Jean-Louis Harouel I
diritti dell’uomo contro il popolo Liberilibri, Macerata 2019, pp. 104, €
15,00
Almeno fino alla
prima metà del secolo scorso era abituale, negli scrittori di politica e
diritto pubblico, rilevare che la prima “divisione dei poteri” nello Stato
moderno non è quella, più nota, di Montesquieu, ma l’altra tra potere temporale
e potere religioso.
Lo si può leggere
(tra i tanti) in M. Weber, G. Mosca, M. Hauriou. E si accompagna alla notazione
che tale distinzione è tipica della civiltà cristiana. Max Weber notava che vi
sono solo due religiosi al mondo che separano nettamente potere temporale e
non: una è il cristianesimo. Mosca sostiene che il primo elemento per ottenere
la difesa giuridica dei diritti individuali è “la separazione del potere laico
dall’ecclesiastico” tipica del cristianesimo[1].
In seguito queste
considerazioni hanno perso d’importanza: pareva ovvio che una costituzione
dello Stato “sociale” separasse tali poteri, così come assicurasse diritti di
libertà, divisione dei poteri, uguaglianza e così via. Il fatto che il tutto
sia dovuto al cristianesimo e che nella storia sia un’eccezione (oltretutto,
anche nella civiltà cristiana, spesso controversa) e non la regola è stato
dimenticato.
È quindi assai
interessante che questo denso saggio inizi ricordando tale differenza tra
Europa (cioè cristianesimo) occidentale ed Islam, che comporta la difficoltà
estrema per i musulmani di accettare norme ed istituzioni che su quella
separazione si fondano. Ancor più il lettore ricorderà la discussione sulle
“radici giudaico-cristiane” dell’Europa, che sono un fatto storico e che gran
parte delle élite europee voleva togliere dal testo della “Costituzione”
europea: col risultato di far fallire il progetto, d’altronde, in quei termini,
di utilità più che dubbia.
Scrive Harouel che
“È un errore considerare l’Islam soltanto come una religione e definire la sua
collocazione nelle società occidentali unicamente sotto il profilo della
libertà religiosa, perché l’Islam ha una fortissima dimensione politica …
L’Islam è insieme religione e regime politico, e addirittura la parola dîn non significa religione ma legge”.
Ad integrare i
musulmani residenti in Europa, serve pertanto poco “la religione secolare dei
diritti dell’uomo” come sostiene l’autore. Questa ha anch’essa delle radici: ma
nell’eresie cristiane. In particolare nella gnosi (Marcione) e nel millenarismo (Gioacchino Da Fiore). È
noto che da tempo sono state affermate le influenze gnostiche e millenariste
sul marxismo-leninismo. Dopo il collasso del comunismo, si sono trasferite
nella “religione dei diritti dell’uomo”. Anche perché, hanno trovato dopo la fine
dei partiti comunisti un ricco vivaio di profeti
disoccupati, ansiosi di trovare, paretianamente, nuove derivazioni per sostituire quelle sconfitte dalla storia e, così,
tirare a campare. Capisaldi della nuova religione sono la fede nel progresso e
il memismo cioè la negazione delle
differenze tra uomini e l’affermazione dell’interscambiabilità di tutti gli
uomini e quindi dei popoli.
Con ciò è stato
cambiato il concetto e il modello del liberalismo democratico (appropriandosi
del termine) “sotto l’effetto della religione dei diritti dell’uomo, si è
adottata una concezione sensibilmente diversa della democrazia, lontanissima
dal modello classico della democrazia liberale: sovranità del popolo e difesa
dei cittadini contro gli eccessi del potere grazie alle libertà pubbliche. In
questa nuova versione, la democrazia è diventata fondamentalmente culto
dell’universale e ossessione dell’apertura all’altro con relativa svalutazione
della sovranità del popolo. Se si decide che è questa la democrazia vuol dire
che la classica democrazia liberale non era democrazia. Si è stabilito che i
valori della religione dei diritti dell’uomo fossero i veri valori democratici.
Essendo questi nuovi valori esclusivamente universalisti, nessun popolo europeo
può sentirsi legittimo poiché solo l’umanità lo è”. E la religione dei diritti
dell’uomo ha fatto “saltare” il confine tra diritto e morale, cioè tra coazione
e coscienza (persuasione).
Così l’amore verso
il prossimo, da precetto evangelico e dovere morale si è trasformato in norma
giuridica e in decisioni giudiziarie. La morale dell’umanitarismo è imposta con
i carabinieri “Questo strano fenomeno è stato perfettamente analizzato dal
decano Carbonnier. Come lui osserva, esiste, sin dall’inizio, nei diritti
dell’uomo, l’idea di una fraternità umana e dunque di un dovere di amore verso
l’altro. Ma questa dimensione dei diritti dell’uomo è restata a lungo soltanto
nel registro della morale individuale”; ma “Tutto è cambiato nella seconda metà
del XX secolo. Dopo l’entrata in vigore della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo del 1950, si è
progressivamente imposto un vero culto dei diritti dell’uomo … Sono passati in
secondo piano i diritti individuali di base, i diritti-libertà riconosciuti
agli individui per garantirli contro possibili abusi da parte dei loro
governanti: libertà di movimento, sicurezza, inviolabilità del domicilio e
della corrispondenza, libertà di pensiero e di opinione, libertà d’espressione.
Il centro di gravità della morale dei diritti dell’uomo si è spostato verso il
principio di non-discriminazione, che è diventato il principio fondante dei
diritti dell’uomo”. Lo Stato diventa un dipartimento
della morale umanitaria ma ciò comporta “un vero tradimento del popolo da
parte dello Stato. Perché se ogni Stato ha dei doveri verso l’umanità esso ha
dei doveri prioritari verso il Paese di cui costituisce il volto
costituzionale. Esso deve vegliare per prima cosa sui suoi interessi, la sua
prosperità, la sua prospettiva futura. Ma, in Europa occidentale e in Francia
meno che altrove, lo Stato non ha quasi nessuna preoccupazione per gli
interessi concreti del popolo. Poco importa il suo avvenire”. D’altra parte
“amare il proprio nemico, porgere l’altra guancia: sono dei percorsi di
santificazione individuale, non delle regole di diritto che si possono imporre
a tutta una popolazione. Il millenarismo dell’amore per l’altro spirito fino al
disprezzo di sé causa la morte delle società che vi si abbandonano”. Per
continuare ad esistere “il popolo di questo Paese deve rompere con la religione
suicidaria dei diritti dell’uomo. Il bisogno vitale di questo popolo non è
quello di essere protetto contro i suoi governanti dai diritti dell’uomo, ma di
essere protetto dai suoi governanti contro i diritti dell’uomo”.
Nel complesso un
saggio che condensa in poche ma dense pagine errori, ingenuità, derivazioni di un’ideologia quanto mai pericolosa
e la quale ignora gran parte dei capisaldi del pensiero politico e giuridico
europeo. Solo per questo un ottimo motivo per leggerlo e tenerlo a mente.
Teodoro
Klitsche de la Grange
[1]
Elementi di scienza politica Cap. V,
VIII
1 commento:
Quella che offro qui di seguito è una diversa lettura di uno stesso testo. La recensione di Teodoro Klitsche della Grange è incentrata sugli elementi di separazione fra potere religioso e potere politico. La mia attenzione è invece attratta da momenti interni a questa separazione ed al modo in cui essi si enucleano nella trattazione dell'Autore, che non è estranea a personali opzioni ed alla situazione politica interna alla Francia odierna.
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