarebbe il Male mentre invece l’ebraismo avrebbe costituito il Bene, e dunque la spiegazione sarebbe la classica contrapposizione di Bene e Male. Credo che si debba indagare sulla nuova percezione in Italia del sionismo subito dopo la guerra di Spagna.
Una nota ancora su quella che un altro ebreo, diverso da Giorgio Israel, di nome Norman G. Finkelstein, chiama l’«Industria dell’Olocausto». La propaganda tace il fatto che nella sola Germania dal 1994 ad oggi ammontino a circa 200.000 i casi di persone che sono state penalmente perseguite per avere loro proprio opinioni sull’esatto svolgimento di alcuni episodi della seconda guerra mendiale, relativi alle deportazioni e ai campi di prigionia, dove erano rinchiusi non solo ebrei. Vengono tacciati di “negazionisti”, allo stesso modo in cui in altre epoche esistevano le “streghe”, gli “eretici”, gli “untori”, ecc. È facile osservare che se non si vuol lasciar lavorare liberamente uno storico, si può sempre filosoficamente chiedere: ma perché sarebbe avvenuto ciò che si pretende per legge sia avvenuto, cioè la «intenzionalità» di un “genocidio”? È trascurabile dettaglio il numero delle vittime o il modo in cui le vittime siano state eliminate.
Sorge facilmente il sospetto – ed è la tesi di Finkelstein – che si voglia costruire la propria esistenza ed il proprio benessere, nonchè un vero e proprio regime di privilegio, sulla base di una Colpa che si getta sugli altri e che è fonte incessante di lucro. In ultimo, anche le ferrovie francesi sono state chiamate e versare danari per la sola colpa di aver trasportato i detenuti verso i campi di prigionia tedeschi. In Roma, dove le scuole cadono a pezzi, l’opportunista Alemanno ha concesso oltre 13 milioni di euro per un nuovo scempio urbanistico ed un nuovo monumento all’ideologia di regime. Se proprio sarà inevitabile e dovremo rassegnarci al malgoverno ed alle angherie di regime, vogliamo almeno sperare che nel costruendo museo romano della Shoah accanto ai nomi delle vittime – verso le quali la pietà è fuori discussione – sia fatto anche il nome deo perseguitati per reati di opinione, il cui numero a livello europeo si può stimare che supererà largamente i fatidici sei milioni di vittime perseguitate, se già non è stato superato. Si ricordi che i vincitori della seconda guerra mondiale hanno giustificato il merito della loro vittoria e la convenzienza per noi ad accettarla sulla base di un principio che sarebbe stato negato dai regimi vinti: la libertà di pensiero e di espressione. Se ci basiamo machiavellicamente sulla lezione dei fatti, non sembra proprio che le cose stiano così.
E veniamo infine al libro che bisogna pur leggere, avendo speso ben 29 euro. L’inizio non poteva essere più irritante e non è la prima volta che ho questa sensazione con questo genere di libri. Ricordo il caso di un libro di altro eccelso sionista, Furio Colombo, che partiva pure lui con una citazione che mi ha impedito da allora di andare oltre nella lettura, rinviata ad una migliore condizione spirituale, ma non abbandonata, essendo quella della critica e della demistificazione un mio obbligo deontologico. Anche qui mi irrita una citazione, per la verità di un’autore a me ignoto, ma che per scrupolo filologico andrò a vedere più estesamente: tal André Neher, che nel 2006 usciva con un libro da Marietti. Anche qui si parte dal postulato dell’«antisemitismo», di cui ormai è vano sperare una defizione oggettiva. Esso è in pratica un titolo di reato in bianco, una sorta di lettre de cachet, la cui discrezione assoluta è consegnata nelle mani delle associazioni ebraiche registrate, non di ogni ebreo. Basta che questi signori puntino il dito contro chiunque non sia loro gradito perché il malcapito sia dapprima costretto goffamente a difendersi da un crimine che neppure comprende, ma anche ciò non lo esimerà dal carcere, che in Germania ha già interessato ben 200.000 persone, se possiamo basarci su questa stima in assenza di dati che non vengono resi ufficialmente noti.
A confutazione dell’assurda citazione e delle sue gratuite affermazioni basta richiamare ancora una volta il segreto di Pulcinella: Israele possiede oltre 200 testate atomiche ed ognuno di noi può ben temere di essere colto dalla morte mentre sta ancora dormendo, come son morte le nove persone della Mavi Marmara, colte di sorpresa nottetempo e come se non bastasse diffamati da morte in quanto falsi pacifisti, terroristi mascherati e simili. I killer venuti dal cielo si difendevano mentre sparavano a gente inerme: per essere sicuri che fossero morti li hanno crivellati ciascuno con almeno cinque colpi. A Napoli, con espressione poco elegante e salottiera, ma assai efficace, si dice: “chiagni e fotti”, “fai finta di lamentarti e truffa ed inganna i fessi che ti capitano a tiro”. È questo il leit-motiv di tutta una letteratura da supermarket e di una filmistica industriale che non ci lascia tregua neppure un attimo, da quando ci svegliamo a quando ci addormientiamo con il televisore acceso.
L’assurdità dell’accusa di “antisemitismo” è ormai fortunamente un’arma spuntata che può ingannare solo chi si vuol lasciare ingannare o ha interesse a prendere per buona un’accusa assurda e priva di qualsiasi contenuto concreto. Oltre alla sua mancanza di oggettività definitoria essa elude la definizione stessa del “semita”. Se tutti noi saremmo “antisemiti”, volete dirci almeno chi sarebbero i “semiti”? Il buon senso e la cultura elementare ci dice che semiti sono innanzitutto se non esclusivamente i “palestinesi” ed in questo caso ad essere contro di loro, dunque “antisemiti” sono proprio gli israeliani, ossia quella disparata aggregazione di individui che sono sbarcati in Israele da ben 104 diversi paesi, lì attirati dalla promessa di una casa – tolta agli indigeni –, di un lavoro e di ogni possibile assistenza a titolo gratuito. Venite ed occupate questa terra, purché siate disposti a toglierla ai loro legittimi abitanti ed a difenderla con la “pulizia etnica” ed il “genocidio” subdolo e programmato. Non sono io a dire queste cose, ma due ebrei che non potendo essere tacciati di “antisemitismo” vengono invece gratificati di una categoria concettuale di nuovo conio: “gli ebrei che odiano se stessi”, in pratica per non essere disposti ad accettare come termini equivalente ed intercambiabili quelli di “sionista” ed “ebreo”. Mi riferisco a Ilan Pappe, che con il suo ultimo libro “La pulizia etnica della Palestina” ha divulgato presso un più vasto pubblico cose già note ed incontestabili presso la gente dabbene. Invece, un altro ebreo di nome Shlomo Sand svela come fu “inventato” in popoloo ebreo nella congerie naziolistica della seconda metà del XIX secolo. Pare poi che la genetica faccia giustizia della pretesa degli attuali abitanti di Israele di essere tutti discendenti di quanti abitavano sul territorio circa duemila anni fa, all’epoca della distruzione del Tempio ad opera di Tito. Non vi fu allora nessuna deportazione di massa e verosimilmente gli attuali palestinesi sono i più diretti discendenti di quella popolazione. In realtà, gli attuali abitanti di Israele sono in larga parte discendendenti dei Kazari e non hanno mai avuto nessun rapporto con il territorio. Ma se anche fosse, sarebbe assurdo far valere diritti di qualsiasi genere dopo 2000 anni. In nome di che? Della religione ebraica? Quale religione ebraica? Di quella che prescrive anche alle donne ebraiche il burchina, una variante del Burka islamico? O la religione ebraica dei Neturei Karta, che come ben descrive l’ebreo Yacob Rabkin, dicono essere assolutamente inconciliabili ed opposti il giudaismo e il sionismo?
Se poi sostituiscono l’indifendibile accusa di “antisemitismo” con quella di “antiebraismo”, le cose non cambiano di molto perché non esiste unicità nell’uso del termine “ebreo”. Rinvio ad un libro uscito da poco ed appena letto e di cui ho qui parlato: il libro di Monforte dove si descrive come Israele sia attualmente lo stato più razzista che esista nel pianeta. In realtà, tutti questi autori, come Israel e le sue fonti, confidano nella tecnica martellante della propaganda per inculcarci quei “pregiudizi” che tornano loro utili e che non possono essere confutati e demistificati perché forti delle loro lobbies parlamentari comminano il carcere, la repressione e la “gogna” mediatica a chiunque sia restio a lasciarsi persuadere dalle loro enormità che cozzano contro il più elementare senso comune.
E non ho ancora neppure incominciato a leggere il libro, costato ben 29 euro. Già la citazione di avvia mi ha fatto scrivere tutte queste parole. Il Lettore può calcolare che se un libro è tale perché costa di almeno 200 pagine semplicemente stampate su carta e che quindi appaiono alla vista per la sua rilegatura e la sua forma grafica, qui io ho già ben scritto un libro che in proporzione supera per numero di pagine quello dello stesso Giorgio Israel, che evidentemente è soddisfatto di aver prodotto un oggetto materiale che si chiama libro, che si vende nelle librerie e che può andare in catalogo nelle biblioteche. Si è assicurato l’immortalità e molto probabilmente numerosi premi letterari, con i quali l’associazionismo ebraico, uscito ricco dall’«Industria dell’Olocausto», finanzia sempre nuove attività ed iniziative. “La pubblicità è l’anima del commercio”, dice un noto adagio.
Hic et nunc. Se vogliamo essere oggettivi di “sterminio” al momento possiamo osservare solo quello che gli israeliani vanno facendo del popolo palestinese: uno sterminio continuo che è iniziato concettualmente ancora prima che il demoniaco Hitler fosse nato. Per averne la cronca anno per anno rinviamo ad una nostra apposita documentazione, tratta dalla rivista Oriente Moderno, che nel 1921 – prima di fascismo e nazismo – iniziava le sue pubblicazioni, facendo vedere come il sionismo ed il processo di spossessamento e pulizia etnica del popolo palestinese fosse già iniziato da diversi decenni. È interessante un libro di Tom Segev, di cui parla Israel Shamir, dove si indaga sulla base di fonti diplomatiche circa le vere ragioni per le quali fu emessa la nota dichiazione Balfour. Negli ultimi tempi per superare alcune situazioni delicate è in voga la distinzione fra “realtà” e “percezione della realtà”. Se la diplomazia inglese dell’epoca era così inetta da non riuscire a conoscere la realtà effettiva delle relazioni internazionali, aveva comunque la “percezione” di un potere ebraico che poco si distingueva dai falsi, ripeto: falsi, “Protocolli”, ed era convinta che la lobby ebraica statunitense fosse in grado di determinare l’intervento degli USA nella prima guerra mondiale. Dopodichè abbiamo una chiave, non sia mai per giustificare, ma almeno per comprendere le correnti “antisemite” o “antisioniste” o “antiebraiche” che si erano prodotte nella Germania di quegli anni, che vedeva volantini ebraici che cadevano durante la prima guerra mondiale sulle armate tedesche in ritirata e che agli inizi del nazismo dichiaravano guerra alla Germania ed il boicottaggio della sua economia. Tutte queste cose si dimenticano facilmente o non si trova studioso che sia disposto a documentarle e divulgarle. Si preferisce fare ricorso a categorie demonologiche per spiegare la storia in un’epoca in cui parrebbe che il progresso scientifico e tecnologico abbia fatte conquiste inimmaginabili appena poche generazioni fa. Nelle scienze storiche siamo ancora rimasti all’epoca del processo alle streghe, o meglio si vuole che lo stato ufficiale e pubblico del sapere storico sia a questi livelli.
(segue)
Vale qui la pena osservare, in limine, come entrambi Israel e Chomsky siano degli “ebrei”, ammesso e non concesso che esista una definizione univoca di cosa sia un “ebreo”. A questo riguardo, se non ricordo male, la risposta che un rabbino dava alla domanda del perché della circoncisione era la seguente: per distingerci dagli altri! Solo per essere distinti dagli altri, evidentemente una massa immonda di idolatri con la quale è bene non confondersi. Inutile a cercare sottigliezze filosofiche e teologiche: non ve ne sono. Non ho mai visto un pene circonciso e non ho mai assistito alla circoncisione. Ho letto invece di una superstizione ebraica riportata da Giulio Morosini, di cui non ho le risorse finanziarie per editare il testo. A Morosini ha largamente attinto Ariel Toaff. Ebbene, vi si legge di donne ebraiche sterili che ingoiavano i residui della circoncisione credendo in questo modo di trovare una cura per la loro sterilità. Se questa era una superstizione dell’epoca, si può ben credere che non fosse la sola. Ma qui chiudiamo subito la digressione per non entrare nel merito della prima edizione di Ariel Toaff, da noi acquisita prima della liberalissima purga e della ritrattazione cui sembra l’autore sia stato costretto.
Il filo del discorso resta invece sulla necessità tutta ebraica, ed unicamente ebraica, di mantenere una rigida ed assoluta distinzione da tutta la restante umanità. È un dato dal quale si dovrebbe sempre partire quando si parla di razzismo, discriminazione, persecuzione, genocidio e simili. Mentre vi è stata e continua ad esservi una campagna feroce su alcuni luoghi della liturgia cattolica dove si parla di ebrei, e si prega per la loro conversione, è invece prodotta artificialmente e volutamente un muro di mistero sulla liturgia ebraica dove si menzionano i cristiani, il cristianesimo, la madonna, ma anche la restante restante umanità, quella dei goym, non se la passa bene...
Riprendiamo, dunque, con alcuni concetti generali, che illustremo poi nel dettaglio. Alla tesi sostenute dall’«eccelso sionista» si può obiettare che in senso proprio non esiste una possibilità etica del razzismo, di nessun razzismo fra esseri umani, nel senso che l’uomo è e resta sempre uomo per un altro uomo. La migliore dimostrazione di ciò in tutte le epoche, in tutti i paesi, in tutte le società anche le più chiuse e castali, è la invincibile attrazione dei sessi. Non si è mai sentito dire che un uomo davanti ad una Venere a lui disponibile abbia preferito congiungersi carnalmente con un cavallo o una gallina. È però ben vero, oggi ancor più di ieri, che gli uomini possono essere assai ostili gli uni agli altri. Il mito di Caino, fratello maggiore, e di Abele ricorre anche nella mitologia ebraica.
Se l’uomo schiavizza un altro uomo, lo offende, lo umilia, deve cercarsene una ragione non nella “razza”, cioè nel non essere un uomo appunto un uomo ma una sorta di cavallo su due piedi, bensì si deve esplorare la storia, l’economia, la religione e quanto altro possa servire a spiegare perché gli uomini da quando esistono si sono sempre fatti reciprocamente la guerra ed hanno sempre cercato di prevalere gli uni sugli altri, magari nascostamente ed ipocritcamente. La capacità di mentire e di simulare, l’ipocrisia, è una caratteristica tutta peculiare del genere umano. Per chi poi è stato educato religiosamente non sul Talmud ma sul Vangelo è familiare la costante polemica contro l’ipocrisia farisaica. Non possiamo qui aprire una nuova ampia digressione, ma a nostro avviso il rapporto fra cristianesimo ed ebraismo è stato ed è di assoluta opposizione: il primo è il superamento teologico del secondo e non può convivere con esso allo stesso modo il cui la farfalla si è lasciata dietro di sé la larva da cui ha tratto origine. Il connubio “giudaico-cristiano” della nostra epoca è solo un segno della confusione e della manipolazione cui siamo soggetti. Naturalmente, la distinzione e l’irriducibile opposizione teologica non comporta e non giustifica nessuna forma di violenza fisica o di persecuzione.
Non vi è bisogno di una grande ricerca per constatare come da più di un secolo a questa parte il sionismo ovvero l’ebraismo sionista abbia investitito capitali immensi nel controllo delle strutture politica e dei canali di informazione e di formazione. Il libro di Giorgino Israel rientra perfettamente in questo filone ideologico che ci vuol persuadere della indegnità del nostro passato, della malvagità dei nostri padri e perfino di tutti i nostri avi da tremila anni a questa parte. A questo riguarda un altro ebreo, Bernard Lazare, faceva un’osservazione di una semplicità disarmante: se in tremila anni, presso tutti i popoli al cui contatto si sono trovati, sotto ogni latitudine, gli ebrei – caratterizzati dalla loro peculiare filosofia religiosa che li poneva in peculiari rapporti con tutti gli altri uomini – hanno suscitato ostilità verso di loro, sarebbe forse il caso di porsi qualche interrogativo su se stessi. Se entro in uno stanza e pretendo di essere il più bello, il più intelligente, un “eccelso”, è quasi inevitabile che io mi procuri qualche antipatia, cosa ben diversa da quell’«odio» che la propaganda sionista sfrutta ad ogni pie’ sospinto come fosse una risorsa petrolifera con la quale muovere tutti i macchinari, tutte le rotative di stampa, tutti i megafoni e tutti i pappagalli di regime.
Se proprio si vuole oggi identificare l’ebraismo con il sionismo e lo stato di Israele, non è per nulla difficile constatare come questo abbia superato di gran lunga tutta la negatitività che si attribuisce a fascismo e nazismo: per durata (oltre un secolo a fronte di qualche decennio), per intensità (da Gaza e Piombo Fuso risalendo indietro nel tempo sui semplici fatti noti, ben sapendo che vi è un Ignoto ancora più inquietante), per intenzionalità. A quest’ultimo riguardo si può trovare nel web una registrazione dello stesso Giorgio Israel, dove egli pretende che sia cosa legittima la pulizia etnica del 1948 ed il rifiuto ai profughi palestinesi del diritto al ritorno nelle loro case. Questa è ideologia della più becera. Quanto all’esistenza di un diffuso razzismo nello stato di Israele, proprio oggi nel 2010, è cosa che è riconosciuta dallo stesso Giorgino, che parla di razzismo a proposito di discriminazioni scolastiche in Israele. E dunque?
In effetti, è un quesito interessanti chiedersi come mai siano state emanate le leggi fasciste a difesa della razza. Essendo passato molto tempo sarebbe saggio deporre ogni forma di condanna demonizzante ed ipocrita per cercare di capire il nostro passato storico. Personalmente, trovo poco convincente nel 1938 spiegare le leggi fascite come il risultato di un’influenza da parte del nazismo. Ancora meno convincente una sorta di spiegazione metafisica per cui il fascismo sarebbe il Male mentre invece l’ebraismo avrebbe costituito il Bene, e dunque la spiegazione sarebbe la classica contrapposizione di Bene e Male. Credo che si debba indagare sulla nuova percezione in Italia del sionismo subito dopo la guerra di Spagna.
Una nota ancora su quella che un altro ebreo, diverso da Giorgio Israel, di nome Norman G. Finkelstein, chiama l’«Industria dell’Olocausto». La propaganda tace il fatto che nella sola Germania dal 1994 ad oggi ammontino a circa 200.000 i casi di persone che sono state penalmente perseguite per avere loro proprio opinioni sull’esatto svolgimento di alcuni episodi della seconda guerra mendiale, relativi alle deportazioni e ai campi di prigionia, dove erano rinchiusi non solo ebrei. Vengono tacciati di “negazionisti”, allo stesso modo in cui in altre epoche esistevano le “streghe”, gli “eretici”, gli “untori”, ecc. È facile osservare che se non si vuol lasciar lavorare liberamente uno storico, si può sempre filosoficamente chiedere: ma perché sarebbe avvenuto ciò che si pretende per legge sia avvenuto, cioè la «intenzionalità» di un “genocidio”? È trascurabile dettaglio il numero delle vittime o il modo in cui le vittime siano state eliminate.
Sorge facilmente il sospetto – ed è la tesi di Finkelstein – che si voglia costruire la propria esistenza ed il proprio benessere, nonchè un vero e proprio regime di privilegio, sulla base di una Colpa che si getta sugli altri e che è fonte incessante di lucro. In ultimo, anche le ferrovie francesi sono state chiamate e versare danari per la sola colpa di aver trasportato i detenuti verso i campi di prigionia tedeschi. In Roma, dove le scuole cadono a pezzi, l’opportunista Alemanno ha concesso oltre 13 milioni di euro per un nuovo scempio urbanistico ed un nuovo monumento all’ideologia di regime. Se proprio sarà inevitabile e dovremo rassegnarci al malgoverno ed alle angherie di regime, vogliamo almeno sperare che nel costruendo museo romano della Shoah accanto ai nomi delle vittime – verso le quali la pietà è fuori discussione – sia fatto anche il nome deo perseguitati per reati di opinione, il cui numero a livello europeo si può stimare che supererà largamente i fatidici sei milioni di vittime perseguitate, se già non è stato superato. Si ricordi che i vincitori della seconda guerra mondiale hanno giustificato il merito della loro vittoria e la convenzienza per noi ad accettarla sulla base di un principio che sarebbe stato negato dai regimi vinti: la libertà di pensiero e di espressione. Se ci basiamo machiavellicamente sulla lezione dei fatti, non sembra proprio che le cose stiano così.
E veniamo infine al libro che bisogna pur leggere, avendo speso ben 29 euro. L’inizio non poteva essere più irritante e non è la prima volta che ho questa sensazione con questo genere di libri. Ricordo il caso di un libro di altro eccelso sionista, Furio Colombo, che partiva pure lui con una citazione che mi ha impedito da allora di andare oltre nella lettura, rinviata ad una migliore condizione spirituale, ma non abbandonata, essendo quella della critica e della demistificazione un mio obbligo deontologico. Anche qui mi irrita una citazione, per la verità di un’autore a me ignoto, ma che per scrupolo filologico andrò a vedere più estesamente: tal André Neher, che nel 2006 usciva con un libro da Marietti. Anche qui si parte dal postulato dell’«antisemitismo», di cui ormai è vano sperare una defizione oggettiva. Esso è in pratica un titolo di reato in bianco, una sorta di lettre de cachet, la cui discrezione assoluta è consegnata nelle mani delle associazioni ebraiche registrate, non di ogni ebreo. Basta che questi signori puntino il dito contro chiunque non sia loro gradito perché il malcapito sia dapprima costretto goffamente a difendersi da un crimine che neppure comprende, ma anche ciò non lo esimerà dal carcere, che in Germania ha già interessato ben 200.000 persone, se possiamo basarci su questa stima in assenza di dati che non vengono resi ufficialmente noti.
A confutazione dell’assurda citazione e delle sue gratuite affermazioni basta richiamare ancora una volta il segreto di Pulcinella: Israele possiede oltre 200 testate atomiche ed ognuno di noi può ben temere di essere colto dalla morte mentre sta ancora dormendo, come son morte le nove persone della Mavi Marmara, colte di sorpresa nottetempo e come se non bastasse diffamati da morte in quanto falsi pacifisti, terroristi mascherati e simili. I killer venuti dal cielo si difendevano mentre sparavano a gente inerme: per essere sicuri che fossero morti li hanno crivellati ciascuno con almeno cinque colpi. A Napoli, con espressione poco elegante e salottiera, ma assai efficace, si dice: “chiagni e fotti”, “fai finta di lamentarti e truffa ed inganna i fessi che ti capitano a tiro”. È questo il leit-motiv di tutta una letteratura da supermarket e di una filmistica industriale che non ci lascia tregua neppure un attimo, da quando ci svegliamo a quando ci addormientiamo con il televisore acceso.
L’assurdità dell’accusa di “antisemitismo” è ormai fortunamente un’arma spuntata che può ingannare solo chi si vuol lasciare ingannare o ha interesse a prendere per buona un’accusa assurda e priva di qualsiasi contenuto concreto. Oltre alla sua mancanza di oggettività definitoria essa elude la definizione stessa del “semita”. Se tutti noi saremmo “antisemiti”, volete dirci almeno chi sarebbero i “semiti”? Il buon senso e la cultura elementare ci dice che semiti sono innanzitutto se non esclusivamente i “palestinesi” ed in questo caso ad essere contro di loro, dunque “antisemiti” sono proprio gli israeliani, ossia quella disparata aggregazione di individui che sono sbarcati in Israele da ben 104 diversi paesi, lì attirati dalla promessa di una casa – tolta agli indigeni –, di un lavoro e di ogni possibile assistenza a titolo gratuito. Venite ed occupate questa terra, purché siate disposti a toglierla ai loro legittimi abitanti ed a difenderla con la “pulizia etnica” ed il “genocidio” subdolo e programmato. Non sono io a dire queste cose, ma due ebrei che non potendo essere tacciati di “antisemitismo” vengono invece gratificati di una categoria concettuale di nuovo conio: “gli ebrei che odiano se stessi”, in pratica per non essere disposti ad accettare come termini equivalente ed intercambiabili quelli di “sionista” ed “ebreo”. Mi riferisco a Ilan Pappe, che con il suo ultimo libro “La pulizia etnica della Palestina” ha divulgato presso un più vasto pubblico cose già note ed incontestabili presso la gente dabbene. Invece, un altro ebreo di nome Shlomo Sand svela come fu “inventato” in popoloo ebreo nella congerie naziolistica della seconda metà del XIX secolo. Pare poi che la genetica faccia giustizia della pretesa degli attuali abitanti di Israele di essere tutti discendenti di quanti abitavano sul territorio circa duemila anni fa, all’epoca della distruzione del Tempio ad opera di Tito. Non vi fu allora nessuna deportazione di massa e verosimilmente gli attuali palestinesi sono i più diretti discendenti di quella popolazione. In realtà, gli attuali abitanti di Israele sono in larga parte discendendenti dei Kazari e non hanno mai avuto nessun rapporto con il territorio. Ma se anche fosse, sarebbe assurdo far valere diritti di qualsiasi genere dopo 2000 anni. In nome di che? Della religione ebraica? Quale religione ebraica? Di quella che prescrive anche alle donne ebraiche il burchina, una variante del Burka islamico? O la religione ebraica dei Neturei Karta, che come ben descrive l’ebreo Yacob Rabkin, dicono essere assolutamente inconciliabili ed opposti il giudaismo e il sionismo?
Se poi sostituiscono l’indifendibile accusa di “antisemitismo” con quella di “antiebraismo”, le cose non cambiano di molto perché non esiste unicità nell’uso del termine “ebreo”. Rinvio ad un libro uscito da poco ed appena letto e di cui ho qui parlato: il libro di Monforte dove si descrive come Israele sia attualmente lo stato più razzista che esista nel pianeta. In realtà, tutti questi autori, come Israel e le sue fonti, confidano nella tecnica martellante della propaganda per inculcarci quei “pregiudizi” che tornano loro utili e che non possono essere confutati e demistificati perché forti delle loro lobbies parlamentari comminano il carcere, la repressione e la “gogna” mediatica a chiunque sia restio a lasciarsi persuadere dalle loro enormità che cozzano contro il più elementare senso comune.
E non ho ancora neppure incominciato a leggere il libro, costato ben 29 euro. Già la citazione di avvia mi ha fatto scrivere tutte queste parole. Il Lettore può calcolare che se un libro è tale perché costa di almeno 200 pagine semplicemente stampate su carta e che quindi appaiono alla vista per la sua rilegatura e la sua forma grafica, qui io ho già ben scritto un libro che in proporzione supera per numero di pagine quello dello stesso Giorgio Israel, che evidentemente è soddisfatto di aver prodotto un oggetto materiale che si chiama libro, che si vende nelle librerie e che può andare in catalogo nelle biblioteche. Si è assicurato l’immortalità e molto probabilmente numerosi premi letterari, con i quali l’associazionismo ebraico, uscito ricco dall’«Industria dell’Olocausto», finanzia sempre nuove attività ed iniziative. “La pubblicità è l’anima del commercio”, dice un noto adagio.
Hic et nunc. Se vogliamo essere oggettivi di “sterminio” al momento possiamo osservare solo quello che gli israeliani vanno facendo del popolo palestinese: uno sterminio continuo che è iniziato concettualmente ancora prima che il demoniaco Hitler fosse nato. Per averne la cronca anno per anno rinviamo ad una nostra apposita documentazione, tratta dalla rivista Oriente Moderno, che nel 1921 – prima di fascismo e nazismo – iniziava le sue pubblicazioni, facendo vedere come il sionismo ed il processo di spossessamento e pulizia etnica del popolo palestinese fosse già iniziato da diversi decenni. È interessante un libro di Tom Segev, di cui parla Israel Shamir, dove si indaga sulla base di fonti diplomatiche circa le vere ragioni per le quali fu emessa la nota dichiazione Balfour. Negli ultimi tempi per superare alcune situazioni delicate è in voga la distinzione fra “realtà” e “percezione della realtà”. Se la diplomazia inglese dell’epoca era così inetta da non riuscire a conoscere la realtà effettiva delle relazioni internazionali, aveva comunque la “percezione” di un potere ebraico che poco si distingueva dai falsi, ripeto: falsi, “Protocolli”, ed era convinta che la lobby ebraica statunitense fosse in grado di determinare l’intervento degli USA nella prima guerra mondiale. Dopodichè abbiamo una chiave, non sia mai per giustificare, ma almeno per comprendere le correnti “antisemite” o “antisioniste” o “antiebraiche” che si erano prodotte nella Germania di quegli anni, che vedeva volantini ebraici che cadevano durante la prima guerra mondiale sulle armate tedesche in ritirata e che agli inizi del nazismo dichiaravano guerra alla Germania ed il boicottaggio della sua economia. Tutte queste cose si dimenticano facilmente o non si trova studioso che sia disposto a documentarle e divulgarle. Si preferisce fare ricorso a categorie demonologiche per spiegare la storia in un’epoca in cui parrebbe che il progresso scientifico e tecnologico abbia fatte conquiste inimmaginabili appena poche generazioni fa. Nelle scienze storiche siamo ancora rimasti all’epoca del processo alle streghe, o meglio si vuole che lo stato ufficiale e pubblico del sapere storico sia a questi livelli.
(segue)
PS. - Per i miei fedeli Lettori, quelli sinceramente interessati e partecipi delle mie riflessioni, non per le spie e i Gatti d’Italia e d’Israele, con la cui “osservazione” debo abituarmi a convivere, ripeto quanto ho detto numerose volte: queste non sono recensioni in senso tecnico, fatte per la carta stampata, ma sono note e riflessioni in margine alla lettura del testo indicato. Compatibilmente con i miei interessi quotidiani e con il tempo disponibile, la scrittura è interrotta e ripresa di volta in volta senza un calendario prefissato. Ho definito il mio scrivere una ‘scrittura sull’acqua’, anche per quanto riguarda la forma, cangiante e migliorabile. E non apro a questo riguardo digressioni a proposito del mio stile, rispondendo a critiche e denigrazioni che mi sono state fatte. Del resto, non intendo candidarmi al premio Nobel per la letteratura e se non ricordo male a questo proposito un altro ebreo, che certamente non ho mai “odiato” come mai ho del resto “odiato” nessuno, sia ebreo o meno, il quale diceva che l’eleganza è cosa che riguarda i calzolai. Era Einstein a dire ciò, ma non saprei trovare il luogo dove lo ha detto. Sono in effetti più interessato a fissare la sostanza dei concetti che mi passano per la mente e solo a cose finite ritengo valga poi la pena di curare la migliore forma letteraria possibile. La nostra epoca abbonda fin troppo di fini dicitori che sono tutta forma e niente sostanza. Anche le 400 e passa pagine di Israel rientrano in questa categoria. Non ne consiglio l’acquisto a chi non ne abbia particolare motivo.
Nessun commento:
Posta un commento