CICERONE VOTA LEGA
L’approvazione
delle nuove norme sulla legittima difesa ha provocato una (scontata) serie di
reazioni da parte del centrosinistra (e alleati).
La prima è che la
riforma riguarda pochi casi, ed è quindi irrilevante. Sono d’accordo sul punto:
i casi sono relativamente pochi (ma comunque non vanno dimenticati) e
soprattutto meriti e demeriti di questa maggioranza dovranno valutarsi in altri
ambiti.
La seconda che
Salvini avrebbe una mentalità da sceriffo del Farwest: rozzo, ignorante e violento.
La predilezione per l’uso delle armi e l’autodifesa denoterebbe addirittura una
sottovalutazione dello Stato E perché? Perché facilitando i cittadini a
difendersi da soli andrebbe a confliggere con la funzione dello Stato che è
quella di dare protezione ai diritti (in
primis, quello alla vita) di tutti i componenti la comunità. Ossia
trascurerebbe (almeno) quattro secoli di Stato moderno che tra tutte le sintesi politiche è quella che più ha
enfatizzato (e strutturato) detta funzione. Con ciò Salvini è dai politici ed intellos bocciato.
Ma è proprio vero
che la legittima difesa è così in contrasto alla concezione dello Stato e che
coloro che se ne sono occupati erano dei rozzoni dal modesto quoziente
d’intelligenza? A fare qualche riscontro pare proprio di no.
Cominciamo da Cicerone.
Questi difendendo Milone fece la più grande difesa dell’istituto. Definì legge
naturale il diritto di difendersi “Esiste dunque, o giudici, una legge non
scritta ma naturale, da noi né appresa né ereditata né letta, ma attinta dalla
natura stessa, una legge che conosciamo non per insegnamento ma fin dalla
nascita, non per educazione ma per istinto”, e la legge naturale (nel De re publica) per il grande oratore era
“conforme alla natura, la si riscontra in
tutti gli uomini; è immutabile ed eterna”; a questa “non è lecito apportare
modifiche né toglierne alcunché né annullarla in blocco, e non possiamo esserne
esonerati … non sarà diversa da Roma ad Atene o dall’oggi al domani, ma come
unica, eterna, immutabile legge governerà tutti i popoli ed in ogni tempo”.
Questa legge è naturale perché conforme alla natura umana; è immutabile ed
eterna e non dipende dalle decisioni di chi detiene il potere. Essendo, nel
caso sia in pericolo la vita, l’unica possibilità di conservarla è rapportabile
al conatus di Spinoza, per cui ogni
vivente tende a “in suo esse perseverari”,
ossia a conservare la propria esistenza.
Se poi passiamo al
filosofo che più ha teorizzato lo Stato moderno e la funzione di protezione del
potere politico, cioè Hobbes, il quadro non cambia. Il filosofo scriveva che né
l’uomo può rinunziare a difendere se stesso, né il sovrano può pretendere
l’obbedienza ad un tale precetto; così il suddito ha diritto, nel caso, a
rifiutare obbedienza. E potremmo continuare ad elencare le legislazioni, le più
varie, le quali, per quanto se ne sa, non dispongono di porgere l’altra
guancia, ma, per continuare con Cicerone a legittimare che, in casi estremi, vim repellere licet. Perché in sostanza
sono quei casi in cui non è possibile al sovrano assicurare protezione. Ed è
tragicamente comico che un uomo, minacciato da energumeni armati, li possa
fermare minacciandoli di “fargli causa”. Neppure i teologi cristiani pretendono
ciò: resistere o non resistere è una scelta morale, ma difendersi è un diritto.
Anzi secondo
taluni, come Jhering, chi difende il proprio diritto è un buon cittadino,
perché collabora (attivamente) all’attuazione del diritto oggettivo.
C’è da chiedersi
per quale ragione, a parte la evidente necessità di propaganda, in certi
ambienti politici si sostengano tesi così contrarie a qualche millennio di
pensiero e così ragionevoli (se non razionali).
Probabilmente
perché – per un vizio congenito della “sinistra” – questa ha l’abitudine di
paragonare la realtà socio-politica non con altre realtà ma con le proprie idee
e aspirazioni. Raffronto cioè tra realtà ed immaginazione, in cui questa è
sempre vincente proprio perché svincolata dal “fattuale”, ossia dal concreto.
Non conoscendo la fantasia i limiti della realtà, è possibile fantasticare di
mondi e società perfetti dove gli uomini si vogliono tutti bene, oppure in cui
lo Stato è così efficiente da impedire il compimento di qualsiasi delitto. Come
in un film di fantascienza di successo, dove il tutto era affidato a mutanti
con capacità di pre-cognizione (cioè da profeti); gratta, gratta si parte dal
rivendicare utopie come “ragione” e si finisce per affidarsi a Nostradamus o
alla Sibilla. Cioè a film, maghi, indovini (e ciarlatani). Diversamente da
Cicerone, Hobbes e gli altri che si accontentavano della ragione umana e della
realtà dei fatti.
Teodoro
Klitsche de la Grange
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