giovedì 13 febbraio 2014

Note in corso di lettura del libro di Ala Friedman, «Ammaziamo il Gattopardo», uno scoop, appena uscito, di cui tutti parlano.

Ero indeciso se comprare il libro, spendendo i suoi 18 euro, e soprattutto impiegando il tempo occorrendo per leggerlo, a detrimento degli altri libri che ho in lettura e che son tanti. Mi ero detto che tanto quel che c’era da sapere ormai lo avevo appreso da quanto se ne è ampiamente riferito e pertanto poteva risparmiarmi sia i soldi sia il tempo occorrente per leggerlo. Questi i propositi, entrando in una libreria Feltrinelli, dove ero orientato all'acquisto di alcuni libri di dizione, per imparare a parlare bene in pubblico, come sanno ben parlare i politici navigati. Poi, visto che il libro di Friedman c'era, ed il costo non mi appariva eccessivamente elevato, ho sacrificato uno dei due libri di dizione che intendevo comprare, ne ho acquistato uno solo e con al posto dell'altro ho caricato il libro di Friedman. Giunto a casa ne ho iniziato la lettura e subito alla prima pagina è scattata la sorpresa. Quale?

I miei cinque lettori sanno bene quanto io sia, diciamo pure “pigro”, ma forse non è la parola giusta. Scrivere nella dovuta forma un testo, in buona lingua e in buona forma, può essere un lavoro che richiede un tempo infinito. Appunto “Infinito”. Quanto tempo ci vorrebbe per ognuno di noi se dovesse scrivere gli Undici versi di cui consta l'omonima poesia di Leopardi? Per questo, spesso o quasi sempre mi accontento di gettare delle rapida note, sulle quale poi eventualmente ritornare, avendone il tempo o ravvisandone la necessità. Ne viene fuori una scritta, spesso piena di refusi, ad anche di sgrammaticature, sulle quali ho visto accanirsi alcuni miei nemici in malefede. A loro dico adesso: se il vostro padrone mi paga quanto paga voi per scrivere contro di me, forse posso integrare il mio reddito in modo consistente e darvi in cambio buoni testo, forse perfino «L’Infinito» o la «Divina Commedia». A parte gli scherzi, che spero vengono riconosciuti come tali, ritengo che la rete consenta un tipo di scrittura e uno stile che è diverso da quello della carta stampata, dove un testo nasce morto, cioè immodificabile e rigido come la morte.

Ciò premesso, mi resta da dire quale sarebbe dunque la mia sorpresa alla prima pagina del libro di Friedman. Un momento che vado a pescare due miei precedenti post. Uno è questo e l'altro si trova qui. Non sono autocitazioni, cose contrarie al galateo. Ma è per dire che il libro di Friedman inizia con la descrizione di una manifestazione a Roma, il 15 gennaio 2011, dove anche io ero presente e per la verità non ho visto le cose di cui Friedman parla. Ne avevo avuto prima il sospetto che Friedman stesse citando quell'evento, ma po l’ho escluso quando egli parla addirittura di «un palazzo, un intero palazzo ha preso fuoco...». Ma quando? ma dove? Io non me lo ricordo il palazzo bruciato... Era presente lo stesso Friedman? Ha visto lui le cose che descrive? Io ero partito da piazza Esedra. Eravamo proprio in tanti ed il corteo era pacifico. A San Giovanni non potemmo entrare perché la piazza era preclusa da sbarramenti di polizia. Sentivamo i rumori di botti, ma nella piazza non si poteva entrara. Io restai a lungo per poi entrare nella piazza quando ce lo consentirono. Di quel giorno, 15 ottobre, mentre in altri parti del mondo si svolgevano analoghe manifestazioni, di cui Egeria in questo blog ha fatto mirabili post, di cui si consiglia la lettura, dico di quel giorno io conservo una altra immagine ben diversa da quelle descritte da Friedman. Un ragazzino che forse poteva avere 16 anni che armato dei suoi piedi prendeva a calci una specie di carro armato della polizia. Poi conservo l'immagine dello stesso ragazzino portavo via per un braccio da un poliziotto di dimensioni doppie. Collegato a questo ricordo, qualche giorno dopo, conservo l'immagine di Di Pietro davanti a Montecitorio che invocava pene ancora più severe di quelle esistente. Io mi misi a sfotterlo mentre rilasciava la sua intervista. E se l'ebbe a male, andandosene via trattandomi con sufficienza. Per fortuna, non frequenta più le stanze di Montecitorio, dove in quel momento io mi trovava per altra storia che pure avevo intrapreso a narrare in quei giorni. Lessi poi di pesantissime condanne inflitte ai ragazzini del 15 ottobre 2011. Queste ricadute repressive escono poi dalla luce dei riflettori dei media, ma nella mia memoria di quel 15 ottobre non ho traccia del “palazzo bruciato” bensì solo del minuscono ragazzino che impavido prendeva a calci l'immenso automezzo blindato della polizia di stato, quella stessa a cui Grillo chiede di non massacrare il popolo che si ribella e di non far consistere il loro mestiere nel proteggere armati di tutto punto, mentre dietro di loro un ineffabile Gasparri alza il dito medio contro i cittadini che manifestano fuori del Palazzo.

Almeno per questo episodio il libro si annuncia interessante. Non credo che Friedman fosse presente alla dimostrazione di San Giovanni, ma mi sta dando certamente una lezione di come si possa parlare di eventi per i quali non si possa dire «c’ero anch’io», come invece io titolai allora, senza pensare di scrivere un libro che magari poteva essere uno “scoop”, e magari farmi arricchire. Questa non è una critica assolutamente e non vuole togliere interesse o pregio al libro, che continuerò a legge, non tutto di un fiato, ma per lunghe pause e intervalli, durante i quali annoterò qui le mie osservazioni e rilflessioni, se mi parrà il caso, ne avrò il tempo o la voglia...

Il libro prosegue con una carrellata sui grandi personaggi degli anni ottanta, dipinti come semidei, quando oggi sappiamo che erano dei gran pezzi di m.... Come aveva accesso Friedman a questo Olimpo? La sua entratura era quella di giornalista, di un grande quotidiano economico, il Financial Times, considerato il più importante del suo genere. Vi erano persone come Ligresti che avevano interesse a farsi fare una intervista su quel quotidiano, una sorta di autopromozione.  Da qui si spiega la posizione del giornalista Friedman e le sue numerose frequentazioni. Il discorso qui è sull'«apparire», o il non apparire, trascorrendo tutta la propria vita in un onesto lavoro al riparo dei riflettori. Un lavoro i cui proventi maggiori andavano alla galleria di semidei dipinta da Friedman, che riporta pure come in quegli anni l'Italia venisse collocata al quinto posto per importanza economica. Dove sia finito tutto quel denaro e come sia stato trafugato possiamo solo immaginarlo, ma ci dicono poi che siamo “complottisti”. E mi dilungo. Tralascio tante cose che mi vengono in testa e che richiederebbero almeno una buona mezz'ora di tastiera, dicendo cose poi in fondo inutili. Intanto Friedman compare in tutti i talk show e questo dovrebbe aumentare le quotazioni e le vendite del suo libro, che non è un austero trattato di filosofia, di quelli che sondano le profondità dell'essere e sono in genere di difficile lettura, solo per addetti ai lavori.

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