INTERVISTA A THOMAS HOBBES
La riduzione del
numero di parlamentari in uno Stato che non ha tendenza ad autoridursi, ha
suscitato un dibattito caratterizzato da svariate posizioni, ad onta del voto
parlamentare pressochè unanime. Abbiamo provato a chiedere un’opinione a Thomas
Hobbes, che della rappresentanza politica è stato uno dei maggiori (e primi)
teorici.
Che ne pensa della riduzione del numero dei
parlamentari?
Come ho sempre
sostenuto le forme di Stato si distinguono se il sovrano è uno, pochi o tutti,
cioè col numero di coloro che prendono le decisioni più importanti. Penso che
la migliore sia la monarchia, ma comunque che la vostra oligarchia sia
esercitata da qualche centinaio di rappresentanti in meno, fa poca differenza.
E perché?
La scelta tra le forme di governo consiste più
che nella differenza di potere, in quella di convenienza o attitudine a
produrre la pace e la sicurezza del popolo, pel quale fine esse sono state
istituite. Che siano più o meno coloro che comandano, ai sudditi interessano
più i limiti entro cui devono ubbidire e quello che i governanti possono
pretendere che il numero di questi.
Ma anche il numero lei considerava un tempo rilevante
Si, e sempre a
favore della monarchia. In primo luogo perché ogni governante tende a favorire
i seguaci. Ma mentre i favoriti di un monarca sono pochi, e non hanno altri da
avvantaggiare che la propria parentela, i favoriti di un’assemblea sono molti,
e quindi la parentela e l’aiutantato molto più numerosi che quella di un
monarca. Perciò se riducete il numero dei rappresentanti dovreste risparmiare
qualcosa, comunque molto di più degli stipendi, almeno se non ne aumentano gli
appetiti. Ma finché chi comanda spende e chi obbedisce paga il problema
sussisterà.
Cosa considera più importante del numero dei
rappresentanti?
Quasi tutto. Ma,
in primo luogo che siano prese delle decisioni congrue, durevoli e prevedibili.
Un’assemblea è più incostante e quindi imprevedibile e, di conseguenza, spesso
ne prende di incongrue: nelle assemblee, sorge un’incostanza dovuta al numero,
poiché l’assenza di pochi, i quali, presa una volta una risoluzione, sarebbero
fermi a mantenerla – il che può avvenire per sicurezza, negligenza o
impedimenti privati – oppure la presenza diligente di pochi di opinione
contraria distrugge oggi, quello che ieri fu concluso.
Proprio un paio di
mesi fa, ne avete fornito altro esempio, così confermando quanto scrivevo, col
cambiare governo e politica.
E cosa conta più della quantità dei rappresentanti?
Uno dei difetti
delle assemblee è che spesso sanno poco o nulla degli affari, e in particolare
di quelli dello Stato. Cercate di migliorare la qualità dei rappresentanti: è meglio che ridurne la quantità. Vero è che quando siete stati
governati dai “tecnici”, sedicenti esperti, questi hanno fatto peggio dei
governanti meno titolati. Ma perché
quelli erano (forse) esperti di astronomia, letteratura, arte, ma digiuni di
politica e governo dello Stato.
Cosa pensa della ventilate nuove riforme
costituzionali, di cui questa sarebbe la prima?
Da quel che sento,
non hanno capito bene. Vogliono istituire il vincolo di mandato. Ma un
rappresentante politico è tale perché rappresenta l’unità e la totalità del
popolo, e non può essere vincolato da qualcuno, anche il suo capo-fazione,
com’è nelle intenzioni dei riformatori; ma neppure dall’ultimo degli elettori.
E quanto al resto?
L’unica cosa
chiara e interpretabile con categorie politiche è che desiderano evitare o
rendere più difficili, le decisioni politiche. Non si tratta tanto e solo di
impedire che decidano coloro che godono della fiducia della maggioranza dei
cittadini, ma d’impedire qualsiasi deliberazione, sia contraria alle proprie
idee ed interessi, che, in genere, avente un notevole rilievo ed effetto
politico, Quando parlano di “freni e contrappesi” non bisogna pensare a
Montesquieu ma al Sejm polacco, dove il liberum
veto portò alla distruzione dello
Stato. Il cui ridimensionamento radicale è proprio l’obiettivo del potere
globale.
In definitiva cosa può consigliare agli italiani?
Di tenere sempre
davanti agli occhi quello che è l’essenza della politica e dell’obbligazione
politica: la mutua relazione tra protezione ed obbedienza.
Ha il diritto
all’obbedienza chi assicura protezione ; non lo ha chi non può o non vuole
darla, anche se per i motivi più nobili. Come il Paradiso, (un tempo) o oggi
molto più terreni, che invocano in continuazione.
Teodoro
Klitsche de la Grange
Nessun commento:
Posta un commento