lunedì 27 gennaio 2014

Contro il giorno della Memoria

Con questo titolo «Contro il giorno della memoria» esce un libro di Elena Loewenthal, persona spiritualmente e concettualmente a me estranea, un libro che andrò a comprare e che leggerò insieme ad altri dello stesso genere. Non credo proprio che ciò che leggerò in questo libro corrisponda alla mie stesse ragioni per le quali sono “contro” una imposizione inaudita che fa pensare alle conversioni religiose forzate e di massa in epoche che pensavamo remote e irripetibili. Non sono letture piacevoli e rasserenanti, ma occorre leggere con particolare attenzione i libri che non si condividono, che appartengono all'altro campo. E non per fare con essi polemiche, ma per capire le ragioni dell'altro - se ve ne sono - confrontandole con le proprie, che non bisogna mai sostenere in modo dogmatico, fanatico, ideologico. La capacità del contraddittorio e del confronto è la via della scienza, una via che di fatto hanno voluto chiudere quanti hanno inteso imporre per legge a 60 milioni di italiani una verità settaria di cui non è difficile scoprire genesi e finalità. Ad averlo scoperto, per tutti cito Norman G. Finkelstein. Il discorso sarebbe però qui lungo da fare. È stato da me già fatto in altri interventi. Questo mio post non è il Corriere della Sera o Repubblica o la Televisione a reti unificate, ma un semplice blog personale con pochissimi lettori, un blog personale che ha però sperimentato tutta la furia e l'ostilità del media del Pensiero Unico che non ammette voci dissenzienti. E dunque riprenderò in altri momenti il discorso. Aggiungo soltanto che quanto più questi signori insistono nell'imporre proprio a me la Loro Memoria, tanto più sento imperioroso il bisogno di scavare nella mia Memoria occultata da 150 di unificazione italiana. Penso al fenomeno bollato nei libri ufficiali di storia, degli storici ufficiali di regime, bollato come “Brigantaggio”. Son certo che indagando in quei remoti fatti di 150 anni fa possono trovare la spiegazione di oltre 150 di sofferenza, angherie, discriminazione, sterminio fisico e culturale della mia gente, dico della “mia” gente, che non ha mai avuto nulla a che fare - nel bene o nel male - con la gente alla quale mi si vuole a forza assimilare, e così i miei figli ed i figli dei miei figli.

Detto fatto. Ho comprato il libro della Lowenthal e devo dire che mi è dispiaciuto aver speso quei soldi. Nello stesso scaffale di Feltrinelli ho però visto anche un libro di Shlomo Sand, di cui avevo già letto il celeberrimo “Come fu inventato il popolo ebraico” e non avevo sentito parlare del recente “Come ho smesso di essere ebreo”. Avendo a suo tempo letto con molto interesse e profitto il primo libro di Sand, non ho esitato ha comprare quest’altro del quale non mi era giunta la pubblicità, come per quello della Lowenthal. Il libro di Sand costa di più ma non mi è dispiaciuto aver speso i soldi per acquistarlo.  Suppongo che tratti il tema della “identità ebraica”, sulla quale è ormai per me definitivo il libro di Gilad Atzmon, di cui mi onoro di essere “amico” e con il quale mi trovo in perfetta comunione di idee. Atzmon è un ebreo nato in Israele, da cui è fuggito riconoscendo quella terra come appartenente ai palestinesi e non agli immigrati ebrei come suo nonno, che era un “terrorista” dell'Irgun e un convinto sionista.
Questo della “identità ebraica” è un tema quanto mai spinoso, difficile e rischioso da trattare, meglio non parlarne. La gente comune pensa agli “ebrei” per quanto se ne diceva nei Vangeli, ossia un fatto legato alla religione. Ma qui di religioso non vi è proprio nulla. E non mi addentro: rinvio a quanto ho già citato. Con una ulteriore e finale considerazione. Se io dico di essere calabrese, genovese, esquimese... È una fatto privato che riguarda soltanto la mia persona e non pesa in nessun modo sugli altri, che in genere rispettano la mia appartenza dichiarata come io rispetto la loro. Nel caso di specie non è la stessa cosa. Un “identità esagitata” invade e terrorizza l'identità altrui, ahimé con il supporto di una normazione legislativa, prodotta da una stessa Lobby che non si può neppure nominare. In questi giorni i media riportano due fatti di cronaca riguardanti entrambi gli ebrei e sulla cui tempistica nutro forti sospetti: uno, in particolare. per una faccenda di tre teste di... maiale, recapitati a tre diversi recapiti simbolici, di cui uno è l’Ambasciata israeliana in Roma. I fatti sono riportato in modo che io non commento. Ma credo che nessuno o quasi sappia che negli anni del primo dopoguerra fu recapitato ben altro pacco, con ben altro contenuto alla sede romana dell’Ambasciata britannica. Si trattava di un attentato ad opera dei “terroristi dell’Irgun” che squarciarono terribilmente l'edificio dell’Ambasciata. Poiché tanto si parla di Memoria sarebbe forse il caso di andare a recuperare quella Memoria, le cui foto si trovano in internet, che ai fini di questa verità occultata è come dice Papa Francesco davvero «un dono di dio».

sabato 25 gennaio 2014

L’«antifascismo fascista» della PD Amati, di Giovanardi e Malan, approda in Senato.

Ero seduto per terra accanto a Giovanardi e Malan, che erano venuti a manifestare per la "libertà di pensiero” messa in pericolo dai tentativi di sconvolgere il matrimonio e la famiglia come l'abbiamo sempre conosciuta, fondata sull'unione di uomo e donna e sulla filiazione. I “cattolici” non si sentono ormai abbastanza forti per appellarsi semplicemente ai valori che hanno professato nel corso dei secoli e che abbiamo appreso nei corsi di catechismo. Con tutta la cautela che è necessario avere sempre con queste persone mi ero avvicinato al biondino Galan, per chiedergli sommessamente se non riteneva di essere in contraddizione flagrante nel farsi paladino della “libertà di pensiero” (proprio lui!) nel contrasto alle leggi sul matrimonio omosessuale e nell'essere stato firmatario del ddl Amati, che vuol punire con pesanti anni di carcere (e poi pretendono di svuotare le carceri che riempiono in questo modo, per questi “reati”) per delle questioni meramente storiografiche, ogni anno sempre più remote, di cui è giusto che si occupino gli storici e gli addetti ai lavori.
Provocatoriamente, gli ho chiesto di fronte a tanta sicumera e certezza se per caso era presente agli eventi del 1943-45, per esserne così certo. Ha risposto di sì, che era presente, pur non essendo ancora nato, come tutti quei sopravvissuti, a migliaia, di cui si è letto nei media, ma non troppo, i quali “sopravvissuti” erano nati dopo il 1945, ma percepivano una pensione o indennità dal governo tedesco, per essere “sopravvissuti” ai campi di concentramento. Una "truffa” alla quale non mi pare che il governo tedesco abbia adeguatamente reagito. Poiché non voglio essere inesatto chiedo ai miei Cinque Lettori di andare a pescare il fatto di cronaca e di correggere ogni mia inesattezza. Qui mi preme di sviluppare, anzi no abbozzare, un ragionamento sui principi e sulla spiegazione che si possa dare di comportamenti così insensati, illogici, irrazionali, per davvero irritanti.

In realtà, sia Giovanardi sia Malan provengono ch'io sappia dal sottobosco cattolico, da dove attingono i loro voti. E quindi erano presenti alla manifestazione (con il bavaglio in bocca) solo per salvare i loro voti cattolici, ma non senza strizzare l'occhio al mondo ebraico, della cui natura molto vi sarebbe da discutere, se ce lo consentissero: si tratta di una "religione” o di un “popolo”? Non mi addentro nella spinosa questione, ma spero mi si consenta di dire che io riconosco carattaere religioso agli sparuti gruppi di "Neturei Karta” e non più alle varie “comunità ebraica” dislocate anche nel nostro paese e le cui preoccupazioni sono direi tutte di natura "politica” e per nulla religiosa. En passant, in un punto che mi riservo di verificare, dando poi puntuale citazione o rettifica – scrivendo ora a memoria – osservo come taluni gruppi religiosi citati, di Neturei Karta o affini, ebbero a sostenere che la Shoah vi è effettivamente stata, ma si trattata di una giusta punizione per le “colpe” di cui gli ebrei si erano macchiati. Qui non si tratta più di “negazionismo” – termine che io ho già più volte definito come estraneo alla scienza storica e partorito per finalità diffamatorie e “delatorie” – ma di un ben diverso “affermazionismo”, dove si afferma che è stata una cosa “giusta” e voluta da Dio. Ebbene, in questi casi cosa verrà a prevedere la legge?

Poiché anche io sono stato vittima di tanta follia liberticida, colgo occasione per dire che in quanto filososo non mi sconvolge o interessa tanto il Se ma il Perché del Fatto in questione. Ricordo ancora il libro arcinoto di Norman G. Finkelstein, dove non si indaga sulla questione storiografica ma si constata l'esistenza di una «Industria dell’Olocausto», dove i vantaggi perseguiti non sono solo di natura economica, ma forse ancor più di natura politica e geopolitica. E qui mi avvio ad una prima conclusione, per poi seguire nei prossimi giorni il dibattito che certamente si andrà a sollevare, non so con quale risultato: la Lobby è potente e ne vediamo qui la sua manifestazione. Lor Signori escono allo scoperto e non sfuggiranno alla nostra attenzione come fu al tempo della legge Mancino-Taradash-Modigliani, quando ad altre faccende eravamo personalmente affaccendati, allo stesso modo di tutti gli italiani, parte dei quali sono in carcere per quella legge altamente ipocrita che pretende di sanzionare l‘«odio», quando la legge stessa è prodotta dall'Odio e da una infinita Ipocrisia, contro le quali a nulla valgono le parole di Cristo contro quelli che vanno a raccogliere i loro voti in Sacrestia e in Sinagoga.

Sui famosi Giudici di Norimberga ricordo la faccenda di Katyn, cioè lo sterminio di tutti gli ufficiali polacchi attribuito ai tedeschi e poi finalmente riconosciuto come opera dei sovietici di Stalin. Non credo che si riflettuto a dovere sul valore dei giudici del Tribunale di Norimberga, che tutto perseguivano meno che la giustizia, l'umanità, la pietà, la pace. Ma vieniamo al perché dell'espessione «antifascismo fascista».

I movimenti partigiani che aggregandosi agli Alleati Invasori avevano finalmente abbattuto l'«odiato» fascismo e nazismo cosa volevano? Chiaramente, volevano il governo dei paesi dove erano sparute minoranze, dedite per lo più a fare attentati terroristici e propaganda denigratoria dall'estero, per lo più dalla Francia. Sulle leggi razziali del 1938 in Italia è uscito postumo un libro di 700 pagine, fitto di nomi, documenti, date, un libro di Alberto B. Mariantoni, dove si legge che nella guerra civile spagnola - detta dai cattolici spagnoli “cruzada”– la componente ebraica arrivava secondo taluni stime al 25 % di quanti erano schierati dal fonte contrapposto a quello dei legionari italiani e fascisti che combattevano in Spagna. Fu questo fatto e nessun altro a far rivedere al fascismo la legislazione assai benevola che avevano sempre avuto verso gli ebrei italiani, che erano anche largamente fascisti.

Finita la guerra ed avuto servito il potere dagli Alleati, i signori Partigiani dovevano delegittimare al massimo il governo abbattuto con le armi straniere per poter legittimare se stessi. Ho appreso casualmente che la famosa canzone “bella ciao” è di origine ebraica. Quale migliore occasione che l'attribuire tutte le nefandezze possibili e immaginabili, non importa se vere o false, tanto verranno “vere” per legge, al regime abbattuto, nelle cui poltrone rimaste vuote ci si sarebbe andati ad insediare? Ci sono gli ebrei che hanno la Shoah da far valere? Benissimo, ottima occasione per prendere a prestito un capo di imputazione fornito da un Terzo. Il ragionamento mi sembra chiaramente enunciato, anche se resta tutto da articolare. Vi è stata una oggettiva convergenza di interessi che ha caratterizzato tutta la cultura dal dopoguerra ad oggi e che io definisco con un termine sintetico: «antifascismo fascista», che è una traduzione concettuale, non linguistica o grammatica, di un concetto analogo elaborato dal mio “amico” Gilad Atzmon, quando parla e descrive l’«antisionismo sionista» in un libro che getta finalmente luce sulla natura della “identità ebraica”.

Non so come finirà la legge in Senato e chi prevarrà e quali saranno le forze in campo, quanto vi sarà di buona fede e quanta di malafede. Poiché anche io sono stato parte in causa, avendo dovuto sostenere un procedimento amministrato per “sospetto negazionismo” ed essendo in causa con il quotidiano che aveva architettato la manovra, ribadisco ancora una volta che il mio mestiere non è quello dello “storico” che si occupa professionalmente di “campi di concentramento” (con annessi e connessi) ma del “filosofo del diritto” che ha giusto titolo per interessarsi della “libertà di pensiero, di espressione, di ricerca, di insegnamento”, un bene prezioso che appartiene a tutti i cittadini e che proprio in Senato sta per essere cancellato.

(testo in bozza, da correggere e rivedere)

domenica 19 gennaio 2014

L’«onore» e la «dignità» di Hollande.

Un caprone? Un ...?
I miei cinque Lettori si saranno chiesti le ragioni del mio lungo silenzio su questo blog. È presto detto. La lingua italiana è per me diventata un fattore limitativo e frustrante. Cerco di imparare quante più lingue possibili, anche estinte come il sanscrito, ad esempio. Possono seguire i mei sforzi nella serie dei miei blog linguistici, forse a loro stessi utili se sono alle prese con qualche lingua straniera, necessaria da apprendere se sono in procinto di emigrare da questo paese allo sfacelo. Fatta questa breve premessa, la mente mia si sta soffermando su alcuni fatti nazionali e internazionali sui quali molto si diffondono i media, ma come sempre senza essere capaci di produrre nessuna seria riflessione. Ed anzi, al contrario, producendo maggiore ottundimento nella massa dei lettori e dei telespettatori di cui è stato dato loro il governo e l'appalto. Non occorre mai perdere di vista la frase di John Pilger che ho sentito in un Forum londinese sulla natura dell'informazione. Quale questa natura? «L’informazione è una emanazione del Potere», ma ho scoperto che non è tanto Pilger a dire ciò quanto invece piuttosto una sotta citazione che riconduce al filosofo dell'antichità Plotino sul quale mi riservo di ritornare in uno dei miei blog filosofici.

 Dieudonné: ganno paura di lui!
Ma veniamo al tema. Scrivo sempre di getto, esponendomi a chi critica la mia scarsa conoscenza della lingua italiana, e sempre mi rivolgo ai miei Cinque Lettori, che erano Quattro fino a quando se ne è aggiunto un Quinto che ha chiesto di far parte del ristretto Gruppo, quasi un Seminario. Avverto che vado qui abbozzando un discorso che non potrei terminare in una sola seduta di scrivania. Mi ritengo soddisfatto se viene raccolta l'idea di quanto propongo alla riflessione di chi legge, un'idea che poi potrà sviluppare lui stesso. Partiamo dal comico francese Dieudonné contro il quale è stata orchestrata una vera e propria guerra, mediatica e poliziesca, per farlo tacere, per chiudergli la bocca, per non fargli fare i suoi spettacoli che avevano un vastissimo pubblico pagante. Con tutto il rispetto: non i miei Cinque Lettori da cui non lucro certo il mio sostentamento, ma un pubblico pagante biglietti dal costo stratosferico, quasi un motore per l'economia e l'occupazione. Ecco una prima riflessione, ancora in limine rispetto a quanto verrò a dire più avanti. Quando si impedisce a qualcuno di parlare, o meglio di esprimere un contenuto che è una sua creazione originale dal punto di vista artistico, storico, scientifico, filosofico (non stiamo parlando di gossip!), non si fa tanto un torto a lui quanto al suo pubblico potenziale o reale. Se Galileo, Copernico, Bruno hanno una verità alla quale sono giunti, questa Verità che li illumina resta sempre in loro, nella loro testa. L'utilità o il danno sta tutto dalla parte di chi sarebbe destinato a credere ancora che il Sole gira intorno alla Terra e non viceversa, se vuol dare credito agli Hollande, agli Alfano, ai Flick secondo cui si verrebbe a ledere la «dignità» e l’«onore» dei «morti» che per oltre mille anni hanno dato credito alla visione tolemaica dell'Universo. Insomma, non si tratta del diritto di parlare ed esprimersi da parte di chi ha qualcosa da dire quanto del diritto di poter ascoltare di chi vuole starlo a sentire, salvo poi giudicare autonomamente con la propria testa ciò che si sente. Non è un Diedonné ad essere colpito, ma tutti noi che veniamo privati della libertà e del diritto di poterlo ascoltare.

È un mentitore in Parlamento?
E perché mai si vuol chiudere la bocca ad un “comico”? I potenti hanno stuoli di consiglieri al loro servizio, giacché vogliono dare ad intendere alle masse mediatizzate che ciò fanno è sempre secondo diritto, giustizia, verità, e appunto “onore” e “dignità”. Come già con Faurisson – nella “civilissima” Francia, un tempo patria dei diritti e dello Stato moderno sorto dalla Rivoluzione francese – non ebbero a trovare di meglio che il principio della Verità di Stato per confutare una persona che usciva assolto dai tribunali davanti ai quali veniva portato da una minoranza che si è impadronita di ogni potere ed opprime la totalità dei popoli europei, ora anche con il comico Dieudonné si escogita la lesione alla «dignità» e l’«onore» non di una singola persona vivente, ma di una totalità indistinta di persone, defunta da oltre mezzo secolo. Non è la prima volta che sento questa argomentazione della «dignità» e dell’«onore» dei «morti della Shoa» per giungere poi alla introduzione delle leggi che hanno già prodotto nella sola Germania migliaia e migliaia (200.000? o quante?) ree di avere delle opinioni, di avere scritto dei libri, financo di averli letti e prestati. Ricordo un discorso dell'allora ministro della giustizia Alfano, che si pronunciava negli stessi termini davanti ad una ristrettissima Comunità, ricordo in un seminario al palazzo di Giustizia S. E. Flick che si pronunciava negli stessi termini. Non escludo altri casi, ma questi sono quelli da me uditi e purtroppo non registrati, per cui devo affidarmi alla memoria ed al rischio di inesattezze.

Un “pizzicotto»?
La faccenda dell'«onore» e della «dignità» mi riguarda personalmente perché è sulla base di una siffatta norma, di epoca fascista, che sono stato deferito dal mio Rettore al Collegio di Disciplina del Consiglio Universitario Nazionale, venendo assolto con formula piena. Il regolamento degli impiegato della stato dice che chi ricopre una funzione pubblica, un pubblico impiego, deve farlo con “dignità” ed “onore”, naturalmente in vita e non da morto. La norma si riferisce a persone viventi, no a persone che sono morte, e si riferisce ai soggetti attivi che sarebbero venute meno all'obbligo dell'«onore» e della «dignità». Non si riferisce certamente alle loro vittime. Non – ad es. – alla “dignità” e all’«onore» di quella studentessa (maggiorenne) che subì dei pizzicotti nel sedere da parte di un professore universitario che fu per questo deferito alla stesse sede disciplinare dove mi ha preceduto e dove io ho potuto facilmente dimostrare di non aver mai dato “pizzicotti” alle studentesse in tanti anni di “onorato” servizio. Aiutato da amici avvocati e giuristi, ho potuto difendermi dall'addebito fattomi dal rettore  Frati, sollecitato dai Potenti,  dicendo che la norma in questione sanziona una condotta disdicevole (“pizzicotti” e quanto altro), ma non l'espressione di un pensiero che è tutelato dalla Costituzione, in pratica una carta che viene rivoltata come si vuole da chi concretamente gestisce il potere e ha le leve del comando in tutte le sue casematte. Essendomi dunque familiare la norma sulla “dignità e l'onore”, mi ha non poco sorpreso di vederla ribaltata dai “vivi” ai “morti”, dall'autore del reato presunto alle sue vittime pure presunte, dal piano strettamente personale (il concreto professore che dà un “pizzicotto sul sedere” ad una concreta studentessa) al piano generico ed indistinto di una pluralità di vittime, peraltro ignare del torto che verrebbe loro fatto non finché sono in vita, ma a 70 anni ed oltre dalla loro morte. Cose da pazzi! Neppure da processo alle streghe, dove vi era per lo meno il principio della attualità della lesione penale e della compresenza di parte offesa dal “reato” e del suo autore. È ormai ammesso in sede filosofica (Chomsky, ed altri) che non si può più parlare di esistenza del diritto internazionale. Grazie, ad Israele, è ormai stato condotto a termine la distruzione del diritto internazionale. Ma qui stiamo assistendo anche alla distruzione del diritto interno, praticamente alla mercé di Lobbies che possono dettare tutte le leggi che tornano loro comodo.

Luigi Pirandello
Non ho finito, anche se mi preme di giungere alla conclusione di questa bozza, rinviando ad altri momenti ulteriori sviluppi ed affinamenti del concetto, che non ho ancora espresso nella parte che mi sembra più significativa. Attenzione, per favore! Quando sentiamo parlare di “onore” e di “dignità” cosa intendiamo propriamente? Una qualità intrinseca della persona, del concreto individuo, o non piuttosto un concetto relazionale pertinente ad uno status sociale o a una funzione pubblica? È la stessa cosa che dire di un concreto individuo (lasciamo perdere la “persona” che è pure un concetto tecnico) che è “buono” o “cattivo”, “bello” o “brutto”? Nell’ancien règime avevano “dignità” e “onore” il Clero e la Nobiltà e non ne aveva alcuna il Terzo Stato. L’«Onore» era il principio costitutivo della Nobiltà in quanto ordine sociale. Insomma, “onore” e “dignità” non possono essere disgiunti da una funzione pubblica e da una relazione sociale da parte di chi ricopre una carica. Il “delitto d'onore” del marito tradito che uccide la moglie per non sentirsi dire “cornuto” nella piazza del paese è stato depennato dal nostro codice penale, se non erro. Ricordo in proposito un'opera di Pirandello, dove il marito ben sapeva che mentre lui era assente la moglie lo tradiva in casa sua. Lo sapeva e non gliene importava nulla. Solo che tornando verso casa, sentì la vicina gridare presentendo cià che avrebbe scoperto entrando in casa. E fu così, per una costrizione sociale, che l'uomo si trovò costretto ad uccidere, per difendere il suo “onore”.

Il valore dei sondaggi
Sono stanco, mi preme tornare ai miei blog linguistici ed altro, mi avvio alla conclusione provvisoria. Il signor Hollande che è presidente della Repubblica Francese ha un qualche “onore” e una qualche “dignità” mettendo le “corna” a una sua “compagna” che non è manco la sua “legittima” moglie ma che siede pure essa all’Eliseo, come Prima Donna di Francia? Curioso come gli stessa media riportavano pochi giorni prima una pauroso calo nei “sondaggi” di Hollande come leader politico, ma poi gli stessi media riferiscono di altri “sondaggi” dove sempre questi fantomatici francesi sarebbero favorevoli al 75 % per la privacy della questione di corna: un esempio di quel che valgono i “sondaggi”, dove il giorno prima si chiede se è giusto o non è giusto ammazzare la propria madre ed il giorno si chiede ancora se è meglio ammazzarlo con il veleno o con un coltello.  Un Alfano che probabilmente ha mentito al Parlamento sull'affare kazako, dove manca di “dignità” sia che “sapesse” sia - peggio ancora – che “non” sapesse? E potrei continuare, se non avessi fretta di concludere. Questi uomini che in modo così plateale, aperto e sfacciato non hanno “onore” e “dignità” come possono pretendere di parlare loro di «dignità» ed «onore», quando non hanno la minima consapevolezza di ciò che esso sia? È come se i ciechi volessero parlare di colori ed i sordi di melodie. Di certo possiedono in sommo grado una qualità in ludo indubbia: la Spudoratezza, l'assoluta mancanza di Pudore.

[a dopo la correzione dei refusi]

venerdì 3 gennaio 2014

I Sette Punti per l'Europa del Movimento Cinque Stelle

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Anche se il Blog di Beppe Grillo non ha bisogno di ulteriore pubblicità, diamo qui come “Societas Civium Libertas” e il post di presentazione del Volantino sui Sette Punti che andranno ad informare la campagna elettorale delle prossime europee e il volantino stesso, con l'invito ai nostri Lettori di discuterlo e farlo discutere. Si accoglie quindi l'invito a dare diffusione a questo e altri volantini che ancora uscirano nel sito ufficiale - unico esistente - del Movimento Cinque Stelle. A scanso di equivoci, prodotti magari ad arte da malintenzionati, si dichiara che questo blog NON RAPPRESENTA il Movimento Cinque Stelle, che in senso proprio NON è rappresentabile esserndo il Movimento una forma embrionale di “democrazia diretta”, dove “uno vale uno” e soltanto “uno”. A nessuno è concesso di rappresentare “più di uno”. L’equivoco su questo concetto è assai frequente perché giornalisti e politici non riescono proprio a uscire fuori dallo schema mentale della “rappresentanza politica”. In senso proprio, appena chiarito, neppure Beppe può dirsi un “rappresentante”, ma come egli dice è solo il “garante” di un Movimento che era nelle cose e che forse prescinde dalla persona del suo Fondatore. Al tempo stesso va detto che ex art. 49 Grillo stesso non avrebbe neppure il diritto lui di precludere l'iscrizione al cittadino che volesse iscriversi al Movimento Cinque Stelle in luogo di un qualunque altro partito politico. Non sembra fuori di luogo questa precisazione perché mi sono personalmente imbattuto nella “bestialità” giuridica di una “giornalista” del quotidiano “La Repubblica” che voleva cancellare il mio diritto costituzionale di iscrivermi a qualsiasi partito politico io voglia, incluso il Movimento Cinque Stelle. Malgrado l'attacco di Repubblica la mia domanda di iscrizione al Movimento è stata accolta e nessuna obiezione ad oggi mi è stata fatta da parte dello Staff. Non ho mai avuto fino ad oggi l'onore di conferire personalmente con Beppe Grillo o Roberto Casaleggio, ma se ciò mai sarà sarò lieto di illustrare il mio contenzioso giudiziario con Repubblica, ove il tema venga ritenuto di un qualche interesse e meritevole di attenzione.

CIVIUM LIBERTAS

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L'Europa. Cosa sa un italiano dell'Europa, della UE, della BCE, a parte i luoghi comuni? Ci sono degli europarlamentari italiani a Bruxelles? Certo, tra cui Mastella, ma nessuno sa cosa fanno, di cosa si occupano. Neppure chi sono. L'europarlamento è come un Grand Hotel in cui si alloggia fino alla prima opportunità elettorale in Italia, come successe per D'Alema, o un sontuoso cimitero degli elefanti di politici trombati e di seconde file. La comunicazione dei lavori europarlamentari è del tutto assente. Alzi la mano chi può tracciare un bilancio minimo dei lavori dello scorso anno. Non si discute mai di Europa, ma solo di euro che dovrebbe rappresentare l'economia europea nel suo insieme, ma che ormai non rappresenta più nulla. L'Europa è un comodo alibi. "Ce lo chiede l'Europa" è un mantra per coprire qualunque stronzata, dal Fiscal Compact al pareggio di bilancio in Costituzione. Chi è questa Europa, mitica e lontana, che ci invia i suoi messaggi per bocca di Napolitano e della coppietta di pappagalli Capitan Findus Letta e Renzie? Fuori un nome. Chi decide cosa e perché sulle nostre teste? Siamo in preda a un'allucinazione collettiva che ha trasfigurato una banca centrale europea e la burocrazia in un ideale di Europa che non esiste. Governati a livello nazionale da banchieri e burocrati che usano primi ministri come portaborse e camerieri. Le decisioni prese in Europa hanno effetti devastanti sul futuro delle prossime generazioni, nel bene così come nel male, ma nessun cittadino europeo può interferire, spesso non ne è neppure a conoscenza. L'Europa sarà politica o non sarà. Sarà partecipativa o non sarà. L'Europa non è un frullatore di nazionalità per renderle omogenee. Questo è un disegno destinato al fallimento. Un esercizio impossibile. Non siamo gli Stati Uniti d'America con popolazioni eterogenee in cerca di una nuova Patria, ma popoli con tradizioni e civiltà millenarie. Quest'Europa così invocata e così assente si è trasformata in una moderna dittatura che usa i cerimoniali democratici per legittimare sé stessa. Il MoVimento 5 Stelle entrerà in Europa per cambiarla, renderla democratica, trasparente, con decisioni condivise a livello referendario. Oggi la UE è un Club Med infestato dalle lobby. Il manifesto del M5S per le elezioni europee è di sette punti. Nelle prossime settimane ne illustreremo i motivi. In Europa per l'Italia, con il M5S!

Stampate, inviate, diffondete i "7 Punti per l'Europa".
Fonte: Beppe Grillo

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Il “funzionarismo”: cosa è in una scheda illustrativa dell'ultimo libro di Teodoro Klitsche de la Grange

IL “FUNZIONARISMO”:
UNA SCHEDA DI SINTESI

Il saggio s’interroga sul perché un termine della lingua italiana”funzionarismo” usato nella prima metà del secolo scorso da autorevoli politici e intellettuali (da Salandra a Santangelo Spoto, da Gramsci a don Sturzo, da Giustino Fortunato a Prezzolini e De Gasperi) sia oggi così “desueto” da non essere neppure citato nei dizionari italiani, sia su carta che in rete, e neppure nella Treccani.

Parte del saggio è occupato quindi dal “contenuto di senso” da dare alla parola. Il risultato è che il “funzionarismo” è usato soprattutto in due sensi: a) per designare l’aumento del potere burocratico e b) la rappresentazione che dell’universo (e dello Stato) “a misura di burocrate” da la stessa burocrazia. Ossia denota la Weltanshauung “funzionariale”, con un significato quasi sempre dispregiativo.

Diversamente dal periodo di tempo in cui il termine era impiegato le critiche rivolte al potere burocratico erano dalla rivoluzione francese fino nella prima metà del secolo scorso, ad “ampio spettro”, mentre oggi no. Sia Max Weber che Gramsci e Fortunato (ed altri) sottolineavano l’incompatibilità/opposizione della burocrazia e della relativa weltanschauug, a: a) la politica b) l’assetto istituzionale, in particolare, dello Stato borghese c) la democrazia, d) la libertà politica e sociale, e) la libertà economica. Come scriveva Gramsci, valutando correttamente il carattere della burocrazia come “corpo estraneo” ai principi dello Stato liberale “tutta l’ideologia liberale, con le sue forze e le sue debolezze, può essere racchiusa nel principio della divisione dei poteri, e appare quale sia la fonte fonte della debolezza del liberalismo: è la burocrazia, cioè la cristallizzazione del personale dirigente, che esercita il potere coercitivo e che a un certo punto diventa casta”.

Questo perché, fin dalle prime enunciazioni dei principi e dell’ethos dello Stato borghese (v. il Federalista, i discorsi – citati nel saggio - di Robespierre e Saint-Just ecc. ecc.) la burocrazia è stata vista in contrasto con il nuovo Stato e quindi da “tenere al guinzaglio”. La sintesi delle critiche al potere burocratico più profonda e “potente” l’ha data (il giovane) Marx (nella “Critica alla filosofia del diritto pubblico di Hegel”), con un “pezzo” (anch’esso dimenticato) che sta alla pari, per efficacia e perspicuità, all’ “elogio del capitalismo” nelle prime pagine del “Manifesto”.

Dalla seconda metà del secolo scorso (mentre andava smarrita la parola) le critiche alla burocrazia sono prevalentemente economiche: più attente e approfondite, tuttavia sono per ampiezza argomentativa e “potenza” critica una frazione soltanto di quanto elaborato nei due secoli precedenti.

Il tutto è analizzato, anche in relazione all’ordinamento attuale, tenuto conto dell’enorme aumento del potere burocratico anche nella seconda metà del XX secolo e delle ideologie e dottrine che più gli si addicono e che tendono a “coprirlo” o comunque a irrobustirlo. E considerando anche la prassi interpretativa “funzionarista” della Costituzione, onde precetti rilevantissimi (come l’art. 28 o il 97 – ad esempio) hanno avuto interpretazioni corrive e, soprattutto, applicazione rara e “fiacca”; e le “garanzie” istituzionali della burocrazia fatte prevalere anche sulla garanzia dei diritti fondamentali. Contrariamente al carattere di principio costituzionale – e della forma di governo – della tutela dei diritti fondamentali.

L’analisi del carattere spesso dissolutorio dell’istituzione rivestito dalla burocrazia è ricordato con riferimento alla decadenza dell’impero romano, e all’esistenza del “doppio circuito” di governo come scrive l’autore, tipico di ogni regime: il circuito che va dal vertice governativo ai cives (e viceversa); e quelli che lega il vertice politico  all’aiutantato, termine che si deve a Gianfranco Miglio, al concetto del quale l’illustre studioso riconduceva anche la burocrazia. Circuiti che devono stare in equilibrio: ma se il vertice si squilibra in favore dell’ “aiutantato” (e quindi della burocrazia) quasi sempre perde il consenso dei cittadini. E decade, e infine crolla, come l’Impero romano d’occidente.

giovedì 2 gennaio 2014

Sulle ”leggi razziali” del 1938 due libri a confronto. La tesi demonologica e la pista sionista per spiegare ciò che non si vuole spiegare.

Ahimé ho trascurato i miei Cinque Lettori, ai quali auguro un Buon Anno, malgrado la tristezza della situazione politica che ci attanaglia tutti quanti. Se si spotano nei miei blog linguistici possono vedere che ho lavorato al loro aggiornamento e se sono interessati allo studio delle lingue possono perfino trovare interessante ed a loro direttamente utili la nuovo sistemazione ed il lavoro che sto facendo in quei blog.  Perché questo furore di passare ad altra lingua? Sento stretta la lingua italiana allo stesso modo in cui da ragazzo mi spostavo dalla Calabria in una grande città dove si parlava abitualmente l'italiano ed io parlavo correntemente il solo dialetto calabrese. Adesso provo lo stesso disagio con la lingua italiano ed eccomi a studiare lingue come l'arabo o il russo... Ma non divaghiamo! Qui siamo in “Civium Libertas”. Di certo viviamo il momento peggiore dal dopoguerra ad oggi. Prima non possiamo tanto sapere come stessero le cose, perché di quei tempi in cui vissero i nostri genitori e i nostri nonni o bisnonni non ci è concesso avere scienza che non sia demonologica. In pratica nelle scuole e nei media ci vogliono far credere che i nostri "padri” furono tutti dei gran mascalzoni che dobbiamo rinnegare e dei quali ci dobbiamo vergognare. Se due più due fa quattro, questa è la somma che dobbiamo tirare, a voler dar credito a chi si arrogare il diritto di “educarci” con un nuovo “olio di ricino”, questa volta “democratico” e “antifascista”.

Fatto questa breve premessa, ed evitando assai lunghi discorsi peraltro inutili e tediosi, i libri di cui ho avviato la lettura, della cui ultimazione dalla prima all'ultima pagina mi riservo tutto il comodo, sono due assai diversi, usciti contemporaneamente e reciprocamente ignorantesi: nessuno fa menzione dell'altro ed ognuno prosegue per la sua strada che è diversa e opposto. Io non sono affatto neutrale e fra l'uno e l'altro so giudicare chi dice il vero e chi il falso. Io stesso ho subito una infame campagna di stampa per avere semplicemente detto che per quanto riguardo il passato, anche quello delle "leggi razziali” sui quali oggi il regime antifascista esercita una sua retorica in nulla inferiore a quella del passato regime fascista, bisognava essere liberi di poterlo studiare e pensare liberamente con la propria testa senza i paraocchi ideologici e demonologici. Se il passato regime, intendo quello fascista, era come si dice e si insegna caratterizzato da illiberalità e divieto di dire la propria, io non trovo che oggi le condizioni della libertà di pensiero e di libera espressione delle proprie opinioni sia di gran lunga migliore. Nessuno mi ha dato il conforto di una smentita le numerose volte in cui ho dato la stima di 200.000 procedimenti penali in Germania, dal 1994 ad oggi, per meri reati di opinione. Si è perfino additato il modello tedesco come esempio di paese civile a cui uniformarsi, per stare dietro a questo benedetta Europa che ci sta uccidendo e privando di ogni libertà, di ogni briciolo di indipendenza e sovranità.

(segue)