martedì 5 ottobre 2010

Libertà di pensiero a senso unico: quella che Wilders reclama e quella che i suoi fan negano ad altri: contraddizione palese in una stessa pagina.


Non mi attrae il tema Wilders e non credo meriti molta attenzione. E così pure una serie di movimenti politici che in Europa appaiono qua e là: non sono uno storico dei partiti e dei movimenti politici, né di quelli del passato né di quelli in gestazione. Tuttavia, quanto sta succedendo in Olanda, dove Wilders è sotto processo per islamofobia e odio razziale, mi offre lo spunto per un commento che vuole essere breve, salvo che poi la tastiera non vada avanti da sola. Intanto, credo che anche per l’Olanda sia eguale la genesi della legislazione sull’istigazione all’odio razziale, e simili. Naturalmente, non ritengo qui di dover spendere parole per dire quanto sia insensato e piuttosto difficile da definire l’«odio razziale». Non credo neppure che l’«odio» sia un fenomeno sociale effettivamente esistente: può essere solo una passione, una malattia dell’animo, individuale, di breve durata. I concreti fenomeni ad esso associato devono essere spiegati con ben diverse categorie sociologiche. Credo però che la sua architettura giuridico-penale sia opera della Lobby che non esiste, la quale pensava inizialmente di poterla applicare come un’arma contro i suoi critici, avversari, oppositori, nemici. Si dovrebbe qui fare una cronologia di tutte le legislazione europee sull’«odio», studiare i lavori parlamentari, la sociologia politica dei soggetti e delle forze che si trovano dietro la produzione di siffatte leggi. Qualcosa però deve essere andato storto rispetto ai piani e alla progettazione della Lobby. Pur essendo in via di estinzione tutto l’edificio secolare dello stato di diritto, permangono tuttavia alcuni criteri tecnici: la legge – spiegano i manuali di diritto – deve essere astratta e generale. Altrimenti non è legge, ma qualcosa d’altro: un provvedimento amministrativo, una misura di polizia e simili. Ebbene, Lor Signori non potevano far scrivere: vogliamo una legge per discriminare e perseguitare chi vogliamo noi, magari indicandoli per nome, o meglio una “lettre de cachet” da poter usare noi quando e contro chi vogliamo.

Le galere tedesche ed europee brulicano di cittadini europei, la cui unica colpa è quella di non essere graditi alla Lobby che non esiste. I media ben si guardano dal darci le statistiche. Io ho dato la cifra dei 200.000 casi di persone penalmente perseguite nella sola Germania per meri reati di opinione, ma non trovo un’inchiesta giornalistica su questo diffuso fenomeno né se ne ha la consapevolezza. Ricordo un nostro telegiornale come tempo addietro avesse riportato con una certa aria sguaiata e divertita la notizia che al vescono Williamson fosse stata comminata in Germania la multa di 12.000 euro. Neppure lontanamente il mezzobusto di regime si poneva il quesito se si potesse infliggere una sanzione ad una persona non per aver stuprato magari lo stesso mezzobusto, ma per un semplice opinione, poco importa quanto fondata. In Francia, in Austria, in Svizzera, in altri paesi vi è una moltitudine di casi, su cui regna regna il silenzio: abbiamo i nostri desaparacidos. Ma torniamo a Wilders ed ai suoi deliranti discorsi, che per quel mi riguarda possono restare confinati al festival del delirio con i suoi appassionati. L’Europa conosce in questi ultimi decennio una crescente presenza islamica o musulmana. Il mio ottimo barbiere è un egiziano. Mi è simpatico e non vi è conflittualità di sorta.

Con ciò che da sempre Israele fa agli islamici, agli arabi, verso i quali esiste un autentico razzismo israeliano, diventa chiaro che la Lobby non può fare in Europa agli arabi, islamici, musulmani o come li si voglia chiamare quello che in Palestina fa ai palestinesi, ovvero come loro li chiamano “arabi”, giacchè nel loro razzismo negano il concetto e l’esistenza di un “popolo palestinese”: nel loro lessico si evita la parola “palesitinese”, sostituita da “arabo”. Mentre una siffatta Lobby può chiedere a non pochi politici, loro “amici”, di adottare una politica antislamica, non può però chiedere agli stessi islamici (salvo qualche “collaborazionista”) un atteggiamento islamofobo e antipalestinese. Ecco, dunque, che per quel carattere generale e astratto che la legge tecnicamente deve avere, la trappola che era stata approntata per i propri oppositori in Europa si ritorce qualche rara volta contro loro stessi. A farne le spese è stata in passato la defunta Oriana Fallaci, una santa dell’islamofobia. Wilders, beniamimo dei sionisti nostrani, è ora caduto nelle stessa trappola, nella stessa tagliola, accuratamente e lungamente preparata per gli altri.

Ma il colmo della vicenda lo si tocca nelle motivazioni che Wilders, ed i suoi fan, adottano per la difesa davanti al giudice olandese: la libertà di pensiero! Una libertà di pensiero che è invece tenacemente negata a chi minimante si discosta dal placet ebraico/sionista: in ultimo, per chi la sa leggere e la vuole leggere, è quanto mai istruttivo il discorso senatoriale di Ciarrapico, il quale solo per aver usato del tutto marginalmente il termine “kippah”, che molti italiani non sanno neppure cosa significhi, si è visto chiedere l’espulsione dal senato e dal PdL. Costoro teorizzano che le “opinioni” non gradite o approvate dalla Lobby non debbano considerarsi una normale manifestazione di “pensiero”, ma sono vere e propri “crimini” e quindi come tali da perseguire. L’indecenza, la disonestà, la prepotenza raramente raggiungono simili livelli. Noi qui li registriamo, svolgendo il compito che ci siamo assunti di vigilare nei limiti del possibile in tutti i casi in cui viene violato il diritto fondamentale della libertà di pensiero, qui invocato da questo pittoresco personaggio perché gli risulta comodo, ma altrove pesantemente negato e conculcato.

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