lunedì 25 maggio 2009

Palestina sempre, Israele mai.

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Prosegue il lento lavoro di revisione e di ristrutturazione di quello che era incominciato come un «Monitoraggio di “Informazione Corretta”», a cui quasi mi vergogno aver dedicato il mio tempo. Ma di loro non mi sarei mai accorto se non fossero venuti a molestare la mia privata quiete. La difesa è legittima e perfino doverosa. Non starò a tediare i lettori spiegandolo loro il complesso piano di revisione e ristrutturazione di una pletora di articoli, scritti di getto, dove la “questione ebraica” è da me affrontata nei termini in cui si pone nella nostra epoca. Mi occupo oggi di un intervento, isterico come sempre, di Ugo Volli che proprio su “Informazione Corretta” ha da qualche tempo una rubrica fissa, le “Cartoline di Eurabia”, un’espressione che qualifica il personaggio nella faziosità che gli è propria e dove scomoda pure Carl Schmitt a testimonianza delle sue idiozie. Esiste qualcuno “peggiore” di questo individuo? È faziosità aggressiva la sua pretesa di costringere ognuno di noi a dare ad Israele un riconoscimento morale che ripugna alla nostra coscienza. Non possiamo e non sappiamo combattere con le armi, non sappiamo “fondere” il piombo come gli immigrati russi in terra di Palestina sanno fare, quegli immigrati che qualche torto ai contadini russi di epoca bolscevica devono averlo fatto. Pretendono però di ritornare dopo duemila anni in una terra che dicono loro, senza che i loro padri ci siano mai stati – si legga Shlomo Sand –, rivendicando uno strano ed osceno diritto a scacciarvi quanti da duemila anni e passa in quelle terre hanno sempre dimorato. Dopo il boicottaggio di Israele grazie a Volli scopriamo una nuova forma di lotta politica e culturale: dire sempre e soltanto Palestina e mai Israele. Lo dicano se vogliono Frattini e gli altri. Noi non siamo tenuti. Confesso di essere rimasto assai esacerbato quando un’immagine del nostro tg di stato ci ha fatto vedere durante l’operazione “Piombo fuso” come in gesto di sfregio e disprezzo qualche soldato israeliano ha lasciato scritto sui muri sventrati della case di Gaza: Israel for ever. Ebbene, non abbiamo lo stesso fucile o cannone del soldato israeliano che ha sventrato quelle povere case, uccidendo donne e bambini e quanto altro, ma quanto riguarda la nostra coscienza morale e la nostra volontà politica, fin dove può arrivare, mandiano a dire a quel redattori di graffiti di guerra: Israele mai, Palestina sempre!


Scheda di Monitoraggio.
5. Palestina sempre, Israele mai. – Andando al link si trova un testo farneticante di cui non avremmo voluto occuparci, ma siamo in guerra ed ogni tanto occorre fare il propio dovere di soldati della libertà, della dignità, della verità contro non solo negano questi valori ma vorrebbero che noi stessi ce ne dimenticassimo o lasciassimo loro il controllo di tutte le informazioni che ci arrivano, senza poterle vagliare criticamente. In questa calda giornata già estiva non voglio attardarmi molto con un simile personaggio, che manda sul web “cartoline” che respingiamo al mittente. I Romani avevano chiamato Palestina la Palestina che per noi sempre Palestina è rimasta. Ancora oggi essi conservano qualche titolo di legittimità maggiore di quello dell’Italietta di un Franco Frattini, più adatto a fare il sottosgretario in Israele (esatto) che non il ministro di un’Italia che gli è tanto estranea quanto lui lo è all’Italia. Come poi sia nato il mostro politico di nome Israele noi lo sappiamo, e per noi intendo chi fortunatamente ha un un cervello non da redattore di cartoline olocaustico-sioniste. Non dobbiamo ripercorrerne ora la storia complessiva ed i singoli momenti. Sappiamo che quella mostruosa e criminale entità politica è nata su un genocidio, una pulizia etnica, un disprezzo per ogni elementare senso di umanità che è superiore a tutti i fatti simili della storia del XX secolo. Chi non sta al governo e non tesse relazioni diplomatiche ha certamente il diritto, volendo, di usare il nome Palestina anziché Israele. Nella scelta dell’uno o dell’altro nome essendo implicito un giudizio morale, politico e storico io credo che ogni spirito libero possa esprimersi in questi casi, senza bisogno di impugnare un fucile, dicendo semplicemente Palestina anziché Israele, o al massimo utilizzando il secondo solo per costrizioni burocratiche. Ma la violenza è contraria al diritto e rende nullo ogni atto che non corrisponda ai propri convicementi intereriori. Non vi è nessun bisogno di nuovi martiri per una fatto così stupido. Non ho mai messo piede in Palestina o in qualcun altro dei paesi confinanti. Non mi sembrano luoghi dove andare a fare del turismo. Mi aspetto che ogni essere umano originario di quei luoghi, dimorandovi di padre in figlio, possa guardarmi con occhi cattivi. Infatti, i nostri governi hanno portato da quelle parti solo morte e desolazione, oppressione, inganno, sfruttamento. Speriamo che un giorno possano perdonarci per non aver saputo liberarci dall’oppressione di classi dirigenti parassitarie che per aver avuto una croce in un recinto per buoi, cioè la cabina elettorale, pensano di averci sottratto perfino il diritto di poter dire Palestina anziché Israele, esprimendo così un giudizio ed un principio di politica interna ed estera, già stabilito dalla Roma dei Cesari 2000 anni fa.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Citazione dall'articolo"Ebbene, non abbiamo lo stesso fucile o cannone del soldato israeliano che ha sventrato quelle povere case, uccidendo donne e bambini e quanto altro".
Quello che non capisco è perchè mai uccidere giovani uomini o uomini maturi debba passare per essere un massacro meno grave che non annientare i loro figli e figlie. Di fatto se gli israeliani avessero massacrato tutti gli uomini di Gaza tra i dicioto e i sessanta anni nessuno avrebbe di che obiettare?

Antonio Caracciolo ha detto...

Se ben ricordo, per il diritto bellico classico, quando la guerra aveva un minimo di regole, sempre che di guerra si tratti, uccidere dei civili, in ispecie donne e bambini, cioè non combattenti, è un crimine vero e proprio, senza ttenuante alcuna. Per gli uomini adulti e validi, in divisa o no, si può ipotizzare che possano essere combattenti ad armi pari e con regole di guerra da rispettare. In effetti, nel nostro caso si tratta di vero e proprio genocidio, dove magari ammazzare donne e bambini conta di più che non ammazzare degli adulti. Si impedisce in questo modo che i bambini crescendo possano essere combattenti come lo furono i loro padri uccisi mentre loro erano magari ancora nel grembo materno. È rimasta comunque la convinzione morale che uccidere un bambino o la sua madre sia eticamnet più grave. Ma che forse nel famoso salmi biblico dei salici piangenti non si parla subito dopo di bambini che devono essere sbattuti sulla roccia? Il massacro degli innocenti, dei bambini, ha un grande rilievo nei testi biblici. Spero di aver chiarito il senso delle mie parole. Non ho in ogni caso inteso dire che uccidere un uomo fra i diciotto e i sessant’anni sia cosa lecita e meno grave.