sabato 7 novembre 2015

16. Letture: Bohdan NAHAYLO, Victor SWOBODA: Disunione Sovietica, Rizzoli 1991.

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Il titolo è promettente, nel senso che sembra voglia e possa dare una spiegazione alle cause della dissoluzione dell’Unione Sovietica, che è però subito definita come un «Impero», ponendoci ulteriori problemi sulla nozione stesso di “Impero”. Se anche l’Unione Sovietica era un “impero”, ci si chiede cosa non sia un Impero. Come testimone della mia generazione, mentre era stato un Impero quello britannico, o francese ed altri ancora che assumevano questo termine per la loro auto-definizione ufficiale, assolutamente non poteva definirsi tale o essere percepita come tale l’Unione Sovietica, il cui indubbio fallimento non si poteva immaginare potesse derivare dalla sua natura “imperiale”. Dai libri di economia studiati ricordo che si criticava l’economia pianificata di matrice sovietica per il fatto che non disponeva come suo regolatore del sistema dei prezzi di mercato. Mi era parso di capire che il crollo dell’Unione Sovietica fosse dovuto alla vittoria del sistema dei prezzi di mercato sul sistema dell’economia pianificata. Non abbiamo letto per nulla il libro che avevamo comprato a pochi euro sulle bancarelle e poi deposto in uno scaffale in attesa del tempo per leggerlo: è giunto ora. Non lo abbiamo letto per nulla e non possiamo anticipare sulla sul suo contenuto. Sorge però ora più pressante che mail l’esigenza di comprendere le ragioni del crollo dell’Unione Sovietica, fosse o non fosse un Impero. Non ci sentiamo per nulla più tranquilli con il mondo unipolare a guida Israelo-statunitense. La nostra voglia di comprendere – senza pregiudizi di sorta – è grande e del nostro tentativo facciamo partecipi i nostri Cinque Lettori, se avranno eguale interesse e pazienza nel seguire con noi un ciclo di letture finalizzato a questo specifico tema, che andrà ad intrecciarsi con tanti altri temi, tutti interconnessi e collegati. Si ponga attenzione alle date del libro: è del settembre 1991 la traduzione italiana, che segue di appena un anno la data dell’originale inglese del 1990. Siamo cioè all’inizio di un processo che iniziava appunto in quegli anni. Confronteremo quelle analisi con la lezione dei fatti a distanza di 25 anni.

I conti non mi tornano. Ad inizio lettura sembrerebbe che il problema cruciale dell’Unione Sovietica sia stato la presenza di una molteplicità di nazionalità al suo interno ed evidentemente il non averle saputo conciliare. Sembra che l’interesse di ognuna sia stato alla dissoluzione per etnia, ritrovandosi poi tutte più deboli verso nemici esterni che altro non aspettavano e aspettano che di poter sbranare entità statuali indebolite. Al tempo stesso nell’ideologia oggi corrente in Europa si sostiene la teoria dell’inclusione perfino contro la volontà di coesione delle nazionalità europee che non sembrano siano meno numerose di quelle sovietiche, che pure avevano un loro proprio ordinamento: URSS stava per Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Ma sappiamo appena all’inizio di lettura del libro ed è bene essere pazienti ed andare un poco avanti.  Ho però l’impressione che vi siano remore ideologiche analoghe a quelle che spingono tuttora l’Impero Usrael a favorire e promuove la dissoluzione degli Stati possibili rivali secondo linee di divisione etnica, fomentandone la divisione, la contrapposizione e la conflittualità. Il cammino verso la pace procede nel tempo della storia alla ricerca di una superiore unificazione politica, mentre al contrario la guerra civile e poi interstatuale punta alla disgregazione politica degli Stati. Gli USA con i loro “cambi di regime” dal 1990 in poi sono maestri in quest’arte.

(Segue)

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