giovedì 10 maggio 2012

Una sentenza che la Lobby non vuole accettare: la condanna inflitta a Peppino Caldarola e Antonio Polito per diffamazione ai danni di Vauro Senesi

L’oggetto della causa
Abbiamo seguito per quanto possibile in rete la sentenza che Vauro Senesi ha ottenuto contro Peppino Caldarola che gli aveva attribuito una frase mai detta: “sporca ebrea” rivolta a Fiamma Nirenstein, oggetto di una vignetta satirica. La parte sionista insiste nel sostenere che la vignetta stessa equivale ad un “come se” e dunque la vignetta stessa è “sporca ebrea”, e dunque “antisemitismo”, e dunque legge Mancino, e dunque il povero Vauro deve andare in galera e scontare il carcere duro, mentre la signora Fiammetta deve godere piena libertà di esternare quando e come vuole e contro chi vuole, godendo di sovrana impunità. Questa volta il giudice non ha accettato la logica del “come se” ed ha valutato il mero fatto che Vauro Senesi non ha mai detto, scritto, pensato la frase che a forza gli si vuole attribuire ancora dopo la sentenza di primo grado. Non sappiamo se contro di essa è stata fatto appello ed è presumibile che ciò avvenga, per cui la telenovella avrà ancora parecchie puntate. Ho voluto forzare i termini del problema, per ottenere una maggiore chiarezza, e continuare il dibattito già avviato. Esce nel frattempo, resa disponibile dal sito “linkiesta” la sentenza di condanna in primo grado. Ne riproduciamo qui integralmente il testo nelle parti leggibili del pdf scaricato e sulla base del testo inizieremo lo studio delle posizioni contrapposte che vengono via via espresse. Una la si trova oggi nel sito sionista “Informazione Corretta”, che di “corretto” non ha assolutamente nulla, malgrado la violenza esercitata sulla lingua italiana. La propaganda basa la sua forza non sulla qualità intrinseca degli argomenti, delle ragioni, ma sulla ripetizione meccanica all’infinito di una stessa menzogna o di una stessa “diffamazione”, termine tecnico-giuridico che solo i giudici possono usare con piena legittimazione e proprietà di termini. Hanno detto con sentenza che Peppino Caldarola (e chi sta sulle sue posizioni) è un “diffamatore”. Ci piacerebbe confrontare questa sentenza con una di segno contrario, comminata in Brescia, e che è a nostro avviso questa sì davvero “vergognosa”. Non dobbiamo considerare i giudici come degli dei scesi dal cielo. Sono uomini in carne ed ossa con tutti i limiti ed i condizionamenti proprio degli uomini. Vi è addirittura chi sostiene che non pochi giudici sarebbero dei “sayanim”, ossia agenti sionisti infiltrati dappertutto che di volta in volta ubbidiscono agli ordini che ricevono. Evidentemente, il giudice che ha condannato Caldarola non è un “sayanim”. Altri forse lo sono, se ne esistono. Ma questo non lo è e la pressione che si va esercitando su di lui dovrebbe far riflettere molto più di una banalissima vignetta all’origine della vicenda. E che dovrebbe dire chi ora scrive nel vedersi negato dal giudice addirittura il diritto di rettifica prevista a chiare lettere dalla legge sulla stampa? Ho gettato la sentenza nel cestino e per il resto della causa confido in ben altra giustizia, non di questo mondo.

Il giornalismo di Fiamma
Diciamo subito che ci sembra disperata l’argomentazione dei sionisti che prendono le parti del loro sodale Caldarola, il cui mestiere non è quello del comico o del vignettista, ma del politico e militante di parte sionista. Il tentativo che viene fatto è quello di riconoscere anche a Caldarola il “diritto di satira”, che è invece il mestiere vero e proprio, l’unico che io sappia, di Vauro Senesi. Nulla so dell’esistenza di una rubrica nel quotidiano “il Riformista”, che ricordo di aver comprato qualche volta, per curiosità, ma di non aver mai letto. Non è un insulto che sto facendo a questo quotidiano, ma un modo per dire che la sua diffusione e la sua notorietà in quanto giornale “satirico” è ignota alla totalità, mentre Vauro Senesi è noto a chi lo conosce solo come vignettista satirico. Pare del tutto campata in aria quella di fare di Caldarola un “collega” di Vauro in quanto “satirico”. Non ne ha il benché minimo talento. Non basta mettere a Peppino Caldarola un pennello in mano perché diventi con ciò un “collega” di Leonardo Da Vinci e possa in questo modo dipingere anziché “Monna Lisa” una “Monna Fiammetta”, alla quale sarebbe certamente sue diritto attribuire le fattezze che meglio crede. Ma se ciò non basta a far capire l’infondatezza e la disperazione dell’argomentazione pro-Caldarola, a sentenza emessa, si considera quanto sia assurda ed estranea a qualsiasi arte della satira e dell’ironia una frase del tipo: il triangolo ha quattro lati. È un’affermazione falsa che non fa ridere se non di scherno per l’ignoranza che manifesta. Si sostituisca alla frase precedente l’altra oggetto del giudizio di “sporca ebrea” che Vauro non ha detto e si dovrebbe vedere come la satira o l’ironia qui non c’entri proprio nulla.

Al di là della causa e dell’arrampicature sugli specchi non si comprende la causa e le ragioni che hanno spinto Vauro Senesi ad intentarla se non si considera l’accanimento con il quale la Lobby ha tentato e tenta tuttavia, malgrado la sentenza emessa, di appiccicare al loro nemico designato la patente di “antisemita”, che ormai poco o nulla più significa, e per la quale dovrebbe essere tassativo l’obbligo anche normativo di una definizione concettuale circostanziata. Invece, ci si affida al giudizio di sommelier che in virtù della loro posizione e della loro qualificazione soggettiva hanno il potere di indicare con il dito chi sarebbe un “antisemita” ed una volta definito arbitrariamente tale da consegnare alle pene previste. Fortunatamente per lui, Vauro Senesi non è un «Signor Nessuno» ed ha potuto reagire ed ottenere soddisfazione. Non hanno eguale fortuna centinaia di migliaia di cittadini che in Europa hanno subito e subiscono tuttavia procedimenti penali non diversamente dall’epoca della caccia alle streghe e agli untori. Questo è il vero oggetto del contendere, non una stupida vignetta, non un naso non come quello di Cleopatra ma forse non meno fatale.

* * *

IL TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA
IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Giudice della 7ª Sezione Penale Dott.ssa Emanuele Attura
Alla pubblica udienza del 20.01.2012 ha pronunciato la seguente

SENTENZA


Nella causa penale di primo grado

Contro

1) Caldarola Giuseppe, n. Bari il 09.04.1946, el. dom. in Roma Viale *** presso lo studio del difensore di fiducia avv. Fabio Viglione
- LIBERO ASSENTE
2) POLITO ANTONIO, n. Castellammare di Stabia (NA) il 11.05.1956, el. dom. in Roma Viale *** presso lo studio del difensore di fiducia avv. Fabio VIGLIONE.
- LIBERO CONTUMACE

IMPUTATI

- vedi allegato

Parte civile: SENESI VAURO rappresentato e difeso dall’avv. Paola RIZZO con studio in Roma
Via *** (atto di costituzione dep. il 18.05.2010)

CONCLUSIONI

Il P.M.: assoluzione perché i fatti non sussistono.
La Parte Civile: penale responsabilità. Si riporta alle conclusioni scritte (vedi allegato) che deposita
con nota spese.
Il difensore degli imputati: assoluzione per la sussistenza della scriminante del diritto di critica. In
subordine assoluzione perché il fatto non costituisce reato.

per Caldarola Giuseppe

per il reato di cui agli artt. 595 c. 1,2 e 3 c.p. e 13 L. 41/1948 per avere, redigendo l’articolo dal titolo “Annozero tra alti e Granbassi”, che qui deve intendersi integralmente trascritto, pubblicato su “Il Riformista” del 23/10/2008, (articolo allegato alla querela in atti) offeso la reputazione di Senesi Vauro, riportando,tra l’altro, notizie non vere ed in particolare affermando: « ... Vauro non accetta di censurare la vignetta, che ha fatto tanto ridere Gino Strada, in cui chiama Fiamma Nierenstein “sporca ebrea”». Con l'attribuzione di fatti determinati.

RECIDIVA SPECIFICA REITERATA
L’oggetto della causa, ossia la frase: «Vauro non accetta di censurare la vignetta, che ha fatto tanto ridere Gino Strada, in cui chiama Fiamma Nierenstein “sporca ebrea”», con «recidiva».
per Polito Antonio

per il reato di cui agli artt. 51, 595 c.1,2 e 3 c.p. e 13 L 47/1948 per avere, quale direttore responsabile de “Il Riformista”, omesso a titolo di colpa i dovuti controlli in relazione alla pubblicazione dell’articolo di cui al capo a) le!livo della reputazione di Senesi Vauro (articolo che qui deve intendersi integralmente trascritto) (articolo allegato alla querela in atti) (si richiama il precedente capo d'imputazione); con l’attribuzione di fatti determinati;

in Roma 23/10/2008

La Parte Civile le seguenti conclusioni:

«Voglia Codesto Onorevole Giudice affermare la penale responsabilità degli imputati per i reati loro ascritti e condannarli alle pene ritenute di giustizia:

Voglia Codesto Onorevole Giudice condannare gli imputati al risarcimento dei danni morali che indubbiamente sono derivati, a cagione dei fatti per cui è processo, alla parte civile costituita, signor Vauro Senesi.

Danni che, in ragione della gravità delle infamanti attribuzioni diffamatorie divulgate; della diffusione del periodico, pari a una tiratura media di 12.000 copie; della notorietà della persona offesa e del di lui ruolo professionale, famoso giornalista e disegnatore satirico, autore di riconosciuta qualità di numerosissime opere, apprezzate da pubblico di lettori e dalla critica, seguito da folto pubblico televisivo (del programma "Annozero" (Rai Due) e, oggi, della trasmissione "Servizio Pubblico" diretta da Santoro), nonché dai lettori de "II Manifesto" con cui pure collabora e, oggi, dai lettori del settimanale satirico "II Male"; della notorietà, ancora, dell'impegno sociale e umanitario profuso per l'associazione Emergency; dell'intensità del dolo di diffamazione, si chiede di liquidare, nel presente
giudizio, in € 40.000,00 (quarantamila) o nella maggiore o minore somma ritenuta di giustizia o in quella che la SVI vorrà diversamente valutare e determinare in via equitativa, oltre interessi e rivalutazione monetaria dal dì del fatto al saldo.

Voglia Codesto Onorevole Giudice dichiarare provvisoriamente esecutiva la condanna al risarcimento del danno morale come sopra quantificato. Voglia, altresì, condannare gli imputati alla refusione delle spese e degli onorari sostenuti per la detta costituzione di parte civile, di cui all’allegata nota.

Roma, 20 gennaio 2012

Con ossequio

***

(segue: post in costruzione ed elaborazione)


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