Maffeo Pantaleoni, Il
manicomio del mondo,
pp. 184, € 18,00, Liberilibri, Macerata 2019.
Iniziativa
meritoria questa dell’editore, di aver ristampato un’antologia degli Erotemi di economia di Pantaleoni curata
da Sergio Ricona negli anni ’70 per l’editore Volpe (ora arricchita da
un’introduzione di Manuela Mosca). Meritoria perché Pareto e Pantaleoni furono
gli studiosi italiani i quali tra al fine dell’800 e il primo quarto del 900
riportarono la scienza economica italiana all’attenzione di quella internazionale;
ma mentre per Pareto, almeno fuori d’Italia, quella è mai mancata, Pantaleoni è
stato dimenticato.
L’antologia prova
quanto a torto: e ciò per due ragioni principali: la prima che quanto scrive
Pantaleoni spesso si può utilmente applicare a eventi accaduti nel (quasi)
secolo trascorso dalla morte dell’economista. Ad esempio alla lotta di classe,
intesa nel senso marxista del conflitto tra borghesi e proletari. Scrive
Pantaleoni “Gli uomini si sono sempre distinti con contrassegni in classi, le
quali hanno avuto e hanno tutt’ora i più svariati criteri di classificazione:
la nobiltà, la professione, l’appartenenza ai conquistatori o ai conquistati,
la fede politica, la fede religiosa, il sesso, l’età e via dicendo”; in ogni
società, ma in quelle moderne soprattutto “L’appartenenza dei medesimi
individui, cioè di tutti gli individui costituenti un consorzio politico, a molti e diversi gruppi di interessi, e
la crescente moltiplicazione delle specie
di interesse alle quali ciascun individuo appartiene simultaneamente, è un
fatto che rende impossibile, ossia annulla, i contrasti di classe, le
bipartizioni e tripartizioni della società, che sono il fondamento di molte speculazioni socialistiche e socialistodi”;
per cui “Il fatto vero è che il medesimo individuo appartiene in un medesimo
momento a un gruppo etnico avente interessi in lotta con coloro che
appartengono a altri gruppi etnici… che sarà cattolico o massone e quindi in
lotta con massoni o cattolici, che sarà monarchico o repubblicano o socialista o
sindacalista o conservatore, o progressista, o radicale”. Orbene dopo il crollo
del comunismo è evidente che il conflitto borghesi/proletari è stato
neutralizzato e spoliticizzato; ne hanno preso il posto altri conflitti i quali
con la scriminante della proprietà (o meno) dei mezzi di produzione hanno poco (o
punto) a che fare (e talvolta neppure matrice economica).
La seconda è che
l’opera appare una confutazione dei luoghi comuni del socialbuonismo di ieri come di oggi a leggere in particolare (tra
gli altri) i capitoli sul merito e sulla giustizia.
In conclusione,
come scrive Manuela Mosca nell’introduzione “il presente volume resta prezioso
anche per i non specialisti. Pubblicato da Ricossa per far conoscere il suo
originalissimo pensiero a chiunque desiderasse farsi un’idea di chi egli fosse
e di che cosa pensasse, resta il libro da consigliare senza esitazione a coloro
che volessero incontrare per la prima volta questo grande italiano”.
Teodoro
Klitsche de la Grange
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