venerdì 4 giugno 2010

Verso Gaza 10: Una strana pretesa della propaganda israeliana, cioè: di imporre i propri filmati dopo aver sequestrato i video degli aggrediti.

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Fermo qui, subito, con la scrittura, una riflessione/constatazione che altrimenti rischia di sfuggirmi nel succedersi dei pensieri disparati della giornata che sta per iniziare. Sarò breve. Ed avverto dei probabili refusi che mi riservo di eliminare in letture successive di revisione. Insomma, sarò spedito e schematico. Incominciamo con le autopsie del corpi restituiti alla Turchia. Ho letto di quattro colpi alla nuca ed uno al petto, sparati a bruciapelo. E mi domando: cosa può aver giustificato tanta spietatezza? La propaganda israeliana, naturalmente, tenta di accreditare la tesi della “legittima difesa”… E, cioè, che i “pacifisti” della Free Flotilla non fossero tali, ma – oltre ad essere degli incalliti attivisti filo-palestinesi – rappresentassero una reale minaccia per Tsahal, essendo armati fino ai denti (sic!) con… bastoni, fionde ed un coltello da cucina! Certo, ognuno dei 700 passeggeri della nave turca può avere ed ha una sua biografia personale. Di alcuni di quelli che sono morti, giovani quarantenni, sappiamo che erano padri di famiglia che ora hanno lasciato degli orfani. Le biografie possono essere le più disparate, ma ciò che a noi interessa sapere è solo il fatto che stavano su una nave per portare aiuti umanitari ad una popolazione assediata da più di tre anni e ridotta ormai allo stremo (almeno, così ha affermato ieri, Ban Ki-moon, Segretario generale dell’ONU). Anche i soldati israeliani che hanno investito le navi della Flotilla – dal mare, con canotti da guerra, e dal cielo, calandosi dagli elicotteri, e che erano armati come si conviene a dei commandos d’assalto – hanno una loro biografia personale. Ma a noi, in questa circostanza, interessa il solo fatto che erano armati per davvero ed in senso proprio, e che hanno sparato uccidendo…

Tra le 700 persone aggredite in piena notte in acque internazionali su una nave civile, si trovavano moltissimi giornalisti ed operatori dei media che con i loro costosi strumenti professionali avrebbero voluto far vedere al mondo ciò che ordinariamente non viene fatto vedere. Le riprese che gli stessi giornalisti aggrediti hanno potuto fare dell’aggressione stessa sono state sequestrate insieme con le costose apparecchiature. Quindi, noi non abbiamo potuto vedere l’aggressione e gli omicidi come gli stessi aggrediti l’hanno vista e vissuta. Avrebbero potuto anche documentarla ed esibirla ai giudici internazionali che si dovrebbero interessare di questa assai triste vicenda. No! Noi non possiamo vedere con gli occhi delle vittime, ma solo con quella degli assalitori.

Ecco, dunque, che spuntano video prodotti dai servizi israeliani e che vengono mandati sulla rete mediatica di cui dispongono o inviati ai loro uomini nelle diverse redazioni, per poter dimostrare che gli aggressori armati di fionde e cerbottane erano quelli che, alle tre di notte, per la loro gran parte, ancora dormivano. Tutto ciò, converrete, non è davvero allucinante? Orwelliano? Questa pretesa di costringerci a guardare video che neppure dimostrano ciò che pretendono di palesare: la presenza di armi che non siano fionde e qualche bastone raccolto qua e là nella stiva. Si pretende perfino che questi uomini, “armatissimi” sarebbero riusciti, a mani nude, a disarmare aggueritissimi e provetti guerrieri, impadronendosi di alcune delle loro pistole. Il particolare è confermato da certe testimonianze degli aggrediti, che però aggiungono di aver subito gettato in mare quelle pistole senza averle usate.

Ho promesso di essere breve e qui fermo, riportando l’attenzione tutta su questa stramberia. In altri termini: mi impedisci di far vedere al mondo ciò che io stesso ho filmato mentre mi aggredivi, e poi, pretendi che il mondo debba visionare ciò che tu hai fabbricato non si sa dove, come e quando per far passare la tua propaganda di Stato. Ricordo en passant, ma con assoluta pertinenza, la conferenza tenuta qualche mese fa, in Roma, da un europarlamentare che raccontava di come agenti mediatici israeliani si fossero recati in Parlamento per dimostrare con filmati, appunto, la loro nota tesi degli “scudi umani”. Sono certo bravi e professionali nel propagandare la loro immagine – osservava l’europarlamentare –; peccato, però, che in tanta accuratezza si fossero dimenticati di cancellare le date che facevano risalire ad epoca precedente ciò che loro pretendevano di dimostrare, per un determinato luogo ed un determinato periodo.

Sono questi i filmati che pretendono di farci vedere, mentre ci impediscono di poter vedere i filmati della controparte: quelli sequestrati alle vittime della loro aggressione. Mi viene in mente un altro filmato. Quello dei massacri di Qana, che un dilettante aveva filmato. Per ordini tassativi, il filmato originale non avrebbe mai dovuto esser fatto vedere. Ma un soldato dell’ONU, che aveva una figlia della stessa età dei numerosi bambini massacrati, ne fece una copia che consegnò al giornalista Robert Fisk, che lo fece pubblicare dal suo giornale. L’evidenza della verità non poté più essere negata ed il governo israeliano cambiò ripetutamente le versioni già date. L’episodio si può leggere nell’ultimo libro di Fisk tradotto in italiano: Martirio di una nazione. Ed il ministro Frattini ci viene a raccontare che essendo Israele una democrazia, si può ben affidare alla stessa Israele l’inchiesta conoscitiva di cui si parla, ma di cui – in principio – non si dovrebbe avere bisogno, non tenendo in nessun conto la testimonianza delle 700 persone coinvolte e i corpi delle salme di cui è stata fatta autopsia.

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