Come pare avvenisse in Cina, la carta stampata suscitava in me una certa soggezione. E carta stampata nella nostra vita quotidiana sono principalmente i giornali, che vivono non tanto di lettori e per i lettori quanto di pubblicità commerciale ed al servizio di potenti, cui può tornare utile un megafono con cui rompere i timpani della gente e inquinare la libera formazione del pensiero altrui. Più mi diventa chiara la funzione di gran parte o di tutti i media, che dico la loro natura intrinseca, e più diminuisce la soggezione ed il rispetto che ne provo. Intendiamoci: non sto affatto dicendo che conoscenza e informazione non siano un bene primario e necessario. Sto dicendo che se mai i media ne sono la negazione. L’ipocrisia di non pochi direttori di giornali in questi giorni posso toccarla con mano. Si smentiscono nell’arco delle 24 ore. Dicono una cosa, come l’altra sera nella trasmissione di Santoro, e poi subito ne fanno un’altra. Esilaranti sono le loro litanie sulla libertà di pensiero. Ed è inutile rinfacciarle loro, scrivendo la classica lettera al direttore che ne legittima la funzione e finisce nel cestino se non peggio. Costoro intendono rigorosamente e tassativamente che la libertà di pensiero e di espressione di cui parlano è esclusivamente la loro. E per questo ricevono perfino finanziamenti pubblici e addirittura la scorta a spese del contribuente, quando con quel che guadagnano potrebbero benissimo pagarsi delle guardie del corpo, se proprio ne hanno bisogno.
Hanno perfino teorizzato che un’opinione altrui dissenziente non è “pensiero” (ex art. 21 cost. nonché dichiarazione universale dei diritti dell’uomo) ma un “crimine” e come tale penalmente perseguibile o comunque da additare pubblicamente in quanto disvalore assoluto. E quindi: corali appelli a “cacciare”, “licenziare”, “espellere”... chi la pensa diversamente da loro. Ho dato la stima di 200.000 persone penalmente perseguite nella sola Germania per reati di opinione, ma la cosa passa sotto silenzio. Su ciò vige la consegna del segreto. I nostri regimi occidentali, strenui propagandisti dei diritti umani, non vogliono far sapere quante persone riempiono le nostre carceri, esercitando loro quella repressione della libertà di pensiero e di informazione che quotidianamente imputano ad un Ahmadinejad o alla Cina: tanto lontano va il loro sguardo da non riuscire a guardare più vicino in casa propria. Sembra incredibile, ma abbiamo quotidiani che titolano inneggiando all’omicidio di pacifisti o si rammaricano del fallito attentato ad un capo di stato. Mentre sistematicamente e ordinariamente diffamano dalle loro colonne di carta, apprendo anche che godono in parecchi di una scorta a spese del contribuente. Immaginate di avere il diritto di diffamare quotidianamente chi vi pare, persone spesso non in grado di difendersi o senza padrino, e di poter fruire perfino di una scorta di bravi per continuare ad offendere, ovvero a svolgere servizio pubblico di infangamento del prossimo. Mi tengo qui volutamente sulle generali per esprimere un giudizio negativo sulla stampa e sui media in generale. Mi auguro che internet, se lasciata libera, possa costituire una valida alternativa alla comunicazione verticale (da uno a molti senza che nessuno dei molti possa reagire a notizie spesso false e distorte) e liberare la capacità che ognuno di noi ha di poter pensare liberamente e criticamente. È questo l’unico antitodo contro la menzogna: la capacità di pensare con la propria testa, badando che sia davvero la testa propria ed al riparo da tecniche subliminali di condizionamento. Rinvio qui ad una interessante lettura, pertinente, fatta proprio ieri, da cui ho pure tratto spunto per questa mia riflessione che è venuta crescendo mentre scrivo in tempo reale. Un scuola ed una università che fossero al riparo dalla Gelmini o da antichi scolari, divenuti legislatori della memoria altrui, dovrebbe essere impostata non in funzione dell’indottrinamento di regime di turno, ma come addestramento alla capacità critica di acquisire informazione e di pensare autonomamente. Il potere non vuole questo genere di scuola e di università.
Ho notato come negli ultimi giorni le prime pagine dei giornali siano passate rapidamente da un tema all’altro e mi è venuta da pensare agli stormi di rondini che tutte insieme di primavera volano improvvisamente da un punto all’altro. Si è così passati in pochissimo tempo dai “porci” di Bossi alle kippah di Ciarrapico e adesso al misterioso attentatore di Belpietro. Sia che questi passaggi avvengano spontaneamente sia che vengano provocati ad arte denotano in entrambi i casi la vacuità del genere di informazione, atta più a suscitare emotività e sull’onda di questa a ispirare non di rado giri di vite sulle nostre libertà che non a farci crescere in conoscenza e matura capacità di decisione. È questa la nostra unica difesa: l’antica capacità di pensare, oggi più che mai insidiata in un apparente eccesso di istruzione e di notizie. E si badi bene: al fondo dell’arduo sentiero della conoscenza non ci attende un verde pascolo di serenità, ma un autentico inferno da cui si deve saper uscire.
Hanno perfino teorizzato che un’opinione altrui dissenziente non è “pensiero” (ex art. 21 cost. nonché dichiarazione universale dei diritti dell’uomo) ma un “crimine” e come tale penalmente perseguibile o comunque da additare pubblicamente in quanto disvalore assoluto. E quindi: corali appelli a “cacciare”, “licenziare”, “espellere”... chi la pensa diversamente da loro. Ho dato la stima di 200.000 persone penalmente perseguite nella sola Germania per reati di opinione, ma la cosa passa sotto silenzio. Su ciò vige la consegna del segreto. I nostri regimi occidentali, strenui propagandisti dei diritti umani, non vogliono far sapere quante persone riempiono le nostre carceri, esercitando loro quella repressione della libertà di pensiero e di informazione che quotidianamente imputano ad un Ahmadinejad o alla Cina: tanto lontano va il loro sguardo da non riuscire a guardare più vicino in casa propria. Sembra incredibile, ma abbiamo quotidiani che titolano inneggiando all’omicidio di pacifisti o si rammaricano del fallito attentato ad un capo di stato. Mentre sistematicamente e ordinariamente diffamano dalle loro colonne di carta, apprendo anche che godono in parecchi di una scorta a spese del contribuente. Immaginate di avere il diritto di diffamare quotidianamente chi vi pare, persone spesso non in grado di difendersi o senza padrino, e di poter fruire perfino di una scorta di bravi per continuare ad offendere, ovvero a svolgere servizio pubblico di infangamento del prossimo. Mi tengo qui volutamente sulle generali per esprimere un giudizio negativo sulla stampa e sui media in generale. Mi auguro che internet, se lasciata libera, possa costituire una valida alternativa alla comunicazione verticale (da uno a molti senza che nessuno dei molti possa reagire a notizie spesso false e distorte) e liberare la capacità che ognuno di noi ha di poter pensare liberamente e criticamente. È questo l’unico antitodo contro la menzogna: la capacità di pensare con la propria testa, badando che sia davvero la testa propria ed al riparo da tecniche subliminali di condizionamento. Rinvio qui ad una interessante lettura, pertinente, fatta proprio ieri, da cui ho pure tratto spunto per questa mia riflessione che è venuta crescendo mentre scrivo in tempo reale. Un scuola ed una università che fossero al riparo dalla Gelmini o da antichi scolari, divenuti legislatori della memoria altrui, dovrebbe essere impostata non in funzione dell’indottrinamento di regime di turno, ma come addestramento alla capacità critica di acquisire informazione e di pensare autonomamente. Il potere non vuole questo genere di scuola e di università.
Ho notato come negli ultimi giorni le prime pagine dei giornali siano passate rapidamente da un tema all’altro e mi è venuta da pensare agli stormi di rondini che tutte insieme di primavera volano improvvisamente da un punto all’altro. Si è così passati in pochissimo tempo dai “porci” di Bossi alle kippah di Ciarrapico e adesso al misterioso attentatore di Belpietro. Sia che questi passaggi avvengano spontaneamente sia che vengano provocati ad arte denotano in entrambi i casi la vacuità del genere di informazione, atta più a suscitare emotività e sull’onda di questa a ispirare non di rado giri di vite sulle nostre libertà che non a farci crescere in conoscenza e matura capacità di decisione. È questa la nostra unica difesa: l’antica capacità di pensare, oggi più che mai insidiata in un apparente eccesso di istruzione e di notizie. E si badi bene: al fondo dell’arduo sentiero della conoscenza non ci attende un verde pascolo di serenità, ma un autentico inferno da cui si deve saper uscire.
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