Post in elaborazione. Bozza.
Avevo intenzione di scrivere qualcosa, ma un qualcosa scritto sull’acqua, come sempre, alcuni giorni fa, dopo aver assistito ad uno dei soliti talk show di cui ho dimenticato tutto, eccetto alcune affermazioni di Massimo Cacciari, che era nella stessa trasmissione messo in un medaglione gestito dal conduttore e dove era presente, o meglio costretto, anche Paolo Becchi e il il politologo Sartori, di cui ricordo pure una gratificazione, forse pannelliana, di uomo che sa tutto e non capisce nulla. Non ho la registrazione, ma nel suo livore contro il Movimento Cinque Stelle sembra abbia pontificato con delle enormità sul diritto stesso del Movimento di partecipare alla competizione elettorale. Mi riservo di ritornare su questa enormità se ritrova e risento la video registrazione.
Ma era l’«idiozia» di Massimo Cacciari che aveva attratto la mia attenzione. Una «idiozia» che ha fatto scuola se ieri sera il giornalista Feltri (ahimé i nostri sapienti son tutti “giornalisti”, che ci servono a briciole il pane quotidiano della loro saggezza), il quale senza citare la fonte ha ripetuto tal quali le argomentazioni di Cacciari. Cosa diceva dunque? Che la “democrazia diretta” non ha neppure la dignità dell’«utopia», cosa che tutti i filosofi della storia hanno sempre considerato con rispetto, ma che era una assoluta «idiozia» nella complessità del mondo moderno. Alla realizione di questa “idiozia” confligge la “complessità” del nostro mondo, enormemente più articolato di quello antico o medievale o preistorico.
Io avrei intanto qualche perplessità proprio su questa idea di “complessità” applicata alle societù umane. che sono pensate evidentemente come “complesse” se riferite alle nostre società tecnologizzate, dove l’uomo è reso sempre più povero spiritualmente e mentalmente, e forse proprio per questo bisognoso di rimettere tutto il suo essere nelle mani e nelle disponibiltà perfino in quelle dei giornalisti e dei conduttori di talk show, pagati a 500.000 euro l’anno, come nel caso dell’eterno sorridente Floris, un sorriso stampato e mai stanco della tensione muscolare che il sorriso pur comporta. Quanto alla sicurezza con cui Massimo Cacciari pronuncia i suoi giudizi, spesso interessanti e condivisibili, ma affatto comuni e di buon senso, ha smesso di impressionarmi ed influenzarmi da quando tanti anni fa, al tempo della prima guerra del golfo, spacciandosi per esperto di strategia militare il buon Massimo ebbe a fare una dichiarazione che fu smentita dai fatti appena una settimana dopo. Dunque, è meglio di Cacciare l’invito a “pensare con la testa propria” da lui rivolto in un convegno ad un relatore che infarciva il suo discorso con citazioni che chi ascoltava non poteva verificare. Dunque, non con la testa della stesso Cacciari, ma con quello di cui ognuno di noi ha avuto da madre natura, grande o piccola che sia.
Ebbene, la prima obiezione a Massimo è che lui è sempre stato un uomo di partito ed è stato parlamentare e sindaco. È stato un “rappresentante politico” e dunque in qualche modo non è libero nel suo giudizio quando dice che la “democrazia diretta” è impossibile in quanto è una “idiozia”. Se prendiamo l’accezione che il termine “idiozia” aveva in Grecia nel IV secolo avanti scritto “idiozia” è invece, forse proprio la “rappresentanza politica”, a cui il cittadino privato, l’idiotes, si consegna quando abbandona la vita politica, quando non esce più in piazza per decidere insieme ad altri cittadini il destino della polis e della sua stessa vita privata, ormai amministrata da altri, e certamente non per il suo interesse, ma nell’interesse prevalente di chi il potere lo gestisce.
Io vorrei chiedere ad ogni italiano se crede veramente che ogni singolo parlamentare stia in Montecitorio non per quei 20.000 euro mensili assicurati, come base minima della carriera politica, ma per assicurare le condizioni di vita e di esistenza di ognuno dei 60 milioni di italiani. Vorrei anche chiedere se crede che i Mille siano davvero quanto di meglio si trovi in mezzo a 60 milioni di cittadini. Io vorrei chiedergli come si sente quando mette un segno di croce su una scheda per non poter fare null’altro. Se non credo che per effetto di questo chiamata in recinti chiusi, a mo di bestiame, non si siano innalzati sopra di sé, in dignità ricchezza e potere, persone di cui spesso (quando se ne può avere una conoscenza non mediatica, ma personale) si ha sommo disprezzo. Ed è questa appunto la “rappresentanza politica”, una formula criminale al cui confronto l’organizzazione mafiosa impallidisce.
No, caro Massimo, ad essere una “idiozia”, per giunta criminale, è proprio la “rappresentanza politica”, da cui in questi 70 anni di “antifascismo fascista” abbiamo potuto avere tutte le prove documentali che ci servivano. E resta il fatto che quando non sono “ladri” o “collusi” noi abbiamo sempre sollevato sopra noi stessi individui il cui “onore” non è maggiore del nostro, ma passano per gli Onorevoli per antonomasia. Viene da rimpiangere l’ancien règime, i cui ordini (Clero, Nobiltà e Terzo Stato) hanno ceduto il passo ed il potere a qualcosa di peggio e certamente più subdolo e ipocrita.
E veniamo alla “complessità” che renderebbe impossibile la “democrazia diretta” e quindi perché “impossibile” anche “idiota”. Ricordo a proposito di possibilità una distinzione che avevo trovato in un articolo di Lelio Basso, non so se sua propria o risalente ad altri. Egli distingueva fra una possibilità “astratta” in quanto priva di mezzi, ed una possibilità “concreta”, in quanto fornita di mezzi e quindi idonea a raggiungere i suoi scopi. Ebbene, se la “rappresentanza politica” è lo “strumento” con cui i cittadini realizzano i loro fini, ogni giorno che passa dimostra financo ai ciechi che questo strumento produce per un verso il fine della macelleria sociale, il fine del “genocidio” di quel popolo che si dice di rappresentare: ho detto “genocidio” che può avere tante forme, di cui quella vigente è sempre la meno sospetta e riconoscibile: quale peggiore genocidio di quello che ti toglie ad intere generazioni il futuro, la speranza, la dignità?
In un loro libro, Beppe e Casaleggio, parlano di “intelligenza collettiva”, resa oggi possibile proprio dalla forma di comunicazione della rete, appena agli esordi ed ancora assai perfettibile. Io stesso in una piazza di Brindisi a chi mi chiedeva cosa fare per uscire dall’inazione, dall’impotenza, dalla frustrazione, non ho certo detto di votare per questo o per quel partito, per questo o l’altro personaggio. Eravamo su un palco dicendo che non ci presentavamo alle elezioni e non chiedevamo il voto di nessuno. Ma ogni cittadino che insieme ad altri nove cittadini si fosse organizzato in gruppo su un progetto, anche di studio, diventava una forza notevole. Se poi in dieci si sapevano coordinare con gruppi analoghi, allora il rivolo diventava un fiume, anzi un torrente inarrestabile.
Ahimé, ho scritto più di quel che non volessi, ma concludo rapidamente e bruscamente, dicendo che proprio la “complessità” della società odierna consente di creare, sperimentare e attuare quegli istituti di cui la ‘democrazia diretta” ha bisogno. Che io sappia il filosofo Cacciari non ha mai spremuto le sue meningi filosofiche per pensare le forme della democrazia diretta. Se è stato anche lui parlamentare, la sua eredità è quella che ci troviamo oggi. E dunque non possiamo ritenere credibile la critica di Cacciari alla “democrazia diretta”, anche perché ci è preclusa la formula hobbesiana della relazione di protezione / obbedienza. I nostri “rappresentanti politici” agitano continuamente gli spauracchi pre-1945 per dirci che sono loro hanno il sovrano diritto di tiranneggiarci in un mondo che per definizione autoreferenziale è oggi migliore di quello distrutto e soggiogato nel 1945.
Se il criterio per verificare nel tempo e nello spazio la legittimità di ogni forma di potere costituito è la relazione protezione / obbedienza, cioè ubbidisco ad una autorità che ritengo legittima solo e in quanto mi protegge nell’accezione più ampia del termine, includendo protezione fisica della vita ma anche della libertà e della dignità, allora non pare esservi dubbio che la forma attuale di potere rappresentativo (oggi Letta/Alfano) è il più “illegittimo’ del dopoguerra. Questi signori ubbidscono all’«Europa» o meglio alla Finanza, ai Mercati, allo Spead, non al popolo italiano, e del popolo italiano preparano la macelleria sociale e la repressione: devono lasciarsi scannare senza resistenze “eversive” e devono lasciarsi scannare dal governo delle larghe intese, promosse e benedette da Napolitano. Essendo precluso il ritorno a forme di governo precedenti il 1945, non resta altra via che la “democrazia diretta”, l’unica possibile e praticabile, anche se assai impervia e piena di insidie.
Io vorrei chiedere ad ogni italiano se crede veramente che ogni singolo parlamentare stia in Montecitorio non per quei 20.000 euro mensili assicurati, come base minima della carriera politica, ma per assicurare le condizioni di vita e di esistenza di ognuno dei 60 milioni di italiani. Vorrei anche chiedere se crede che i Mille siano davvero quanto di meglio si trovi in mezzo a 60 milioni di cittadini. Io vorrei chiedergli come si sente quando mette un segno di croce su una scheda per non poter fare null’altro. Se non credo che per effetto di questo chiamata in recinti chiusi, a mo di bestiame, non si siano innalzati sopra di sé, in dignità ricchezza e potere, persone di cui spesso (quando se ne può avere una conoscenza non mediatica, ma personale) si ha sommo disprezzo. Ed è questa appunto la “rappresentanza politica”, una formula criminale al cui confronto l’organizzazione mafiosa impallidisce.
No, caro Massimo, ad essere una “idiozia”, per giunta criminale, è proprio la “rappresentanza politica”, da cui in questi 70 anni di “antifascismo fascista” abbiamo potuto avere tutte le prove documentali che ci servivano. E resta il fatto che quando non sono “ladri” o “collusi” noi abbiamo sempre sollevato sopra noi stessi individui il cui “onore” non è maggiore del nostro, ma passano per gli Onorevoli per antonomasia. Viene da rimpiangere l’ancien règime, i cui ordini (Clero, Nobiltà e Terzo Stato) hanno ceduto il passo ed il potere a qualcosa di peggio e certamente più subdolo e ipocrita.
E veniamo alla “complessità” che renderebbe impossibile la “democrazia diretta” e quindi perché “impossibile” anche “idiota”. Ricordo a proposito di possibilità una distinzione che avevo trovato in un articolo di Lelio Basso, non so se sua propria o risalente ad altri. Egli distingueva fra una possibilità “astratta” in quanto priva di mezzi, ed una possibilità “concreta”, in quanto fornita di mezzi e quindi idonea a raggiungere i suoi scopi. Ebbene, se la “rappresentanza politica” è lo “strumento” con cui i cittadini realizzano i loro fini, ogni giorno che passa dimostra financo ai ciechi che questo strumento produce per un verso il fine della macelleria sociale, il fine del “genocidio” di quel popolo che si dice di rappresentare: ho detto “genocidio” che può avere tante forme, di cui quella vigente è sempre la meno sospetta e riconoscibile: quale peggiore genocidio di quello che ti toglie ad intere generazioni il futuro, la speranza, la dignità?
In un loro libro, Beppe e Casaleggio, parlano di “intelligenza collettiva”, resa oggi possibile proprio dalla forma di comunicazione della rete, appena agli esordi ed ancora assai perfettibile. Io stesso in una piazza di Brindisi a chi mi chiedeva cosa fare per uscire dall’inazione, dall’impotenza, dalla frustrazione, non ho certo detto di votare per questo o per quel partito, per questo o l’altro personaggio. Eravamo su un palco dicendo che non ci presentavamo alle elezioni e non chiedevamo il voto di nessuno. Ma ogni cittadino che insieme ad altri nove cittadini si fosse organizzato in gruppo su un progetto, anche di studio, diventava una forza notevole. Se poi in dieci si sapevano coordinare con gruppi analoghi, allora il rivolo diventava un fiume, anzi un torrente inarrestabile.
Ahimé, ho scritto più di quel che non volessi, ma concludo rapidamente e bruscamente, dicendo che proprio la “complessità” della società odierna consente di creare, sperimentare e attuare quegli istituti di cui la ‘democrazia diretta” ha bisogno. Che io sappia il filosofo Cacciari non ha mai spremuto le sue meningi filosofiche per pensare le forme della democrazia diretta. Se è stato anche lui parlamentare, la sua eredità è quella che ci troviamo oggi. E dunque non possiamo ritenere credibile la critica di Cacciari alla “democrazia diretta”, anche perché ci è preclusa la formula hobbesiana della relazione di protezione / obbedienza. I nostri “rappresentanti politici” agitano continuamente gli spauracchi pre-1945 per dirci che sono loro hanno il sovrano diritto di tiranneggiarci in un mondo che per definizione autoreferenziale è oggi migliore di quello distrutto e soggiogato nel 1945.
Se il criterio per verificare nel tempo e nello spazio la legittimità di ogni forma di potere costituito è la relazione protezione / obbedienza, cioè ubbidisco ad una autorità che ritengo legittima solo e in quanto mi protegge nell’accezione più ampia del termine, includendo protezione fisica della vita ma anche della libertà e della dignità, allora non pare esservi dubbio che la forma attuale di potere rappresentativo (oggi Letta/Alfano) è il più “illegittimo’ del dopoguerra. Questi signori ubbidscono all’«Europa» o meglio alla Finanza, ai Mercati, allo Spead, non al popolo italiano, e del popolo italiano preparano la macelleria sociale e la repressione: devono lasciarsi scannare senza resistenze “eversive” e devono lasciarsi scannare dal governo delle larghe intese, promosse e benedette da Napolitano. Essendo precluso il ritorno a forme di governo precedenti il 1945, non resta altra via che la “democrazia diretta”, l’unica possibile e praticabile, anche se assai impervia e piena di insidie.
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