sabato 26 luglio 2008

La bassezza morale dei «Corretti Informatori»

Versione 1.3

A leggere i “commenti” dei «Corretti Informatori» cascano le braccia davanti alla sensazione di bassezza morale oltre che di incredibile faziosità ed ottusità mentale che essi suscitano. Per stare sul concreto facciamo brevemente alcuni esempi tratti dal numero odierno. Non vi è dubbio che lo scopo della “testata” sia non nella informazione che essa malamente e faziosamente offre, ma proprio nell’indicare di volta in volta ai destinatari della loro Mailing List i bersagli dove lanciare le loro email, i cui contenuti sono così correttamente istigati da lasciare intuire il tenore delle lettere che giungono alle redazioni. Sperano in questo modo di influenzare o intimidire la stampa italiana. Quanti essi siano lo si può forse desumere dalla esilarante quanto sfrontata “Lettera aperta” a Berlusconi affinché faccia quello che dicono loro, in buona parte neppure cittadini italiani. Hanno lanciato una nutrita sassaiola di lettere al settimanale IO DONNA, ma questa redazione non li ha degnati di una risposta, intuendo che si trattava di una concertazione. Ed a svelarlo sono gli stessi “Corretti Informatori” dalla coda di paglia che parlano di numerose email inviate (le loro) e quindi si lamentano di una mancanza di “rispetto”. per la mancata risposta. Come fanno a saperlo, se non fossero solo le loro e non quelle degli abituali e normali lettori del settimanale? Una similare organizzazione (ReportingItalia) si premura di dare istruzione agli affiliati, raccomandando che non facciano capire di far tutti parte di uno stesso gruppo. La cosa avrebbe meno valore. Devo spacciarsi per lettori singoli ed ignari, che passavano per caso.

Altra bassezza morale. A tutti è nota la vicenda tragica della giornalista Sgrena, terminata con la morte di Calipari. Ebbene, qual è il rispetto delle tragedie altrui? I “Corretti ed Eletti Informatori” si augurano che una legge impedisca di pagare il riscatto dei cittadini italiani rimasti prigionieri in situazioni come quella nota. Naturalmente, in fatto di prigionieri, gli stessi “Corretti Informatori” scrivono al presidente della repubblica italiana perché si preoccupi non dei prigionieri italiani, ma di quelli israeliani, per giunta militari catturati mentre donavano confetti a bimbi libanesi ovvero svolgono attività umanitaria. E così via! Non finirebbe mai l’elenco degli esempi di Sublime Moralità degli Eletti Mentitori. Costoro tengono poi cattedra parlando di “odio”. Sono davvero dei grandi esperti nonché assidui praticanti di questo ignobile sentimento. È da aggiungere, a questo riguardo, come mentre si affaccia qualche speranza di poter evitare una guerra sanguinosissima contro l’Iran, diventa sempre più trasparente il disappunto dei “Corretti Informatori” per una nuova guerra che rischia loro di sfumare: non fanno altro ogni giorno che spingere il mondo alla guerra, minacciando di dare loro stessi da soli inizio all’attacco. Il desiderio di sangue e di morte (altrui) è cosa che fa dubitare di avere a che fare con esseri umani. La loro via di uscita è una nuova guerra all’Iran: solo così possono portare a compimento i loro disegni strategici. L’immagine di una quallche gioia di vivere che ancora i palestinesi riescono a nutrire perfino nel lager di Gaza li rende quanto mai torvi. Solo la morte e la desolazione (altrui) sembra li interessi. Questi sono i «Corretti Informatori».

venerdì 25 luglio 2008

Ma che vogliono? Siamo al colmo della sfrontatezza. Berlusconi preso per un pupazzo!

Versione 1.1

La nostra è un’epoca di appelli e di raccolta di firme. Per ogni cosa si raccolgono firme e si chiedono adesioni. Petizioni, proteste, tutto quello che si può firmare anche solo per becero protagonismo. Non amo questo genere di presenze, anche se talvolta mi associo ed io stesso mi faccio promotore di Appelli. Naturalmente la cosa ha senso in quanto si tratti di una forma di assunzione di responsabilità ed in quanto la Pubblica petizione sia in sé ineccepibile e tale da poter essere la manifestazione di un diritto. Le petizioni e gli appelli sono chiaramente per il riconoscimento di diritti incontestati ed incontestabili. Vi è chi può aderire, ma anche chi ritiene di non aderire. Ma chi non aderisce in genere si limita a non aderire, consapevole tuttavia del fatto che gli altri hanno il diritto di firmare una data petizione o di patrocinare una determinata causa.

Assistiamo al caso di Lettere aperte e di Petizioni al Presidente della Repubblica ed al Presidente del Consiglio italiano non affinché si interessino come dovrebbero ai problemi dei cittadini italiani, ma allo scopo di tirare le orecchie ai soldati italiani che mandati in Libano sotto bandiere e ordini ONU si sono permessi di salutare dei feretri. La richiesta viene non da parte di cittadini italiani ad una sola cittadinanza e a una sola fedeltà, ma da un elenco di cittadini israeliani che evidentemente ritengono l’Italia sia qualcosa che appartiene a loro e non ai cittadini italiani ad una sola cittadinanza e ad una sola fedeltà. È veramente il colmo dell’indecenza.

L’elenco che si trova qui è tratto dalla Mailing List di «Informazione Corretta», pronta e disponibile agli inviti che i «Corretti Informatori» rivolgono loro in calce ad ogni “corretto commento”. Il loro compito è di scrivere alle redazioni dei giornali per dare addosso a giornalisti che esprimono vedute non consone ai loro intendimenti. Fanno in questo modo azione di lobbying che ormai scuote sempre meno le vittime designate. Adesso escono allo scoperto e si rivolgono addirittura a Silvio Berlusconi pretendendo che faccia ciò che loro chiedono. Naturalmente come elettore di Berlusconi e militante non da ora del partito da lui fondato sono di ben altro avviso e ne rendo edotti gli Eletti Firmatari e considero con particolare indignazione la sortita.

Ma che vogliono? Dopo un cappello dove diventa chiaro che loro con l’Italia ed i suoi problemi poco hanno a fare, essendo loro «uniti sola dall’amore per lo Stato d’Israele» e potremmo aggiungere dall’«odio» verso i terroristi, cioè i palestinesi ed i musulmani fondamentalisti, in pratica tutti. Loro “credono” di poter «chiedere un passo ufficiale».“Sanno” infatti tutto sugli “amori” di Berlusconi, compreso quello per Israele. Non è chiaro dalla Lettera aperta di quali “cadaveri” si tratta e a quali cadaveri si deve del “rispetto” e cosa si deve fare a quei cadaveri cui non è concesso il rispetto. Intorno all’anno 1000 vi è stato il caso del papa Formoso, il cui cadavere era stato riesumato per poter essere oltraggiato a causa dei misfatti attribuiti. Non è chiaro se ci si appella a questa precedente romano.

Il curioso e contorto ragionamento conduce al “rispetto” delle salme israeliane per ottenere le quali si sono liberati prigioneri “vivi”, salvo considerali “morti che camminano” secondo le dichiarazioni di agenti del Mossad. Ma ciò che indispettisce gli Eletti Firmatari è che i prigionieri liberati siano stati accolti con giubilo da parte non solo del popolo libanese, ma anche dalle sue Autorità. Ci si chiede cosa si sarebbero aspettati e cosa avrebbero voluto: che venissero accolti con uova marce ed ortaggi vari come un Giuliano Ferrara in campagna elettorale? Ed in ogni caso cosa c’entra in questo Berlusconi? Forse con la sua esperienza napoletana avrebbe poi dovuto fare le pulizie? Evidentemente per lo «Stato Ebraico» e la sua eletta moralità i “morti” si rispettano se sono morti propri, ma non se sono morti altrui. Nel nostro sistema penale qualunque cose un vivente abbia mai potuto fare in vita ogni procedimento contro di lui si estingue con la morte e dunque i “morti” meritano tutti il rispetto che si deve ai morti. Il ragionamento è speculare con quello che fanno quanti sono contrari alla pena di morte per sacro rispetto alla vita. Poiché la vita non è eterna si deve suppore che lo stesso rispetto per la dignità umana in quanto tale lo si debba anche ai morti, fossero pure stati in vita nostri acerrimi nemici. Ma siano in pieno «Stato Ebraico» e valgono probabilmente diverse e superiore, elette, categorie morali, tanto eccelse e superiori che a noi, poveri goym, non è consentito comprenderle.

Lo Stato Ebraico non si limita a stabilire l’elenco dei propri Eroi, fra cui rientrano gli Undici della Casa Rossa, che Ilan Pappe ha indicato come i principali responsabili di quella “pulizia etnica” per la quale in questo giorni è stato catturato un noto cittadino serbo per essere processato come criminale di guerra. Non vi è il rischio che lo stesso trattamento possa essere inflitto agli “eroi” israeliani. Infatti, per lo Stato Ebraico sono i loro eroi. Ma lo Stato Ebraico nella persona della estentrice della “Lettera aperta” pretende anche di stabilire quale possa essere l’elenco altrui degli eroi concessi.

Insomma, cosa dovrebbe fare questo Berlusconi cui tutti tirano la giacca? Dovrebbe fare un “passo ufficiale” presso il residente della repubblica libanese Michel Sulemain ed il primo ministro Siniora. Non si capisce proprio cosa dovrebbe dire Berlusconi. Si parla di “vittime innocenti” ma si è portati a pensare, ad esempio, alla madre presa a cannonate mentre faceva colazione con i suoi quattro bambini. Di recente si è saputo del dimostrante bendato e legato cui un “glorioso” soldati israeliano ha sparato ad un piede con un proiettile speciale. Il glorioso soldato israeliano, dopo una sceneggiata per la stampa, pare sia stato subito rilasciato, mentre è stato arrestato il padre della ragazzina che aveva filmato la scena poi passata ai media, facendo il giro del mondo. Incredibile ma anche Abu Mazen ha festaggiato la liberazione del famigerato Kuntar, condannato dai tribunali israeliani, cioè dagli Eletti Tribunali, quegli stessi che hanno condanna Vanunu a diciotto di carcere per aver svelato l’esistenza di un‘atomica israeliana che ufficialmente non esiste. E che lo hanno condannato dopo i 18 anni scontati con ulteriori 6 mesi di pena per aver parlato con dei giornalisti. Questa è l’Eletta Giustizia che vige nello Stato Ebraico.

A Berlusconi si rinfaccia di aver ricevuto in Italia Abu Mazen, il fantoccio destinato a firmare la pace, quando lo Stato Ebraico ne avrà confezionato una tutta da prendere o lasciare ed ammesso che i palestinesi siano ancora vivi e non interamente “ripuliti” dai territori. Si chiede a Berlusconi un passo «durissimo». Si stenta però a capire cosa in concreto debba dire o fare. A Roma si direbbe che dovrebbe fare ai personaggi nominati (Sulemain, Siniora, Abu Mazen) un “cazziatone”. È probabile che il cazziatone se lo prenderebbe lui… Et de hoc satis. La stupidità degli Eletti Firmatari della Lettera aperta non dovrebbe avere bisogno di ulteriore illustrazione.



Il caso Siné, noto vignettista francese incappato nell’accusa rituale di antisemitismo

Casi: Allam - Barnard - Herman - Fabiani - Siné - Ulfkotte -

Versione 1.6
Status: 5.8.08

Sembra che dobbiamo occuparci di un nuovo caso, quello di Maurice Sinet, celebre vignettista francese noto con lo pseudonimo Siné, da aggiungere ad una nostra apposita rubrica che richiede una nuova scheda in modo da poter seguire con ordine gli eventuali svolgimenti. Sono situazioni insidiose perché un “caso” nasce sulla scia di un evento che ha suscitato clamore e sensazione ed un caso non può mai essere uguale ad un altro. Molti apprendono per la prima volta nomi e circostanze. Si orientano poco alla volta e non senza equivoci e abbagli. I “casi” possono tuttavia essere molto istruttivi perché richiamano l’attenzione su realtà spesso trascurate dai canali ufficiali e consolidati dell’informazione, da cui occorre sistematicamente dubitare e diffidare perché sono un aspetto del regime. È sempre esistita una relazione privilegiata fra informazione e potere, dove spesso la verità ne esce sacrificata. Abbiamo finora dato notizia del caso Paolo Barnard, che ha aperto la serie, e ci è stato poi comunicato un caso Michele Fabiani, di cui non possiamo sempre dare aggiornamenti e per il quale rinviamo ad un apposito blog da altri gestito, giacché i “casi” nascono con una esplosione di notizie seguite da un silenzio altrettanto repentino. Servendoci delle Google Alerts noi cercheremo di mantenere un’informazione costante e di non abbandonare il “caso”. Accanto ai “casi” in senso proprio esistono poi in “non casi”, cioè dei casi che si tentano di montare ad arte per produrre effetti mediatici studiati a tavolino. È questo il falso caso Magdi Allam la cui chiacchierata “conversione” al cattolicesimo ha suscitato per qualche tempo una artificiosa attenzione. Resta a mio avviso il ridicolo che è a suo modo istruttivo per quanto sanno non dimenticare. La serie dei “casi” non ha cadenza regolare ed ogni nuovo evento che possa costituire un nuovo caso richiede una non comune capacità di discernimento. La nozione di “caso” qui adottata ha una connotazione sia positiva nel senso che si tratta di casi che richiedono la nostra solidarietà (Barnard, Fabiani, Herman, Siné) sia negativa nel senso che non richiedono la nostra circosperzione (Allam, Ulfkotte).

1. La maschera di Bernard-Henry Levy. – Non ci convince per nulla il dotto articolo di Bernard-Henry Levy il cui sionismo pare dichiarato ed evidente quanto non meno pronunciato del sospetto ed inatteso antisemitismo attribuito “oggettivamente” al vignettista francese. Ed è forse questo il punto debole del filosofo sionista. In diritto penale ha grande rilevanza l’elemento della consapevolezza del reato che si va a commettere. Vi è differenza notevole fra l’uccisione premedita di una persona e la morte assolutamente accidentale a lui provocata. Ed invece qui ci si dice che in Francia il reato di antisemitismo è “oggettivo” oltre ad essere malamente accostato ed equiparato al reato di “razzismo”. Uno può pronunciare o scrivere parole determinate che ove siano ascoltate da apposite associazioni come la LICRA sono sufficienti a produrre un’accusa davanti ad un tribunale. È successo per Edgar Morin. Si tratta a nostro avviso di un imbarbarimento del diritto che porta ad una situazione precedente la rivoluzione francese, quando esistevano categorie protette di sudditi e l’intera popolazione di Francia si divedeva nei tre stati della Nobiltà, del Clero e di ciò che rimaneva: il Terzo Stato. In pratica, la qualifica di “ebreo” produce una condizione privilegiata non concessa a nessun altro cittadino. In taluni casi documentati ciò produce perfino pensioni privilegiate, di “benemerenza”. Si tratta di un regime di privilegio che si basa su un regime di “terrore” nell’accezione che al termine dava Saint-Just: tutto cià che si oppone al regno della “virtù” deve essere distrutto ovvero represso. In Francia, decisamente non stanno bene e temo che presto in Italia con questo governo, ahimé da me votato, staremo ancora peggio in quanto a regime di libertà.

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2. Due pesi due misure. - Il link immette in un articolo di EffediEffe, dove si ha una buona informazione che consente di inquadrare la vicenda. A noi qui interessa sottolineare una vistosa differenza che in sé la dice lunga. L’editore francese quando si è trattato di fare quadrato intorno alle vignette che sbeffeggiavano l’Islam in nome delle nostre libertà di espressione non ha avuto tentennamenti. In effetti, si era trattato di vero e proprio oltraggio nel caso dell’Islam in quanto per i musulmani è già sacrilega la raffigurazione del Profeta, figuriamoci la sua caricatura satirica. Nel caso invece della lievissima allusione al carrierismo e opportunismo del giovane Sarko è stata davvero eccessiva la reazione ad una innocente battuta, che in condizioni normali viene ignorata dai diretti interessati. È proprio il caso di dire: due pesi due misure con molta ipocrisia.

3. In duemila fustigano il servilismo di Philippe Val. – Non poteva mancare per un vignettista come Siné un appello di solidarietà, che ha raccolto 2000 firme di intellettuali francesi, indignati per la decisione di Philippe Val che in palese contrasto con il comportamento tenuto nella ripubblicazione delle vignette blasfeme ritenute offensive dagli islamici. Tra i firmatari della petizione, i disegnatori Willem, Pétillon, Philippe Geluck, il filosofo Michel Onfray e l’umorista Guy Bedos. Mi chiedo e mi auguro è se il “caso” avrà insegnerà qualcosa e produrrà qualche effetto. I “casi” servono per fare maturare le situazioni e produrre una svolta. Con Dreyfus si aprì un caso la cui storia ben conosciamo. Con Siné si aprirà qualcosa, magari un piccolo spiraglio su una situazione francese alquanto asfittica? Gli intellettuali francesi sanno solo firmare appelli o sanno creare anche un movimento? Aspettiamo lo svolgersi degli eventi.

4. La stampa francese. – Diamo qui di seguito una breve rassegna della stampa francese sul caso Siné senza però poterne dare una traduzione. Indichiamo i links che ci paiono più significativi. Andando al link del titolo si accede a Libération, ma ancora si segnalano: a) Agoravox, dove mi è capitato di leggere qualche articolo “nausebondo”; b) una particolare segnalazione merita questo articolo di Bricmont; c) esce su le Monde un articolo intitolato Quand “Chalie Hebdo” ne fait plus rire, dove si apprende che le firme di solidarietà sono passata da 2000 a 3000, e fra queste anhe la firma di Edgar Morin, che a sua tempo era stato pure accusato di “antisemitismo”, per finire assolto in Cassazione; d) rilevanti Deux réponse de Siné à «Libération» da dover pubblicare in ottemperanza alla legge sulla stampa: Siné protesta per i contenuti nell’articolo di “Libérazion” sopra citato e fra i primi ad essere uscito; e) ancora su Liberation del 31 luglio: Siné, une questione de style; (segue).

5. La stampa tedesca. – Andando al link del titolo si trova un articolo riassuntivo di Welt Online con titolo “Ein Ozean der Schweße”. Avendone il tempo, ci riserviamo un’analisi comparata fra i diversi contesti linguistici, sempre che il caso duri e continui a suscitare dibattiti. Altri titoli tedeschi: b) in “Jungle World” un ampio articolo di Bernard Schmid: Ne touche pas le Präsidentsohn! c) su Stern divertente con video e sonoro: “Die Pressefreiheit ist in Gefahr” ; d) qui si apprende che in data 1 agosto le firme son diventate 9000! Satire spaltet Franchreich (la satira divide la Francia); e) sulla FAZ del 22 luglio poteva leggersi: “Französisch Karikaturenstreit: Hofnarren der Monokratie”, un articolo di jürg Altwegg; (segue)

6. La stampa in lingua spagnola. – Cerco a caso nelle Google News in lingua spagnola e trovo: a) una notizia sul web del Venezuela; b)

(segue)

7. La stampa in lingua inglese. – Stessa ricerca su Google News in lingua inglese e trovo: a) Se ne occupa il New York Times con un articolo di Roger Cohen: Aux Barricades! France and the Jews; b) Su Haaretz.com del 4.8.08 si trova il titolo: Satirical jab at Sarkozy’s son sparks cries of anti-Semitism; c)

(segue)

8. Lettera aperta di Siné a Philippe Val. – Con la data 4 agosto 2008 si trova in rete questa Lettera aperta che diamo nel testo francese:

Lettre ouverte de Siné à Philippe Val

Paris le 4 aout 2008,

Philippe,

Tu dois être fier de toi de m’avoir, comme tout bon patron qui se respecte, viré comme un malpropre (et sans indemnité), depuis le temps que tu en rêvais.
Le hic, c’est que tu es tombé sur un os. Le "vieux" te donne du fil à retordre et, si j’en crois la rumeur, le fil en question est plutôt barbelé !
Cette peu glorieuse attitude ne m’étonne pas de toi, mais celle de l’équipe à la fois pute et soumise, me bouleverse, sauf quelques rares exceptions qui ont réussi à résister à ta pression et ont accepté de signer la pétition en ma faveur qui, au moment où je t’écris, a dépassé les 10.000 signatures !

Dans ce combat truqué d’avance, où j’ai refusé de me coucher, il y a dans le coin droit du ring, toi et tes soigneurs qui te glissent du plomb dans les gants : Claude Askolovitch, Alexandre Adler, Maitre Goldnadel, Pascal Bruckner, Laurent Joffrin, Bertrand Delanoë, Elie Wiesel, Dominique Voynet, Bernard Henri Lévy, Jean Claude Gayssot, Claude Lanzmann, Fred Vargas… j’en passe et des pires.

Et dans le coin gauche, moi et les miens : Gisèle Halimi, Guy Bedos, Rony Brauman, Jean-Luc Godard, Jean Nouvel, Edgar Morin, Michel Onfray, Philippe Geluck, François Maspero, Pétillon, Gilles Perrault, Willem, Clémentine Autain, Bruno Masure, Marina Vlady, Regine Deforges, Wiaz, Fernando Arrabal, Michel Warschawski, Marcel-Francis Kahn, Olivier Besancenot, Gus Massiah, Gérard Filoche, Marina Vlady, j’en passe et des meilleurs….

A la seule lecture des ces noms, tu as déjà perdu le combat aux points. Il ne me reste plus qu’a te mettre K.O
Compte sur moi, tu vas aller au tapis avant le 15e round.
Ta cote n’est guère brillante chez les parieurs !

Siné

PS: Après que les nationalistes corses aient fait exploser ma maison il y a 4 ans, des extrémistes juifs me menacent aujourd’hui. Hier j’ai déposé plainte contre X pour menaces de mort par messages téléphoniques et par internet.
9. Il testo della petizione e l’elenco dei firmatari. – Di seguito, tratto dal link, il testo francese della Petizione a sostegno di Siné:
Voici le texte d’une pétition rédigée à l'initiative d’Éric Martin, Benoît Delépine et Lefred-Thouron, en soutien à Siné, chroniqueur de Charlie Hebdo, dont le licenciement a été annoncé mercredi 16 juillet :

SINÉ: SA VIE, SON OEUVRE, SON CUL, PHILIPPE VAL

Le mardi 8 juillet, sur les ondes de RTL, Claude Askolovitch, journaliste du Nouvel Observateur dénonçait “un article antisémite dans un journal qui ne l’est pas”. Claude Askolovitch faisait allusion à une chronique de Siné dans Charlie Hebdo dont nous reproduisons le texte ici :
«Jean Sarkozy, digne fils de son paternel et déjà conseiller général de l’UMP, est sorti presque sous les applaudissements de son procès en correctionnelle pour délit de fuite en scooter. Le Parquet a même demandé sa relaxe! Il faut dire que le plaignant est arabe! Ce n’est pas tout: il vient de déclarer vouloir se convertir au judaïsme avant d’épouser sa fiancée, juive, et héritière des fondateurs de Darty. Il fera du chemin dans la vie, ce petit!»
Effrayé par la perspective d’un procès pour antisémitisme, Philippe Val, directeur de publication, a enjoint à Siné de signer une lettre d’excuses dans Charlie Hebdo, ce que le caricaturiste a refusé de faire.
En conséquence, la direction de Charlie envisage de suspendre sa collaboration avec Siné.
Où est l’antisémitisme dans le texte de Siné? Il y dénonce seulement, avec le ton fleuri qui est sa marque de fabrique, l’opportunisme du fils du président de la République.
Philippe Val et la direction de Charlie Hebdo se sont couchés devant Jean Sarkozy, grand bien leur fasse, leurs lecteurs apprécieront. D’autres continuent à la radio de faire des procès en antisémitisme comme certains, naguère, en sorcellerie.
Nous connaissons bien Siné: sa grande gueule, sa violence intellectuelle, son humour et surtout sa maison ouverte à tous: Juifs, Arabes, Français, Noirs, Auvergnats, Bretons, pédés, communistes (liste non exhaustive), tous unis pour conchier autour d’un (ou plusieurs) verre une société de plus en plus bien-pensante et moraliste. Siné c’est ça. Pas ce que peuvent déblatérer sur son compte Philippe Val et Claude Askolovitch.
C’est pourquoi nous lui apportons notre soutien total et inconditionnel.
Siné n’est pas antisémite.
Siné n’aime pas les cons.
Siné est un anar.
Vive Siné !

Signer la pétition
Firme raggiunte al 5.8.08: oltre 11.000
Per poter firmare si può accedere cliccando sopra. Ho mandato la mia adesione: aspetto di sapere se sarà ritenuta “degna”. Trovo discutibile la distinzione fra firme desiderabili e firme non desiderabili. Come a dire che il buon samaritano non può essere tale se non è preventivamente certificato. Evidentemente in Francia – un paese dove vige la legge Fabius-Gayssot – deve essere percorsa ancora parecchia strada sulla via dell’eguaglianza dei diritti e sulla parificazione delle dignità. Ben vengano episodi come il caso Siné se ciò potrà servire ad una maggiore consapevolezza.

giovedì 24 luglio 2008

Quando la legittima opposizione al governo del proprio paese diventa tradimento della patria

Versione 1.0
Testo provvisorio
- Questo testo sembra essere una naturale integrazione al convegno di Fiamma Nirenstein sui sistemi per destabilizzare i paesi mediorientali, facendo uso delle opposizioni interne. Il testo verrà poi integrato in quel contesto di studio già avviato.

Apprendo in questi giorni dell'esistenza di una signora iraniana di nome Mariam Rajavi che sarebbe il leader della opposizione all’estero al governo iraniano in carica. e che lancia un “appello al popolo italiano”. Nella testa mi frullano alcuni pensieri che meriterebbero maggiore articolazione. Non voglio però tralasciare l’espressione di ciò che almeno in un primo momento mi appare chiaro e lineare. Avrò sempre il tempo ed il diritto di rivedere eventuali miei giudizi erronei. Non ho altri obblighi che verso me stesso e la mia coscienza. Orbene, trovo fastidioso ed indecente che mentre il legittimo rappresentante dell’Iran, cioè il presidente Ahmadinejad, sia stato svillaneggiato in tutti i modi possibili in occasione della sua visita in Roma per recarsi alla FAO, dove ad essere chiamata a parlare non è stata la signora Rajavi, ma Ahmadinejad in quanto legittimo rappresentante pro tempore dell’Iran e del suo popolo. Il dilettantismo, l’avventurismo, l’irresponsabilità, la mancanza di senso dello stato dei nostri maggiori politici di maggioranza e di opposizione l’ho vista sfilare davanti a me in piazza del Campidoglio all’infame manifestazione indetta congiuntamente per un da Antonio Polito con titolo di direttore del quotidiano “il Riformista”, un giornale che non a stento si vede in edicola, ma che è finanziato dai contribuenti con soldi che vengono invece sottratti alle università, e per l’altro da Riccardo Pacifici in qualità di Presidente della Comunità Ebraica Romana, che conta poche migliaia di persone in Roma e pare in tutta Italia non più di 40.000 persone, grosso modo la popolazione di un Comune d’Italia su oltre 8.000.

Si badi bene in questo momento soffiano venti di guerra. Se non saranno gli USA a muovere all’Iran una guerra che tutto credere sarà ancora più disastrosa e sanguinosa di quanto non sia stata la guerra illegittima contro l’Iraq, sarà il mastino israeliano ad agire di sua iniziativa in barba al mondo intero, un mastino che è stato armato di tutto punto dagli USA e foraggiato in tutti i modi. È stato perfino attrezzato con la bomba atomica. È incredibile come si gridi tanto al timore che l’Iran possa dotarsi di arsenale atomico, mentre una simile fabbrica di morte è tranquillamente e senza batter ciglio concessa ad Israele, di cui si ritiene che “ci possiamo fidare”. Come cittadino qualunque, e cioè come quisque de populo, e cioè come il popolo italiano, io non mi fido affatto e sono quanto mai allarmato dalle complicità e irresponsabilità di chi governa questo disgraziato mondo che sembra precipitare verso in peggio pur sventolando la bandiera della libertà, dei diritti umani e di altre minchiate buone ad ingannare la moltitudine degli amministrati ed eterodiretti, cui è stata tolta la dignità di popolo.

In un simile contesto trovare una signora che aspira a succedere ad Ahmadinejad non per volontà democratica del suo popolo, ma con il concorso delle armi straniere in procinto di procurare infiniti lutti alla terra dei propri padri, è per me un caso clamoroso di tradimento della patria. Guarda caso, proprio adesso doveva venire a farsi un poco di turismo politico in Roma. E si badi bene: non voglio sostenere che l’attuale governo dell’Iran non sia suscettibile di ogni possibile critica. Tutti i governi della terra sono criticabili e ci mancherebbe altro che il governo perfetto si trovasse proprio in Iran. Ma è una cosa il mutamento della forma di governo o della alte cariche dello stato mediante esercizio del diritto all’autodeterminazione, altra cosa è l’insediamento di governi fantoccio o comunque insediati a seguito di un’aggressione militare ad un popolo e ad un paese con milioni di morti e devastazioni materiali che precipitano un intero popolo nella miseria e nella malattia.

La signora iraniana sta girando per le strade di Roma mostrando la sua indecenza. Vien da rimpiangere che si sia tolto il velo. Avrebbe potuto per lo meno nascondere un pudore che è caduto insieme con il velo.

1. Cosa sono i Mujaheddin del popolo. – Non lo so e li sento nominare per la prima volta, ma ciò che maggiormente attrae la mia attenzione è che questa organizzazione si trovava già in una “lista nera” della UE dove sono registrati i cosiddetti “terroristi”. Mi sembra una lista assurda chiunque vi sia o non vi sia incluso. Ma, assurdità a parte, adesso se ne chiede la cancellazione in quanto può servire a destabilizzare un paese cui in pratica si è già mossa quella guerra che la nostra costituzione proibisce, salvo eccezioni gradite a chi quella costituzione ce l’ha dettato con una pistola alla nuca. Evidentemente se si immagina uno scenario tipo Saddam, bisognerà poi trovare qualche fantoccio da mettere al suo posto. Basterà far votare un po’ di gente, condurla in quei recinti per bestiame politico che in determinate situazioni sono le gabine elettorali, per dire che adesso in Iran è tornata la democrazia, quella stessa democrazia che era stata imposta dalla CIA nel 1953 con il colpo di stato, e di cui il popolo iraniano si è liberato nel 1979. Adesso occorre ripristinare la democrazia del 1953, magari mettendo al posto dello scià la signora Rajavi. È sufficiente che dia alcune garanzie ai suoi sponsor (USA, Israele in primis) e poi potrà fare tutto quello che vuole sulla pella del suo popolo, che sarà persuaso da una rete di basi americane posto sul suo territorio a difesa della sua “libertà”. Uno scenario che abbiamo visto tante volte.

(segue)

mercoledì 23 luglio 2008

Dovevano sputare sulle bare?

Versione 1.4

Una nuova incredibile dimostrazione della faziosità sionista-isrealiana e della strumentalità della nozione di terrorismo viene offerta in questi giorni dalla vicenda di due militare italiani, incardinati nella missione Unifil in Libano, che vedendosi passare davanti delle bare coperte con bandiere libanesi presentano il classico saluto militare. Sarebbero bastate le bandiere, anche se non avessero saputo chi vi era dentro. Invece, secondo l’ambasciatore israeliano all’Onu, Gillerman, che fra poco lascerà il suo posto, i militari italiani dovrebbero essere licenziati per non si sa quale colpa. Sia dall’ONU sia dai superiori italiani non è stata mossa nessuna censura ai due militare in quanti il rispetto dei morti è una prassi costante dalla notte dei tempi. Nulla può e deve essere imputato ai militari italiani né si poteva loro imporre di andare a prendersi un caffé mentre le bare passavano o di fare i soldatini di piombo, cioè di mantenersi agnostici anche davanti ad una bandiera legalmente riconosciuta. Tutto invece può essere opposto all’arroganza ed alla prepotenza israeliana che è aprioristicamente convinta di avere sempre e comunque il diritto dalla propria parte, anche se esistono ben 73 risoluzioni ONU di condanna ed ogni giorno Israele appare come un luogo di nefandezze e prepotenze ed angherie di ogni genere. L’esistenza dell’apartheid non è un’invenzione. Da Carter a Gideon Levy è un dato di dominio pubblico. Ci si può aspettare che per ordine dell’ambasciatore Gillermann i due soldati italiani avrebbero dovuto lanciare degli sputi alle bare che passavano loro davanti. Questa è la superiore civiltà sionista: Israele l’«unica» democrazia del Medio Oriente. Meno male che è l’«unica». Sarebbe stato meglio non ve ne fosse nessuna. È da notare che gli attacchi ai soldati italiani, che sono italiani con l’indicativo, non con il condizionale dubitativo, vengono dal Foglio di Giuliano Ferrara, che pretende forse di essere lui il superitaliano e che è un fanatico del rispetto della vita che non c’è, ma non dei morti che sono stati. Al commento del Foglio non poteva mancare quello dei compari dell’«Opinione di Arturo Diaconale» per la penna dell’ineffabile Dimitri Buffa di nome di nome e di fatto, dove fra l’altro si riferisce da parte del “morto che canmmina” designato l’intenzione di sottarsi al “martirio” annunciato dal Mossad, colonna portante della civiltà occidentale.

I paradossi di Norimberga

Versione 1.0

Mentre scrivo questa breve nota il buon Massimo Bordin sta celebrando la sua rassegna stampa, dove fra una notizia e l’altra distilla i suoi commenti. Oggi suona una delle sue liriche più amate il tribunale internazionale per i crimini di guerra. Giova ricordare che tutta questa storia incomincia con Norimberga, quando i vincitori di una guerra la cui storia è ancora da scrivere decisero di ergersi a giudici dei vinti. Si operava allora la fusione del concetto di nemico e di criminale che andrà accompagnando tutti i conflitti successivi. Non vi sarà nemico sconfitto che non sia dichiarato anche criminale. In fondo il concetto di “terrorista” è un surrogato di “criminale”. Per una simile qualificazione giuridica non è più necessario neppure un tribunale: basta un apposito ufficio incaricato di redigere liste. Il terrore nelle definizione che ne dava Sant Just sta diventando la religione del nostro tempo. Il terrore non è qui il gesto disperato di un palestinese che rinuncia al bene sommo della sua vita per gridare la sua privazione di diritti e di dignità, ma è il terrore di stato consistente nella distruzione e nella delegittimazione di ogni forma di reale opposizione, di ogni non allineamento, di ogni anticonformismo. Il pensiero unico dell’Impero è il nuovo statuto giuridico della nostra epoca. A considerare che gli Usa in tutto l’arco della loro storia hanno partecipato in media ad una guerra di aggressione ogni dieci mesi, dove ogni genere di “crimini” sono stati commessi, dovremmo trovare i presidenti USA come ospiti abituali dei Tribunali di Norimberga. Non sarà mai così. È una storia vecchia, piuttosto laboriosa da narrare nuovamente.

martedì 22 luglio 2008

ONU: Risoluzioni di condanna a Israele: 9) Ris. n° 237 del 14 giugno 1967

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9.
RISOLUZIONE n. 237
del 14 giugno 1967
Fonte


Resolution 237 (1967)
of 14 June 1967


Résolution 237 (1967) du 14 juin 1967
The Security Council,

Considering the urgent need to spare the civil populations and the prisoners of the war in the area of conflict in the Middle East additional sufferings,

Considering that essential and inalienable human rights should be respected even during the vicissitudes of war,

Considering that all the obligations of the Geneva Conventici relative to the Treatment of Prisoners of War of 12 August 1949 (5) should be complied with by the parties involved in the conflict,


Le Conseil de sécurité,

Considérant l’urgente nécessité d’épargner aux populations civiles et aux prisonniers de guerre dans la zone du conflit du Moyen-Orient des souffrances supplémentaires,

Considérant que les droits de l’homme essentiels et inaliénables doivent être respectés méfie dans les vicissitudes do la guerre,

Considérant que les parties impliquées dans le conflit doivent se conformer à toutes les obligations de la Convention de Genève relative au traitement des pri nuiers de guerre, du 12 août l949 (5),

1. Calls upon the Government of Israel to ensure the safety, welfare and security of the inhabitants of the areas where military operations have taken place and to facilitate the return of those inhabitants who have fled the areas since the outbreak of hostilities;
1. Prie le Gouvernement israélien d’assurer la sûreté, le bien-être et la sécurité des habitants des zones où des opérations militaires ont eu lieu et de faciliter le retour des habitants qui se sont enfuis de ces zones deus le déclenchement des hostilités;
2. Recommends to the Governments concerned the scrupulous respect of the humanitarian principles governing the treatment of prisoners of war and the protection of civilian persons in time of war contained in the Geneva Conventions of 12 August 1949 (6);
2. Recommande aux gouvernements intéressés de respecter scrupuleusement les principes humanitaires régissant le traitement des prisonniers de guerre et la protection des civils en temps de guerre, tels qu’ils sont énoncés dans les Conventions de Genève du 12 août 1949 (6);
3. Requests the Secretary-General to follow the effective implementation of this resolution and to report to the Security Council.
3. Prie le Secrétaire général de suivre l’application effective de la présente résolution et de faire rapport au Conseil de sécurité.
Adopted unanimosously at the 1361st meeting
Adoptée a l’unanimité à la 1361e séance.
(5) United Nations, Treaty Series, vol. 7 (1930), No. 972.

(6) United Nations, Treaty Series, vol. 7.5 0950), Nos. 970-973.
(5) Nations Unies, Recueil des Traités, vol. 75, 1950, n° 972.

(6) Nations Unies, Recueil des Traités, vol. 75, 1950, nos 970 à 973.

lunedì 21 luglio 2008

Storiografi: 33. Benny Morris storico sionista ed olocaustico

Non bisogna essere né Tucidide né Tacito per sapere e per capire come quelli che oggi si chiamano “israeliani” siano venuti dal mare, sbarcando in una terra dove esistevano degli indigeni, che dai colonizzatori venivano probabilmente considerati alla stregua di selvaggi, privi di dignità e di qualsiasi umanità. Essi erano non “soggetti” del diritto internazionale, ma semplici “oggetti” di cui si poteva fare ogni cosa, anche un uso vile, oppure potevano perfino essere “ripuliti” dai territori via via occupati. Quando la storia, ad opera di riconosciuti professionisti, cessa di essere documentazione del vero, che tutti possono riconoscere come tale, allora diventa ideologia ed apologia di condotte che non sono giustificabili o accettabili né sotto il profilo etico-politico né sotto il profilo strettamente politico, se in questo si include la valutazione e la decisione che i singoli popoli europei possono assumere in ordine alla crisi del nostro tempo, cioè il conflitto mediorientale, la cui causa ha un solo nome chiaramente riconoscibile per chiunque non si chiami Benny Morris o non sia parte interessata nel conflitto: Israele. È curioso come si agiti lo spauracchio della “distruzione di Israele”, quando Israele ha già distrutto tutto ciò che poteva distruggere, anche il nostro ordinario senso di umanità. Le vie della pace, se ancora esistono, non possono essere lasciati nelle mani di quanti finora hanno solo praticato la guerra e distruzioni immani di ogni genere.

Versione 1.1/st. 3.10.09
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Sommario: 1. Manca la soluzione più semplice: il disarmo nucleare di Israele. – 2. La schizofrenia di Benny Morris. – 3. Benny Morris attacca Avraham Burg. –

1. Manca la soluzione più semplice: il disarmo nucleare di Israele. – È evidente in questo articolo come lo storico Benny Morris cessi di essere storico, se mai lo è stato nel senso di Tucidide o Tacito, per diventare partigiano fazioso ed ideologo della parte in cui ha deciso di stare. Il suo quadro apocalittici e le soluzione vagamente prospettate urtano contro l’uovo di Colombo. Se il pericolo paventato è quello di un «Olocausto» nucleare, basta imporre ad Israele ciò che si chiede all’Iran: lo smantellamento di ogni arsenale nucleare chiunque lo possieda, almeno nello schacciere mediorientale. Sembra invece che esista un diritto divino ed incontestabile da parte di israele a possedere testate atomiche, che i maligni dicono puntate verso le capitali europei a mo’ di ricatto, mentre ad altri Stati è negato persino il diritto di immaginarsele. Come ha dire che Israele ha un diritto divino a tener puntate pistole ed armamentari di ogni genere verso quegli indigeni che ha già spossessati delle loro terre. Semplicemente assurdo. Nulla a che vedere né con Tacito né con Tucidide. Ogni cittadino ha pieno diritto di confrontare e di opporre la sua opinione e le sue opzioni politiche a quelle di un Benny Moris che evidentemente pensa alla sua baracca e non a quella degli altri.

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2. La schizofrenia di Benny Morris. – Da un poco di tempo, per quanto mi riguarda, lo storico Benny Morris si impone alla pubblica attenzione italiana con la sua militanza politica orientata in modo certamente riconoscibile. La cosa non mi scandalizza, ma mi consente di oppore opzione a opzione secondo una logica di scontro culturale che è una forma di lotta diversa da quella cruenta sui campi di battaglia. Morris è pur sempre uno studioso e gli sono qui grato per aver dato una prima notizia di un personaggio storico, dell’altra parte, che non mi era noto e che andrò studiando alla bisogna. Di certo non accolgo nessuna delle valutazioni di parte. Spiace tuttavia notare in uno studioso una gratuita offesa ed irrisione altrui: poteva non parlare della persona che chiaramente non apprezza. Gli insulti dati, si sa, possono essere restituiti e tornare al mittente. Cosa non difficile da fare nel caso specifico.

3. Benny Morris attacca Burg. – Certamente il “tradimento” di Avraham Burg deve essere stato cocente per il sionismo. Burg dà interettamente ragione a Ilan Pappe, l’«altro» storico rispetto a Morris, che in quanto “storico” si caratterizza meglio come “ideologo”. Pappe avverte, in risposta ad un Napolitano portavoce del B’naï B’rith, che se non si vuol essere “antisemiti” occorre, si deve essere “antisionisti”. Certamente, non Benny Morris non è un antisionista ed i suoi corposi libri di narrazione storica non inganno un lettore mediocramente informato sugli svolgimenti generali della storia della Palestina dal 1882 in poi. È prima di quella data che esistevano relazioni pacifiche fra la grande, grandissima maggioranza di palestinesi e le poche migliaia di ebrei residenti, i quali pare siano stati i primi a non gradire la presenza sionista e ad avere intuito il pericolo della loro presenza. Di Morris non ci impressiona né la fama né la produzione abbondante. È bastata la prima riga di un suo ponderoso volume ad irritarci e a costringerci ad interrompere la lettura, che però riprenderemo per scrupolo filologico e deontologico. Ma diciamo subito che di Morris ci basta la lettura di poche righe per capirne l’animus ideologico e sionista, che non ci è per nulla difficile da confutare e respongere. Su un piano storiografico bastano e avanzano le critiche che si trovano nel libro di Pappe, costretto da minacce a lasciare Israele e insolentito in pubbliche conferenze da un figuro come Alan Dershowitz.

(segue)

Giornalisti: 41. Barbara Schiavulli giornalista di guerra

Come «Informazione Corretta» e altri media denigrano quanti criticano il sionismo, Israele, e gli Stati Uniti: Aloni - Arbour - Barghouti - Berti - Blondet - Burg - Caio - Cardini - De Giovannangeli - D’Orsi - Facci - Finkelstein - Giorgio - Gideon Levy - Morgantini - Odifreddi - Paci – Pappe - Romano - Sabahi - Salerno - Sand - Schiavulli - Spinelli - Stabile - Storace - Tizio - Vanunu - Vattimo -
Cosa si intende qui per Israel Lobby?
«Una coalizione informale di individui e gruppi che cerca di influenzare la politica estera americana in modo che Israele ne tragga beneficio».
Ed in Italia come stanno le cose?
Stiamo cercando di scoprirlo!
«Esistono due distinti meccanismi che impediscono alla realtà del conflitto israelo-palestinese di essere giustamente divulgata, e sono i due bavagli con cui i leader israeliani, i loro rappresentanti diplomatici in tutto il mondo, i simpatizzanti d’Israele e la maggioranza dei politici, dei commentatori e degli intellettuali conservatori di norma zittiscono chiunque osi criticare pubblicamente le condotte dello Stato ebraico nei Territori Occupati, o altri aspetti controversi della storia e delle politiche di quel Paese. Il primo bavaglio è l’impiego a tutto campo dei gruppi di pressione ebraici, le cosiddette lobby, per dirottare e falsificare il dibattito politico sul Medioriente (negli USA in primo luogo); il secondo è l’accusa di antisemitismo che viene sempre lanciata, o meglio sbattuta in faccia ai critici d’Israele» (P. Barnard, Perché ci odiano, p. 206).
Come «Informazione Corretta» e altri media presentano Israele, il Medio Oriente e la Palestina: Allam - Battista - Bordin - Buffa - Colombo - Diaconale - Fait - Ferrara - Frattini - Israel - Livni - Loewenthal - Nirenstein - Ostellino - Ottolenghi - Pacifici - Pagliara - PanellaPezzana - Polito - Prister - Santus - Volli

Ricerche correlate:

1. Monitoraggio di «Informazione Corretta»: Indice-sommario. – 2. Osservatorio sulle reazioni a Mearsheimer e Walt. – 3. La pulizia etnica della Palestina. – 4. Boicottaggio prossimo venturo: la nuova conferenza di Durban prevista per il gennaio 2009. – 5. Teoria e prassi del diritto all’ingerenza. – 6. Per una critica italiana a Daniel Pipes. – 7. Letteratura sionista: Sez. I. Nirenstein; II. Panella; III. Ottolenghi; IV. Allam; V. Venezia; VI. Gol; VII. Colombo; – 8. La leggenda dell’«Olocausto»: riapertura di un dibattito. – 9. Lettere a “La Stampa” su «Olocausto» e «negazionismo» a seguito di un articolo diffamatorio. – 10. Jürgen Graf: Il gigante dai piedi di argilla. – 11. Carlo Mattogno: Raul Hilberg e i «centri di sterminio» nazionalsocialisti. Fonti e metodologia. – 12. Analisi critica della manifestazione indetta dal «Riformista». – 13. Controappello per una pace vera in Medio Oriente. –

Versione 1.1
Status: 26.9.08
Sommario: 1. Un eccellente servizio dal fronte di guerra. – 2. La solita disinformazione dei “Corretti Informatori”. –

Sono ormai certo che Barbara Schiavulli sia la giornalista seduta casualmente accanto a me il giorno della conferenza stampa per la presentazione del convegno organizzato da Fiamma Nirenstein in Roma presso la sede di Magna Carta. Vi fu una breve conversazione nella quale la giornalista mi disse di essere a conoscenza dei ricorrenti attacchi a lei rivolti da «Informazione Corretta», non avendone lei nessuna considerazione. Non tale da richiedere una lettera come quella di Sherif el Sebaie. Ci siamo anche trovati concordi nel giudizio su un dissidente iraniano esibito dagli organizzatori del convegno, me forse – se in buona – non abbastanza intelligente da rendersi conto di come veniva strumentalizzato. Mi disse il suo nome ma io lo avevo dimenticato fino al momento in cui i «Corretti Informatori» non hanno ripresso a “criticarla”, occupandosi di lei per segnalarla ai loro Lettori/Lapidatori che vengono invitati a scrivere al consueto indirizzo fornito insieme al corretto commento. La definizione di Barbara Schiavulli come “giornalista di guerra” non è mia, ma è stata ripresa dal web. Trovo che corrisponda alla realtà e ciò torna in sua lode. Solo grazie a giornalisti come lei possiamo essere informati su ciò che succede in scenari a noi inaccessibili.

1. Un eccellente servizio dal fronte di guerra. – Mentre quasi tutti i giornalisti evitano le scene di guerra per i rischi che ciò comporta, la giovana Barbara riesce addirittura ad intervistare uno dei lanciatori di razzi kassam. Non vi è chi non comprenda che simili razzi non hanno nessun valore strategico e forse offrono ad Israele il pretesto cercato per una rappresaglia da 1 a 100, secondo statistiche verificabili a colpo d’occhio. Il commento dei «Corretti Informatori» è nel solito stile. Ormai, a questo punto del Monitoraggio, è del tutto evidente come la grammatica usata non corrisponda né alla logica né tantomeno a principi di ordine morale o etico. È pura reiterazione propagandistica. La propaganda è una tecnica che consiste nella ripetizione meccanica e costante nel tempo di un determinato contenuto verbale, grafico o concettuale, sempre identico a se stesso e non finalizzato al contradditorio. Chi lo analizza deve solo rilevarne il contenuto propagandistico.

2. La solita disinformazione dei “Corretti Informatori”. – Da una rassegna stampa quale formalmente si presenta la testata del noto omosessuale Pezzana ci si aspetterebbe che come minimo riportasse il testo giornalistico di cui parla. Ed invece no. Anche in questo caso si limita ad un lancio di insulti ed improperi contro la giornalista senza che il fantomatico Lettore di IC possa sapere cosa la Schiavulli ha scritto: lo può solo sapere per l’eletta bocca e l’eletto cervello dell’Eletto commentatore. Eppure è un principio elementare di professionalità in una rassegna stampa riportare i testi. Si può anche optare per l’omissione, per il non parlarne. Ma è un caso piuttosto raro se non unico quello di diffamare una persona presso terzi senza che i terzi possano essi stessi sapere o leggere cosa il diffamato ha infine scritto. Misteri sionisti!

Torna al Sommario.

(segue)

ONU: Risoluzioni di condanna ad Israele: 8) Ris. n° 228 del 25 novembre 1966

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8.
RISOLUZIONE n. 228
del 25 novembre 1966
Fonte


Resolution 228 (1966) of 25 November 1966
Résolution 228 (1966) du 25 novembre 1966
The Security Council,

Having heard the statements of the representatives of Jordan and Israel concerning the grave Israel military action which took place in the southern Hebron area on 13 November 1966,

Having noted the information provided by the Secretary-General concerning this military action in his statement of 16 November (17) and also in his report of 18 November 1966, (18)

Observing that this incident constituted a largescale and carefully planned military action on the territory of Jordan by the armed forces of Israel,

Reaffirming the previous resolutions of the Security Council condemning past incidents of reprisal in breach of the General Armistice Agreement between Israel and Jordan (19) and of the United Nations Charter,

Recalling the repeated resolutions of the Security Council asking for the cessation of violent incidents across the demarcation line, and not overlooking past incidents of this nature,

Reaffirming the necessity for strict adherence to the General Armistice Agreement,

Le Conseil de sécurité,

Ayant entendu les déclarations des représentants de la Jordanie et d’Israël concernant la grave action militaire israélienne qui a été menée dans la partie méridionale de la zone d’Hebron, le 13 novembre 1966,

Ayant pris note des renseignements concernant cette action militaire fournis par le Secrétaire général dans sa déclaration du 16 novembre (17) ainsi que dans son rapport du 18 novembre 1966 (18),

Constatant que cet incident constitue une action militaire de grande envergure et soigneusement préparée des forces armées israéliennes en territoire jordanien,

Réaffirmant les résolutions antérieures du Conseil de sécurité condamnant des actes passés de représailles exécutés en violation de la Convention d’armistice général entre Israel et la Jordanie (19) et de la Charte des Nations Unies,

Rappelant les résolutions réitérées du Conseil de sécurité demandant la cessation d’incidents violents à travers la ligne de démarcation, et n’oubliant pas les incidents passés de cette nature,

Réaffirmant la nécessité d’adhérer strictement à la Convention d’armistice général,

1. Deplores the loss of life and heavy damage to property resulting from the action of the Government of Israel on 13 November 1966;
1. Déplore les pertes de vies humaines et les graves dommages matériels causés par l’action menée par le Gouvernement israélien le 13 novembre 1966;
2. Censures Israel for this large-scale military action in violation of the United Nations Charter and of the General Armistice Agreement between Israel and Jordan;
2. Censure Israel pour cette action militaire de grande envergure menée en violation de la Charte des Nations Unies et de la Convention d'armistice général entre Israel et la Jordanie;
3. Emphasizes to Israel that actions of military reprisal cannot be tolerated and that, if they are repeated, the Security Council will have to consider further and more effective steps as envisaged in the Charter to ensure against the repetition of such acts;
3. Souligne à l’intention d’Israël que les actes de représailles militaires ne peuvent être tolérés et que, s’ils se répètent, le Conseil de sécurité devra envisager des mesures nouvelles et plus efficaces, prévues par la Charte, pour assurer que de tels actes ne se répètent pas;
4. Requests the Secretary-General to keep the situation under review and to report to the Security Council as appropriate.
4. Prie le Secrétaire général de suivre la situation et de faire rapport au Conseil de sécurité, comme il conviendra.
Adopted at the 1328th meeting
by 14 votes to none,
with 1 abstention (New Zealand).

Adoptée à la 1328e séance
par 14 voix contre zéro,
avec une abstention (Nouvelle-Zélande)

(17) Ibid., Twenty-first Year, 1320th meeting.

(18) Ibid., Twenty-first Year, Supplement for October, November and December 1966, documents S/7593 and Add. I.

(19) Ibid., Fourth Year, Special Supplement, No. 1.

(17) Ibid., vingt et unième année, 13208 séance.

(18) Ibid., vingt et unième année, Supplément d'octobre, novembre et décembre 1966, documents S/7593 et Add.1.

(19) Voir Procès-verbaux officiels du Conseil de sécurité, quatrième année, Supplément spécial n° 1.


- Il 13 novembre 1966 l’esercito israeliano distrugge 125 case nel villaggio arabo di Samoa (Cisgiordania), provocando 18 morti e 130 feriti. Fonte.
-

Funzionari: 32. Gabriela Shalev nuova ambasciatrice di Israele all’ONU

Come «Informazione Corretta» e altri media presentano Israele, il Medio Oriente e la Palestina: Allam - Battista - Colombo - Bordin - Buffa - Diaconale - Fait - Ferrara - Frattini - Israel - Lisistrata - Livni - Loewenthal - Morris - Nirenstein - Ostellino - Ottolenghi - Pacifici - Pagliara - PanellaPezzana - Polito - Prister - Rocca - Santus - Sfaradi - Shalev - Steinhaus - Volli
Cosa si intende qui per Israel Lobby?
«Una coalizione informale di individui e gruppi che cerca di influenzare la politica estera americana in modo che Israele ne tragga beneficio».
Ed in Italia come stanno le cose?
Stiamo cercando di scoprirlo!
«Esistono due distinti meccanismi che impediscono alla realtà del conflitto israelo-palestinese di essere giustamente divulgata, e sono i due bavagli con cui i leader israeliani, i loro rappresentanti diplomatici in tutto il mondo, i simpatizzanti d’Israele e la maggioranza dei politici, dei commentatori e degli intellettuali conservatori di norma zittiscono chiunque osi criticare pubblicamente le condotte dello Stato ebraico nei Territori Occupati, o altri aspetti controversi della storia e delle politiche di quel Paese. Il primo bavaglio è l’impiego a tutto campo dei gruppi di pressione ebraici, le cosiddette lobby, per dirottare e falsificare il dibattito politico sul Medioriente (negli USA in primo luogo); il secondo è l’accusa di antisemitismo che viene sempre lanciata, o meglio sbattuta in faccia ai critici d’Israele» (P. Barnard, Perché ci odiano, p. 206).
Come «Informazione Corretta» e altri media denigrano quanti criticano il sionismo, Israele, e gli Stati Uniti: Arbour - Blondet - Burg - Caio - Cardini - De Giovannangeli - D’Orsi - Facci - Finkelstein - Giorgio - Morgantini - Odifreddi - Paci - Pappe - Romano - Sabahi - Sand - Spinelli - Stabile - Storace - Tizio - Vattimo -

Ricerche correlate:

1. Monitoraggio di «Informazione Corretta»: Indice-sommario. – 2. Osservatorio sulle reazioni a Mearsheimer e Walt. – 3. La pulizia etnica della Palestina. – 4. Boicottaggio prossimo venturo: la nuova conferenza di Durban prevista per il gennaio 2009. – 5. Teoria e prassi del diritto all’ingerenza. – 6. Per una critica italiana a Daniel Pipes. – 7. Letteratura sionista: Sez. I. Nirenstein; II. Panella; III. Ottolenghi; IV. Allam; V. Venezia; VI. Gol; VII. Colombo; – 8. La leggenda dell’«Olocausto»: riapertura di un dibattito. – 9. Lettere a “La Stampa” su «Olocausto» e «negazionismo» a seguito di un articolo diffamatorio. – 10. Jürgen Graf: Il gigante dai piedi di argilla. – 11. Carlo Mattogno: Raul Hilberg e i «centri di sterminio» nazionalsocialisti. Fonti e metodologia. – 12. Analisi critica della manifestazione indetta dal «Riformista». – 13. Controappello per una pace vera in Medio Oriente. –

Mentre ancora non mi è giunta la notizia ufficiale della avvenuta nomina di ... quale Alto Commissario per i Diritti Umani apprendo dalla rete che Gabriela Shalev è stata nominata di Tzipi Livni quale ambasciatore di Israele presso l’ONU. Sarà interessante seguire in tempo reale le pubbliche prese di posizione della neoambasciatrice, considerando le posizioni non encomiastiche della Tzipi Livni verso l’uscente Louise Arbour e più in generale la campagna di deligrazione e delegittimazione condotta da Israele verso l’ONU che nei decenni ha adottato ben 73 risoluzioni di condanna nei confronti del governo israeliano per la sua condotta verso i palestinesi.

Versione 1.1
Status: 23.10.08
Sommario: 1. Eco italiana delle notizia circa la nomina di Gabriela Shalev. – 2. Ahmadinejad e Shalev fronte a fronte nel palazzo ONU. – 3. Gabriela critica Miguel per Ahmadinejad. – 4.

1. Eco italiana della notizia circa la nomina di Gabriela Shalev. – A dare notizia dell’avvenuta nomina oltre all’Unione Sarda è il sedicente sito “Liberali” per Israele, un sito indubbiamente “per Israele” ma alquanto discutibilmente che possa appiopparsi la qualifica di “liberali”, salvo ad intendere il liberalismo nel modo più arbitrario e vago che possa immaginarsi. Su Virgilio si hanno notizie un poco più dettagliate sulle figura del nuovo funzionario governativo israeliano:
Gerusalemme, 20 lug. (AP) - Il Consiglio dei ministri israeliano ha nominato il nuovo ambasciatore alle Nazioni Unite: Gabriela Shalev, 67 anni, professoressa di Diritto, sostituirà Dan Gillerman che ha rivestito il ruolo al Palazzo di Vetro per cinque anni.
Per Shalev si tratta del primo incarico diplomatico. In precedenza la professoressa ha diretto l'Autorità sulle Comunicazioni ed è rettore al Collegio Accademico Ono vicino a Tel Aviv. Il ministro degli Esteri Tzipi Livni ha accolto favorevolmente la nomina con un comunicato: “Era importante per me incaricare una donna per rappresentare Israele in un luogo così importante”. A proposito delle critiche contro la scarsa esperienza diplomatica della prescelta, Livni ha affermato: “La professoressa Shalev è rispettata a livello internazionale. Ha rivestito molti ruoli pubblici in Israele”.
Potrebbe essere istruttivo apprendere quali siano stati siffatti ruoli pubblici, ma non siamo curiosi a tal punto ed aspettiamo di vedere quale sarà l’azione della neoambasciatrice israeliana presso l’ONU, alla quale nulla ci impedisce di fare i migliori auguri.

2. Shalev e Ahmadinejad fronte a fronte nel palazzo ONU. – Vi sarebbe da ridere se il fatto non fosse serio. Proviamo a riassumerlo per grandi linea ed in un più ampio contesto cronologico e geo-politico. È da anni che sui media e con una concertazione di stati e politici amici si tenta di creare un immagine di Ahmadinenjad tutta in nero volta alla demonizzazione, all’isolamento fino a preparare il terreno ad una nuova guerra sul modello di quella del tutto illegale mossa all’Afghanistan e all’Iraq e di cui le conseguenze e i lutti infiniti sono ancora sotto i nostri occhi. A ben vedere l’operazione non solo non è riuscita ma riesca di ritorcersi contro i suoi ideatori. Io direi che Ahamadinenjad riesce perfino simpatico. È stato impagabile quando alla Columbia University rispondendo ad una domanda sul trattamento riservato agli omosessuali in Iran ha risposto serafico che in Iran di omosessuali non ve ne sono. È scoppiata una fragorosa risata, ma è stato un modo di dire che gli americani sono tutti omosessuali, o che gli omosessuali esistono solo in America. Quanto nelle cronache qui riportate succede ora in sede Onu dimostra che l’Iran si è sottratto alla morsa dell’isolamente e che la comunità internazionale non intende avallare il losco disegno di Usa, Israele e loro vassalli.

Il topos propagandistico e mediatico dell’Iran che vuole distruggere Israele cozza sull’evidenza che è la stessa Israele ad essere stata edificata sulla distruzione del popolo palestinese. Ne ha sottratto le terre, i villaggi, le case. Ha creato campi profughi in nulla da meno dei famigerati lager. Si è macchiata di pulizia etnica. Si regge su base razziale ed in un regime di apartheid. Ha violato i più elementari principi dei diritti umani. Ha già boicottato la prima conferenza Durban che stava per equirare sionismo e razzismo ed ora tenta nuovamente di boicottare la seconda conferenza che riproporrà probabilmente la stessa questione. Una Israele che per garantire la sua sicurezza ha bisogno di muovere guerra a tutto il Medio Oriente ed il mondo musulmano, ponendolo sotto il tallone protettivo degli USA. Una Israeele che presenta se stessa come un modello di democrazia come se le apparecchiature procedurali democratiche fossero di per sé una legittimazione della sua politica antisemita atteso che propriamente parlamento i veri unici semiti sono i palestinesi.

In fatto di democrazia, intesa come partecipazione paritaria ad un’assemblea secondo il principio una testa un voto, l’ONU stessa avrebbe bisogno di autolegittimarsi. Non dobbiamo dimenticare che l’ONU nasce come creatura dei vincitori della guerra mondiale come era già stato per la Società delle Nazioni. La distinzione fra membri permanenti del consiglio di sicurezza e membri non permanenti a rotazione la dice lunga sui principi di democrazia more geometrico immaginati. Finché era uno strumento docile ha potuto prestarsi ad operazioni come il riconoscimento dello Stato di Israele sulla pelle dei palestinesi. È stata questa probabilmente la più discutibile e illegittima risoluzione dell’ONU. Ma da allora tutti gli Stati che via via hanno conseguito la loro indipendenza ed hanno voluto alzare la schiena ponendosi in un atteggiamento autonomo rispetto alle grandi potenze, l’ONU è venuto via via assumendo una diversa fisionomia. Non è strano che oggi a promuoverne la delegittimazione sono le stesse potenze che l’hanno creato. Si parla di una “Lega delle democrazia” che dovrebbe sostituire l’ONU stesso. Si è creata la strana figura giuridica dello “Stato canaglia”, definito tale dagli USA e quindi passibile di attacco e invasione, magari con approvazione ONU. Ma sentiamo la Shalev:
«Quell'agghiacciante filippica antisemita e anti-occidentale è stata il discorso più applaudito — dice — alla fine il presidente dell'Assemblea Miguel D'Escoto è corso ad abbracciare Ahmadinejad». In un'intervista alla National Public Radio,
lui stesso ha confermato che «la candidatura di Teheran ha già l'adesione dei 118 Paesi non allineati e delle 57 nazioni dell'Oic (Organizzazione della Conferenza islamica)».
Che l’Iran ed Ahmadinejad abbiano diritto a far sentire la propria voce ed a portare in giro la propria faccia è cosa che è ampiamente riconosciuto nel mondo. Dispiace che il nostro presidente Berlusconi si sia piegato alle ragioni del potente alleato che ci spezzò le reni nel lontano 1945. Non sembra che i governi repubblicani si sappiano risollevare da quella sconfitta cocente edulcorata come “liberazione”, secondo una prassi linguistica dei nostri tempi che non vuole popolo sconfitti ma perennemente liberati dal vincitore di turno.

Di fronte all’evidente debacle i «Corretti Informatori» perdono la tramontana e cadono nel patetico. È da chiedersi quali Pezzana (senza aggettivi) si immagina siano i suoi lettori: o fanatici sionisti che di fronte agli episodi descritti si sentono in lutto ed hanno bisogno di confortarsi a vicenda insistendo nel raccontarsi cose che probabilmente neppure loro credono o persone sprovviste di senso critico che il Pezzana stesso e suoi accoliti pensano di poter abbindolare. In questo secondo caso è impresa ardua abbindolare persone appena fornite di un minimo di buon senso. E dunque tutta la baracca di «Informazione Corretta» si caratterizza sempre più come una centrale di diffamazione, di denigrazione, di intimidazione di quanti legittimamente pensano con la propria testa e non con gli occhiale che i «Corretti Informatori» vorrebbero far loro inforcare.

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3. Gabriela critica Miguel per Ahmadinejad. – Ero scontato quale avrebbe potuto essere il ruolo della nuova ambasciatrice di Israele all’ONU. Una delle sue prime iniziative è di aver criticato il presidente Miguel D’Escoto per aver abbracciato Ahmadinejad. Miguel è una personalità decisamente interessante. Non lo conoscevo. Ne riporto per intero il testo dell’intervista apparsa sul Corriere della Sera:

Parla il prete sandinista presidente dell'Assemblea generale

D'Escoto: «All'Onu chiamato da Dio

Gli Usa peggio dell'Iran»

Scomunicato da Giovanni Paolo II, negli anni Ottanta sfuggì a un tentativo di avvelenamento della Cia

Miguel D'Escoto Brockmann (Afp)
Miguel D'Escoto Brockmann (Afp)
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
NEW YORK - Ha perdonato sia gli americani, che negli anni Ottanta cercarono di assassinarlo col cianuro, sia il Vaticano, che lo scomunicò ai tempi di papa Giovanni Paolo II, col beneplacito dell'allora cardinale Ratzinger. È certo che a chiamarlo al Palazzo di Vetro sia stato Dio e non ha dubbi circa la sua missione: «Realizzare la mia vocazione sacerdotale di missionario di Dio al servizio dei poveri e diseredati; costruire la pace e la giustizia nel mondo». «La verità più importante da cui dipende la nostra stessa sopravvivenza è che siamo tutti fratelli e sorelle», racconta al Corriere Miguel D'Escoto, il prete cattolico ed ex ministro degli Esteri del governo sandinista nicaraguense di Daniel Ortega che il mese scorso è stato eletto presidente della 63esima Assemblea generale dell'Onu. La stessa che venerdì ha bocciato l'ingresso dell'Iran nel Consiglio di sicurezza come membro non permanente.

Quella dell'Iran era dunque una candidatura sbagliata?
«Ogni membro Onu ha diritto di aspirare a quel posto: fa parte della dinamica democratica. I membri che non adempiono alle risoluzioni del Consiglio di sicurezza non dovrebbero farne parte? Ma allora diciamo che nessun Paese della terra ha violato più risoluzioni Onu degli Usa, il cui complesso di superiorità e ipocrisia nell'usare metri diversi sono sconfinati».

A che cosa si riferisce in particolare?
«Il peggiore crimine impunito perpetrato oggi nel mondo è la guerra in Iraq, priva di qualsiasi giustificazione legittima e in violazione dello statuto Onu».

Un mese fa l'ambasciatrice d'Israele Gabriela Shalev l'ha criticata per aver abbracciato Mahmoud Ahmadinejad dopo il suo discorso scriteriato di fronte all'Assemblea generale.
«La Shalev è l'unico ambasciatore che non ho ancora incontrato e spero di colmare presto la lacuna. Mi auguro anche che Israele inizi a rispettare le risoluzioni del Consiglio di sicurezza sui territori occupati, invece di trincerarsi dietro i continui veti Usa».

Come giudica la rinascita dell'America Latina e il tentativo russo di rimpiazzare gli Usa nella regione?
«I russi non hanno mai coltivato mire espansionistiche in America Latina, che ha sofferto le conseguenze dell'imperialismo americano. Ma quella fase è finita perché le masse guidate dai leader del gruppo Alba (Alternativa bolivariana para los pueblos de nuestra América) hanno riconquistato il diritto di decidere il proprio destino. Il sueño de Bolívar di unificazione del continente sta per realizzarsi. Non avrei mai immaginato di vivere abbastanza per vedere quel giorno. È l'inizio di una nuova era, grazie a Dio, la migliore della nostra storia».

Cosa pensa della proposta di John McCain di creare una «Lega delle nazioni» di Paesi amici per bypassare l'Onu?
«È destinata a fallire perché i comportamenti imperialisti sono incompatibili con lo statuto Onu. Siamo le Nazioni Unite non le Nazioni Asservite».

Tifa per Obama?
«Tifo per il presidente che ami l'America abbastanza da capire che non è mai stata più impopolare nel mondo e si impegni a riscattare la sua reputazione di Stato farabutto e guerrafondaio. Nessuno poteva danneggiarne l'immagine più di quanto hanno fatto i suoi leader».

Ha fatto pace con il Vaticano?
«Non sono tipo che serba rancori e comunque non ho tempo per litigare con la Santa Sede. Ho buoni rapporti con l'arcivescovo Celestino Migliore, nunzio apostolico osservatore permanente all'Onu. Amo la mia chiesa e ringrazio tutti i giorni Dio per avermi guidato al sacerdozio. Ho assolto anche i sicari della Cia, perché il perdono è essenziale per la vita. Il contrario è la morte».

Che tipo di riforma del Consiglio di sicurezza vorrebbe vedere?
«Serve una redistribuzione di potere più equilibrata che includa le varie zone geografiche. Il potere di veto è andato alla testa degli Usa e sarebbe importante che nessuno si sentisse più al di sopra delle leggi umane e divine».

Come giudica il ruolo dell'Italia in seno all'Onu?
«È molto importante e mi auguro che continui a esserlo. Nessuno può sedersi sugli allori perché il mondo è in un caos inenarrabile in cui è stato cacciato dal nostro folle egoismo. L'unica via d'uscita è la fratellanza e l'amore: questo è il messaggio che voglio portare dal pulpito delle chiese all'Onu».

Alessandra Farkas
23 ottobre 2008

Non credo che la giornalista Farkas sia pregiudizialmente favorevole a D’Escoto, ma non trovo elementi criticabili nel modo di condurre l’intervista.

4. Gabriela boicottatrice. – Era scontata la posizione dell’ambasciatrice israeliana all’ONU in occasione del discorso di Ahmadinejad. Niente di nuovo. Ma meno credibile che per il passato.
(segue)