Nubi minacciose
si addensano sulla legge Severino: lega e radicali la vogliono – dice la
stampa- abrogare per referendum. Un’invadenza inammissibile e sguaiata della
volontà popolare in una materia (e vicenda) riservata alle élite. Allo scopo di
farcela chiarire, abbiamo chiesto un’intervista ad Orlando, cioè a Vittorio
Emanuele (e non al ministro PD) autorevolissimo statista e giurista. Ci è parso
il più titolato a discuterne. E gentilmente ce l’ha concessa.
Caro
Presidente che ne pensa della giurisdizione “politica” (e ordinaria) nei
confronti delle massime autorità dello Stato?
Che ho scritto
proprio della massima, cioè, ai miei tempi, quella del Re. Questi è inviolabile
e ciò “significa che la persona del monarca non è soggetta ad alcuna
giurisdizione; o, in altri termini, non esiste nello Stato alcuna autorità o
potere capace di esercitare un’azione
coercitiva sulla persona del Re. Il che importa, pure, che Egli non può sottostare al comando di alcuna autorità,
non potendosi dare, nel campo del diritto, un comando che non sia assicurato da
sanzioni coattive”. Se c’è un potere che “comanda” al Re o a similari “organi
sovrani” significa il sovrano è colui che giudica e non chi è giudicato.
Ma
così si crea un potere irresponsabile.
Ed è inevitabile:
“un aspetto della nozione di inviolabilità dà luogo al concetto di
irresponsabilità politica…Quanto poi a tutta la giurisdizione penale, poiché
essa dà sempre luogo, in atto o in potenza, ad una coazione fisica, esercitata
sulla persona, la norma dell’inviolabilità importa che il Re non può mai
esservi sottoposto. Il che significa che, astrattamente, il Re potrebbe
commettere un reato e restare impunito…
” per cui il principio onde il Re è sottratto ad ogni giurisdizione è imposto
da una assoluta necessità; “poiché ognun vede come quell’autorità (per es., un
giudice istruttore), che potesse disporre con un suo ordine della libertà e
della persona del Capo dello Stato, avrebbe virtualmente
un potere superiore; non sarebbe possibile distinguere l’arresto del Re
dalla destituzione di esso. Il che importerebbe una contraddizione anarchica,
poiché il Re non sarebbe più un Organo Supremo, ed anzi il Capo dello Stato il
quale, per ciò stesso, non può nello Stato ammettere alcun superiore”.
Potrebbe
spiegarcela più in dettaglio?
Certo.
L’irresponsabilità può “considerarsi innanzi tutto da un punto di vista di
ordine politico e poi da un punto di vista giuridico. Politicamente pare che
abbia un’elevata ragione e risponda ad un
interesse pubblico gravissimo il sottrarre la persona” del “sovrano” sia a
censura diretta che ad “attriti pericolosi fra i più elevati poteri pubblici,
che potrebbero poi degenerare in un dissidio irreparabile, col danno o della
libertà dei cittadini o della forza dello Stato”. E poi vi sono altre forme di
responsabilità che già Benjamin Constant considerava più consone alla natura
del rapporto e della funzione.
Ma
oltre che al Re, come Lei ha scritto, si applica anche agli “organi sovrani”
dello Stato, al Parlamento per primo.
Come ho
sostenuto questa è una specie particolare della “questione generale della
natura dell’immunità parlamentare in relazione con la teoria degli organi
sovrani”.
Ma
così la giustizia non è più uguale per tutti…
Dicono nei talk-show. Ma se lo fosse non
esisterebbe più lo Stato, come pensava un mio collega francese. La realtà è che
ogni istituzione politica si fonda sul presupposto del comando/obbedienza, che
ovviamente è un rapporto tra disuguali.
Perciò ritengo
che è normale che in ogni regime politico vi sia un tale tipo di
diseguaglianza. Questa è la regola e
non l’eccezione e cioè “che le immunità parlamentari sono da considerarsi non
come diritto di eccezione ma facciano parte, invece, del diritto comune e quindi
si pongano in via di regole generali ed
anzi come capisaldi di tutto l’ordinamento giuridico, dato, si intende, lo
Stato rappresentativo”. Ossia quello che voi chiamate
“democratico-liberale”.
E la storia
dimostra che, pur contestato e anche se lesivo
del principio di eguaglianza, in regimi democratici, il principio dell’immunità
degli “organi sovrani” è stato sempre vigente “Questa forza di resistenza del
principio… basterebbe da sola ad attestare la necessità del suo riconoscimento;
possiamo aggiungere ora che vale a dimostrare che quel principio si pone come
una condizione dell’istituto parlamentare,
ed ha quindi in ciò il titolo di un vero e proprio
diritto comune per quegli Stati il cui ordinamento su quell’istituto si fonda”
come la vostra Repubblica.
E la ragione,
ancor più per un regime democratico, è duplice: se non fosse la volontà
popolare a decidere chi comanda, ma un ufficio giudiziario, sarebbe anche leso il
principio che, in democrazia, è il popolo a eleggere (e non confermare) da chi
vuol essere governato.
Per
cui?
Meglio che sia
il popolo e non altri a deciderlo. Come scriveva Machiavelli “i pochi sempre
fanno a modo de pochi”. Per cui è meglio che lo facciano tutti.
Teodoro Klitsche
de la Grange
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