venerdì 13 gennaio 2017

Lettera aperta a Beppe Grillo e ai grillini sulle ragioni di una nuova impugnativa giudiziaria del Regolamento Cinque Stelle, riformato in ottobre 2016.

Riprendiamo dal Meet-up “Roma Libera in Movimento” - sua sede originaria - il testo del Comunicato che doveva partire in data 15 dicembre 2016 con lettera raccomandata all’indirizzo di Beppe Grillo. Nessuno si aspettava che Beppe Grillo avrebbe mai risposto, secondo un suo costume consolidato e tipico del suo culto della personalità, giunto all’incredibile nei suoi spettacoli dove si trovano parlamentari in fila nell’atto di assumere non l’Ostia consacrata, come nella messa cattolica, ma un grillo essiccato. Si è parlato di blasfemia, cosa che è stata negata, ma pur non essendo io un cattolico praticante ho trovato oltraggioso e di cattivo gusto lo spettacolo, e sono ben felice di non essere un musulmano di quelli costretti ad arrabbiarsi in casi simili. Non voglio calcare sullo spettacolo per il quale nel febbraio 2016 ho pagato 50 euro senza divertirmi, ma solo dare la prova di come Beppe sia irraggiungibile persino all’Iscritto che vuole evitare di fargli una causa: figuriamoci a scrivergli lettere! Ben lo si sapeva che sarebbe stato inutile, ma era ai “grillini” fanatici che ci si voleva rivolgere per evitare reazioni e incomprensioni. Da allora, e dopo la morte di Gianroberto, forse la mente che muoveva Beppe sullo scenario politico, e soprattutto dopo la recentissima clamorosa giravolta al parlamento europeo, si pongono a nostro avviso seri problemi di contenuti e linea politica di quello che è al momento la prima forza politica del Paese, sempre che non si sfasci con la stessa rapidità con cui si è formata, cosa che noi assolutamente non vogliamo. Ma perché ciò non sia e possa essere scongiurato, ci pare necessario rifare tutto quanto il Movimento, dalle sue fondamenta ai piani alti.

Soprattutto, constatata l’inesperienza, l’ignoranza, la scarsa democraticità della sua leadership - malgrado l‘«uno vale uno» e tanti princìpi mal digeriti e contraddetti nella prassi - occorre aprire il Partito (di questo si tratta!) al grande numero di elettori che hanno puntato su una forza nuova, stanchi dei vecchi partiti. Occorre trovare il sistema attraverso il quale le competenze e le qualità politiche che si trovano fra i cittadini votanti il m5s possano diventare esse stesse forza di governo. In una città come Roma, fondamentale per testare le capacità di governo del M5s, la selezione dei candidati è stata fatta in una fascia ristrettissima di cliccanti. Dai Tre ricorrenti (Caracciolo, Motta, Palleschi) che hanno avuto il reintegro in Tribunale era stata chiesta ai Vertici la ripetizione delle Comunarie non già e non tanto per essere rimessi in lista, ma per poter selezionare su una base più ampia le competenze necessarie per governare una città così difficile come Roma. Per fare un esempio: si poteva disporre fra gli stessi iscritti al M5s romano di un ex Direttore Generale del Ministero dell’Ambiente, con un curriculum di prima grandezza, e sono andati a pescare prima una chiacchierata Muraro e poi una Pinuccia venuta da fuori, senza neppure leggere il curriculum che senza padrinaggi di nessun genere era stato portato a quella Segreteria politica che si è poi pure dovuta dimettere in uno scandalo permanente di cui ancora non si vede la fine.

Insomma, il marasma è tale, dentro il M5s, che ormai i Talebani - sempre pronti a puntare il dito contro altri - devono abbassare le ali ed arrossire di vergogna e non uscire di casa. La speranza per il M5s non è nei “vecchi” attivisti - quelli che si sono pronunciati per l’«andare avanti» -, quando dovevano fare proprie senza esitazioni le ragioni della giustizia e della legalità, di quella “onestà tà tà”, anche politica, che vanno sbandierando ai quattro venti con sempre minore credibilità tà tà. Poco hanno fatto caso, salendo la gradinata del Campidoglio, sulla sinistra, a quella statua di Cola di Rienzo, che ebbe triste epilogo dopo entusiasmi e consensi iniziali da parte dei cittadini. I presagi sono nefasti ed il senso del nostro agire è nel volerli scongiurare.

Civium Libertas

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In nome e per conto dei signori Bruno Bellocchio, Antonio Caracciolo, Alessio Marini e Ivan Pastore, quali iscritti all'Associazione “MoVimento 5 Stelle” costituita il 4.10.2009, Le comunico che ho ricevuto mandato dai predetti per porre all'attenzione il seguente loro comunicato.

“Caro Beppe,

Le modalità con cui è stato elaborato e sottoposto a votazione il nuovo Regolamento del M5S, così come quelle con cui si è preteso di modificare il “Non Statuto”, a nostro avviso, rappresentano invece la negazione del principio di democrazia partecipata dal basso che avrebbe dovuto caratterizzare il nostro movimento.

Il Regolamento non nasce infatti ad opera dell’intelligenza collettiva degli iscritti, ma dalla volontà di pochi che hanno chiamato gli iscritti ad un plebiscito senza possibilità di discussione e di modifica delle singole parti del testo, il che costituisce non solo un patente ripudio del metodo assembleare previsto dal Codice civile, ma ancor prima di quel principio assembleare che costituisce l’architrave della vita democratica.

L’affermazione con cui è stato salutato l’esito della votazione e cioè che “Processi, burocrazie, codici e codicilli non possono fermarci”, rappresenta purtroppo la saldatura con la negazione del principio democratico, di cui legalità e legittimità rappresentano invece le fondamenta che debbono essere, sempre e comunque, salvaguardate.

Ed è proprio per affermare i principi di legalità e legittimità, vista la sordità dimostrata ai piani alti del MoV, che siamo costretti a far valere in sede giudiziaria la tutela dell’idea di partecipazione propria dell’associazionismo democratico e la base di ogni convivenza politica e sociale: pacta sunt servanda.

Il patto fondamentale associativo – il “Non Statuto”–, per una legittima modifica del quale sarebbe stato necessario il consenso di tutti gli associati (o nella minore delle ipotesi la partecipazione assembleare dei tre quarti degli iscritti), non poteva e non può avvenire mediante una modalità anomala che non ha neanche raggiunto il quorum minimo prescritto, dopo circa un mese da quanto la stessa è stata lanciata.

Non solo: la modifica del “Non Statuto” è stata erroneamente considerata legittima quantunque avvenuta mediante una “votazione” che non consentiva neppure di comprendere quale sarebbe stato il testo regolamentare che avrebbe dovuto integrarlo. Infatti, il testo sottoposto ai votanti rinviava a quello promulgato nel dicembre 2014 -di cui il Tribunale di Napoli nel luglio 2016 ha ravvisato la nullità – e al momento della votazione della modifica non era neanche possibile sapere quale tra i due testi del regolamento (che erano contestualmente in votazione) sarebbe stato alla fine approvato: una votazione che si è dunque risolta come un’inammissibile approvazione in bianco di un testo non individuabile.

Questa non è una questione di “burocrazia, codici e codicilli”, ma di trasparenza e di tutela della consapevole partecipazione democratica.

E non solo. Il regolamento, che ha ottenuto il voto favorevole di meno della metà degli iscritti, contiene clausole che cozzano palesemente con i principi costituzionali. Per esempio la norma mediante la quale si stabilisce l’espulsione di coloro che, sottoposti a procedimento disciplinare, rilascino dichiarazioni pubbliche: si introduce il principio totalitario che l’accusa può essere pubblica, ma la difesa deve essere silente.

La stessa genericità delle condotte passibili di sanzioni disciplinari mostra un inaccettabile cambiamento di passo che rischia di condurre alla negazione di diritti fondamentali degli iscritti, quali il Diritto di difesa: lo si è visto in occasione della recente sospensione dei portavoce Mannino, Nuti e Di Vita, “colpevoli”di aver esercitato una prerogativa prevista dal Codice di procedura di uno Stato di Diritto, cristallizzata dagli articoli 24 e 111 della Costituzione italiana.

Né si comprende perché il Comitato d’appello che dovrà giudicare sulle espulsioni sia costituito da persone scelte tra una rosa imposta dal Consiglio Direttivo di un’altra Associazione, quel “Movimento 5 Stelle” fondato a Genova il 14.12.2012 da Te, Enrico Grillo e Enrico Maria Nadasi, che (con Gianroberto Casaleggio) sono stati gli unici soci di detta associazione, così come già riconosciuto in provvedimenti giurisdizionali di diversi Tribunali italiani….

Qualora si insistesse a ritener validi ed efficaci il Regolamento e le modifiche al Non Statuto e si persistesse nella volontà di non sottoporre all'assemblea degli iscritti i suddetti provevdimenti, non resterà altra via che far valere in via giudiziaria i nostri diritti di associati per far valere quei principi che ci hanno portato a aderire al M5S e a vedere in detto MoVimento l’unica possibilità di rigenerazione della vita politica italiana.

Lo spirito che ci anima non è quello di recar danno al M5S e/o alla sua immagine, ma al contrario è nostra intenzione, convinzione e determinazione di dare piena attuazione alla lettera e allo spirito dell’art. 49 della costituzione mediante il quale si sancisce il diritto di ogni cittadino di poter “concorrere con metodo democratico alla determinazione della politica nazionale”: diritto che può e deve essere disciplinato, ma non compresso né annullato.

 Bruno Bellocchio, Antonio Caracciolo, Alessio Marini e Ivan Pastore”

Cordiali saluti
(avv. Lorenzo Borrè)

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