sabato 31 gennaio 2009

Carlo Mattogno: La Shoah secondo Federico Lombardi

«Chi nega il fatto della Shoah non sa nulla né del mistero di Dio, né della Croce di Cristo».
Federico Lombardi,
portavoce della Santa Sede,
in un editoriale alla Radio Vaticana.
Fonte

Proclamazione teologica, per un cattolico, blasfema, idolatra e razzista, incommensurabilmente più grave di quella, storica, del vescovo Williamson.
Blasfema perché introduce un presunto fatto storico, del tutto contingente, nel corpus teologico del mistero di Dio e della Croce, elevandolo ad articolo di fede. In questo ambito, la storicità compete esclusivamente alla manifestazione soprannaturale divina, che raggiunge il culmine in Cristo. La storicità, come articolo di fede indiscutibile, riguarda soltanto la Rivelazione e la Vita del Cristo.
Idolatra perché tra il mistero di Dio, la Trinità, e il mistero della Croce, la Redenzione, pone il vitello d’oro della Shoah, che rende addirittura strumento di comprensione dei misteri della fede.
Razzista perché considera la Shoah intoccabile, al di fuori e al di sopra di qualunque critica, tale da scatenare l’anatema di “antisemitismo” (razzismo al contrario) per la minima trasgressione, solo perché riguarda l’ebreo in quanto ebreo.
A tanto giunge la prosternazione delle gerarchie ecclesiastiche di fronte ai loro “fratelli maggiori”, figli di Jahveh.
La Chiesa raccoglie ciò che ha seminato. Il “papa buono” e i suoi degni successori l’hanno ridotta a penoso avamposto e cassa di risonanza del giudaismo.

Questa bestemmia si ritorce immediatamente contro la Chiesa stessa. Se ne deve arguire che il “silenzio” di Pio XII fu una connivenza con i perpetratori della Shoah, fatto immensamente più nefando della sua negazione, perciò Pio XII rappresenterebbe la quintessenza di colui che non sapeva «nulla né del mistero di Dio, né della Croce di Cristo»!

Sul piano storiografico, le dichiarazioni del vescovo Richard Williamson e del sacerdote Floriano Abrahamowicz, bollate dalla “virtuosa indignazione” dei nuovi Farisei (che mai prorompe contro i massacratori israeliani, per i quali sono sempre pronti a profondere giustificazioni e comprensione) come “deliranti” e “antisemite”, sono in realtà ineccepibili.
Non esiste infatti alcuna prova documentaria dell’esistenza di camere a gas omicide nei campi di concentramento nazionalsocialisti, mentre è documentariamente provato che tutte le vere camere a gas ad acido cianidrico (Zyklon B) che vi si trovavano servivano esclusivamente a scopo di disinfestazione.
Chi afferma il contrario, o non conosce la storia, o è un mentitore.

Carlo Mattogno
31 gennaio 2009

Il papa umiliato. Cristo di nuovo nelle mani dei Giudei.


A leggere o ad ascoltare la stampa quotidiana la nostra attitudine mentale deve essere la seguente: quale nuovo inganno mi porta oggi la Fama? ossia la divinità pagana associata alla circolazione delle notizie con ogni mezzo disponibile. Le notizie in sé non sono né vere né false. Diventano l’una o l’altra cosa dopo che siano state vagliate dalla nostra intelligenza critica. Il sistema della stampa e della televisione italiana è però ordinariamente una fabbrica del falso, il cui scopo non è mai quello di informare i cittadini che comprano quel tal giornale o seguono i tg. Scopo principale dell’informazione di regime è quello di coadiuvare le operazioni politiche più o meno occulte di chi tiene le leve di comando o di chi cerca di soppiantarle. Il lettore scaltrito deve faticare non poco a capire cosa e chi si cela dietro la notizia che gli viene fornita. L’opinione pubblicata di un tal Opinionista non è mai l’opinione pubblica della gente o del popolo, che disperato si manifesta a volte come presenza reale nelle pubbliche manifestazioni di piazza o di strada, regolarmente diffamate e vilipese dagli Opinionisti di regime: non amano l’opinione pubblica che si manifesta direttamente. Vogliono avere loro il monopolio di rappresentarla anzi di poterla sostituire.

Il papa, dunque. Non ne ho mai visto così umiliata la figura. L’averlo costretto ad un balletto di dichiarazioni prive di senso logico ha molto appannato quella sua funzione di Guida che le è rimasta dopo la perdita del suo potere temporale. Ha invece conquistato un grande potere temporale proprio l’Ebraismo che servendosi di questo potere è riuscito ad umiliare il Sommo Pontefici dei cattolici, i quali in buona parte non si accorgono o non hanno interesse e volontà ad accorgersene di quanto siano stati ridotto al rango di fratelli non “minori” ma “infimi” al cospetto del fratello maggiore che si chiama Caino e continua a fare ciò che ha sempre fatto e che solo sa fare: uccidere e massacrare. Gaza docet oggi, ma la storia è assai antica e affonda nella notte dei tempi. Di certo, se Benedetto XVI non avesse deciso di far rientrare nella Chiesa i “fratelli” non meno consanguinei ed affini del fratelli “ebrei” l’operazione “piombo fuso contro Williamson” non sarebbe stata scatenata. Ciò che si teme è l’apporto critico, ovvero l’azione profetica, di tanti Williamson all’interno di un cattolicesimo ormai smarrito. Non saranno le adunate mediatiche e spettacolari di un Giovanni Paolo II a ripristinare una Fede che si lascia sempre più evangelazzare dai media ossia dagli strumenti del Maligno.

Posso qui solo accennare ciò che incomincio appena ad intravedere con sufficiente chiarezza ed affidabilità. Che la Shoa non entri in causa come un normale fatto storico, accertabile o meno, è ormai evidente. Nell’apparente abbondanza di informazione quasi nessuno dei bombardati dai media sa neppure distinguere fra “forni crematori” e “camere a gas”. Pensa che siano la stessa cosa. L’ignoranza sul merito è pari al clamore suscitato. La gente è indotta a credere che chi avanza dubbi su come siano andate le cose oltre 60 anni fa intenda negare pietà alle vittime quali che siano e quale sia stata la loro sorte individuale. Su questa montatura si puntano le artiglierie mediatiche ora su questo ora su quello. Quasi sempre, dopo queste operazioni abilmente orchestrate, segue o un provvedimento legislativo di tipo repressivo o emolumenti gratificanti e sostanziosi a beneficio dei direttori di orchestra.

La Shoa appare sempre più come l’elemento mitico fondativo di una nuova religione. I teologi possono spiegare meglio di me come il processo in atto comporti la sostituzione del Cristo crocifisso con il popolo ebraico crocifisso. Gesù Cristo torna ad essere un “impostore” come fu bollato dagli ebrei 2000 anni fa secondo i racconti evangelici, mentre al suo posto come figura sacrificale e salvifica viene collocato il popolo ebraico che in Auschwitz avrebbe avuto la sua crocifissione. Mentre su Gesù Cristo la critica storica e filologica procede senza sosta al punto da contestarne sempre più l’effettiva esistenza storica, è posto invece un assoluto divieto alla ricerca storica su Auschwitz e sui regimi che per legge o nei discorsi dei nostri maggiori rappresentati di regime sono dichiarati manifestazioni del Male Assoluto. È lo stesso ingrediente di un processo di fondazione metafisica di una nuova religione al cui centro è posto l’ebraismo. Giusto qualche giorno fa un ministro ha dichiarato che «siamo tutti ebrei». Non ci resta che aspettare una legge che ad ognuno di noi imponga la circoncisione nelle USL della propria zona.

Gli opportunismi della politica e del potere ci hanno abituato alla vista delle cose più incredibili. Questo processo corrode oggi anche la chiesa cattolica. Per la maggior parte di noi il Concilio Vaticano II ha significato il passaggio dalla messa in latino alla messa in italiano. Per la gente semplice totalmente digiuna di latino non è parso male poter partecipare alla messa di precetto usando un linguaggio a lui più accessibile. Ma questo è solo un fatto esteriore. Vi è dell’altro nel Concilio Vaticano II. Per una normale intelligenza il cristianesimo resta privo di senso e di fondamento senza la sua antiteticità al fariseismo giudaico che è descritto in ogni riga dei Vangeli. La storia sacra di duemila anni ha dimostrato senza ombra di dubbio che Cristo e gli Ebrei sono inconciliabili. Ogni Cristiano sa che Gesù fu messo in croce dagli Ebrei. Negare questo è negare l’ABC del cristianesimo. Significa consegnare Cristo per la seconda volta nelle mani dei Giudei. Non lo tratteranno bene come han dimostrato in Gaza con una nuova strage degli innocenti. Il vescovo Williamson ha rivelato il mondo questa Verità dimenticata dai pastori o meglio avviluppata in “misteri” così fitti da riuscire impenetrabili ai più. Sta al mondo ascoltare quella Verità che ognuno sente nel suo cuore.

Il papa è appoggiato e coadiuvato dalla maggior parte dei politici italiani quando si tratta di sostenere una funzione repressiva della Chiesa nei confronti di minoranze sociali ed emarginate che non si riconoscono spontaneamente nei valori cattolici o nel magistero morale della chiesa, la cui dottrina dovrebbe valere – dicono – per l’umanità tutta in quanto diritto naturale necessariamente evidente ad ognuno, anche non cristiano o non cattolico o non occidentale. In questi casi la repressione è feroce e la Chiesa sembra un potere “forte”, anche se non amato dai più deboli. Il quadro cambia quando interviene il potere temporale ebraico. In questo caso gli stessi politici cattolici, i baciapile di sacrestia, sono i primi a dare addosso a qualche prete che esce fuori dalle righe e pretendono che il papa e le alte gerarchie si uniscano nella condanna del reprobo. Si scopre allora che la Chiesa è un potere “debole” secondo l’antico adagio: forte con i deboli e debole con i forti.

giovedì 29 gennaio 2009

Il succulento affare dell’antisemitismo



La Fama questa mattina mi coglie in un momento in cui ho poco voglia di scrivere, ma nell’interesse della Verità sento che è bene non interrompere una certa continuità di riflessioni sollecitate dal clamore suscitato intorno ad una dichiarazione del vescovo Williamson, che non avrebbe avuta tanta eco se non vi fossero dietro gli interessi di chi è padrone dei media. Anche qui viene da pensare ad una lettura maledetta e sconsacrata di un testo innominabile scritto circa 100 anni fa: l’importanza del possesso dei grandi mezzi di comunicazione. Ne stiamo sperimentando sulla nostra pelle e sui nostri cervelli la veridicità. E già! La Verità è una dea che si nasconde e che deve essere disvelata: Aleteia. L’etimologia del nome greco è un’autentica goduria per i cultori heideggeriani di filosofia. Ma qui basta limitarsi ad osservare i balletti della stampa su carta e sulle loro titolazioni e sulla loro impaginazione. Il modo in cui una notizia viene gridata un giorno ed il giorno dopo viene retrocessa da altre notizie gridati. Il grande evento del giorno prima viene cancellato o ridimensionato dall’evento del giorno dopo, ma intanto le cancellerie o gli orchestratori incassano i proventi dell’operazione.

Mi concentro sulla distinzione fra antigiudaismo e antisemitismo. Quest’ultimo termine ha ormai acquisito una tale dilatazione semantica da renderlo praticamente privo di senso compiuto anche se non per questo privo di pericolosità allo stesso modo in cui in epoche buie bastava un nonnulla per incriminare un ignaro cittadino di stregoneria e negromanzia. Antonio Polito, uomo di sicura e certificata fede sionista, ha tuttavia messo in guardia i suoi compagni circa l’inefficacia politica di un uso del termine antisemita dove tutto è antisemitismo e di conseguenza nulla è più antisemitismo. Invece, il nemico deve essere sempre determinabile per poterlo meglio combattere e vessare. Ma quale potrebbe essere un significato determinabile del concetto di antisemita?

Se ebrei siamo o dovremmo essere tutti – come pretende il ministro Andrea Ronchi –, allora deve trattarsi di un’accezione costituzionalmente condivisa e condivisibile, salvo a non dover essere costretti per legge alla circoncisione ed a una conversione forzata di massa come ahimé nella storia si sono avute. Dopo sessant’anni di retorica dei diritti umani a nessun individuo sulla terra possono venire inflitte sofferenze come la tortura, la discriminazione, la negazione della libertà di parola e di pensiero, ecc. Intendiamo non le si possono infliggere in un senso tutto formale e legale. Di fatto gli uomini della terra continuano a soffrire, ma la loro sofferenza è chiamata con altro nome: tutto qui il trucco per poter continuare a fare quel che si è sempre fatto, chiamando ad esempio “difesa” una bieca e manifesta aggressione genocida come a Gaza agli inizi di quest’anno. La lista è lunga ed è anche ampiamente disattesa proprio da quelli che se ne fanno i principali sbandieratori: la nostra è l’epoca d’oro dell’Ipocrisia. Non ve ne è mai stata tanta e mai il suo dominio è stato così totale. Se dunque “antisemita” significa violazione dei “diritti umani”, non vi è nessuno sano di mente che si possa professare antisemita, cioè violatore e negatore dei suoi stessi diritti.

Ahimé! Sento che il mio testo si sta dilatando e devo affrettarmi ad una chiusura magari sintetica ed interlocutoria del ragionamento. Semiti in senso proprio sono i palestinesi ed antisemiti sono gli israeliani che li stanno sterminando. Agli israeliani si devono poi aggiungere i loro complici mediatici. Sono stato il solo credo ad aver riportato il qualificato giudizio di Ilan Pappe sull’esternazione del nostro Supremo Garante che risponde al nome del Presidente Napolitano, che nessuno vuole qui oltraggiare. Ma dovrebbe essere lui stesso a doverci assicurare il diritto costituzionale di poter riflettere e pensare su ciò che lui stesso dice. Ebbene, non io, ma lo storico israeliano ed ebreo Ilan Pappe risponde a domanda dicendo che si è antisemiti se non si è antisionisti. Se Giorgio Napolitano volesse invitarlo al Quirinale potrebbe ottenere ulteriori delucidazioni da Ilan Pappe magari in contraddittorio con gli Altissimi Consulenti della stessa Presidenza.

Chiaramente l’uso corrente del termine “antisemita” ha una valenza politica escogitata per reprimere ogni forma di dissenso. Il fascismo, il nazismo, il bolscevismo non avrebbero saputo essere così raffinati ed efficaci. Se invece riconduciamo il termine antisemitismo, che peraltro compare nel vocabolario assai di recente, nell’alveo della storia bimillenaria del cristianesimo allora il concetto è meglio enucleabile come antiebraismo o antigiudaismo. Qui la questione si complica e le distinzioni concettuali non sono adatte ai flussi grossolani della comunicazione mediatica. Da un punto di vista concettuale è come se si pretendesse di dipingere un quadro di raffaello con i pennelli dell’imbianchino. E non cambia la cosa quando a usare il pennello (dell’imbianchino) sono i grandi Opinionisti del regime e le Penne accademiche imprestate al sistema mediatico.


Che Cristo sia stato crocifisso sul Golgota e che sia stato messo in croce per volontà dei Giudei è un dato di fede e di storia che nessun Concilio Vaticano II potrà mai riformare o alterare, a meno che... di non voler consegnare Cristo stesso per una seconda volta in mano agli Giudei. Che poi ovviamente la dottrina cristiana del perdono abbia così gran braccia da poter perdonare perfino il proprio carnefice è una peculiarità che risponde al fascino e alla forza di attrazione che la religione del Cristo Redentore ha finora esercitato. Ma negare ogni evidenza di Verità è quella che nel linguaggio evangelico penso si chiami opera del Maligno. Una cosa che non ho letto sui giornali ma che apprendo dalla Fama orale è che i seminari dei cosiddetti tradizionalisti si vanno riempiendo mentre si vanno svuotando quelli dei conciliaristi V.II° Addirittura il papa uscito dal Concilio Vaticano II sarebbe considerato papa solo materialiter e non formaliter. Insomma un “antipapa” o forse più esattamente un regime di “sede vacante”.

Concludo per adesso dicendo che sul Concilio Vaticano II sono entrati gli interessi ebraici. Attraverso la “nostra aetate” il cattolicesimo è stato subordinato all’ebraismo. A questo punto di fronte ad un Giuliano Ferrara che si professa “ateo devoto” e pretende di dettare la linea al papa, o anche un Magdi Cristiano Allam che si converte al cattolicesimo giusto per insegnare il catechismo al papa stesso, io mi ricordo di essere stato battezzato e perfino cresimato. A prescindere dalla natura e dalle caratteristiche della mia fede religiosa, maturata attraverso la lunga frequentazione della filosofia, io sento di avere titolo giuridico a dire la mia all’interno di una “società visibile” a cui verso perfino del vile ed ignobile denaro, autentico sterco del demonio, attraverso il mio otto per mille. E dico che non è accettabile in nessun modo che le faccende della chiesa cattolica sia governate e determinate dall’ebraismo. Come “battezzato” cattolico non mi spaventa per nulla l’interruzione di qualsiasi rapporto fra ebraismo e cattolicesimo. Anzi lo ritengo auspicabile in quanto ritengo assolutamente inconciliabili ebraismo e cristianesimo, come hanno dimostrato duemila anni di storia. Benedetto sia il nome del vescovo Williamson, se il clamore suscitato intorno a lui consentirà ad un solo cattolico in più di percepire meglio il nuovo attacco giudaico al Cristo. Nella teologia e nella simbologia cattolica ricorre spesso la figura dell’Anticristo, una figura diabolica capace di insinuarsi in ogni dove e di assumere ogni forma. Chi può e vuole intendere, intenda!

mercoledì 28 gennaio 2009

Operazione “piombo fuso” sul vescovo Williamson


Anche oggi la Fama mi porta notizie che devo spacchettare dalla carta interpretativa in cui sono avvolte. Infatti, le notizie allo stato puro senza nessuna interpretazione e opinione annessa semplicemente non esistono. Ognuno di noi dovrebbe saper reinterpretare ciò che ascolta e apprende. Quando la ricezione è passiva noi siamo alla mercé di chi ci informa. Lo sanno bene i potenti del regime. Ci può andar bene o male, a seconda dei casi. Ma resta a noi decidere se essere consapevoli o inconsapevoli fruitori di notizie portate dalla Fama. Queste mie righe non andranno certo a formare l’editoriale del Corriere, ma sono scritte per un lettore eccezionale: io stesso. Gli altri se vogliono, possono darvi un’occhiata. Ebbene, andiamo al punto odierno.

Ho ascoltato per la solita radio, appena accesa, parte di un ragionamento tortuoso. Ci si richiamava al Concordato fra stato e chiesa del 1929, quello per il quale Mussolini fu detto “uomo della Provvidenza”. A questi successe nel 1984 un altro “uomo” finito pure male: Bettino Craxi, che riformò quanto Mussolini aveva fatto prima di lui. La novità è l’8 per mille. Ma sembrerebbe che questo 8 per mille sia subordinato all’accettazione del Concilio Vaticano II come obbligo contrattuale da parte della stessa chiesa cattolica. Almeno questo lascia intendere la Voce radicale. Non so se le cose stiano davvero così, anzi ne dubito. Ma non mi era mai capitato di pensare una cosa del genere. Pur avendo sempre dato il mio 8 per mille alla Chiesa cattolica, mi sono sempre dichiarato contrario a questo balzello. Il principio era che ogni fedele di qualsiasi religione dovesse contribuire al finanziamento della sua chiesa senza oneri e senza mediazione dello stato. E ciò in ossequio ad altri due principi: “date a Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio” ed un altro ancora: “libera chiesa in libero stato”. Ma come ti trasforma tutto ciò la perfidia radicale e non solo radicale? Non avevo mai pensato alla possibilità del ricatto e della corruzione.

Se vuoi l’8 per mille – pensano i radicali –, devi applicare la clausola contrattuale del Concilio Vaticano II. E cosa dice secondo costui il Concilio Vaticano II? Banalizzo fino al grottesco volutamente: che l’ebraismo è entrato con prepotenza nel cattolicesimo e che ne debba condizionare lo statuto interno! Se si leggono le dichiarazioni dei vari rabbini sparsi per il mondo, non è difficile ricavarne la netta impressione di qualcuno che pretende, che avanza titolo, che impone. Un non cattolico o un cattolico non praticante ha qui di che temere grandemente. Non svolgo tutte le implicazioni, ma mi mantego sui principi generali, anche perché ho fretta di chiudere. Veniamo al vescovo Williamson, che ha creato un così grande scompiglio da indurre alcuni commentatori a parlare della necessità di un nuovo Concilio Ecumenico. Addirittura si legge che il vescovo di Regensburg vieterebbe a Williamson l’ingresso in cattedrale e in tutti gli edifici della chiesa cattolica. Cosa ne sia della carità cristiana sembra che lo zelante vescovo di Regensburg lo abbia dimenticato, troppo fedele alla nuova “religio” e dimentico della vecchia. Sempre da Regensburg ovvero Ratisbona parte un procedimento penale per il vescovo britannico residente in Argentina.

Di cosa è incolpato quest’uomo? Cosa si vuole da lui? Dove lo si vuol crofiggere? In Germania, la cui legislazione include un monte Golgota per i negatori della Shoa, la nuova “religio” è imposta a chiunque con il carcere duro. Ed è stato subito avviato un procedimento contro il vescovo cattolico. Da un prete ci aspettiamo tutti che parli di cose di fede e di religione. Non andiamo da lui per farci risolvere un’equazione matematica o per avere aiuto nella compilazione del cruciverba. Ma per il resto un prete è come ogni altro uomo: può fare le stesse ed avere comuni interessi in fatto di storia, scienza, letteratura, arte, musica. La Shoa cosa è? Un evento storico assoggettabile ai normali e comuni criteri della ricerca e del metodo storico o è il fatto mitico-fondativo di una nuova religio planetaria? Le parole del papa non lasciano dubbi sul fatto che per il suo Magistero la Shoa sia un evento storico e non una nuova “religio”. Resta tuttavia il nodo del Concilio Vaticano II, ma non sembra che il Vaticano voglia ritirare la sua revoca della scomunica e sarebbe certamente controproducente se ciò avvenisse o anche soltanto lo sembrasse a seguito di pressioni e richieste provenienti dal mondo ebraico. Il monito contro il “negazionismo” e il “riduzionismo” ci sembra poi abbastanza generale tanto da indurre a pensare che possa applicarsi a tutti i casi simili e comparabili, e quindi anche alla Nakba o meglio alla “pulizia etnica” della Palestina che Israele ha sempre negato e continua a negare.

Si fa passare come un’umiliante sconfessione da parte dei confratelli del vescovo Williamson una dichiarazione del tutto pacifica: noi non siamo un’associazione di storici. Ci interessiamo di fede e di religione. Ci dispiace che una semplice affermazione in materia profana da parte di un nostro confratello abbia sollevato tanto clamore, che non è chi non veda quanto sia strumentale. Per questo sconquasso da noi non voluto, ma chiaramente orchestrato dai nostri nemici, noi chiediamo perdono al santo padre. Al nostro confratello abbiamo ordinato di non pronunciarsi più su materie profane, quale la ricerca storica contemporanea, sia essa la Shoa o le origini della prima guerra mondiale, fatto non meno tragico se non altro perché produttivo della seconda guerra mondiale e della stessa Shoa.

Vi sarebbero qui altre considerazioni da fare e altri fatti da interpretare e commentare, ma ci siamo già attardati oltre tempo e rinviamo ad altro momento e occasioni che certamente non mancheranno. Notiamo come lo schieramento mediatico che si è scagliato sul povero vescovo è lo stesso che ha fornito copertura mediatica al genocidio di Gaza. I soggetti gli stessi. Il presidente Gianfranco Fini conferma la sua collocazione pro Israele e pro ebraismo contro la chiesa cattolica ed il cattolicesimo, o meglio pretende che la gerarchia cattolica si adegui secondo le sue autorevoli indicazioni. In pratica si chiede non già una “sconfessione” del vescovo, ma che venga costretto ad un “ritrattazione”, quasi che non si trattasse di una semplice opinione storica, ma di qualcosa di ben più importante del dogma trinitario. Si è tacciati di “antisemitismo” (= reato penale) se si dice che l’ebraismo mira al dominio del mondo, ma qui si pretende di piegare la Chiesa cattolica che sulla carta conta oltre un miliardo di fedeli. Se ai cattolici ci si aggiungono gli islamici – tutti terroristi e alieni da noi occidentali – che sono un altro miliardo e passa, il quadro diventa allarmante.

lunedì 26 gennaio 2009

Il gran teologo Mancuso e il cosiddetto negazionismo


La Fama mi ha portato di prima mattina la notizia di un articolo di un gran teologo che va per la maggiore e che appare nei talkshow: di cognome fa Mancuso, ma non ha nulla a che fare con il fine giurista e magistrato ormai da anni scomparso dalla scena. Il nome non lo ricordo... Ecco, si chiama Vito Mancuso. L’articolo dovrebbe trovarsi su Repubblica di oggi. A dargli man forte per la voce di Bordin è Giuliano Ferrara, “ateo devoto” ed ebreo di supporto. La mia fonte orale è dunque la rassegna bordiniana di radio radicale, di cui sto cercando di liberarmi, essendomi accorto che non fa bene alla mia salute. Non credo che sia saggio attingere notizie da una fonte costantemente faziosa che intende il mondo a sua immagine e somiglianza. Neppure radio radicale, che pretende di essere l’eccezione, è estranea al sistema della Menzogna. La gran cagnara teologica va comunque montando in tutta Europa. Questa volta la vittima designata è un vescovo cattolico appena riammesso nell’ovile.

Ma veniamo al punto. Non mi esprimo su cosa sia la teologia e su quanto e come essa possa essere considerata una scienza. Ma almeno ci si potrebbe aspettare da un teologo che si accredita ed è accreditato come tale un suo stretto contenimento negli ambiti che gli sono propri: la teologia come da lui intesa e praticata. Interpellato da un TG2 in agguato sul vescovo Richard Williamson, un prelato lefebvrano ha detto di non essere né uno storico né di aver mai approfondito le questioni su cui dal mondo ebraico vengono avanzate le solite arroganti e inaudite ingerenze in ambito cattolico. Sembrerebbe che costoro allo stesso modo in cui hanno conquistato il Congresso americano, le cui leggi vengono scritte dall’AIPAC, pensino di poter dettare i decreti pontifici. Se il Concilio Vaticano II e Giovanni XXIII avessero inteso portare a ciò, non si può dire che abbiano saputo custodire il loro gregge e difendere le loro prerogative pastorali. Il mio è un giudizio esterno da battezzato non praticante e probabile apostata, ma non per questo “nemico” di papi e preti.

Il teologo Mancuso dovrebbe interrogarsi sulla singolare situazione contemporanea, dove è possibile negare l’esistenza di dio e di tutti i dogmi cattolici senza incorrere in nessuna penale e senza subire altra discriminazione che non discenda dall’incompatibilità con la professione di fede cattolica. È mostruoso, assolutamente mostruoso e tale da gridare vendetta al cospetto di dio che la “negazione” di tutte le impalcature storico-ideologiche della religio holocaustica debba invece venire sanzionata penalmente. Grottesca la pretesa che la chiesa cattolica recepisca la legislazione penale di paesi come la Germania o la Svizzera. Proprio la Svizzera, da cui deve vivere esule in Russia un suo concittadino di nome Jürgen Graf, colpevole di aver scritto una libretto critico e demolitore di poco più di 100 pagine dal titolo «Il gigante dai piedi di argilla», dove il gigante è Raul Hilberg, padre di tutti gli Storici Olocaustici, autore di un volume di oltre un migliaio di pagine con titolo «La distruzione degli ebrei d’Europa», che dimostra assai poco.

Ma il teologo Mancuso è anche uno storico? E le questioni di storia sono anche questioni di fede? Esistono non pochi studiosi che negano la storicità stessa del Cristo. Per il nostro sistema giuridico si può dunque negare la storicità del Cristo senza subire conseguenze penali e senza venir considerati dalla società come dei reietti, ma non si può esser critici ed intelocutori in materia olocaustica? Perché mai la gerarchia cattolica dovrebbe poter togliere la scomunica per fatti intrinseci al cattolicesimo, ma dovrebbe invece mantenerla e comminarla per questioni attinenti agli interessi storici di un suo dotto vescovo? Contro il povero Williamson sono molteplici le voci che si alzano. Se fosse stato un vescovo pedofilo, sarebbe stato trattato meglio. Ma per essersi pronunciato su una questione storica, in fondo banale, addirittura vi sono altri teologi della stesso calibro di Mancuso che parlano addirittura di «bestemmia contro lo Spirito Santo», chiamato a sostenere un esame universitario di storia. Si usa dire: “povera filosofia!”, ma non è poi che la teologia stia gran che meglio. Quanto a mons. Bagnasco – neppure lui uno storico – ci permettiamo di obiettare che “infondate” ed “immotivate” sono le sue concessioni a Renzo Gattegna per le dichiarazioni del vescovo Williamson che non sono per nulla “deliranti”, secondo arbitarie affermazioni del TG2 di pochi minuti fa e da cui sembrerebbe che fosse lo stesso mons. Angelo Bagnasco a tacciare come “deliranti” le affermazioni fatte dal vescovo Williamson non dal pulpito vescovile, ma in una normale intervista televisiva a lui chiesta e da lui concessa. La televisione di stato se poteva fornire un’attestazione della sua natura menzognera e ingannevole lo ha fatto nell’arco di uno stesso minuto, facendo dire a Bagnasco quello che non ha detto. L’ultima escogitazione della diplomazia vaticana sembra sia stata quella di aver fatto scrivere sull’«Osservatore Romano» un editoriale alla storica ebrea Anna Foà, esilarante nella sua arbitrarietà: davvero una soluzione pilatesca, sponsorizzata dalla versione online de “La Stampa”, di cui ho testé sperimentato la grande liberalità e apertura ed ai quali mando questo congedo:
«Esistono astuzie per farsi pubblicare. Signori, vi saluto. Non ho altro tempo da dedicarvi. Viviamo in mondi diversi, spero possibilmente in pace e non come a Gaza, di cui conserverò Memoria per il resto dei miei giorni: è questa la mia memoria. Una memoria di ciò che io ho visto e di cui io sono testimone. Ho anche monitorato le tecniche hasbariane della comunicazione sionista. Buon pro vi facciano ma su di me non hanno potere alcuno!» Mai come in quest’anno la Giornata della Memoria ha coinciso con tanta incredibile ipocrisia. A fronte di una memoria immaginaria, costruita con fiction ed imposta per legge senza che nessuno possa interloquire, si fa di tutto per nascondere una pulizia etnica e un genocidio i cui precedenti possono addirittura rintracciarsi nel 1882, all’epoca del primo insediamento sionista in Palestina. Gaza non è che il momento finale di un processo secolare. L’ipocrisia è nel nascondere il genocidio presente di cui il nostro governo ed i media sono corresponsabili per ricordarne un altro che nessuno ha mai visto e per il quale non si esita ad incriminare perfino un vescovo, colpevole di aver detto la sua opinione su un fatto storico, ormai remoto ed avvenuto prima che la maggior parte di noi fosse nata e sul quale nessuno è in grado di parlare per scienza propria.
Di questo passo l’Osservatore Romano verrà scritto direttamente dai rabbini d’Italia. Non so se esistano precedenti in tal senso, ma noto una pericolosa prevaricazione dell’ebraismo sul cattolicesimo. Per fortuna, il mio mestiere non è quello del papa e meno che mai voglio essere io più papista del papa, ma osservare quel che succede non guasta. Si è potuto così, ad esempio, apprendere come l’ambasciatore israeliano si rechi nella redazione di un primario quotidiano per istruire i redattori su come informare i lettori su quanto andava succedendo in Gaza, dove i giornalisti sono rigorosamente esclusi dall’osservazione diretta dei fatti. Addirittura ho potuto leggere che è prassi per Israele collocare propri uomini nelle redazioni dei principali giornali. Escono così pezzi editoriali che poi vengono megafonati dalle reti hasbariane. In questo modo si aggrediscono le connessioni neurali di un pubblico criticamente sprovveduto e vittima della persuasione subliminale. I Prosperi e i Battista possono sparare i loro piombi nella logica mediatica di un nuovo proselitismo ebraico volto a fondare una nuova Kazaria. Se dobbiamo basarci sul piombo fuso mediatico, sembrerebbe che nessun altro punto di vista esista e possa esistere. Non è così: è semplicemente cancellato e represso.

Che fare? Come difendersi? Io ero abbonato con lo sconto del 50 per cento ad un quotidiano, al quale saltuariamente collaboravo. Non riuscendo a leggerlo ed accumulandosi le copie nel mio studio, ho deciso di non rinnovare più l’abbonamento e di scaricare tutte le copie intonse direttamente nel contenitore dei rifiuti per il riciclaggio della carta. Per anni si è indicato come un fattore di arretratezza italiana lo scarso numero di lettori di quotidiani. Non è così. È invece profonda saggezza del popolo italiano aver capito quale considerazione attribuire alla sua stampa quotidiana ed al sistema ufficiale dell’informazione. Se poi effettivamente si vuol essere informati su determinate questioni non mancano sistemi alternativi e più efficaci. Si tratta in questo caso di un’informazione cercata e dunque con un lettore attivo, non passivo e pericolosamente esposto all’inganno e alla disinformazione. Il problema dell’informazione è delicato e dovremo affrontarlo in altra occasione.

APPENDICE
L’arroganza radicale di un Valter Vecellio

Confesso qui una mia debolezza dalla quale sto cercando di guarire. Nel leggere testi altrui, che non condivido per nulla, si produce nel mio animo una sorta di ribellione intellettuale. Mi metto quindi a dialogare con il personaggio in questione, confutando le sue affermazioni. Il rischio più grave è che possa volare qualche parola grossa fuori le righe. Se poi il personaggio è molto noto, è difficile che si accorga di un suo oscuro contraddittore. Devo però dire che non è la vanità che mi spinge. Si tratta per ognuno di noi di una necessaria reazione di fronte ai messaggi con i quali ogni giorno siamo bombardati. Se non reagiamo criticamente di fronte alle enormità altrui, è come se i loro concetti si insinuassero nella nostra mente condizionandoci in mondo inconscio. La reazione critica è fisiologicamente necessaria per poter conservare intatta la nostra autonomia di giudizio. Non sarebbe possibile fare ciò sempre ed in ogni caso. Basta però farlo in limitati casi esemplari e tipologicamente significativi. Nel caso di Valter Vecellio non desidero iniziare un nuovo file, un nuovo post. Per omogeneità colloco qui un lungo commento che ho appena inviato al sito dove ho letto il testo criticato. Ho investito del tempo a scrivere ed è giusto che non lasci il mio lavoro nella sola disponibilità di un sito avverso ed ostile. Ecco qui dunque in corpo più piccolo il testo appena inviato a tellusfolio.it:
Visto che esiste uno spazio per i commenti, significa che avendo letto il testo di Vecellio, lo posso o devo commentare? E sia! Mutuando il linguaggio adoperato da un ministro in carica, ma in direzione inversa, dico che le cose lette nel testo sono non già semplicemente delle “cazzate”, ma delle autentiche "bestialità”: non intendo offendere in nessun modo la persona che ha scritto il testo che leggo e che soltanto è oggetto del mio giudizio, se mai posso fustigare il linguaggio del ministro coperto da una immunità che non è invece concessa ai comuni cittadini.

Ma veniamo al merito.

Non sembra che qui ci troviamo ad un nuovo processo di Galilei? Se Valter Vecellio appartiene all’area radicale, cosa ci facevano i radicali intorno alla statua di Giordano Bruno in piazza Campo dei Fiori? Sempre mi trovano solidale tutti quelli che si riuniscono intorno a quella statua in difesa del principio della libertà di pensiero?

Che senso manifestare dopo 400 anni in favore di Giordano Bruno e poi dare addosso al vescovo Williamson? Colpevole di che?

Curiosamente Valter scrive: «Che Williamson sia o no ammesso alle funzioni episcopali, è cosa che evidentemente ci importa poco o nulla…». Appunto, ma è l’unica cosa che possa aver rilevanza. Di come Vater stessa recepisca le “libere” opinioni in ambito storico espresso da un vescovo di nome Williamson, è cosa che a noi personalmente importa poco o nulla. Ci chiediamo però di come questi campioni della libertà che pretendono di essere nostri maestri, intendano la libertà degli altri. Le opinioni del vescovo Williamson, condivisibili o meno, sono PURA manifestazione di una libertà di pensiero che sulla base della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo dovrebbe essere riconosciuta ad ogni essere umano. Altrove, ho espresso le mie riserve critiche sul paravento ipocrita delle declamazioni sulle carte dei diritti: tanto più forte sono gridate quanto più vengono disattese ed eluse. Ne abbiamo qui una prova con timbro radicale.

È ridicola tutta la parte iniziale dell’articolo: il papa non sapeva... etc. Ma questo testimonia soltanto la formidabile pressione che la lobby ebraica ha esercitato sulla massima autorità religiosa del cattolicesimo. Vi è di che restare sbigottiti e di che temere. Se queste è il potere di cui costoro dispongono, non possiamo più essere tranquilli neppure nelle nostre case. Altro che regimi comunisti! Basta che un qualsiasi delatore riferisca a chi conta una nostra privata opinione ed abbiamo cessato di esistere! Evviva i radicali! Evviva i Santi Digiuni di Marco Pannella!

Se restiamo dentro l’ambito religioso - del quale a Vecellio nulla importa –, un prete può essere chiamato a rispondere per questioni attinenti la fede cattolica: la verginità di Maria, le persone della Santa Trinità, e simili. Ma una questione profana, puramente storica, non può essere censurata all’interno dell’istituzione ecclesiastica se non dando vita ad un nuovo processo Galilei. Ma lo sapete che il vescovo Williamson si è espresso in un DVD con opinioni e valutazioni sulla terza sinfonia di Beethoveen? Deve essere chiamato a rispondere anche delle sue opinioni sulla musica di Beethoveen o di Wagner? Fantastico!

Vecellio usa parole grosse: arroganza, prepotenza, paura e cattiveria. Convengo sulla "paura" del Vaticano, ma le altre parole competono meglio a quanti si sono scagliati addosso al Vaticano. Guarda caso: sono gli stessi che hanno dato copertura al genocidio dei palestinesi di gaza, che a mio avviso – datemi pure addosso – superano tutti gli orrori di Auschwitz. Ormai, i mezzi di comunicazione di massa a livello planetario-occidentale ubbidiscono alla voce di un solo Padrone. Sappiamo chi è e se ne ve era bisogno ne abbiamo avuto una conferma proprio in questi giorni.

Mentre commento, non ho ancora finito di leggere l’articolo di Valter Vecellio. Le mie riflessioni a commento sono del tutto estemporanee. Ed è così che nel bel mezzo dell’articolo che mi sforzo di leggere fino alla fine sorge in me la seguente domanda: ma che vuole questo Vecellio? Leggo ancora più avanti per vedere se lo si può capire.

Intanto una piccola chiosa sulla parola “ritrattazione” che è stata usata in varie sedi. La parola “ritrattazione” si distingue dal significato della parola “sconfessione”. Questa seconda può significare che i superiori di Williamson non si riconoscono nelle sue "opinioni” in materia storica o musicale. Ma una simile “sconfessione” è cosa altamente "ridicola”. Chi esprime una propria valutazione sa di impegnare se stesso, non altri. Nessuna persona equilibrata attribuisce ad altri le proprie opinioni. Ed ognuno di noi dovrebbe "sconfessare” miliardi di persone ogni volta che non condivide le opinioni di singoli individui. Diventa ancora più "ridicola” una simile sconfessione se attinente a materia "profana”, del tutto estranea al complesso ed articolato ambito della dottrina cattolica, formatasi in millenni.

Altra cosa è la parola “ritrattazione”. Significa che si pretende da una persona che affermi il contrario di ciò che ha appena affermato in un momento di libertà spirituale. In altri tempi la "ritrattazione” la si pretendeva ed imponeva anche con la tortura fisica oltre che con minacce delle più disparate ritorsioni. Nel caso di Williamson non si ha notizia di "torture fisiche”, ma sono già chiare le minacce: se vuoi la tal carica, devi “ritrattare”. Ma ritrattare che? Dichiarazioni dottrinali sulla fede cattolica oppure dichiarazioni sulla terza sinfonia di Bethoveen? Ed anche ammesso che fino a pochi giorni fa il nostro povero vescovo, non pedofilo, avesse fondate convinzioni in fatto di revisionismo storico perché mai dovrebbe ritrattarle sulla base di una "minaccia”? Se questa non è barbarie, superiore a quella nazista, cosa altro è? Si può dichiarare "erronee” ad esempio tutte le affermazioni di Valter Vecellio contenute nel sue articolo, ma che senso ha pretendere che lui le debba "ritrattare"? A furia di inseguire le barbarie altrui non si vedono più le proprie, spesso superiori a quelle contestate: la parabola evangelica della pagliuzza e della trave.

Andiamo avanti nella lettura del divino testo di Valter Vecellio. Leggo: “di che risma fosse Williamson...". E meno male che non è stato presentato come un "pedofilo”. Se lo fosse stato, avrebbe ottenuto molto maggior rispetto e gli sarebbe stata risparmiata la gogna mediatica. Non so se Vecellio sia lui stesso un cosiddetto "credente”. Ne dubito, ma la questione poco mi interessa. Piuttosto mi ricordo io stesso – trovo insulsa l’espressione “credente” – di essere stato battezzato e di aver pure fatto convintamente in età intellettualmente matura addirittura il sacramento della “cresima”, che mi dà titolo giuridico ad intervenire in questione di fede e dottrina. E quindi io qui potrei intervenire con diritto nella faccenda, a prescindere che io mi professi insulsamente “credente” o meno. Certamente, non sono un “ateo devoto” alla Ferrara o un neoconvertito alla Magdi Allam, che pretendono di entrare a gamba tesa nell’edificio cattolico. Se apre bocca un "ateo devoto”, dovrei io poter dire la mia anche soltanto percependo nel cattolicesimo un Katechon di fronte all’evidente aggressione ebraico-sionista.

I "credenti" stanno nelle loro case e non ricevono telefonati dai giornalisti di regime per essere interrogati sulle proprie opinioni. I “credenti” sono considerati dal potere meri cervelli da lobotomizzare ogni sera attraverso televisioni e altri mezzi di comunicazione di massa. Anche l’articolo di Valter Vecellio appartiene al sistema sanitario della lobotomizzazione di massa. Per fortuna, non tutti sono iscritti alla mutua. Un ministro della stessa congrega ci ha già fatto sapere che “siamo tutti ebrei” e quindi ci dobbiamo preparare ad una legge che impogna ad ognuno la circoncisione allo stesso modo in cui le leggi tedesche metteranno in gattabuia il vescovo Williamson, appena dovesse mettere piede in Germania o in Austria. Forse lo manderanno nella stessa cella di David Irving: lo storico e il vescovo!

Quanto ai rinnovamenti di Kung basterebbe che pensasse ai suoi, a meno che non intenda lui stesso competere al soglio pontificio. Ma fino a quando ciò non avverrà, l’opinione del “credente” (?) Kung non vale più di quella di un qualsiasi altro “credente”. Se poi lui risponda con la sua dottrina più agli interessi di Tel Aviv che non a quelli del Vaticano, è cosa che si potrebbe indagare. La prima impressione è che si tratti di un rabbino piuttosto che di un teologo cattolico. Lo stesso si puà dire di tanti altri credenti: sembrano più ebrei e rabbini che non cattolici e sacerdoti. Ma la tecnica dell’infiltrazione e del lobbismo è già nota per altri numerosi ambito. Evidentemente, è penetrata anche nel millenario edificio del cattolicesimo.

Conveviamo sugli “orrori” di cui parla Vecellio, salvo che per noi gli “orrori” sono altrove. Lo stesso articolo di Vecellio è uno di questi “orrori”. «Una politica conservatrice», dice il teologo rabbinico Kung. Ma l’ambito a cui si riferisce una simile “politica conservatrice” non è la riforma agraria, o gli orari di chiusura degli esercizi commerciali, e simili. È l’ambito della “fede cattolica”, che per duemila anni ha vincolati i "fedeli” o “credenti” cristiani. Se da questa “fede” si toglie la morte in Croce di Cristo, nel modo che sappiamo e per mano di chi sappiamo, diventeremo tutti “atei devoti” alla Ferrara o alla Kung. Il vescovo Williamson, che quasi settantenne sembra abbia di che mangiare e dove dormire, ha semplicemente detto e fatto sapere insieme ad altri di non voler uscire dai sentieri di quella fede che con continuità per quasi 2000 anni ha ispirato i "credenti”. È un suo diritto? La nostra costituzione gli offre sufficiente copertura? O deve essere “riconvertito” per forza in non si sa bene quale nuova religione? O meglio nella nuova religione che chiaramente è stata costruita intorno alla Shoah, sulla quale incredibilmente è stata costruita una nuova religione di Stato?

Benedetto XVI e Barack Obama: sono queste le nuove categorie concettuali del teologo Kung! E con lui a fare da gran cassa il radicale Vecellio che ci presenta un signor Nessuno come fosse il paradigma sul quale ogni “credente” (su nominali un miliardo e passa) dovrebbe riconoscersi, più che nel papa stesso o nello stesso Williamson. In tempi di civiltà mediatica vale il principio: «ciò che appare in televisione esiste. Il resto non esiste o non conta. Tanto non parla…». Apprendiamo che Kung ha avuto la proibizione di insegnare teologia proprio da Ratzinger. Vuole sostituire la sua infallibilità di giudizio teologico a quella del papa stesso sancita nel Concilio Vaticano I. Ma Vecellio esordisce dando tutto lo spazio alla sua fonte Kung. Vuole detronizzare la chiesa cattolica con tutti i suoi fedeli, magari sostituendoli con i vari Pannella, Bernardini, Vecellio e così via. Saranno loro a dichiarare quali sono i fondamenti della fede cattolica e ciò a cui i “credenti” possono o non possono attenersi. Appaiono quanto mai ipocrite ed insinsere le attenzioni di Vecellio per le “preoccupazioni degli stessi credenti”. Come egli conosca queste preoccupazioni e come egli sappia chi sono e dove sono è “credenti” è chiaramente un miracolo dello Spirito Santo. Valter Vecellio è divinamente ispirato più del papa stesso e del vescovo Williamson.

Si noti il compiacimento che traspare dalle righe di Vecellio per il teologo "ribelle” Hans Kung. Poco sopra dice che poco gli importa delle faccende interne del cattolicesimo, ma qui a mala pena riesce a nascondere il suo compiacimento per una “ribellione” demolitrice del cattolicesimo in quanto istituzione. Non conosco minimamente la biografia di Valter Vecellio, che resta per me solo un nome già sentito qualche volta su radio radicale. Ma mi immagino un suo percorso intellettuale e morale che mi riservo di verificare. Può darsi che ci indovini. Non adesso. Ho già dedicato buona parte della mia mattinata al suo testo che fra poco spedirò al moderatoe di tellusfolio.it Per non perderne la proprietà intellettuale ne farò pubblicazione anche al sul mio blog, dove correggerò i refusi ed apporterò tutti i miglioramenti che riterrò opportuni.

Il testo si chiude con una menzione dei “fratelli e delle sorelle ebree” espresso da monsignor Gebhard Fuerst. Se vi era bisogno di un’attestazione di come l’ebraismo si sia infiltrato nel cattolicesimo per condizionarlo dall’interno, questo monsignore ne offre una prova evidente. Nelle ultime righe Vecellio parla di “fantasia di un anticlericale frustrato”. Non è chiaro se si riferisce a se stesso, ma pare lecito pensarlo. Ciò che si capisce dal suo articolo è il suo desiderio di distruggere e di attaccare qualcosa che “odia”, agendo per conto di terzi. Non è difficile immaginare per conto di chi.

Se vi saranno sviluppi, saranno da me riportati in questo stesso spazio. Il testo di cui sopra è stato scritto di getto. Dovrei ancora rileggerlo e correggerlo. Ma il tempo che ho dedicato a Valter è già stato parecchio. Per oggi devo smettere: et de hoc satis!

domenica 25 gennaio 2009

A cosa è servito? Riflessioni odierne sulla pulizia etnica a Gaza


Anche se ho deciso di ristrutturare “Civium Libertas” non intendo per questo abbandonare i miei Cinque fedeli lettori. Svolgo con loro alcune brevi riflessioni estemporanee. Io sono stato fra quelli che hanno intensamente sofferto nelle settimane di fine ed inizio anno. Due volte sofferto: per lo spettacolo di vittime inermi brutalizzate dal più infame cinismo e per lo spettacolo ancora più infame, se mai possibile, offerto dai nostri maggiori organi di informazione e dai nostri politici e governanti che pretendono di rappresentarci sulla base di leggi elettorali truffaldine. Per il fatto che una menzogna venga diffusa da organi ad ampia tiratura, strutturati secondo un modello di comunicazione verticale, dove il singolo può solo ricevere passivamente e per nulla poter reagire, si spaccia come “opinione pubblica” la propaganda di pochi centri lobbistici. Ma lasciamo perdere ora questi problemi di comunicazione democratica assai importanti e per i quali occorre ancora trovare una soluzione. Veniamo al perché ed al risultato di uno sterminio che non esito a definire non eguale ad Auschwitz, bensì piu grave. Aspetto che qualcuno mi contesti la libertà delle mie opinioni, certamente discutibili, ma con mio diritto di poterle sostenere ed argomentare.

Le bugie che hanno accompagnato l’operazione “Piombo Fuso” sono state molte e vengono piano piano fuori. Ma anche questo è stato calcolato dagli strateghi della menzogna: una cosa è la menzogna smascherata subito come tale, altra cosa se viene smascherata dopo un qualche tempo, avendo già prodotto gli effetti funesti che ne erano lo scopo. Un milione di morti? Sadam non aveva l’atomica? Ebbene, mi sono sbagliato! Un piccolo errore. A tanto arriva l’impudenza in barba alla cosiddetta democrazia occidentale! Occorreva sconfiggere Hamas? Ma è ancora lì! Più forte di prima, se per forza si intende la sua legittimazione ed il suo consenso. Si voleva disaffezionare la popolazione di Gaza dal suo rapporto con Hamas? E non sono questi metodi di autentico terrorismo? Come si può pretendere di imporre con la forza e il terrore la classe dirigente di un qualsiasi popolo? Hamas aveva avuto il 75 per cento dei consensi in elezioni democraticissime volute da Bush e controllate nel loro svolgimento da osservatori internazionali. Con incredibile arroganza si è iniziato subito da parte di Israele e Usa il sabotaggio del governo eletto dai palestinesi e non gradito da chi mirava ad ottenere un governo quisling e servile, identico a quelli usciti nell’Europa occupata nel 1945. Qui i governi risultati eletti sono stati conformi ai desideri dei vincitori che si erano spartiti il continente europeo per aree di influenza. Ma questa è storia nota e non perdiamo qui altro tempo a ripeterla.

Shalit, il caporalino catturato? Io che esperto di cose orientali non sono non riesco a capire come un intero esercito, cioè composto di aviazione, mezzi corazzati terrestri e marina, oltre che nuovi incredibili ordigni di morte, magari sperimentati la prima volta, non sia stato capace di liberare un singolo soldato, assurto a simbolo. Già, perché per uno Shalit rapito esistono migliaia e migliaia di prigionieri palestinesi in mano agli israeliani. Uno Shalit prigioniero a fronte di oltre 10 mila prigionieri palestinesi, di cui il cosiddetto Occidente sembra perfino ignorare l’esistenza. Non ho potuto leggere nulla al riguardo. Non ho letto che sia morto e sepolto da qualche parte. Dovrebbe essere ancora vivo, è dato per vivo, ma il più potente esercito del Medio Oriente non è riuscito a liberarlo in uno scontro feroce e violentissimo contro il più disarmato dei nemici.


Poiché ciò che accade un senso deve pure averlo. Procedendo di analisi in analisi, facendo tutte le congetture possibili, alla fine resta una sola conclusione: avanzamento del processo di pulizia etnica e genocidio passato alla sua fase applicativa nel 1948 e perseguiti lungo tutti i 60 anni dello stato di Israele. Il genocidio dei palestinesi era già nella mente dei sionisti che nel 1882 fecero il loro primo insediamento. Esiste un piano del pensiero ed un piano della prassi. La prassi segue spesso il pensiero e lo realizza. Il pensiero del genocidio del popolo palestinese da parte del sionismo ha preceduto di gran lunga la nascita stessa del nazismo. In questo senso credo si possa sostenere che Gaza sia qualcosa di più grave di Auschwitz: per estensione temporale, per premeditazione, per scientificità, per efferatezza. Ma anche se non vogliamo lasciarci andare in scomodi paragoni, resta tutta l’evidenza di una pulizia etnica genocidaria di cui non intendo qui dare dimostrazione e documentazione in poche righe. Basta rinviare non già alla “Pulizia etnica” di Ilan Pappe, ma al nuovo pensiero storico e alle nuove linee di ricerca e di riflessione filosofico-giuridica che si sono aperte e di cui proprio ieri sabato 24 gennaio 2009 si è avuto un singolo momento di snodo. Si è aperta una riflessione che produrrà altre riflessioni: il pensiero nasce dal pensiero. Contro il pensiero è inefficace una propaganda alla Pagliara o alla Hasbara, ripetiviva e asfittica, buona soltanto per quei soldati israeliani, autentici criminali di guerra, che hanno lasciato sui muri diroccati di Gaza un segno di sfregio ed oltraggio alle loro vittime: “Israel for ever”. Una scena che l’ineffabile Pagliara ha pensato di servirci per cena nei telegiornali della sera. Non potremo mai dimenticarlo.

POST SCRIPTUM

Qui di seguito la testimonianza del
Parroco di Gaza

Altra testimonianza mi giunge dall’America. Si tratta di un testo (vedi qui Fonte) che sembra essere stato censurato in facebook, ma lo stesso testo mi è giunto sul mio email privato. Non ho tempo per la traduzione italiana. Se qualche Lettore la vuol fare, potrò poi aggiungerne il testo italiano di seguito a quello inglese:

This is a complete text of Labor Member of Parliament and former government minister Sir Gerald Bernard Kaufman's speech, made during the January 15, 2009 House of Commons (British Parliament) debate on Gaza: Gerald Bernard Kaufman

I was brought up as an orthodox Jew and a Zionist. On a shelf in our kitchen, there was a tin box for the Jewish National Fund, into which we put coins to help the pioneers building a Jewish presence in Palestine.

I first went to Israel in 1961 and I have been there since more times than I can count. I had family in Israel and have friends in Israel.

One of them fought in the wars of 1956, 1967 and 1973 and was wounded in two of them. The tie clip that I am wearing is made from a campaign decoration awarded to him, which he presented to me.

I have known most of the Prime Ministers of Israel, starting with the founding Prime Minister David Ben-Gurion. Golda Meir was my friend, as was Yigal Allon, Deputy Prime Minister, who, as a general, won the Negev for Israel in the 1948 war of independence.

My parents came to Britain as refugees from Poland. Most of their families were subsequently murdered by the Nazis in the holocaust. My grandmother was ill in bed when the Nazis came to her home town of Staszow. A German soldier shot her dead in her bed.

My grandmother did not die to provide cover for Israeli soldiers murdering Palestinian grandmothers in Gaza. The current Israeli government ruthlessly and cynically exploits the continuing guilt among Gentiles over the slaughter of Jews in the holocaust as justification for their murder of Palestinians. The implication is that Jewish lives are precious, but the lives of Palestinians do not count.

On Sky News a few days ago, the spokeswoman for the Israeli army, Major Leibovich, was asked about the Israeli killing of, at that time, 800 Palestinians-the total is now 1,000. She replied instantly that "500 of them were militants."

That was the reply of a Nazi. I suppose that the Jews fighting for their lives in the Warsaw ghetto could have been dismissed as militants.

The Israeli Foreign Minister Tzipi Livni asserts that her government will have no dealings with Hamas, because they are terrorists. Tzipi Livni's father was Eitan Livni, chief operations officer of the terrorist Irgun Zvai Leumi, who organized the blowing-up of the King David hotel in Jerusalem, in which 91 victims were killed, including four Jews.

Israel was born out of Jewish terrorism. Jewish terrorists hanged two British sergeants and booby-trapped their corpses. Irgun, together with the terrorist Stern gang, massacred 254 Palestinians in 1948 in the village of Deir Yassin. Today, the present Israeli government indicates that they would be willing, in circumstances acceptable to them, to negotiate with the Palestinian President Abbas of Fatah. It is too late for that. They could have negotiated with Fatah's previous leader, Yasser Arafat, who was a friend of mine. Instead, they besieged him in a bunker in Ramallah, where I visited him. Because of the failings of Fatah since Arafat's death, Hamas won the Palestinian election in 2006. Hamas is a deeply nasty organization, but it was democratically elected, and it is the only game in town. The boycotting of Hamas, including by our government, has been a culpable error, from which dreadful consequences have followed.

The great Israeli Foreign Minister Abba Eban, with whom I campaigned for peace on many platforms, said: "You make peace by talking to your enemies."

However many Palestinians the Israelis murder in Gaza, they cannot solve this existential problem by military means. Whenever and however the fighting ends, there will still be 1.5 million Palestinians in Gaza and 2.5 million more Palestinians on the West Bank. They are treated like dirt by the Israelis, with hundreds of road blocks and with the ghastly denizens of the illegal Jewish settlements harassing them as well. The time will come, not so long from now, when they will outnumber the Jewish population in Israel.

It is time for our government to make clear to the Israeli government that their conduct and policies are unacceptable, and to impose a total arms ban on Israel.

It is time for peace, but real peace, not the solution by conquest which is the Israelis' real goal but which it is impossible for them to achieve. They are not simply war criminals; they are fools.


Per segnalazione su un Lettore se ne trova qui
la traduzione italiana, insieme con il Video.

sabato 24 gennaio 2009

Giorgio Napolitano ribaltato: Ilan Pappe risponde su antisemitismo e antisionismo.


Sarebbe lungo riportare la cronaca e le riflessioni di un denso convegno romano incentrato sul libro di Ilàn Pappe relativo alla “pulizia etnica” ed al genocidio dei palestinesi, non da oggi, ma già dal 1948 ed ancor prima. La relazioni sono state numerose e non meno interessanti le domande e gli interventi. Solo una metà dei partecipanti ha trovato posto al “Centro Congresso Cavour”. La giornata è stata aperta da Angelo d’Orsi il cui intervento è stato anticipato per suoi problemi di aereo. Ha insistito su un concetto già espresso nel manifesto che ha avuto duemila firmatari: in questa fase la propaganda mediatica non è parte della guerra, ma è essa stessa parte della guerra. Salto tutte le relazioni, compresa quella principe di Ilan Pappe, per chiudere alla risposta finale che Pappe ha dato sulla nota equiparazione di Giorgio Napolitano fra antisionismo e antisemitismo. L’ebreo nonché cittadino israeliano Pappe ha ribaltato la questione dicendo che si è antisemiti se non si è antisionisti e che in cuor suo ogni onesta coscienza non può che essere antisionista.

Vedi qui la pubblicazione degli Atti del Seminario.

mercoledì 21 gennaio 2009

Nota redazionale

Il blog «Civium Libertas» si è venuto sempre più arricchendo di contenuti. Per il suo migliore utilizzo da parte degli utenti che spesso si fermano all’ultimo post trascurando il prezioso patrimonio accumulato si rende necessario una rivisitazione generale del blog, correggendo refusi, completando parti incomplete e soprattuto aprendo link fra i quasi 500 post. Per fare questo lavoro è necessario ridurre la creazione di nuovi post. Quando il lavoro previsto sarà completato tutto il blog sarà come un grande ipetetesto o una serie omogenea di ipetesti.

lunedì 19 gennaio 2009

Nuovo monitoraggio di iniziative sioniste contro siti islamici

Home
Vers. 1.1
al 19.1.09


L’attacco all’islam in Italia e in Europa è sempre più pronunciato e non conosce soste. Iniziamo qui uno specifico monitoraggio di questo fenomeno. Il primo documento da cui iniziamo proviene da un progetto denominao “in difesa di Israele” con il quale si coinvolgono siti filoisraeliani.

A.
La storia della Palestina contestata

Di seguito il testo intercettato. Vi è motivo di credere che tutta questa attività sia direttamente finanziata dal governo israeliano. Si può leggere infatti in Haaretz del 19 gennaio un articolo di Cnaan Lpihshiz dal titolo eloquente: “Israel recruits “army of bloggers” to combatt anti-Zionist web sites”.
Carissimi, oggi vi segnalo
[chi è che scrive? chi è il delatore?]
alcune cose di cui sono venuto a conoscenza e riguardano la propaganda del terrorismo islamico, specialmente in lingua italiana:
[senti chi parla! Quasi che non stesse lui facendo terrorismo ebraico-sionista e che la sua propaganda non fosse propaganda ma la voce stessa di dio, beninteso il dio ebraico che dà licenza di sterminio]
http://www.memritv.org/hamas.wmv (Un video della MEMRI TV che spiega cos’è Hamas, usando i discorsi dei suoi leaders - 30,4 MB )
[Noi italiani ormai lo sappiamo: è il governo legittimo che i palestinesi si sono scelti con libere elezioni. Proprio all’Israel Day di piazza Montecitorio l’ex FI, ora UDC, ieri PCI e domani non sappiamo cosa ma forse in procinto di emigrare in Israele e candidarsi alla Knesset, ha perfino detto che Hamas è stato aiutato a vincere le democratiche elezioni grazie all’acclarata corruzione di Fatah, su cui avevano puntato Bush e Israele. Adesso, dopo averli fatti votare, questi sepolcri imbiancati ci vengono a dire che Hamas è organizzazione terroristica. Ma chi è più terrorista di Israele? Pretende di imporre con il terrore chi deve votare chi.]
http://www.islam-online.it/jafar.htm (Un incitamento alla violenza ed al terrorismo presente in un sito web islamico italiano, gestito da Hamza Roberto Piccardo e legato all'UCOII)
[Purtroppo il sistema giuridico italiano non offre adeguata protezione agli enti e ai soggetti qui citati. I sionisti sanno di poter operare in Italia in assoluta impunità. Non siamo qui noi in grado di proporci come avvocati difensori dei soggetti qui indicati (sopra e sotto il testo riportato) alla delazione. Noi possiamo qui limitarci solo agli aspetti etici della questione.
Siamo andati a visitare il link sopra indicato, ne abbiamo letto e riletto il testo e non abbiamo trovato nessun “incitamento alla violenza ed al terrorismo”, anzi lo abbiamo trovato istruttivo e tale da offrire una visione non banale e non banalizzante di concetti che si trovano continuamente citati nei giornali, spesso senza cognizione di causa. Ecco comunque il testo oggetto di delazione presso il ministro Maroni, la cui cultura e buon senso ci auguriamo maggiore di quella dei delatori.

«Il fratello che si firma Jafar Sohaybi, è un musulmano italiano che, per ragioni di modestia e opportunità, ha scelto di scrivere sotto pseudonimo.


Con questo intervento, che speriamo il primo di una ricca serie, interviene in merito alle argomentazioni svolte da Elvio Issa Arancio nel suo articolo Islam e nonviolenza. Naturalmente il dibattito è aperto e ci auguriamo possano giungere altri contributi.»

«Che il termine jihad non possa essere ridotto all’idea (tutta occidentale) di guerra santa è cosa mai abbastanza ripetuta e fa quindi bene il fratello Issa a riconfermarla. Meno fondata appare l’idea che "La penetrazione dell’Occidente in quasi tutti i paesi musulmani (…) ha determinato (…) una rilettura del significato di jihad (…) in termini di resistenza all’ingerenza straniera". Il jihad inteso come sforzo di difesa dall’aggressione e dall’oppressione è concetto ben spiegato dal Profeta Muhammad (saws) e così applicato ben prima del periodo coloniale. Basti pensare a Ibn Taimiyyah che svolse un ruolo determinante nell’incoraggiare le truppe islamiche al jihad per la difesa della Siria dall’invasione mongola.

Se dunque in determinate circostanze il jihad può legittimamente essere uno sforzo bellico, non si vede perché la strategia della violenza debba essere definita "non islamica". Sul fatto che sia inopportuna e perdente si può avere ovviamente diversità di opinioni, ma la storia - anche quella contemporanea - sembra offrire l’indicazione opposta. La liberazione dell’Afghanistan, del Libano meridionale, di Gaza non sono passate attraverso metodi non violenti. Ugualmente l’esempio di Badshah Khan, per quanto affascinante, non fa che confermare la legittimità del jihad come resistenza armata all’invasione armata, in quanto l’occupazione inglese prima e quella russa dopo hanno dovuto arrendersi grazie al sacrificio ed alla lotta militare del popolo afghano.

E’ vero che nell’epoca moderna l’uomo ha sviluppato armi di distruzione di massa il cui impiego tende a disumanizzare l’evento bellico, però mai abbiamo sentito alcun sapiente, di qualunque scuola di pensiero, sostenere che "nell’era contemporanea, per un musulmano, non ci sono le condizioni per il ricorso legale, in senso sharaitico, alla violenza".

Il dibattito andrebbe quindi riportato sul piano della corretta informazione: è la rappresentazione negativa dei resistenti o la resistenza armata in sé che danneggia l’immagine dell’Islam oggi?

Jafar Sohaybi»
Fonte: Islam - On Line

Nulla di criminoso, diremmo, mentre invece resta mai ignobile ed infame la delazione. Costoro sono indegni del genere umano, ma la migliore difesa da loro non è l’adozione dei loro stessi infami metodo, bensì lo starne alla larga, escludendoli dal nostro consorzio. Si nascondono però nell’anonimato in segno di consapevolezza della loro infame condotta. Possono però riconoscersi dai loro discorsi, dal loro porsi “In difesa di Israele”.]
http://abulbarakat.blogspot.com (Blog dell'ex imam di Carmagnola, dove vengono pubblicati i comunicati di Al-Qaeda).
[Anche qui non troviamo nulla di criminoso o illegale. Sono testi religiosi, troppo lunghi per essere riportati integralmente, ma soprattutto di difficile lettura. La nostra costituzione riconosce e tutela forme di culto diversa da quella cattolica o ebraica.]
http://www.minbar-sos.com/forum/rubrica_italiano/ (Sito riconducibile ad Al-Qaeda in lingua francese, questa è la sezione italiana del forum, uno degli utenti più attivi del forum è un tale AHMADALAMIN27;
[È un comunissimo forum di discussione. dove giusto la mente malata dei delatori può rinvenire contenuti illegali. Si comprende invece l’interesse dei delatori di spegnere ogni voce che non sia la loro o di chi loro plaude. Forse le cose che loro dicono le sanno dal Mossad, forse è lo stesso mossad che le dice. Ma possiamo noi dipendere dal Mossad?]
http://www.minbar-sos.com/forum/members/ahmadalamin27.html, nella sua bacheca è stato lasciato un messaggio da un tale Abu Kawthar, Padre di Kawthar, che gli lascia un indirizzo email ospitato in Italia: zabarda@tiscali.it).
[Questi delatori sono dei paranoici criminali. Anche su un biglietto usato dell’autobus, con su scritto magari qualcosa, sono capaci di inventarsi le storie più incredibili.]
Permettemi di segnalarvi alcuni messaggi che probabilmente possono esservi utili:
[Utili a chi e per fare che?]
http://www.minbar-sos.com/forum/rubrica_italiano/5400-il_sionismo.html
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[Il testo incriminato, proposto all’attenzione del compagno Maroni, è una comunissima voce di enciclopedia che recita:

«Sionismo: Nacque in Europa orientale negli ultimi anni dell’800 teorizzando la fondazione di uno “Stato ebraico” per tutti gli aderenti alla fede ebraica in quanto gli ebrei costituiscono una minoranza che non riesce a trovare un proprio inserimento nella vita economica sociale-culturale dei vari paesi in cui essi vivono, ma questa teoria altro non era che l’espressione del disagio in cui veniva a trovarsi la borghesia commerciale ebraica nei paesi dell’Est Europa, nel momento in cui si sviluppava il capitalismo con la sua borghesia i cui interessi si scontravano con quelli della borghesia ebraica. Il capitalismo utilizzava il razzismo anti ebraico (Ipogrom) proprio per potersi sbarazzare di questi temibili concorrenti nella direzione delle economie locali. Alla borghesia ebraica non restava dall’altro lato che il destino dell’assorbimento nel proletariato locale oppure la ricerca di uno sbocco esterno (una colonia). Il movimento sionista optò per la colonizzazione, si delineava a questo punto “il problema” sulla scelta del luogo dove far sorgere (lo stato ebraico) il movimento sionista fu diviso fra chi voleva un pezzo di terra in Argentina, chi in Africa orientale, per altri ancora la Palestina, che allora faceva parte dell’Impero Ottomano, popolata da una maggioranza di palestinesi musulmani e da poche migliaia di palestinesi cristiani ed ebrei.

Nel I congresso del movimento sionista riunito a Basilea nel 1897 sotto la guida di Teodor Herzl prevalse la tesi di chi optò per la “Colonizzazione della Palestina”, in seguito a ciò, gli ebrei che si riconoscevano nel “Sionismo” (e cioe’ meno dell’1% degli ebrei di tutto il mondo) prepararono un programma per la colonizzazione della regione. Questa colonizzazione prevedeva due progetti, quello massimo che seguendo la frase biblica mirava ad occupare il territorio compreso tra i due fiumi “dal Nilo all’Eufrate”, e ancora oggi sostenuto dal clero rabbinico e dai partiti di governo, mentre quello minimo riguardava l’occupazione di un territorio comprendente oltre la Palestina, la Giordania, il sud del Libano ed il sud ovest della Siria. Ma il Sionismo non mirava solo alla occupazione di questi territori ma prevedeva lo svuotamento della popolazione originaria allo scopo si di continuare l’emmigrazione ebraica ma soprattutto di creare uno stato puramente confessionale “ebraico” (espulsioni in massa della popolazione palestinese residente, massacri, etc.). A questo punto si fa notare che ancora oggi il Sionismo continua la sua politica in seno allo stato di Israele».

Ed il ministro Maroni nonché la magistratura si dovrebbero occupare di questo brano come capo di imputazione penale? Se vogliono leggerlo, per loro cultura personale, la cosa può loro essere certamente utile.]
Il sionismo dell’utente AHMADALAMIN27
http://www.minbar-sos.com/forum/rubrica_italiano/5398- la_spartizione_della_palestina.html - La spartizione della Palestina dell'utente AHMADALAMIN27
[Stesso discorso di prima e per ragioni divulgative è utile riportare i testi segnalati dai Delatori:

«La spartizione della Palestina


Oltre alla fine del mandato britannico per il maggio 1948, l’ONU propose di risolvere la “controversia” tra palestinesi e sionisti spartendo la Palestina in uno stato ebraico (56% della superficie) ed uno stato arabo (43%), mentre Gerusalemme doveva essere dichiarata “Zona Internazionale” sotto controllo dell’ONU stessa.

Tale piano privava automaticamente gli arabi abitanti nella zona assegnata al nuovo “Stato di Israele” di ogni possibilitò di decidere della propria sorte. Per assicurarsi l’esecuzione del piano di spartizione, le pressioni sioniste aumentarono costantemente durante tutto il 1947 e il 1948. Al pubblico europeo e americano veniva spiegato che le rivendicazioni sioniste erano fondate sulla Bibbia e sulle sofferenze patite dagli ebrei sotto il nazismo e il fascismo. Tutti gli Stati, membri o no dell’ONU, che si erano opposti alla spartizione furono minacciati o ricattati dall’America.

Infine, il 29 novembre 1947, l’Assemblea Generale dell’ONU adottò il piano di spartizione con 33 voti favorevoli, 13 contrari e 10 astenuti. Ai sionisti fu dato uno Stato, insediato nel punto di collegamento tra Asia ed Africa, senza il libero consenso dei palestinesi e di alcun’altra nazione circondaria, africana o asiatica. «I voti decisivi - dichiarò al Congresso Americano un deputato - furono quelli di Haiti, Liberia, Filippine. Questi voti bastarono per riportare la maggioranza dei due terzi. In precedenza questi paesi avevano votato contro la spartizione. Le pressioni esercitate su di essi dai nostri rappresentanti ufficiali e da privati cittadini americani sono un atto riprovevole nel loro e nei nostri confronti».

Deir Yassin
(video YT)

Presso le alture ad Ovest di Gerusalemme, Deir Yassin era un villaggio come tanti altri, 300 abitanti in tutto. Gli israeliani pensarono di compiere lì una “azione esemplare” che servisse a convincere i palestinesi ad abbandonare collettivamente la zona. La spedizione fu organizzata ed eseguita dal capo dell’Irgun, Menachem Begin. Le sue truppe circondarono il villaggio, all’alba del 9 aprile 1948, ed uccisero sistematicamente 250 abitanti: uomini, donne, bambini. Di proposito la notizia fu sparsa in tutti i villaggi, utilizzando i pochi superstiti, organizzando conferenze stampa, riproduzioni fotografiche del villaggio distrutto, volantini incitanti a fuggire. Iniziò allora l’esodo in massa dei palestinesi. Lo stesso Begin, capo del governo racconta: «Dappertutto noi eravamo i primi a passare all’azione. Gli arabi, spaventati, cominciarono a fuggire. L’Haganah compiva attacchi vittoriosi su altri fronti, mentre le forze ebraiche continuavano ad avanzare verso Haifa come un coltello nel burro. Presi dal panico, gli arabi scappavano gridando: “Deir Yassin”».

(M. Begin, “The Revolt Story of the Irgun”)

La reazione degli arabi, e le proteste di quasi tutti i paesi extraeuropei (tra i quali, solo il Sudafrica si schierò apertamente con i sionisti), costrinsero le Nazioni Unite a riesaminare la spartizione.

La situazione in Palestina era allora la seguente: dopo trenta anni di dominazione inglese in Palestina, la comunità ebraica era diventata 12 volte piu grande che nel 1917 e rappresentava quasi un terzo della popolazione. Le terre in suo possesso - come proclamava la legge costituzionale dell’Agenzia Ebraica (1929) - dovevano «essere registrate a nome del Fondo Nazionale Ebraico, affinché divenissero proprietà inalienabile del popolo ebraico» . Avevano dunque il carattere di extraterritorialità e non potevano più essere ricomprate dagli arabi. Si era così formato uno “stato nello stato”, anche se, per la forte resistenza dei palestinesi a vendere le loro terre, i massicci sforzi degli ebrei colonizzatori avevano portato, dopo vent’anni, all’acquisto di meno del 6% delle terre di Palestina.

Quando l’ONU votò il piano di spartizione l’«Agenzia Ebraica» ordinò di operare il tutto per tutto e di mettere il mondo di fronte al fatto compiuto: il 1948 doveva diventare l’anno del terrore sistematico attuato per allontanare gli arabi dalla Palestina. L’obiettivo era la conquista della maggior quantità possibile di territorio. Si attaccarono militarmente villaggi e terre con valore strategico, specialmente nelle zone assegnate, nel progetto dell’ONU, allo Stato arabo. Si utilizzò la minaccia di “fare di ogni villaggio una nuova Deir Yassin” per convincere gli abitanti delle regioni controllate dagli ebrei ad evacuare».

In effetti, la migliore confutazione della propaganda sionista è lo studio critico della storia e la sua divulgazione non manipolata e addomesticata. Ci auguriamo che questo brano lo leggano Maroni, i magistrati, Lucia Annunziata e tutti coloro che si sono scagliati contro Michele Santoro per la sua trasmissione sul massacro di Gaza. La polemica di lana caprina sui sigari Kassam e sul sacro diritto di Israele e difendersi acquirebbe un più vasto respiro storico, che non farebbe male neppure a Marco Travaglio, troppo occupato con le cronache giudiziarie ed i pettegolezzi delle intercettazioni telefoniche.]
http://www.minbar-sos.com/forum/rubrica_italiano/5387-
[Altra utile pagina di storia, in attesa che i Delatori forniscano al ministro Maroni la loro storia corretta ed ufficiale della Palestina, debitamente vistata dall’Hasbara e consegnata dall’ambasciatore israeliano al ministro Frattini nonché a Giorgio Napolitano, affinché vi si attenga nei suoi discorsi ufficiali:

«La storia della Palestina


Oltre cinque milioni sono oggi i palestinesi. La loro storia si identifica con quella terra che per novemila anni li ha accolti: una distesa grande quanto la Sardegna, tra il Giordano, il golfo di Aqaba e il Mediterraneo. Qui vivevano i primi palestinesi (discendenti degli abitanti originari della antica Palestina - Amriti, Cananei. Aramiti ed Arabi - ) molti secoli prima che gli ebrei provenienti da est, occupasserro il centro ed il nord di questa terra (1500 a.C.). I palestinesi subirono la dominazione romana, si integrarono nel mondo arabo ai tempi dell'espansione islamica, mantennero sempre contatti con il mondo cristiano, ed una loro caratteristica fu la costante apertura a tutti gli influssi, sia musulmani che ebraici, che cristiani. Essi subirono, ma non accettarono, la violenza fanatica dei turchi e quella dei Crociati, che proprio in Palestina si scontravano per il dominio del Medio Oriente.

Nel XX secolo, come tutti gli altri popoli arabi, lottarono contro il dominio Turco-Ottomano, e per questo furono preziosi alleati degli occidentali che nella guerra mondiale si trovavano di fronte la Germania e la Turchia unite.

Ma le aspirazioni dei popoli arabi all’Indipendenza, una volta crollato l’Impero Ottomano (1917), si scontrarono con gli interessi delle potenze europee, che miravano di colmare immediatamente il vuoto di potere lasciato dai Turchi nella regione.

Gli interessi della maggiore potenza coloniale, la Gran Bretagna, erano riposti soprattutto nel controllo del canale di Suez e di una rotta via terra per le Indie e i domini asiatici. Dopo accordi con la Russia e la Francia circa la divisione delle spoglie dell’Impero Ottomano, l’Inghilterra, preoccupata per le possibilità di penetrazione francese nel Medio Oriente vide come unica via d’uscita l’utilizzazione del colonialismo Ebraico predicato in quegli anni dal Sionismo.

Violando tutte le promesse di sostegno all’indipendenza araba, date dalla Gran Bretagna negli anni critici della lotta contro i turchi, il ministro degli esteri Balfour dichiarò nel 1917 il pieno appoggio del suo paese al progetto sionista della creazione di un Focolare Nazionale Ebraico in Palestina.

Da allora e per trent’anni, gli interessi imperialistici britannici e il sionismo si trovarono a confluire nell’obiettivo pratico della creazione di uno stato ebraico nel Medio Qriente. Così, fu la pressione dei circoli finanziari sionisti, mirante a neutralizzare le spinte contrarie di Stati Uniti e Francia, a far si che nel 1923 la Società delle Nazioni assegnasse il mandato sulla Palestina all’Inghilterra che aveva già occupato. Per l’occasione fu escogitata la formula del “mandato internazionale”. Fu una chiara violazione del diritto all’autodeterminazione dei popoli, sancita dalla stessa S.d.N.

Le intenzioni della Gran Bretagna sono altrettanto chiare: essa nomina suo primo alto commissario in Palestina un ebreo sionista; riconosce l’organizzazione sionista mondiale come “Agenzia Ebraica” che rappresenta gli interessi degli ebrei in tutto il mondo (cioè come “governo” ebreo dello stato ebreo che si ha intenzione di costruire); apre le porte alla immigrazione sionista di massa malgrado le continue pretese arabe trasferisce dei terreni statali agli ebrei permette alla comunità sionista di amministrare le proprie scuole e di mantenere la propria organizzazione militare (Haganah); addestra unità mobili delle truppe sioniste (il Palmach), finge di ignorare l’esistenza di organizzazioni terroristiche (Irgun, Stern). Alla maggioranza palestinese furono negate analoghe facilitazioni ed essa fu privata dei mezzi di autodifesa (un palestinese che veniva trovato in possesso anche di un solo proiettile era mandato a morte).

I sionisti vogliono la terra, le risorse, ma vogliono soprattutto creare lo stato ebraico. Di conseguenza, i palestinesi non sono destinati a essere sfruttati (come nel colonialismo tradizionale) ma di essere sostituiti. La parola d’ordine è “lavoro ebraico”. La nuova “nazione ebraica” dovrà avere una classe operaiai ebrea. Il che significa l’esclusione degli arabi dall’economia locale (tra l’altro, l’operaio ebreo non potrebbe reggere ai bassi salari dell’operaio arabo e di colpo cesserebbe l’immigrazione sionista).

La reazione araba a questa violenza organizzata, metodica e autorizzata dalle grandi potenze rappresentate dalla Societa delle Nazioni, è immediata.

Gli anni 1936-1939 furono un susseguirsi di rivolte, di scioperi generali ad oltranza, i più lunghi della storia del proletariato mondiale, di boicottaggio della amministrazione inglese. La grande rivolta araba del 1936-1939 - la più importante sollevazione anticoloniale dell’epoca - è repressa nel sangue. Soltanto dopo l’invio da Londra di rinforzi militari di 20mila uomini che, assistiti dall’aviazione, spazzano via la tenace guerriglia dimostratasi capace di occupare intere zone agricole e città, e di resistere a lungo contro forze di gran lunga superiori, grazie ad un vasto appoggio tra le popolazioni locali.

Ma dietro la protesta spontanea non esisteva una reale politica di opposizione all’imperialismo inglese ed ai sionisti, le masse arabe palestinesi venivano strumentalizzate dai regimi arabi i quali, lungi dal difenderne i diritti e ne usavano la protesta per aumentare il prezzo della resa ai sionisti.

“La popolazione palestinese è senza dubbio già a quell’epoca una delle piu avanzate nella regione e possiede un alto grado di coscienza politica e nazionale. Nel 1929 una commissione d’inchiesta britannica constata: “L’opinione che il fellah non s'interessa di politica non trova conferma nella nostra esperienza in Palestina... Qui nessuno può dubitare che i contadini e i braccianti sono autenticamente interessati sia alla creazione di un loro stato sia allo sviluppo di istituzioni di autogoverno. Non meno di 14 quotidiani vengono pubblicati in Palestina e quasi in ogni villaggio vi è qualcuno incaricato di leggerli a quattro contadini che non sanno leggere... Essi discutono tutti di politica e questa fa abitualmente parte dei sermoni di venerdi nella moschea. Questi fellahin... sono con tutta probabilità più politicizzati di molta gente in Europa”.

Nel maggio del ’39 il governo britannico pubblica un libro bianco. Essendo mutata la situazione internazionale e accresciuta l’importanza del petrolio, Londra è costretta a fare agli arabi delle concessioni: una delle pià importanti è la limitazione dell’immigrazione ebraica. La risposta delle milizie ebraiche non si fa attendere: intensificano l’immigrazione clandestina in vista della creazione del futuro stato. Quindi la Gran Bretagna dopo aver addestrato e armato i gruppi sionisti per proteggere i propri interessi nella regione diviene colpevole delle minaccie potenziali alla sua sovranità tenta di riprendere in mano la situazione.

L’Irgoun (con a capo Menachem Begin) e lo Stern (tra i capi ricordiamo Shamir) ricorrono ad azioni terroristiche, anche all’esterno della Palestina. Nel 1944 due loro agenti assassinano lord Moyne, ministro residente britannico al Cairo e nel 1946 fanno saltare l’albergo King David a Gerusalemme, dove aveva sede l’amministrazione britannica, causando 91 morti (tra i quali alcuni ebrei).

Gli inglesi indeboliti ma desiderosi di conservare il loro mandato proseguono la loro politica ambigua, nella speranza di mettere palestinesi e sionisti gli uni contro gli altri, ma il terrorismo sionista continua, nonché l’immigrazione clandestina. L’Irgoun applica con successo la tattica dell’occhio per occhio, dente per dente e risponde ad ogni vessazione britannica con grandi rappresaglie. Quando gli inglesi vedono che la situazione sfugge dalle loro mani, sottopongono la questione palestinese alle Nazioni Unite».

Una limpida pagina di storia, che sarebbe certamente utile da leggere per parlamentari come Paolo Guzzanti e quanti son saliti nel palco di madonna Fiammetta in piazza di Montecitorio. I Delatori non potevano essere più idioti nell’offrire a noi l’occasione di pubblicare qui un’agile sintesi storica cui non vi è nulla da obiettare in veridicità.
misteri_e_segreti_del_bnai_brith.html
-Misteri e segreti del b'nai b'rith dell'utente AMADALAMIN27
[Sono qui oltremodo lieto di pubblicare un testo di don Curzio Nitoglia, scrittore da me di recente apprezzato per il suo libro sul giudeo-americanismo:

Emmanuel Ratier presenta un nuovo libro esplosivo...

MISTERI E SEGRETI DEL B’NAÏ B’RÏTH
La più importante organizzazione ebraica internazionale
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Dalla rivista "Sodalitium" N. 38, Giugno-Luglio 1994 — Verrua Savoia (TO)
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INTRODUZIONE

Emmanuel Ratier ci presenta uno studio molto interessante sul “B’naï B’rith”. Su questo argomento non era stato scritto ancora nulla di così completo, dettagliato e nello stesso tempo ben documentato. Era infatti molto difficile poter parlare del “B’naï B’rith”, poiché riguardo a quest’associazione non si trovava nulla, di “esposto al pubblico”. Nulla, neppure alla Biblioteca Nazionale di Parigi, tranne tre modesti fascicoli del 1932. Tuttavia, secondo l’“Encyclopedia Judaica” (1970), il “B’naï B’rith” costituisce “la più antica e la più numerosa organizzazione giudaica di mutuo soccorso, organizzata in logge ed in capitoli in 45 nazioni. Il numero totale dei membri è di circa 500.000…”.

Strano che un associazione così importante, fondata negli USA nel 1843, non abbia mai pubblicato nulla su di sé…

Se si consulta la collezione delle riviste, che per legge devono essere esposte in quattro esemplari alla Biblioteca Nazionale ogni volta che appaiono, si constata che il “B’naï B’rith” non ha mai effettuato tale deposito. pur essendone obbligato per legge. Malgrado questa precauzione, l’Autore dello studio presentato dal Ratier, ha potuto consultare una certa parte delle pubblicazioni del “B’naï B’rith” americano ed europeo. In questo articolo mi sono limitato a recensire tale libro, cui rimando il lettore per eventuali consultazioni di citazioni fatte nell’opera stessa.

FONDAZIONE

Il 13 ottobre 1843 il “B’naï B’rith” fu fondato al Caffè Sinsheimer, nel quartiere di Wall Street, a New York. Allora fu chiamato “Bundes-Brueder” (che significa “Lega dei fratelli”), nome tedesco a causa dell’origine dei fondatori ebrei-tedeschi, che parlavano soltanto il tedesco o l’yiddish. Il “B’naï B’rith” è pertanto una delle più antiche associazioni americane ancora esistenti. Il fondatore, Henry Jones, cercò dei co-fondatori reclutandoli presso la Sinagoga. di cui era uno dei principali responsabili. Il "B’naï B’rith" stesso riconosce inoltre che almeno quattro dei suoi fondatori erano massoni. L’Ordine del “B’naï B’rith”, per libera scelta dei fondatori, era riservato ai soli ebrei.

I fondatori volevano creare un Ordine che avrebbe dovuto essere il mezzo per unire gli ebrei d’Amenca ed “illuminare” così “come un faro il mondo intero”. Un mese dopo la creazione dell’Ordine, si decise che la sede sarebbe stata a New York; il locale scelto per fondare la prima Loggia di New York, non fu una sala della Sinagoga, ma il tempio massonico situato all’angolo di Oliver Street e Henry Street, proprio per mostrare la sua origine massonica.

I fondatori decisero di cambiare nome all’associazione, stimando che un Ordine ebraico dovesse avere un nome ebraico. Conservarono così le iniziali B. B., ma cambiarono il nome dell’Ordine, che da “Bundes-Brueder” (Lega dei Fratelli) divenne “B’naï B’rith” (Figli dell’Alleanza). Il motto dell’Ordine era: “Benevolenza, Amore fraterno ed Armonia”. Si scelse perciò come simbolo dell’Ordine la “menorah”, il candeliere a sette bracci, che simboleggia appunto la luce.

FORMARE DEI QUADRI

Henry Jones intuì la necessità di una stretta unione della comunità ebraica americana, in vista del suo futuro incremento, per l’arrivo di un sempre crescente numero di emigranti, e quindi il bisogno di un’organizzazione che provvedesse alla loro sistemazione ed al loro sostentamento; seppe unire i principi religiosi del Giudaismo a quelli filantropici di mutuo soccorso della Massoneria. Il disegno di Jones era quello di selezionare tra gli immigrati i migliori elementi. per costituire i "quadri" o le élites indispensabili al ruolo che il Giudaismo americano avrebbe dovuto avere nel mondo intero: essere il sacerdote dell’umanità posta al suo servizio, come "noachida" o proselite della porta! Per far questo bisognava conservare il carattere religioso del Giudaismo, ma nello stesso tempo evitare ogni disputa teologica.

Ora la Sinagoga, che in America era profondamente divisa, non poteva compiere quest’opera: la Loggia doveva quindi interporsi ed unificare ciò che le dispute sinagogali avevano diviso. Il "B’naï B’rith" avrebbe dovuto essere il grande educatore degli ebrei americani, per poterli innalzare al rango che compete loro: essere il faro dell’umanità! Esso aveva quindi una duplice funzione: essere un bastione contro la secolarizzazione e la perdita dell’identità ebraica; e nello stesso tempo evitare ogni pericolo di divisione, a causa delle dispute teologiche. Per favorire quest’unione degli ebrei l’Ordine, rifacendosi ai principi della Massoneria, si poneva al di sopra dei partiti e delle correnti teologiche ebraiche. Esso divenne il centro di tutti gli affari del mondo ebraico americano ed il punto d’incontro degli ebrei liberali ed ortodossi. Grazie alla sua caratteristica pluralista, non esclusivista, il "B’naï B’rith" riuscì ad unire ciò che la Sinagoga aveva diviso. Inoltre il "B’naï B’rith", per poter mantenere intatta la sua vitalità, mostrò sempre una grande capacità di adattamento al mutare delle circostanze.

INFLUENZA POLITICA DEL "B’NAÏ B’RITH"

Nell’ambito dei suoi compiti di tutela delle minoranze ebraiche l’Ordine esercitò, tramite il canale della diplomazia americana, enormi pressioni in favore degli ebrei perseguitati in Russia, in Romania, in Germania ecc. Nel 1903 per esempio, il presidente Roosevelt preparò insieme al "B’naï B’rith" una lettera di protesta da inviare allo Zar di Russia per condannare i pogrom russi. Le richieste contenute nella lettera, trasmessa dal Segretario di Stato americano, non furono accolte dallo Zar, il quale anzi, vedendo che gli ebrei capeggiavano i rivoluzionari russi, decise di sottomettere gli israeliti stranieri ad un regime speciale di passaporto, per poterli meglio sorvegliare. L’America fece nuovamente pressioni diplomatiche sullo Zar, ma Nicola II rifiutò ancora una volta di ricevere le proteste ebree. Il Gran Presidente del "B’naï B’rith" di quel tempo, Krans, ha scritto che uno dei membri del "B’naï B’rith" dichiarò in quell ‘occasione: "Se lo Zar non vuole dare al nostro popolo la libertà che esso desidera, allora una Rivoluzione installerà una Repubblica in Russia, mediante la quale otterremo i nostri diritti". Previsione o premozione?…

L’INFLUENZA ATTUALE DEL B’NAÏ B’RITH

Negli USA le campagne presidenziali passano inevitabilmente attraverso le assemblee del “B’naï B’rith”, dove i candidati, sia democratici che repubblicani, vengono a porgere i loro messaggi di sostegno ad Israele. Per esempio nel 1953 il vice presidente Richard Nixon fu il principale oratore politico al banchetto della Convenzione, ed il presidente Dwight Eisenhower inviò un caloroso messaggio d’incoraggiamento alla Loggia. Eisenhower prese poi parte al banchetto per il 40° anniversario dell’A.D.L. (Anti-Diffamation League of “B’naï B’rith”), il “braccio armato” del "B’naï B’rith". Mentre nel 1963, per i 50 anni dell’A.D.L., l’invitato d’onore fu il presidente John Kennedy. Alcuni mesi più tardi anche il nuovo presidente Lyndon Johnson fu invitato dall’Ordine. Per finire, il presidente del “B’naï B’rith”, Label Katz, incontrò in udienza privata Giovanni XXIII nel gennaio 1960. Tramite Jules Isaac (membro del “B’naï B’rith”) l’Ordine ha giocato un ruolo di primo piano nella preparazione del documento Nostra Ætate del Concilio Vaticano II.

IL B’NAÏ B’RITH E LA MASSONERIA

Oggi i membri del “B’naï B’rith” cercano di non parlare del loro legame con la Massoneria, ma abbiamo già visto come almeno quattro dei fondatori del “B’naï B’rith” erano massoni, che si riunivano in templi massonici. Il Ratier esamina a questo scopo ciò che autori o riviste massoniche o filomassoniche scrivono del “B’naï B’rith”: Daniel Ligou, il “Dictionnaire de la franc-maçonnerie” (1932), l’«Almanach maçonnique de l’Europe», Jean-Pierre Bayard, la rivista “Globe” secondo cui il “B’naï B’rith” è “il ramo ebraico della Massoneria”, Daniel Beresniak, la “Guide de la vie juive en France”, che parla, a proposito del “B’naï B’rith” di “Massoneria colorata di Giudaismo”, ed infine “Tribune Juive” secondo cui essi (“B’naï B’rith”) progettano di creare un tipo di “obbedienza massonica riservata ai soli ebrei”.

Da qualche decennio tuttavia, i dirigenti del “B’naï B’rith” stanno cercando di non far trasparire la specificità massonica del loro Ordine.

LA REGOLA DEL SEGRETO

Ufficialmente il “B’nai B’rith” avrebbe dovuto abbandonare la regola del segreto nel 1920, ma ancora nel 1936 Paul Goldman, presidente della prima Loggia di Londra, parlava, in un articolo che ne tratteggiava la storia, del segreto o silenzio sulle attività della Loggia. Il Ratier spiega inoltre come vi siano nel “B’naï B’rith” delle “riunioni aperte” cui possono assistere anche i profani, e le “vere riunioni”, chiuse o segrete, riservate ai soli fratelli.

IL CARDINALE DEL B’NAÏ B’RITH

Il 16 novembre 1991, il card. Albert Decourtray, Arcivescovo di Lione e Primate di Francia, riceveva il Premio internazionale dell’azione umanitaria del distretto XIX (Europa) del “B’naï B’rith”. Nel discorso pronunciato per la consegna della medaglia ricordo a Decourtray, Marc Aron, presidente del “B’naï B’rith” francese, fece un’allusione molto interessante circa l’evoluzione delle relazioni tra gli ebrei e il Vaticano: “Poi venne Jules Isaac, un “B’naï B’rith”; il suo incontro con Giovanni XXIII è la punta dell’iceberg; il Vaticano II, Nostra Ætate, le direttive conciliari per lo sradicamento di ogni concetto antigiudeo nella catechesi e nella liturgia…”.

IL CARDINALE BEA

L’attitudine filoebrea del cardinale Bea gli valse l’accusa di essere un agente segreto “B’naï B’rith”. Qualcuno, come ha riassunto Léon de Poncins, ha accusato Bea di essere d’origine ebrea, si sarebbe chiamato, Béja, o Béhar, ed avrebbe agito nel Concilio come agente segreto del “B’naï B’rith”. Ma non ci sono prove serie di ciò fino ad ora.

FREUD E IL B’NAÏ B’RITH

L’Autore scrive che Freud era un membro della Loggia del “B’naï B’rith” di Vienna e che il “B’naï B’rith” ha influito molto sullo sviluppo della psicanalisi, fondata sulla càbala giudaica.

IL B’NAÏ B’RITH E IL COMUNISMO

La domanda che il nostro Autore si pone è questa: vi fu opposizione o sostegno, da parte del “B’naï B’rith”, alla Rivoluzione comunista del 1917? Globalmente, leggendo la stampa del “B’naï B’rith”, si può dire che vi fu sostegno, senza che vi fosse alcuna paura per lo sviluppo della comunità israelitica russa, tranne le inquietudini per un’eventuale assimilazione degli ebrei nello Stato comunista e le difficoltà per la pratica religiosa. Ma oltre questi due punti, non si trova, nella stampa del “B’naï B’rith” dell’epoca, nessuna condanna del regime dittatoriale comunista per la sua ideologia. Per quanto riguarda “l’eliminazione degli ebrei ortodossi, essa fu condotta dalla sezione ebrea del partito comunista… la ‘Evsekzija’ (…) Si assistette perciò al triste spettacolo di ebrei, che spogliavano i loro propri fratelli”.

IL B’NAÏ B’RITH E IL SIONISMO

Il “B’naï B’rith” può essere definito un movimento pre-sionista. Fin dall’origine e per sua natura, il “B’naï B’rith” è un Ordine d’ispirazione sionista, anche se nel 1843 questo termine non esisteva ancora. Paul Goldman, presidente della Prima Loggia d’Inghilterra, scrisse nel 1936 un piccolo opuscolo sulla storia di tale Loggia. In esso sono contenute notizie molto importanti sull’influenza delle logge londinesi del “B’naï B’rith” nello sviluppo del Sionismo. “Nella Palestina — scrive il Goldman — B’naï B’rith ha esercitato un ruolo unico, prima che il Sionismo ne facesse la base dello Stato ebraico”. Nel 1865, ventitrè anni prima dell’Organizzazione sionista mondiale di Herzl, il B’naï B’rith organizzò una grande campagna d’aiuto alle vittiime ebree di un’epidemia di colera in Palestina. Dopo di che l’Ordine non ha più smesso di sostenere finanziariamente le iniziative private in Israele (nel 1948, inviò più di quattro milioni di dollari in Israele). Tuttavia a causa di una minoranza antisionista tra gli ebrei, il B’naï B’rith, che ha sempre cercato di evitare ogni querelle e divisione tra israeliti, non ha preso ufficialmente posizione (fino al settembre 1947) in favore delle tesi sioniste, pur difendendole e partecipando attivamente a tutte le conferenze sioniste.

IL B’NAÏ B’RITH FA RICONOSCERE ISRAELE

È stato il B’naï B’rith che ha provocato il riconoscimento (de facto) dello Stato d’Israele da parte del presidente americano Harry Truman, che era ostile ad un riconoscimento rapido d’Israele, e che a causa del suo “ritardismo” veniva accusato dai dirigenti sionisti di essere un traditore. Nessuno dei leaders sionisti era ricevuto, in quei frangenti, alla Casa Bianca. Tutti, tranne Frank Goldman, presidente del B’naï B’rith, che non riuscì però a convincere il Presidente. Allora Goldman telefonò all’avvocato Granoff, consigliere di Jacobson, amico personale del presidente Truman. Jacobson, un B’naï B’rith, pur non essendo sionista, scrisse tuttavia un telegramma al suo amico Truman, chiedendogli di ricevere Weizmann (presidente del Congresso Sionista mondiale). Il telegramma restò senza risposta. Allora Jacobson chiese un appuntamento personale alla Casa Bianca. Truman lo avvisò che sarebbe stato felice di rivederlo, a condizione che non gli avesse parlato della Palestina. Jacobson promise e partì. Arrivato alla Casa Bianca, come scrive Truman stesso nelle sue “Memorie”: «Delle grandi lagrime gli colavano dagli occhi… allora gli dissi: “Eddie, sei un disgraziato, mi avevi promesso di non parlare di ciò che sta succedendo in Medio Oriente”. Jacobson mi rispose: “Signor Presidente, non ho detto neanche una parola, ma ogni volta che penso agli ebrei senza patria (…) mi metto a piangere” (…) Allora gli dissi: “Eddie, basta”. E discutemmo d’altro, ma ogni tanto una grossa lacrima colava dai suoi occhi (…) Poi se ne andò».

Ebbene poco tempo dopo, Truman ricevette Weizmann in segreto e cambiò radicalmente opinione, decidendo di riconoscere subito lo Stato d’Israele. Così il 15 maggio 1948 Truman chiese al rappresentante degli Stati Uniti di riconoscere de facto il nuovo Stato. E quando il Presidente firmò i documenti di riconoscimento ufficiale d’Israele, il 13 gennaio 1949, i soli osservatori non appartenenti al governo degli Stati Uniti erano tre dirigenti del B’naï B’rith: Eddie Jacobson, Maurice Bisyger e Frank Goldman.

IL COMPITO PIÙ ARDUO: IMPEDIRE L’ASSIMILAZIONE

Sappiamo già che il B’naï B’rith ha per scopo di unire gli israeliti, per far progredire l’umanità. L’Ordine cerca pertanto di sviluppare il carattere morale ed intellettuale dei propri correligionari; tuttavia, studiando meglio il problema, si può scorgere un certo “razzismo” ebreo in tali programmi. L’Ordine dei “Figli dell’Alleanza” presuppone una fedeltà totale al Giudaismo, in quanto esso serve a rafforzare la coscienza ebraica. Uno dei compiti più alti dell’Ordine è di preservare il popolo ebreo da ogni pericolo di assimilazione da parte di altre nazioni e da una conseguente perdita d’identità. La “Lega Anti-Diffamazione” (A.D.L.) scrive che essa “crede nell’integrazione, cioè nell’accettazione degli ebrei, come eguali. Ma che è opposta all’assimilazione: ossia alla perdita dell’identità ebrea (…). Uno dei principi dell’Ordine è che “non vi è posto nel B’naï B’rith per un Fratello che tiene i suoi figli lontani dalla comunità israelitica”.

IL RIMPIANTO DEL GHETTO E I PERICOLI DELL’EMANCIPAZIONE

Nelle pubblicazioni del B’naï B’rith di questi ultimi anni, traspariva ancora una certa nostalgia del ghetto, come garanzia della propria identità, e perciò certi membri arrivano financo a stimare che “il nemico mortale degli ebrei non è l’antisemitismo, ma è l’assimilazione”. Il B’naï B’rith lotta anche contro i matrimoni misti, nei quali uno dei coniugi è un “goy”, anche se il matrimonio viene celebrato nella Sinagoga.

L’ANTI-DIFAMATION-LEAGUE: O IL BRACCIO ARMATO DEL B’NAÏ B’RITH

L’A.D.L. fu fondata dal B’naï B’rith nell’ottobre del 1913 per lottare contro la diffamazione e la discriminazione che si sarebbero potute esercitare contro la comunità ebraica americana. Molti presidenti degli USA hanno tessuto l’elogio dell’A.D.L., ad esempio Truman, Eisenhower, J. Kennedy, Johnson, Reagan…

L’associazione scheda regolarmente ogni anno tutti coloro che hanno espresso delle opinioni non filo-israeliane. In Italia, quest’estate, il giornalista Maurizio Blondet è riuscito, clamorosamente, a rendere pubblico l’elenco dell’A.D.L. 1993, in cui si trovavano, tra gli altri, i nomi degli onorevoli Pivetti e Miglio, dei cardinali Ruini e Pappalardo. L’on. Pivetti ha presentato un’interrogazione parlamentare chiedendo al Ministro degli Interni un’inchiesta sul caso, senza ricevere alcuna risposta.

L’A.D.L. E LO SPIONAGGIO PRIVATO NEGLI USA

Il 10 dicembre 1992 e l’8 aprile 1993, i locali dell’A.D.L. del B’naï B’rith di S. Francisco e di Los Angeles, furono perquisiti simultaneamente da agenti dell’F.B.I. e molti dei documenti sequestrati provano che l’A.D.L., tramite la sua sezione di ricerca documentaria (“Fact Finding Division”), diretta fin dal 1962 da Irwin Svall, è stata, né più né meno, una vasta rete di spionaggio, non solo contro militanti politici vagamente antisemiti, ma anche contro diverse confessioni religiose, clubs, associazioni locali… che non hanno nulla di antisemita. La polizia americana scoprì allora che la maggior parte degli uomini o associazioni spiate dall’A.D.L., non avevano mai avuto alcun legame diretto o indiretto con la comunità ebraica, e non avevano neppure preso una posizione netta pro o contro Israele. (In Italia per esempio, il card. Ruini è stato schedato come antisemita per aver scritto che Gesù era stato crocifisso dagli ebrei. Il card. Pappalardo per aver usato l’espressione scritturale “Sinagoga di Satana”…)

Una tale rete di spionaggio è stata messa in piedi grazie alle amicizie che l’A.D.L. conta tra i poliziotti, gli sceriffi e persino tra gli agenti dell’FBI. Il potere della comunità ebrea è tanto grande che i locali dell’A.D.L. di Los Angeles dovettero essere perquisiti dalla polizia di San Francisco, perché la polizia locale si era rifiutata di cooperare direttamente all’inchiesta. Il procuratore generale di San Francisco, Arlo Smith, disse che si trattava “della più vasta rete di spionaggio che opera su scala nazionale”. Due cronisti del quotidiano “San Francisco Chronicle”, Phillip Matier e Andrew Ross, hanno scritto che il dossier dell’A.D.L. di San Francisco, sequestrato dalla polizia di Los Angeles, è “soltanto la punta dell’iceberg di un raggio nazionale di spionaggio e di indiscrezioni programmate dai servizi di sicurezza”. I due giornalisti affermano anche che “poliziotti di almeno altre sei grandi città, sono egualmente implicati nella vendita di schede confidenziali di polizia”.

Altra tattica impiegata dall’A.D.L. è quella d’infiltrare gruppi o partiti americani. Alcuni studenti ebrei dell’Università di San Francisco, come riporta il settimanale “San Francisco Weekly”, hanno ammesso di spiare, per conto dell’A.D.L., altri studenti o professori, annotando sistematicamente le osservazioni fatte su Israele o sugli ebrei. Se ne deduce che l’A.D.L. scheda ogni persona che esprime sentimenti od opinioni critiche su Israele.

Sembra che l’origine dei legami A.D.L. - polizia risalga ai preliminari della dichiarazione di guerra americana del 1941. Quando gli USA dichiararono la guerra, le schede dell’A.D.L. divennero una miniera d’oro per l’F.B.I., che poté così controllare gli agenti nemici. Questa pratica non è cessata: l’A.D.L. ha fornito all’F.B.I. liste di persone o organizzazioni ritenute “razziste”; anzi l’A.D.L. ha organizzato dei seminari di formazione ai quali venivano invitati poliziotti americani per poter identificare e schedare gli “antisemiti” o presunti tali. Nel 1989 fu il capo stesso dell’F.B.I., William Sessions, a partecipare all’assemblea annua dell’A.D.L., mettendo a disposizione della stessa la sua esperienza professionale. Per ottenere i favori dei poteri repressivi e facilitare la sua penetrazione nell’apparato poliziesco, l’A.D.L. sponsorizza ogni anno numerosi seminari consacrati specialmente ai cosiddetti “estremisti bianchi”, ai quali partecipano numerosi ufficiali di polizia, dall’F.B.I. fino agli sceriffi, ivi compresi i procuratori generali di tredici Stati.

Le «pubblicazioni “tecniche” dell’A.D.L., che costituiscono spesso una vera opera di schedatura di persone critiche nei confronti del Sionismo, sono d’altronde destinate ad essere utilizzate dalla polizia, come precisa lo stesso catalogo pubblicitario dell’A.D.L.». Per conto dell’A.D.L. vengono organizzate anche operazioni di provocazione, orchestrate nel seno di gruppi di estrema destra, in modo da screditarli e al tempo stesso pilotare l’opinione pubblica sull’esistenza di un grave pericolo razzista ed antisemita, in realtà inesistente.

UN LIBRO DI DENUNCIA

Nell’estate del 1992 appariva in Francia un libro, intitolato “Les droites nationales et radicales en France”, edito da “Presses universitaires de Lyon” (P.U.L.), scritto da due giovani autori René Monzat e Jean-Yves Camus (nati entrambi nel 1958). Sul retro della copertina si può leggere la scritta: «Opera pubblicata col concorso del B’naï B’rith di Francia». Ora il presidente del B’naï B’rith francese è il dottor Marc Aron, un influente personalità lionese, che ne ha firmato la prefazione dal titolo: “Il cerchio vizioso dell’estrema destra”. L’opera è costituita in larga parte dalla trascrizione di schede della polizia (da pag. 61 a pag. 100) ed è un’opera di autentica denuncia di partiti, personalità, bollettini (c’è anche il nostro “Sodalitium”), associazioni, ecc.

di don Curzio Nitoglia».

Anche qui non vi è niente di illegale. Si tratta di una mirabile ricostruzione storica, di cui molto ci allieteremmo se il ministro Marone ne prendesse conoscenza. Purtroppo la cultura dei nostri politici è alquanto scarsa. Il sionismo si nutre non poco dell’ignoranza altrui circa i suoi reali scopi.]
http://www.minbar-sos.com/forum/rubrica_italiano/5386-la_lega_nord_molesta_una_sorella.html -
[Chiudiamo con una nota manzoniana dove il musulmano rivela più cultura, senso dell’umorismo e soprattutto civilità dei suoi delatori:

Nel comune di Arluno, in provincia di Milano, una sorella accompagna i figli alla scuola materna statale “Aldo Moro”. La Lega Nord, dalla fine di novembre, chiede dunque all’Assessorato alla Sicurezza della Regione Lombardia di interessarsi del caso, giacché, secondo il partito dei pregiudicati Bossi e Maroni, “da qualche mese i genitori sono preoccupati per la presenza di una donna che accompagna i propri figli a scuola indossando il burqa”, cosicché “questa persona non identificabile entra a contatto diretto con gli altri bambini”.

Poiché evidentemente non è possibile far capire in nessun modo ai leghisti che il velo islamico è assolutamente legale, forse è opportuno che siano i musulmani a passare all’azione. Un antenato dei milanesi dei nostri tempi, uno scrittore molto piú lombardo, molto piú cattolico e soprattutto molto piú cólto rispetto ai leghisti odierni, ossia Alessandro Manzoni, per disegnare la crisi della giustizia nel Seicento, fece pronunziare ad un suo personaggio de I Promessi sposi, l’avvocato detto Azzecca-garbugli, la frase seguente: “A saper ben maneggiare le gride, nessuno è reo, e nessuno è innocente”. Se veramente una qualche nostra sorella fosse inquisita e addirittura rinviata a giudizio per essere ... troppo coperta, pensiamo che basterebbe un qualsiasi azzecca-garbugli d’avvocato per farla assolvere, ma i leghisti ricordino che, a saper ben distorcere le leggi, anch’essi potrebbero incontrare problemi. Costoro infatti, e cosí anche e i loro e le loro amanti (oggi preferibilmente dell’Europa orientale, di solito immigrate clandestine o dotate di premessi di soggiorno in cui la professione indicata è molto lontana da quella autentica), giacché sui documenti, i quali sono per legge il primario mezzo d’identificazione, spesso scrivono “capelli biondi”, potrebbero essere denunziati per falso in atto pubblico: se la radice dei loro capelli è scura, dichiarare come naturale un colore diverso da quello vero sappiano che è perseguibile in base alla legislazione vigente.]
La Lega Nord molesta una sorella dell'utente Abu Kawtar (
http://www.minbar-sos.com/forum/members/abu_kawtar.html), in questo messaggio dimostra di avere una notevole conoscenza della politica e della lingua italiana, dei Promessi Sposi e di Alessandro Manzoni e questo farebbe pensare che si tratti di un italiano convertito all'Islam.
[Siamo andati ad esplorare i link indicati dalla delazione. Eravamp certi che avremmo scoperto una ben diversa verità. Abbiamo già segnato a qualcuno dei diretti interessati l’attività delatoria esercitata nei loro confronti afficnhé ne sappiamo e decidano loro il da fasri. Il tentativo di delazione per attività del tutto lecite. L’«istigazione all’odio» (la legge Mancino può essere un’arma a doppio taglio) è tutta dalla parte dei «difensori di Israele” ai danni di pacifici cittadini. Si ricordi che uno di loro siti è stato appena chiuso per aperta istigazione all’omicidio dei pacifisti che sono rimasti in Gaza. Abbiamo a che fare con simil signori.]
Personalmente ritengo
[Almeno tu avessi la dignità e il coraggio di farci sapere chi sei, o Anonimo Delatore o Delatrice]
che il Ministro dell'Interno Roberto Maroni debba essere informato riguardo la presenza in rete di questi siti che fanno apologia del terrorismo internazionale in lingua italiana e che hanno l'esplicita volontà di raccogliere adepti e sostenitori in Italia.
[E tu che ne pensi, compagno Maroni? Dai licenza alla delazione anonima? O non ritieni che i delatori o istigatori all’omicidio mirato debbano a loro volta essere indagati? O sei già stato una volta per tutti arruolato, armi e bagagli, dalla parte dei delatori israeliani contro il popolo italiano e forse pure il popolo padano?]
Cari saluti
In Difesa di Israele
[Quale firma si cela dietro a questa sigla? Chi vuole, lo scopra.]
P.S. Se qualcuno degli iscritti a questa mailing-list prende provvedimenti e vuole farli conoscere, mi scriva all'indirizzo: indifesadisraele@gmail.com, sarò ben lieto di pubblicizzare la sua iniziativa attraverso la mailing-list.
[Il provvedimento io l’ho già preso: simbolicamente mando tutte e due le mie scarpe pesanti all’indirizzo dell’ideatore di tanta ignobile missiva.]
Il testo inizia con “vi comunico”, non vi è pero il nome del firmatario ovvero del delatore. Possiamo fare congetture, ma non è cosa che ci importi particolarmente. A noi basta qui individuare l’atto ignobile. Conoscendo la fonte della delazione, ognuno se ne potrà poi meglio difendere. La missiva viene inviata ad una mailing list che per sua natura deve essere la più estesa possibile. Quindi il suo livello di segretezza è perciò basso. Ma è incitazione alla delazione, non certo nell’interesse della giustizia o per promuovere l’amore per il prossimo o per favorire la convicenza pacifica fra i popoli, bensì per promuovere anche in Italia quel genocidio di cui abbiamo appena visto una sua fase nel massacro di Gaza, che ha visto complici non pochi nostri connazionali, i quali credono di poterci ancora continuare ad ingannare.

(segue)