martedì 15 aprile 2025

Teodoro Klitsche de la Grange: "Jacob L. Talmon, Le origini della democrazia totalitaria, il Mulino 2024, pp. 448, € 18,00. Presentazione di Carlo Galli"

Una nuova edizione del saggio di Talmon è proposta dal Mulino con la presentazione (aggiornata) di Carlo Galli. Scrive il presentatore “Quando, nel 1951, Jacob Talmon concludeva la stesura del suo libro su Le origini della democrazia totalitaria la cultura occidentale – in quasi tutte le sue accezioni e declinazioni – si stava interrogando su che cosa avesse determinato il totalitarismo fascista e comunista”. Molti intellettuali si chiedevano come il razionalismo, connotato peculiare della modernità “si fosse rovesciato nelle tenebre di Hitler e di Stalin”. La tragedia era imputata alle ragioni più varie. A tale temperie appartiene anche l’opera di Talmon, secondo il quale “Il libro è dedicato alla formazione della religione, e del mito, del messianismo politico rivoluzionario e del millenarismo nella filosofia illuministica del Settecento”. Dopo essersi manifestato nella rivoluzione francese il messianismo, ispiratore anche della Comune di Parigi, emigrava ad oriente nella Russia e nella rivoluzione bolscevica. Talmon ritiene che tratto principale ne sia “il postulato di un sistema sociale unico basato sulla soddisfazione uguale e completa dei bisogni umani come programma di azione politica immediata. La giustificazione economica o la definizione di questo postulato è una questione di secondaria importanza”. Babeuf l’aveva immaginato oltre un secolo prima, nel sostenere che così si sarebbe razionalizzata al massimo produzione e distribuzione. Il che implica anche l’abolizione della proprietà privata (e altro). Scrive Galli che “Questo libro è dunque costruito su di un disegno unitario: secondo Talmon c’è un’obiettiva evoluzione della fede politica negli ultimi due secoli, dal postulato dell’armonia etica all’obiettivo dell’uguaglianza economica e della felicità universale”, e i fondamenti hanno più a che fare con l’armamentario dell’illuminismo, in particolare con la virtù, principio politico secondo Montesquieu della democrazia, onde dev’essere, se insufficiente, imposta. Nella nota aggiunta a questa edizione, Galli ritiene che “il rovesciarsi della democrazia in dominio, è nel frattempo emerso come rischio immanente non solo allo Stato sociale ma anche alle cosiddette «società aperte» che lo hanno (parzialmente) sostituito e che all’individuo, ai suoi diritti e al suo libero agire economico, affidano il compito di evitare gli effetti totalitari della politica”; infatti anche tale ordine “pretende apertamente di costituire una totalità omogenea, priva di alternative – peraltro non certo immune dalle logiche più dure della politica”.

In conclusione il messianismo politico e la di esso compagna inseparabile, cioè l’eterogenesi dei fini può trovare la principale spiegazione nel rapporto tra immaginazione e realtà. Il messianismo si nutre della prima, ma finisce per essere succube della seconda. La quale recupera, trasformandone i risultati, che confermano le regolarità e i presupposti del politico. Questo a meno che, come scriveva Gaetano Mosca, certe costruzioni siano non “sogni di uno sciocco”, ma furberie da ipocriti. Come spesso succede.

 

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