giovedì 29 maggio 2008

Controappello per una pace vera in Medio Oriente

Testo perfettibile
(anche con il concorso degli aderenti, che possono lasciare testi brevi accanto alla loro firma o testi più ampi nei “Commenti”. Il testo viene perfezionato, tenendo conto delle osservazioni che via via giungono. La nuova versione è contrassegnata dal numero progressivo, che però include anche eventuali miglioramenti linguisti e formali, non “politici”, che appaiano preferibili. La rassegna stampa e relativi commenti sono miei personali e non impegnano nessuno nè fanno parte in alcun modo del Contrappello

Qui la rassegna stampa)

Versione 1.9
Status: 4.6.08
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Contrappello
per una pace vera in Medio Oriente


I posteri ci giudicheranno quando sapranno come nel 1948 fu consumata la “pulizia etnica” del popolo palestinese e come ciò sia potuto avvenire con la complicità dei media occidentali, che ancora oggi si prestano ad occultare la tragica realtà della Nakba. È evidente come sia vitale interesse dello stato di Israele – sorto su quella “pulizia etnica”, accertata e documentata senza ombra di dubbio, nonché sui principi antidemocratici dello Stato “ebraico” – un allargamento degli scenari di guerra a tutto il Medio Oriente, muovendo guerra a oltre un miliardo di musulmani. Con il concorso decisivo del militarismo israeliano è già stata portata la guerra all’Afghanistan, all’Iraq e si fa di tutto per promuovere una nuova più sanguinosa guerra contro l’Iran nell’esclusivo interesse di Israele. Solo così Israele potrà consolidare le sue conquiste territoriali, ottenute con una politica costante di rapina e sopraffazione. La Columbia University ha dato prova di civiltà lasciando parlare il presidente Ahmadinejad. Il suo rettore ha dichiarato che avrebbe fatto parlare perfino Hitler. In Italia non è neppure possibile tenere conferenze, seminari e dibattiti nelle università. Chi ha seguito gli eventi sa chi dice menzogne, ad incominciare dalla storia dei falsi armamenti di Saddam, dagli inesistenti armamenti atomici dell’Iran, dalle 150 testate atomiche invece possedute da Israele, come ha rivelato il presidente Carter, premio Nobel per la pace. Chi accusa gli altri di menzogna è lui stesso il maggior mentitore.

Il «Riformista» che vuole lanciare un Appello contro un capo di stato riconosciuto dal governo italiano non ha neppure la legittimazione che gli deriva dall’autofinanziamento delle copie vendute in edicola: si sostiene con il danaro dei contribuenti italiani. E’ auspicabile che grazie al referendum indetto da Beppe Grillo vengano in questa legislatura tolti quei soldi che vanno all’editoria di regime. Questa iniziativa del “Riformista” si aggiunge all’altra sul Tibet: è forse un modo per procurarsi una pubblicità che incrementi le vendite, ma è un atto irresponsabile e contrario ad una vera pace in Medio Oriente. Chi poi siede in parlamento e firma appelli contrari alla nostra costituzione non ha ancora compreso di essere stato messo al parlamento dello Stato italiano, non alla Knesset, il parlamento israeliano. Il popolo italiano è un popolo amante della pace e chi vuole incitarlo alla guerra non ha titolo per rappresentarlo. La ricerca storica è libera e non esistono verità di stato in ambito storico, filosofico, scientifico. Nessuno può essere perseguito e messo in prigione per le proprie opinioni e per il risultato delle proprie ricerche, che possono essere valutate e giudicate solo dalla comunità scientifica. Uno Stato Laico non può imporre credenze a nessuno: questa verità elementare e necessaria alla convivenza civile sembra sfugga alla comprensione della redazione del “Riformista” ovvero al suo Esimio Direttore.

Israele è stato ripetutamente condannato dall’Onu per violazione dei diritti umani. Gli abitanti della striscia di Gaza sono ogni giorno vittime dei crimini più efferati che trovano copertura presso i maggiori media italiani, quando negano alle vittime il diritto di resistenza oltraggiandole con il nome di terroristi e ponendo sulla stesso piano aggrediti ed aggressori, il pacifico abitante della propria casa e del proprio villaggio e chi da quella casa e da quel villaggio lo ha scacciato. La più volgare ed ottusa mistificazione tenta di ingannare il popolo italiano afflitto da un crescente impoverimento e lo vuole spingere in guerra contro popoli che non lo minacciano e che sono lontani dalle nostre frontiere. Solo Israele ha interesse a spingere tutti gli altri popoli ad una guerra contro l’Iran.

Si dimentica che nel 1953 il governo dello Scià di Persia fu insediato con un colpo di stato organizzato dalla CIA.
Nel 1979 l’Iran ha potuto avere un governo espressione del proprio diritto di autodeterminazione. E così pure Hamas è stato democraticamente eletto dal suo popolo. Per i sionisti sono democratici solo i regimi fantoccio e vassalli. La nozione stessa di democrazia è un optional funzionale ai propri non limpidi interessi. Le elezioni democratiche non sono legittime se non eleggono gli uomini voluti e graditi alle potenze egemoni. Israele è ipocrita quando grida all’inesistente atomica altrui e pretende di avere diritto a possederne una propria sul cui uso dovremmo sentirci tranquilli.

Il popolo italiano non è un popolo di omosessuali. Gli omosessuali esistono in Italia e rappresentano una minoranza su cui è sorto un dibattito ed un confronto politico che vede opposti schieramenti. La nostra legislazione al riguardo ha avuto una travagliata evoluzione e bisogna aver fiducia nella spontanea evoluzione dei sistemi giuridici, dove la produzione di norme è sempre la soddisfazione di una domanda di diritto. Non si difendono però i diritti e la vita degli omosessuali iraniani muovendo guerra all’Iran, prestandosi ad interessate strumentalizzazioni e producendo milioni di morti, omosessuali e non. È una volgare strumentalizzazione chiamare a raccolta gli omosessuali per incitarli alla guerra contro un popolo di 70 milioni di persone. Gli organi di stampa che ora incitano contro Ahmadinejad sono gli stessi che maggiormente soffiavano per un attacco all’Iran, quando questa sembrava imminente e tuttora non sono scongiurate le minacce di guerra. Solo il rapporto del NIE ha fatto recedere dal suo disegno di guerra il più impopolare presidente degli Stati Uniti che si ricordi a memoria d’uomo. Si spera che il nuovo presidente americano sappia e possa dare una svolta alla politica estera americana, condizionata da una ben nota Lobby.

Con questo Appello si allertano i cittadini italiani dall’inganno ordito contro la loro volontà di pace con l’Iran e con tutti i popoli del Medio Oriente. La nostra costituzione proibisce espressamente il ricorso alla guerra, ma il divieto costituzionale è stato eluso ed i nostri soldati sono già su scenari di guerra. I mentitori di professione chiamano pace la guerra e guerra la pace fondata sulla giustizia, cioè sul ritorno dei profughi palestinesi nei loro villaggi e la creazione di uno Stato Unico dove non sia fatta distinzione fra ebreo musulmano o cristiano.

CIVIUM LIBERTAS

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Adesioni
al 13 settembre 2008
- Considerando che la minaccia
all’Iran è permanente
e che gli analisti collocano l’inizio della guerra entro
la fine della presidenza Bush,
intenzionato a vincolare il suo successore con il fatto compiuto,
questa Lista, volta a creare un movimento di opinione,
resterà aperta alle Adesioni
per tutto il periodo in cui incombe il pericolo:
è fatta richiesta ad ogni aderente di attivare una
catena di Sant’Antonio


Adesioni pervenute
(in ordine alfabetico)

Francesco Mario Agnoli
Aderisco al controappello nella speranza che, opponendosi alla campagna di odio di troppi politici e di troppi mass-media, possa dare un pur minimo contributo all'avvio in Medio Oriente di un autentico processo di pace, che parta dal riconosimento dei pari diritti e della pari dignità di tutti i popoli che vivono in quella sventurata regione, musulmani, ebrei, cristiani, israeliani e palestinesi (e, ovviamente, iracheni, iraniani, libanesi, curdi ecc.).
Mohammed
Al Khald
- Roma
Aderisco con estremo piacere e con forte convinzione al vostro appello per una giusta pace in Medio Oriente. Mi impegno anche a diffondere questo appello ai miei contatti, invitandoli a fare altrettanto. Cordiali saluti
Furio Bassanelli
- Poggio Nativo (RI)
ADERISCO AL Controappello per una pace vera in Medio Oriente.
Maurizio Blondet
Aderisco al vostro appello.
Giulio Bonali
– Fiorenzuola (PC)

Aldo Braccio
- Milano
Aderisco all'appello.
Cordiali saluti.
Paolo Brunori
Aderisco con convinzione, per la libertà e l’indipendenza di ogni popolo e contro ogni politica di oppressione.
Antonio Caracciolo
- Docente ricercatore Università di Roma La Sapienza
La pace è un bene autentico sul quale veniamo spesso ingannati, facendo passare per pace la guerra e chiamando terrorismo la resistenza legittima e la volontà di pace fondata sulla giustizia e la fraternità dei popoli. Nella nostra epoca la guerra è diventata soprattutto “guerra ideologica”. Gli intellettuali sono così diventati combattenti di prima linea: nella presente circostanza è loro compito smascherare l'inganno mediatico che ci vuole spingere ad una guerra contro l’Iran ancora più disastrosa di quella condotta contro l’Iraq all’epoca motivata con una spudorata menzogna ora a tutti nota ed evidente nella sua ispirazione e nelle sue finalità, le stesse di oggi.
Maria Casolino
Aderisco ed esprimo apprezzamento per l’opera in favore della verità e della libertà.
Claudia
Aderisco al Manifesto per una pace vera in Medio Oriente. E' ora di dire con coraggio BASTA al potere egemonico esercitato dalla cultura americana. (Atalanta)
Sebastiano Cosenza
– Libero professionista, Milano Piesabatino
Aderisco all’appello di Civium Libertas. La pace nel Vicino Oriente, per noi italiani, è una condizione vitale. Per permettere a tutti i popoli di tutte le etnie e religioni di vivere in pace nei confini internazionalmente riconosciuti bisogna estirpare il tumore sionista e l’imperialismo guerrafondaio.
Federico Dal Cortivo
- Direttore responsabile quindicinale www.italiasociale.org
Adesione.
Franco Damiani
Aderisco all'appello, aggiungendo la più viva deplorazione per l'atteggiamento vile del Vaticano, il cui attuale occupante sembra più preoccupato di acquisire benemerenze sioniste che di insegnare la dottrina cristiana, e mentre non si perita di andare in America ad adulare il guerrafondaio Bush e di visitare sinagoghe a destra e a manca, non trova il tempo per ricevere il presidente della nazione iraniana.
Piersabatino Deola
Aderisco a qualunque cosa pur di incoraggiare il mondo a far smettere la carneficina dei criminali USraeliani in Palestina, Irak, Afghanistan e non solo.
Pino De Rosa
Aderisco al contrappello affinché il popolo iraniano e il suo Presidente abbiano notizia che anche in Europa ci sono Uomini liberi che lottano per la propria identità e rivendicano la sovranità sulla propria terra, pertanto sono solidali con altri popoli impegnati nella stessa battaglia. Aderisco per stimolare la gran parte del nostro popolo ad unirsi per una grande battaglia di civiltà.
Gabrielle De Togni
Aderisco al Vostro appello perché abbiamo il dovere di promuovere la pace in medio oriente, e abbiamo il dovere di far crescere la consapevolezza nelle persone incantate da un'informazione di partito. Nella speranza che il mio Paese la smetta di essere complice di quanti fanno una politica di aggressione, invio un pensiero al popolo Palestinese.
Joe Fallisi
- tenore, Baranzate (Milano)
Aderisco con convinzione al Controappello di Civiumlibertas per una pace reale in Medio Oriente.
Savino Frigiola
Aderisco con convinzione al logico ed equilibrato controappello. Ritengo la creazione di un unico Stato laico, con pari diritti per tutti, l'unica soluzione praticabile indipendentemente dal credo religioso di ciascuno. Per secoli in molti paesi arabi le tre comunità religiose hanno prosperato liberamente.
Ugo Gaudenzi
– Direttore del quotidiano “Rinascita”
Aderisco.
Luciano Lizzi
Aderisco in quanto il popolo iraniano al di là di quanto sembra superficialmente è l’unico che pratica la libertà di parola.
Luca Lombardi
Aderisco all’appello per una pace vera in Palestina. La mia coscienza mi ingiunge di farlo, sebbene sia cosciente che le nostre poche voci, pacate e ragionevoli, resteranno inascoltate, coperte dal rumore di fondo generato dalla stampa schierata e dai politici servi di un’ideologia razzista e prevaricatrice come il nazionalismo sionista, vera rovina del mondo e degli ebrei quanto dei palestinesi.
Umberto Malafronte
NELLA CERTEZZA DI ESPRIMERE LA CONVINZIONE DI TUTTI I MILITANTI DELLA COMUNITA' IN MOVIMENTO DI BRESCIA E DELLA FIAMMA TRICOLORE DI BRESCIA.
Alberto B. Mariantoni
- politologo, Ginevra (Svizzera)
Aderisco pienamente al Contrappello di CIVIUM LIBERTAS, per una pace nel Vicino-Oriente che sia fondata sull'equità, l'imparzialità e la giustizia.
Alessandro Mezzano
Aderisco al contrappello di solidarietà all’Iran.
Franco Morini

Aderisco pienamente alla vostra iniziativa. E’ questione di tempo ma la verità e la giustizia alla fine trionferanno.

Claudio Mutti
Aderisco al Controappello per una pace vera nel Vicino e Medio Oriente, che non potrà esistere finché non sia eliminata la presenza USraeliana dall'Europa e dal Mediterraneo.
Luca Orlando
– Roma
Aderisco convintamente al vostro appello per una pace giusta in Medio Oriente.
Emanuele Pigni
- Tradate
Berlusconiano da sempre in politica interna, aderisco di tutto cuore al contrappello per una pace vera in medio Oriente e auspico che sia condiviso da cittadini di tutte le opinioni politiche, affinché i politici di destra e di sinistra sappiano che non tutti i loro elettori sono influenzabili dalla propaganda di lobbies nefaste. (Solo un rilievo sul divieto costituzionale della guerra: in realtà è limitato alla guerra per gli interessi dell'Italia, non si estende alla guerra per interessi altrui.)
Filippo Fortunato Pilato
Aderisco certamente al vostro nobile contro-appello, anche se pochi saranno coloro che lo accoglieranno, data la propaganda martellante in corso e che riesce a confondere anche le menti dei migliori. Ma almeno noi testimoniamo la nostra non complicità nella congiura sionista contro l'umanità intera. Ippoliti e Alemanno dovrebbero vergognarsi di supportare personaggi pericolosi come Pacifici, e tutta la campagna di guerra in cui essi ci stanno cercando di coinvolgere. Finchè non si capiranno i veri progetti della follia sionista, non si riuscirà a capire a fondo il pericolo vero che l'umanità sta correndo.
Filippo Fortunato Pilato
www.TerraSantaLibera.org
Roberto Priora
Aderisco al vostro appello
Lorenzo Salimbeni
- giornalista pubblicista

Aderisco all’appello di solidarietà con il Presidente Ahmadinejad.
Saverio
– del Blog Geopolitica e Globalizzazione
http://geopolitics.splinder.com
Aderisco con convinzione al Controappello per una pace vera in Medio Oriente. Rispettiamo le scelte del Popolo Iraniano e dei Suoi Rappresentanti. Non sottostiamo ai ricatti delle note lobby e rispondiamo opportunamente ad un martellante campagna di stampa denigratoria e faziosa. E oltretutto contraddittoria quando trattasi di “fare affari” con la Repubblica Islamica dell’Iran. Per una Pace vera in Medio Oriente. Per un solo Stato in Palestina, in cui convivano in pace più Popoli.
Susanne Scheidt
- Al Awda Italia
Aderisco al Controappello per una pace vera in Medio Oriente del gruppo Civium Libertas
Paolo Sola
- Operaio, Leinì (TO)
Aderisco al contrappello esprimendo solidarietà al popolo iraniano e a tutti i popoli medio-orientali minacciati dalla protervia di Israele.
Enrico Viciconte
Quale esponente del Partito del Sud aderisco totalmente a questo Contrappello; sempre dalla parte degli oppressi per una vera libertà.
Francesco Tuccia
Aderisco volentieri a questo “controappello” che giudico equilibrato. Unica frase che non condivido: “Non si difendono però i diritti e la vita degli omosessuali iraniani – se ne esistono”. Mi chiedo come si possa dubitare dell’esistenza degli omosessuali in Iran. Ricordo che, per esempio, da 25 anni in Iran la transessualità viene considerata una condizione medica che viene curata con la chirurgia. In tutti questi anni sono state effettuate migliaia di operazioni ed il governo iraniano fornisce ben 5000 dollari ad ogni persona che vuole cambiare sesso. Purtroppo, però, mentre questo paese si rivela aperto verso le transessuali, continua a perseguitare l’omosessualità.
[Si è tenuto conto del contributo, eliminando dal testo attuale ogni dubbio sull’esistenza di omosessuali in Iran. - CL]



I.
RASSEGNA STAMPA COMMENTATA
Aggiornata al 4.6.06

Sommario: Testo del Contrappello.Adesioni. – Rassegna stampa commentata: 1. Un ritorno di Fiamma. – 2. La Lobby al lavoro. – 3. La Svizzera: uno stato canaglia? – 4. La libertà americana. – 5. Chi dovrebbe essere processato per crimini contro l’umanità? – 6. Il galateo dei diplomatici. – 7. Son sempre gli stessi. – 8. In controtendenza il senatore Francesco Cossiga che parla di “pura ipocrisia” della posizione italiana su Ahmadinejad. – 9. In piazza del Campidoglio testimone oculare e cronista dell’evento. – 10. Segnali nel cyberspazio: risposte a appelli di «Civium Libertas». – 11.

1. Un ritorno di Fiamma. - Per chi legge il libro di Chalmers Johnson, Gli ultimi giorni dell’impero americano, scritto nel 2000 ma con nuova introduzione dell'autore scritta dopo l’11 settembre, trova spiegata ed applicata la nozione di “ritorno di fiamma” per spiegare i disastri della politica estera americana degli ultimi cinquant’anni come conseguenze di decisioni americane. Così Johnson spiega la nozione “ritorno di fiamma” e la sua applicazione all’Iran:
Perché la CIA possa condurre un'operazione clandestina, il presidente deve firmare una direttiva segreta (chiamata intelligence finding) che l'autorizzi. Tali direttive sono tra i documenti governativi coperti dal più alto grado di segretezza. Nel suo senso più stretto, per «ritorno di fiamma» si intendono tutte le conseguenze negative impreviste e indesiderate derivanti da attività segrete, vale a dire operazioni che sono state tenute nascoste al popolo americano nonché, quasi sempre, ai loro rappresentanti eletti. Non parliamo di pure e semplici reazioni a determinati eventi storici, ma piuttosto a scriteriate, miopi e invariabilmente illegali operazioni clandestine americane miranti a rovesciare governi stranieri o a coadiuvare atti di terrorismo di stato ai danni di determinate popolazioni. Il popolo americano può anche non essere a conoscenza di molte azioni condotte in suo nome, ma le vittime di quelle azioni - le popolazioni di Iran (1953), Guatemala (1954), Cuba (1959-60), Congo (1960), Brasile (1964), Indonesia (1965), Vietnam (1961-73), Laos (1961-73), Cambogia (1961-73), Cile (1973), El Salvador e Nicaragua (1980-90), Iraq (dal 1991 a oggi) e molto probabilmente Grecia (1967) per citare solo i casi più lampanti - lo sanno eccome.

Il termine «ritorno di fiamma» (blowback) fu originariamente usato in relazione all'utilizzo di gas venefici in guerra per paventare la possibilità che colpissero chi li aveva lanciati. Nel suo significato più propriamente politico, apparve per la prima volta nel rapporto riassuntivo della CIA sull'operazione segreta che portò al rovesciamento del governo iraniano nel 1953. Nel 2000, il cronista James Risen
del «New York Times» spiegò: «Allorché contribuì a rovesciare Mohammed Mossadegh dalla carica di primo ministro dell'Iran nel 1953, assicurando altri 25 anni di dominio allo scià Mohammed Reza Pahlevi, la CIA immaginava già che quel suo primo tentativo di abbattere un governo straniero non sarebbe stato l'ultimo. All'epoca nata da appena sei anni e strenuamente impegnata a vincere la guerra fredda, la CIA considerò l'operazione segreta in Iran come una prova generale per altri golpe in varie parti del globo, e ne scrisse un'accurata storia segreta al fine di illustrare alle future generazioni di agenti com'era stata condotta. Il "New York Times" è riuscito a procurarsi questo documento, che resta ancor oggi riservato. [...] Nel tipico e a volte strambo gergo dell'universo spionistico [...] la CIA mette in guardia contro la possibilità di un “ritorno di fiamma”. Da allora [...] il termine è entrato nel linguaggio comune per indicare le conseguenze impreviste di operazioni clandestine. L'azione segreta della CIA in Afghanistan negli anni Ottanta del Novecento, che portò alla conquista del potere da parte dei fondamentalisti islamici antioccidentali negli anni Novanta, è uno di questi casi».

In realtà, il ritorno di fiamma provocato da quell'intervento statunitense non si limitò a provocare l'ascesa al potere dei fondamentalisti islamici antioccidentali: gli attacchi dell'11 settembre sono un logico contraccolpo degli eventi del 1979, l'anno in cui le conseguenze del rovesciamento del governo iraniano del 1953 a opera della CIA apparvero chiare. Nel 1979, gli iraniani presero in ostaggio l'intero staff dell'ambasciata americana a Teheran e rovesciarono il regime di Reza Pahlevi insediato dagli Stati Uniti. La vittoriosa rivoluzione iraniana spalancò le porte al fondamentalismo dell'ayatollah Khomeini e all’avventurismo dell’amministrazione Reagan che portò allo scandalo Iran-Contra. In quegli stessi mesi del 1979 gli Stati Uniti stavano anche deliberatamente provocando l'ex Unione Sovietica a invadere l'Afghanistan…

Ch. Johnson,
Gli ultimi giorni dell'impero americano,
Garzanti Elefanti, 2003, p. VI-VII)


Dove stia la convenienza politica ad una vera e propria villania diplomatica dai nostri improvvisati governati, saltati sulla diligenza della Casta, lo scopriremo probabilmente con un certo ritardo, ma anche allora saranno in pochi a saper collegare fra di loro fatti remoti nel tempo. Ora per allora noi intanto registriamo brani di stampa come il seguente, tratto dal link sopra indicato: «L’ex sottosegretario agli Esteri Gianni Vernetti lo definisce “persona non gradita”, la deputata Fiamma Nirenstein elogia il rifiuto del governo a incontrare il controverso presidente che nega l’Olocausto, ma teme che la vicenda sia occasione di “pubblicità”. Insomma gran parte della politica di un lato e dell'altro non apprezza la prossima presenza a Roma dell'ex sindaco di Teheran». Pagheremo alla pompa di benzina la politica lungirante dei nostri avventurieri al governo del Bel Paese.

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2. La Lobby al lavoro. – Si può trovare nel link una rassegna stampa di «Informazione Corretta», le cui idealità sono ben note e dal cui commento ci asteniano. Interessante l'ultimo articolo tratto da “la Stampa”, dove emergono i forti interessi economici fra Italia ed Iran, che dovrebbero essere incrinati per far spazio agli interessi politici di Israele. Le testate censite sono quelle maggiormente impegnate sul fronte della propaganda israeliana. Vorrebbero farci credere che hanno a cuore i diritti ed il benessere degli iraniani più di quanto non stia loro a cuore gli analoghi diritti e la dignità dei loro concittadini italiani o degli abitanti di Gaza. Mah!

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3. La Svizzera: uno “stato canaglia”? – Andando al link si trova un articolo di Maurizion Blondet, dove si apprende: «Nel marzo scorso, la Svizzera ha firmato con l'Iran un contratto con cui importerà cinque miliardi di metri cubi di gas iraniano, ogni anno e per i prossimi 25 anni. L'affare ha altamente irritato gli americani, che vedono violato l'embargo con cui contano di strangolare economicamente l'Iran. L'ambasciatore USA a Berna, Peter Conewey (fra parentesi, ex dirigente di Goldman Sachs) emise un comunicato furioso: “Abbiamo reso noto alla Svizzera che grandi accordi gas-petroliferi con l'Iran mandano precisamente il messaggio sbagliato, mentre l'Iran continua a sfidare le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU” ». Rinvio alla lettura dell’articolo di Blondet, aggiungendo alcune mie personali considerazioni. L’Onu nacque dopo la seconda guerra mondiale in sostituzione della Società delle Nazioni, sorto alla fine della prima guerra mondiale. Nell’un caso e nell’altro si tratta di un’organizzazione dei vincitori che pensano in questo modo di potersi spartire il mondo, dettando regole e facendo il buono ed il cattivo tempo. L’Onu consiste di un’Assemblea che è all’incirca un caravanserraglio dove si trova di tutto ed accade di tutto. Esiste poi il Consiglio di Sicurezza che il club dei vincitori della guerra mondiale, nel quale si prendono le decisione. E fra queste anche le cosiddette “sanzioni” che vanno a colpire prima ancora che i governi i singoli popoli di cui quei governi sono comunque espressione. Sanzioni, blocchi, ritorsioni “crimini” che mal si conciliano con quegli stessi principi di umanità e di democrazia, la cui ideologia è una tecnica mediatica di aggressione preventiva che spesso anticipa il vero e proprio intervento militare sancito dall’Onu, cioè dalle potenze vincitrici della seconda guerra mondiale che da allora ritengono di aver acquisito il giusto titolo per la spartizione del mondo.

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4. La libertà americana. – Mi è pervenuta, certamente non dall’ANSA o da qualsivoglia altra agenzia di informazione occidentale, la seguente notizia (30 maggio) che riporto integralmente, facendo poi seguire un breve commento:
Autorità religiose sciite condannano
il piano americano per l’Iraq


L’“accordo di sicurezza” che gli Stati Uniti stanno cercando di imporre all’Iraq è stato fermamente condannato da diverse importanti autorità religiose sciite. Il piano prevederebbe, tra le varie cose, l’instaurazione di 13 basi militari permanenti USA sul territorio arabo occupato e l’immunità per i cittadini statunitensi dal sistema legale iracheno. Tra i primi in ordine di tempo a prendere una posizione pubblica in merito è stato il Hujjatulislam Seyyed Ahmad Khatami, uno dei sostituti dell’Imam della Preghiera del Venerdi di Tehran, che nel corso del sermone settimanale ha definito l’approvazione dell’accordo “una umiliazione e schiavitù eterna” per la nazione irachena e chiunque lo approvi “un traditore dell’Islam, del popolo iracheno e del mondo sciita”. La massima autorità religiosa irachena, il Grande Ayatullah Seyyed Sistani, da parte sua, ha affermato che finchè sarà in vita non permetterà alcun accordo del genere con gli “occupanti statunitensi”. Il Grande Ayatullah Seyyed Sistani avrebbe dichiarato la sua ferma e forte opposizione al piano anche nel corso di un suo incontro con il primo ministro iracheno Nuri al-Maliki, tenutosi nella città santa di Najaf. Una simile condanna è venuta anche da un altro eminente sapiente religioso sciita iracheno, l’Ayatullah Seyyed Kazim al-Haeri. Seyyed Muqtada Sadr, da parte sua, ha invitato gli iracheni a manifestare dopo ogni Preghiera del venerdi finchè l’accordo non verrà cancellato. Perfino Seyyed Abdulaziz al-Hakim, responsabile della maggior partito facente parte dell’attuale governo iracheno, il Supremo Consiglio Islamico, ha affermato che alcuni punti dell’intesa di sicurezza in preparazione tra Stati Uniti e Iraq “violano la sovranità nazionale irachena”. Dal Libano hanno levato le loro voci l’Ayatullah Seyyed Muhammad Husayn Fadlallah e il Hujjatulislam Seyyed Hassan Nasrallah. Il Segretario Generale di Hizbullah, parlando in occasione dell’anniversario della liberazione del sud del Libano ad opera della Resistenza Islamica, ha messo in guardia gli iracheni dal cedere per sempre il loro paese nelle mani americane, invitandoli ad una resistenza agli occupanti sul modello di quella libanese.A cura di “Islamsciita”. Servizio di informazione dell’Associazione Islamica “Imam Mahdi” (AJ)
Ciò che a noi qui interessa evidenziare la prassi alla quale noi ormai siamo assuefatti, considerandola una “difesa della nostra libertà” (così Sgarbi in colluttazione con Travaglio nel salotto di Santoro). L’Iraq “liberato” avrà assicurata per i secoli a venire la sua libertà con un saldo presidio di basi Usa. Naturalmente, ad eterna riconoscenza e gratitudine, i soldati Usa di stanza nelle basi irachene, sono sottratti a qualsiasi giurisdizione irachena. Come già in Giappone, ed in altre parti del mondo da loro liberato, potranno stuprare impunemente tutte le donne indigene e commettere ogni genere di delitti. Un’apposita giurisdizione interna provvederà ad assolverli o a infliggere loro condanne simboliche. Anche noi italiani non possiamo dirci ignari di questa giustizia dei nostri liberatori. Evidentemente, i Riformisti di Antonio Polito propugnano anche per gli iraniani una simile estensione della nostra libertà, della nostra democrazia, della nostra giustizia. Il problema è che gli iraniani e tutti i “resistenti” (si badi “resistenti”, non “terroristi” secondo il vocabolario del ministro pro tempore Frattini o dello stesso Polito e dei suoi amici di «Informazione Corretta») islamici si ostinano a dire: “no, grazie!”. E lo dicono a suon di bombe e per essere più convicenti si lasciano pure esplodere insieme alle bombe. Altro che digiuno pannelliano della fame! Ma si sa che sono degli ingrati, degli incivili che non capiscono e che dobbiamo ridurre alla ragione con la forza delle armi e poi con la rieducazione democratica impartita da nostri media, esperti non in lavaggio del cervello.

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5. Chi dovrebbe essere processato per crimini contro l’umanità? – È incredibile la faccia tosta, anzi la faccia sionista dei «Corretti Informatori» che nel link chiamano a raccolta le schiere del sionismo di stanza in Italia: un’ottima occasione per imparare a conoscerli. L’incauto commento parla di processi per “crimini di guerra” da infliggere ad Ahmadinejad. Ebbene, ad essere processati – stando ad Ilan Pappe e non solo – dovrebbero essere in primo luogo gli Undici che nel 1948 si riunivano nella Casa Rossa per dirigere la “pulizia etnica”, ossia qualcosa di perfettamente assimilabile al crimine di “genocidio”. Quegli uomini sono invece celebrati nel pantheon dei padri della patria israeliani. Quando compivano le loro “imprese” gloriose Ahmadinejad non era ancora nato. Per chi appena un poco riesce a ragionare in termini geopolitici è di piena evidenza come dal 1948 ad oggi la politica di Israele sia sempre stata volta a produrre instabilità e guerre intestine nel Medio Oriente. Ad esempio, esisteva un piano con la Giordania per spartirsi la Palestina. Piccole minoranze di drusi e circassi venivano impiegate per le operazione più sporche delle “pulizia etnica”. La divisione, il divide et impera, è la classica politica seguita da Israele, ieri ed oggi. Con le sciagurate guerre all’Iraq ed all’Afghanistan gli strateghi israeliani e statunitensi hanno ottenuto l’effetto non voluto di rafforzare l’Iran, che va chiaramente diventando la potenza egemone di tutto lo scenario mediorientale. Da qui un bisogno cieco e forsennato di scatenare una guerra contro 70 milioni di iraniani. Una carneficina di dimensioni epocali. La bomba atomica? Ma è propria Israele che possiede almeno 15o testate atomiche che sono un pericolo per tutti, europei compresi. Proprio madonna Fiammetta Nirenstein, nell’ultima sguaiata conversazione radiofonica con Massimo Bordin, ha teorizzato con le faccia che le è propria che se le testate atomiche si trovano in mano di Israele sono nelle mani buone e giuste. Se si trovano in altre mani queste non sono mani buone e giuste. È però un fatto, in ogni caso, che come già Saddam di bombe atomiche non ne aveva così neppure Ahmadinejad ne possiede. Tanta spudorata menzogna supera la favola del lupo e dell’agnello: una guerra ha da essere ad ogni costo. Le giustificazioni sono un optional per il quali si possono trovare tutti gli ideologi che occorrono, a priori e a posteriori. I “corretti commenti” contengono vistose amenità a proposito dell’Onu, ora citato a sostegno per le sanzioni all’Iran (ma non per le più numerose condanne ad Israele), ora come una ferrovecchio da superare e sostituire con una fantomatica lega delle democrazie, a totale servizio di Usa e Israele. Ci vuole non poca pazienza a monitorare la testata di becera propaganda sionista.

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6. Il galateo dei diplomatici. - In genere, in fatto di forma e formalismi i diplomatici sono maestri e fungono da guida per gli altri, anche in faccende non di stato. Proviamo a ragionare al lume di buon senso. Immaginate di recarvi in una città qualsiasi per una determinata faccenda, importante o meno che sia. Può anche darsi che trovandosi in quella città si approfitti dell’occasione e si faccia qualcosa in più o di altro rispetto allo scopo per il quale si va in quel luogo. Il nostro ministro degli esteri – ed ognuno conosce il modo in cui si può diventare ministri degli esteri – fa sapere senza bisogno alcuno che “sono esclusi” incontri, ecc., insomma dice all’ospite – non suo, ma del popolo italiano nella misura in cui il territorio italiano appartiene al popolo italiano, di cui ci si può arrogare la rappresentanza con maggiore o minore plausibilità – che il capo riconosciuto e di fatto dello Stato iraniano non è gradito nella sede del ministero degli esteri italiano o in altre sedi governative. A questo punto, l’Iran (= 70 milioni di abitanti ed ingenti risorse petrolifere) fa sapere che se il governo italiano chiede un incontro all’ospite di passaggio, questi può studiare la proposta. Chi si comporta meglio sul piano formale del galateo diplomatico? In Roma si trova la FAO ed il governo italiano qui si limita a fare da affittacamere sul suo territorio, dove ospita ben oltre 100 basi militari note, salvo le servitù ignote agli italiani. La “villania” del neoministro Frattini sembra per conto Usa ed in contrasto con l'ospitalità e gli interessi del popolo italiano. Al tempo stesso l’ambasciatore israeliano in Roma si è pronunciato al posto del ministro degli esteri Frattini, facendo sapere che:
ROMA - Fino ad oggi il governo di Israele non aveva parlato, non aveva detto ancora nulla sulla partecipazione del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad al vertice Fao di Roma.
[Sembra ovvio a chi scrive che il governo israeliano si debba pronunciare su ogni cosa accada in Italia, notoriamente una provincia di Israele]
«Non volevamo essere i soli
[quanta discrezione e magnanimità, quale tatto! In realtà, è lui il ministro degli esteri italiano e Frattini è solo il suo ambasciatore.]
a dire qualcosa su questa visita, su questa riunione», dice Gideon Meir, l´ambasciatore israeliano a Roma, che però ora decide di uscire allo scoperto:
«Per me vedere un´organizzazione internazionale come la Fao invitare e accogliere un leader come Ahmadinejad, un leader che dice chiaro e forte che bisogna distruggere Israele, che bisogna distruggere uno stato membro dell´Onu, per me vedere tutto questo è una disgrazia. E non parliamo del resto. Nega la Shoah, è il principale attore dietro il terrorismo, ha un progetto nucleare militare, nega i diritti umani allo stesso popolo iraniano. Lo ripeto, immaginare sul podio di un organismo Onu un leader che chiede la distruzione di un paese membro, è una disgrazia per ogni democratico. E´ come se ricevesse il certificato, quasi una patente del fatto che quello che lui dice è possibile dirlo. Abbiamo avuto un´esperienza nel mondo, qui in Europa, durante la Seconda guerra mondiale. Non devo ricordare nulla dei leader che provarono a parlare con Hitler. Ci sono parallelismi, è inutile far finta di non vederli. Quest´uomo non parla solo contro gli ebrei, parla contro i popoli del mondo».

[Di una faziosità ed ottusità estrema: non una virgola regge all’analisi critica. L’ossessiva insistenza sul “diritto di Israele ad Israele” convince sempre più del suo contrario nella misura in cui diventa sempre più chiaro che quel diritto è stato costruito sulla Nabka, sulla pulizia etnica, sull’espulsione di un popolo dai suoi villaggi e dalle sue case. L’argomento Onu ha la forza logica del giuoco delle tre carte: si invoca il ruolo dell’Onu quando si pensa di poterlo citare a sostegno, lo si diffama in tutti quei maggiori casi in cui l’Assemblea pronuncia condanne ad Israele. Nella conferenza di Durban, pochi giorni prima il sospetto attentato dell’11 settembre 2001, fu solo il sabotaggio della conferenza ad opera degli Usa e dello stesso israele a salvare quest’ultimo dall’equiparazione Onu fra razzismo e sionismo. Perché la cosa non si ripeta alla prossima conferenza di Durban per il prossimo anni ci si è già dati da fare per un nuovo sabotaggio. Del resto, sfuggendo di mano l’Onu dai quattro compari che vinsero la guerra, lo si vuole mandare in pensione per sostituirlo con una fantomatica Lega delle democrazie, dove i Quattro Compari non troveranno una sola voce disposta ad opporsi. Quanto alla natura dichiarativa della qualifica di “terrorista” è come se con una manovra lobbistica di un Frattini le uova marce donate a Giuliano Ferrana durante la sua campagna elettorale diventassero per decreto Frattini carote fresche: che una simile dichiarazione abbia solo il senso di delegittimare la legittima resistenza dei popoli aggrediti è cosa chiara alla malafede degli uni ed alla buona fede degli altri. Quanto alla Shoa, al di là del suo esatto significato storico – sul quale è inibita per legge la ricerca storica –, trattasi ormai di “religio holocaustica”, sul cui mito Israele ha fondato un antigiuridico diritto al risarcimento sulle spalle di terzi, cioè i palestinesi, che dovrebbero sparire come popolo per concedere agli israeliani sionisti il noro nazistico diritto al “Blut und Boden”. Su ben altro fondamento, e soprattutto su una realtà inconfutabile, si fonda la Nakba palestinese. Se essa diventerà il contraltare della Shoa, allora non solo ai palesinesi ma a tutto il mondo arab: resistere, resistere, resistere, per 10, per 100, per 1000 anni. Le religioni hanno anche un fondamento storico: Se per la «Shoa» un ebreo non sionista come Norman G. Finkelstein ha potuto scrivere “L’Industria dell’Olocausto”, per la Nabka un altro ebreo non sionista come Ilàn Pappe ha scritto “La pulizia etnica della Palestina”. Noi europei scoprendo le ragioni della giustizia ed i sicuri fondamenti della pace, avremo riconquistato la nostra dignità, che una classe politica ha svenduto ai Quattro Compari per cupidigia di servilismo e per corruzione. La parola democrazia ha ormai assunto il senso di una farsa con il quale si può perfino indicare uno stato ed una società basata sull’aparthei e sull’istigazione alla delazione dei suoi sudditi, chiamando ciò “processo di pace”. Mai la menzogna fu più spudorata.]
Ambasciatore, come giudica allora il fatto che il governo italiano accolga il leader iraniano a Roma.
[Strano giornalista, va a fare una domanda simile all’ambasciatore israeliano, con lo stesso senso logico con cui io potrei chiedere al vicino di casa del giornalista in questione, cosa ne pensa sul via vai di gente che frequenta la casa del giornalista. Quando si parla di Israel Lobby nei media... Ma appunto è qui presupposto che il Ministro degli esteri italiano sia l’Ambasciatore di Israele ubicato a Roma.]
«L´Italia ospita la Fao come gli Stati Uniti ospitano l´Onu, dove Ahmadinejad è già stato. Lui non sarà qui come ospite del governo italiano, ma della Fao. L´Italia fa la cosa giusta, quando hai un´organizzazione internazionale nella tua capitale ti comporti così».
Ma Berlusconi o Frattini potrebbero incontrarlo in qualche modo.
[Mi preoccuperei dei prezzo della benzina alla pompa, se avessi a cuore gli interessi dell’Italia anziché quelli di Israele]
«L´Italia ha una posizione chiara, di supporto convinto alle risoluzioni Onu sull´Iran.
[L’Onu o gli Usa istigati e condizionati dalla Israel Lobby? Il giuoco delle tre carte di cui dicevasi. Gli Usa che hanno mosso la guerra all’Iraq su una menzogna fornita dai servizi segreti israeliani. Vorrebbero ripetere la truffa con l’Iran, che come dice Putin è nel suo diritto in materia di arricchimento dell’uranio, non essendoci normativa in materia. Invece, Israele non ci ha mai reso conto delle sua atomiche delle sue oltre 150 testate atomiche.]
Il nuovo governo italiano ha rafforzato questa posizione. Sono sicuro che ogni singolo gesto del governo Berlusconi confermerà questo».
[Frattini – io temo – ci porterà in guerra. Il suo sionismo e la sua faziosità mi era gia nota prima che divenisse ministro degli esteri. Al posto di Berlusconi io lo terrei d’occhio. Frattini non era la persona più adatta a fare il ministro degli esteri. Non sono mai stato politicamente un sostenitore di Massimo D’Alema ed inizialmente lo avevo confuso con un suo fratello di nome Marco, che era stato mio compagno di liceo: quando lo stesso Massimo (che rassomiglia non poco al fratello) mi chiarì l’equivoco, tirai un sospiro di sollievo perché così mi sentivo più libero nei miei giudizi. Ma se paragono Massimo D’Alema e Franco Frattini mi saltà subito all’occhio la ben diversa diversa intelligenza ed il ben diverso senso dello stato. Mentre con D’Alema dovevo di volta in volta riflettere sulle sue decisioni di politica estera, scoprendone non di rado la ragionevolezza, invece con Frattini ho immediata la percezione della faziosità al governo e della non-intelligenza politica. Preciso che non intendo minimente insultare Franco Frattini che certamente è un uomo molto furbo ed intelligente se è giunto alla fortuna tutta privata della sua posizione. In questo caso, il “furbo” è lui ed il “fesso” sono io che per tutta la vita ho vestito i panni di don Chisciotte. Parlo qui di “intelligenza politica” sulla quale ogni cittadino può intervenire nella misura in cui è suo diritto giudicare la politica degli uomini che nei modi che sappiamo sono giunti alla loro fortuna privata governando noi sudditi, ai quali è concessa periodicamente l’esercizio dell’analfabetismo politico apponendo un segno di croce su un simbolo e su nomi da loro non scelti e spesso contrari ai loro effettivi interessi. Con D’Alema poteva avere un qualche affidamento, ma con Frattini mi sento un cittadino nelle mani di un dilettante o un avventuriero della politica. Considero il suo ministero una pubblica calamità.]
Siete contenti del nuovo governo?
«Ma guardi che noi abbiamo avuto un ottimo rapporto anche con Prodi e D´Alema. Su alcuni punti ci siamo chiariti, ma per esempio proprio sul tema dell´Iran nelle ultime settimane il ministro D´Alema ha aiutato l´Europa ad andare avanti sulla questione delle sanzioni. E comunque certo, siamo contenti».
[Ma quale ottimo rapporto! Chi vuoi prendere in giro. Per fortuna, in Italia ci sono moltissime persone che pur non stando al governo e non facendo parte della Casta hanno ancora la capacità di capire le losche manovra della classe politica al potere, in Italia ed all’estero. A D’Alema i sionisti hanno sempre rinfacciato le passeggiate con gli Hezbollah e le dichiarazioni sulla necessità di dialogare con Hamas. Tra i “meriti” di Frattini (ma non unici) pare che vi sia stata la grande prodezza di aver fatto includere nelle “liste nere” della Unione Europea anche Hamas fra i “terroristi”, come se ciò politicamente avesse un senso. L’UE si è semplicemente allineato sull’ordine di scuderia degli Usa. A torto Carter ha detto che gli europei non sono “vassalli” degli Usa e per questo potrebbero utilmente fare una ben diversa politica estera in Medio Oriente. Non solo sono “vassalli”, ma “servi” assai “cupidi” di esserlo. Su questa “cupidigia di servilismo” – denunciata agli albori della repubblica da Vittorio Emanuele Orlando – la Casta ha costruito il suo potere ed in suoi privilegi, del tutto incurante delle sorti del popolo italiano, che nuota nella mondezza napoletana, i cui esordi - come è stato notata da un acuto intellettuale napoletano – vanno cercati non nei precedenti governi di sinistra, ma oltre un secolo fa, quando sorse la questione meridionale, che significò l’arricchimento del Nordi e la colonizzazione ed impoverimento del sud. Tra i meriti del governo borbonico, per ritornare all’oggi, può includersi il non aver mai fatto guerra a nessuno in tutto il corso della sua storia. Ed oggi Frattini vuole portarci in guerra. Di un mio compaesano calabrese si sono celebrati l’anno scorso i funerali: emigrato in Usa, era diventato marines per andare a morire in Iraq. Il commento dei compaesani unanime è stato: povero disgraziato!]

D´Alema ha sbloccato il veto italiano sulle nuovi sanzioni Ue. Ma lui per primo, assieme a molti altri, non crede all´efficacia delle sanzioni. Se l´Occidente si esclude economicamente dall´Iran, il suo petrolio è pronto a finire non solo in Cina o Russia, ma in India, Indonesia, Malesia, in tutti i paesi emergenti dell´Asia.
[Le sanzioni sono immorali sempre in quanto colpiscono i popoli e sono contarie a quei diritti umani che sono il principale collante dell’ideologia imperiale statunitense. Nessuno più degli Usa ha violato nel mondo quei diritti umani in nome dei quali produce colpi di stato e crimini occulti di ogni genere. Israele non è stata da meno in tutto il corso della sua storia, ad incominciare dalla “pulizia etnica” e dalla Nakba. Chi legge il libro di Paolo Barnard apprenderà anche di un embargo Onu posto sui vaccini per l'infanzia. I bambini iracheni sono morti anche per denegato vaccino: questa la superiore civiltà dell’Occidente.]
«Le sanzioni sono innanzitutto il segnale politico della comunità internazionale. Secondo, sono la maniera più dura ed energica di usare il "soft power", perché tutti sanno qual è l´alternativa che tutti vogliamo evitare: l´uso della forza contro la possibilità della bomba atomica in mano al regime iraniano. Il rapporto dell´Aiea della settimana scorsa è stato chiaro: i singoli pezzi del progetto nucleare iraniano, i suoi progetti missilistici vanno in una sola direzione, quella della bomba atomica. E´ una minaccia vitale per Israele, ma è una minaccia per tutta l´Europa, per i paesi del mondo».
[La minaccia per il mondo viene innanzitutto da Israele, che giò possiede l’atomica e di cui non rende conto a nessuno, mentre Iran ed Iraq che non hanno la bomba atomica dovrebbero rendere conto ad Israele, che è il Mondo. In realtà, trattasi di falso problema: ciò che interessa ad israele è un qualsiasi pretesto per spingere alla guerra contro l’Iran per instaurarvi un governo fantoccio, cosiddetto democratico, dove 70 milioni di iraniani finalmente liberati e democratizzati potranno infine darsi alle più pazze gioie da Sodoma e Gomorra. L’interesse geopolitico risulta evidente ad ogni italiano che non sia disposto a prendere per oro colato ciò che gli viene ammannito con interviste come questa: l’Iran deve cessare di essere una potenza regionale indipendente. E ciò solo nell’eslcusivo interesse di Israele, che tenta di spacciare i suoi non encomiabili interessi per gli interessi del mondo, della democrazia, della libertà]
Non crede che le sanzioni siano una sofferenza soltanto per il popolo iraniano?
[Agli israeliani sionisti interessa del popolo iraniano non più di quanto abbia dimostrato di aver interesse per il popolo palestinese. L’ipocrisia diventa irritante quando è troppo manifesta.]
«Noi abbiamo a che fare con uno dei peggiori regimi in azione oggi nel mondo.
[Ogni Stato del mondo ha un suo diritto all’autodeterminazione, a scegliersi cioè i governi e le istituzioni che meglio si adattano alla sua natura. Ogni ingerenza esterna è peggiore del peggiore governo che quel popolo possa avere. Ma all’uomo di Israele, di stanza in Roma, si può replicare: da che pulpito viene la predica! E che dire di uno Stato come Israele fondato sugli eventi descritti dal cittadino israeliano Pappe, costretto – pare – ad emigrare per aver scritto quel libro, mentre all’ebreo Finkelstein è stato inibito l’ingresso nel democrato stato di israele per averne scritto un’altro di libro. È veramente un uso quanto mai spudorato della propaganda, per giunta in ambito diplomatico]
Voglio essere chiaro: nessuno parla del popolo iraniano, ma di un regime.
[Classica distinzione ipocrita ed idiota. Anche io voglio essere chiaro: distinguo fra almeno tre diverse tipologie di ebrei: a) gli ebrei cittadini di diversa religione, ma principalmente ed unicamente tedeschi, italiani, francesi, ecc: b) ebrei con identità olocaustica e/o sionista; c) ebrei non olocaustici. Non ho mai avuto nulla contro gli ebrei, eccetto che non mi interessa e non mi attrae per nulla il vecchio testamente e mai e poi mai mi convertirei all’ebraismo, ma per quanto riguarda Israele ritengo che la sola soluzione politica praticabile sia lo Stato Unico, dove innanzitutto i palestinesi cacciati dai loro villaggi potranno rientarvi con non minore titolo giuridico di tutti gli avventurieri e coloni fatti venire in Palestina da ogni parte del mondo: la schiuma dei cinque continenti. Tutti insieme, ebrei, palestinesi, cristiani, atei o diversamente religiosi, dovranno imparare a convivere in pace con gli stessi diritti e doveri. È questa la sola pace possibile e giusta. La stato ebraico è una perfetta riuscita dell’ideologia del Blut und Boden di felice memoria]
E aggiungo: noi non lavoriamo a un cambio di regime. Vogliamo che cambi la sua politica aggressiva, i suoi piani per ottenere armi nucleari.
[La pagliuzza e la trave: come è noto questa parabola evangelica non esiste nei testi religiosi ebraici. Probabilmente non poteva esistere. ]
Noi abbiamo totale simpatia del popolo iraniano, che tra l´altro paga le conseguenze delle scelte del suo governo. L´obiettivo della comunità internazionale deve essere quello di cambiare quelle scelte: l´uso del terrorismo,
[Israele è nata sul terrorismo e tuttora si mantiene sul terrorismo: l’accusa sempre pronta di “antisemitismo” è una forma di terrorismo ideologico verso gli oppositori e così quella di “negazionismo” ovvero la stessa definizione terroristica di terrorismo per negare il legittimo diritto di resistenza di ogni popolo aggredito ed invaso. Non l’Iraq o l’Afghanistan hanno invaso gli Usa, ma è accaduto il contrario. I coloni sionisti non stavano lì da millenni, ma sono sbarcati in Palestina anno dopo anno con l’intenzione di conquistare e colonizzare una terra altrui, scacciandone gli abitanti autoctoni lì radicati da tempo immemore e con perfetta continuità di insediamento sul territorio, da padre in figlio. L’ambasciatore israeliano si tenga per sé le sue sionistiche balle, ma non pretenda di insultare l’intelligenza politica dei cittadini italiani.]
il programma nucleare. L´Iran non minaccia Israele, minaccia l´Europa.
[L’Iran non minaccia né l’Europa né l’Italia, ma Israele è stato ed è per l3Italia e per l’Europa un perricolo costante per la pace nel mondo e per le relazioni pacifiche ed economiche con il mondo arabo e con tutta l’area geopolitica del mondo antico che già una volta si trovà unita mirabilmente all’epoca della civiltà romana.]
E Ahmadinejad è il simbolo di questo regime».
[È stato democraticamente eletto dai suoi cittadini, i quali quando non lo vorranno più come legittimo loro rappresentante decideranno di farne a meno. Ma chiunque abbia interesse per la pace non può pretendere di imporre ai singoli popoli i governanti che piacciono non ai loro cittadini, ma ai loro nemici esterni ed interni. Fare ciò ciò significa non volere la pace e cercare la guerra, magari con la parola pace e diritti umani sulla bocca: la menzogna e l’inganno sono strumenti della guerra]

Ahmadinejad potrebbe essere ricevuto in Vaticano dal papa.
[Anche noi abbiamo il nostro fondamentalismo: siamo abituati e guardare quello degli altri e non ci preoccupiano del nostro]
«Io non sono l´ambasciatore in Vaticano. E come essere umano non mi piacerebbe ascoltare nulla sul mio leader religioso. Ma come essere umano io credo, io spero nel bene».

[Come cittadino italiano, ahime senza potere ma almeno con il diritto delle sue opinioni, sarebbe molto lieto se l’ambasciatore israeliano venisse rimandato in Israele in quanto persona non gradita e colpevole di gravi ingerenze nella politica interna italiana. Ahimé ciò non sarà possibile fino a quando i governi italiani (di destra o di sinistra) non acquisteranno la necessaria indipendenza nell’interesse dei suoi cittadini]
Se occorreva una prova della grande dignità indipendenza che caratterizza la politica estera del nostro paese, capitata nelle “buone mani” di Franco Frattini, non si poteva trovare una prova più calcante. Non è in questo contesto fuori luogo aggiungere che un altro potente della terra, Putin, grande amico di Berlusconi, si è pronunciato sul merito, dicendo che Ahmadinejad è nel suo buon diritto in quanto non esistono norme internazionali sull’arricchimento per usi pacifici dell’uranio. L’Iran non ha violato nessuna norma internazionale ed in passato si è dichiarato pronto a trattative per fugare i timori delle altri potenze sui suoi programmi atomici. Chi agita maggiormente lo spettro del pericolo atomico iraniano è Israele, che in un vero e proprio segreto di Pulcinella possiede oltre 150 testate atomiche di cui si è detto qualche volta che sono puntate verso l’Europa. È sempre più evidente, pure ai ciechi, l’interesse tutto e soltanto israeliano di allargare il conflitto da Iraq e Afgahnistan fino all’Iran. Per far sì che gli Stati facciano guerra ad altri stati, violando nel nostro caso l’art. 11 cost-, Israele si avvale di una Isral Lobby, che ben dimostra di essere all'opera anche nel nostro paese, addirittura – a quanto pare – con parlamentari di cittadinanza israeliana. Chiarimenti pubblici sono stati chiesti, ma non sono stati forniti.

7. Son sempre gli stessi. – È prevista per domani una manifestazione antiraniana in piazza del Campidoglio. Ad organizzarla sono sempre gli stessi che ho ormai imparato a conoscere. I soggetti fisici sono gli stessi che avevano già organizzato la manifestazione anticinese per il Tibet: “siamo tutti tibetani”, ai quali io ho replicato: “siete tutti ipocriti”. La stessa ipocrisia darà spettacolo di sé domani in piazza del Campidoglio, una delle piazze abituale meta delle mie passeggiate cittadine. Ci andrò anche io non per aderire chiaramente, ma neppure per sabotare. Nessun disturbo da parte mia alla manifestazione pubblica, ma il mio giudizio sarà vigile ed implacabile. Non credo riescano ad ingannarmi. Ne farò una cronaca ed un servizio fotografico. Ormai mi sono sempre più chiare le strategie di questi nemici della pace che parlano in nome della pace e del diritto “umano”, ma hanno in mente l’Impero. Devo però rinviare ad altra occasione una più ampia analisi e disàmina delle loro manovre mediatiche. Ad Antonio Polito ed a tutta la redazione del “Riformista” mando questo post con le le seguenti righe di accompagno (non più di 300 caratteri possibili):
Caro Polito, se quella di Lucio Caracciolo è una “lezioncina” di politica estera, la sua è propaganda a favore di uno Stato (Israele) fondato sulla “pulizia etnica” della Palestina, una propaganda ridicola e irresponsabile se i nostri soldati in Medio Oriente vivono per grazia di Ahmadinejad…
Il riferimento è ad un articolo di Lucio Caracciolo, uscito su “Repubblica” (un milione di copie), al quale risponde oggi Polito su “il Riformista” (qualche decina di copie), riportate però in “Stampa e regime” da Massimo Bordin, che si dichiara d’accordo con Polito. L’elenco degli aderenti all’iniziativa di Polito lo si può leggere qui. La lettura è istruttiva, ma mi astengo da un commento che potrebbe dar luogo ad una polemica alquanto aspra. Tuttavia, terrò conto delle dichiarazioni ivi rese in successive eventuali redazioni del Contrappello di “Civium Libertas”. Siamo in democrazia ed ognuno si schiera dalla parte con la quale si sente in sintonia e per la causa che ritiene giusta. Mi limito soltanto ad osservare la sconvenienza di alcuni nomi che per il loro carattere istituzionale non dovrebbero starci. Alemanno è stato eletto pure da me ed il suo voto richiesto espressamente con una lettera che incominciava con “caro Antonio”. Capisco che Alemanno debba ingraziarsi la comunità ebraica romana, più filoisraeliana che non italiana. Non mi impressionano i nomi dei politici nella lista del Riformista e ritengo non meno “onorevoli” i nomi delle persone che sono giunti a «Civium Libertas». L’Italia non è una ed indivisibile, come ha autorevolmente dimostrato la Lega, disertando la festa della Repubblica. Grazie a Polito, per avercelo fatto capire in un diverso modo. Quanto a diritti umani giunge oggi la condanna di Onu e Vaticano per la creazione di nuovi lager secondo un’idea che fu già di Hitler all’inizio del suo governo. Non poteva esserci più clamorosa (ed autorevole) smentita all’iniziativa di Polito che pensa di poter ostracizzare il presidente iraniano in nome di “diritti umani” che sono clamorosamente violati da Israele e perfino dall’Italia.

8. In controtendenza il senatore Francesco Cossiga che parla di “pura ipocrisia” della posizione italiana su Ahmadinejad. – In controtendenza è stato Francesco Cossiga in una dichiarazione che ho ascoltato al Notiziario di Radio radicale delle ore 14.04 di oggi 3 giugno. Non ho trovato un testo da riportare integralmente, ma il brano sonoro si trova al minuto 4.54 e dura circa trenta secondi. Cossiga pone l’accento sugli interessi economici dell’Italia, parla di scortesia e presunzione diplomatica da parte dell’Italia e mette in guardia dai pericoli per la vita dei nostri soldati. Consiglia a Frattini di smetterla di ambire al ruolo di solo consenziente con Bush. Parla infine senza mezzi termini di “ pura ipocrisia”. Il termine usato autorevolmente da Cossiga e la sua analisi fuori dal coro suona per me come un’autorevole conferma alle mia analisi ed anche al testo del contrappello di «Civium Libertas». Vi è da credere che sarà alquanto ridotta la copertura di questa notizia proveniente da un ex presidente della Repubblica. La Lobby significa anche questo. Vi è da credere al presidente emerito perché non ha un’ulteriore carriera politica cui puntare e può parlare liberamente senza peli sulla lingua. Al confronto le altre dichiarazioni non sono solo “ipocrite”, ma anche politicamente ottuse. Oltre all’analisi geopolitica di Lucio Caracciolo, alla quale ha risposto con un piccato articolo sul “Riformista”, il direttore Antonio Polito può ora indirettamente incassare un giudizio non da pco come quello di Francesco Cossiga, benché non a lui rivolto, ma al ministro Frattini, un dilettante allo sbaraglio e quel che è peggio con gli italiani da lui così malamente rappresentati. Meglio sarebbe stato se si fosse candidato per fare il ministro degli esteri di Israele, paese da lui tanto amato.

9. In piazza del Campidoglio, testimone oculare e cronista dell’evento. – In un ampio post (cliccare qui) a parte narro ciò che i miei occhi hanno visto e le mie orecchie hanno ascoltato ieri sera 3 giugno 2008, dalle 20 fino ad oltre le 22: non ho segnato l'ora esatta di chiusura della manifestazione per bocca di Antonio Polito, che ho ringraziato per lo spettacolo che mi ha offerto e che essendo giunto per tempo ho potuto seguire in primissima fila a circa tre metri da quanti, numerosi, si sono succeduti al microfono per un tempo massimo programmato di tre minuti. Da Politi mi sono fatto rilasciare di essere stato assolutamente composto, davanti alle enormità che ero andato consapevolmente ad ascoltato. Non ho gridato segni di protesta mentre gli ebrei che mi circondavano si spellavano le mani per gli applausi ad ogni menzogna, l'una più spudorata della precedente. Gli oratori potevano certamente vedere che ero l’unico a non applaudire: di certo non potevano costringermi a farlo! La mia faccia lunga, il mio guardare il cielo, portandomi le mani al capo – specialmente quando a parlato Fiamma Nirenstein – erano certamente segni visibili agli oratori che si sono succeduti a pochi metri davanti a me. I personaggi ormai credo mi conoscano e si ricordino di me per precedenti occasioni: fanno finta di ignorarmi, non potendo altrimenti colpirmi. Ma io non soffro affatto per la mancanza della loro “amicizia”.

10. Segnali nel cyberspazio: risposte agli appelli di «Civium Libertas». – Per la manifestazione organizzata dalla coppia Polito-Pacifici o Pacifici-Polito, che si è conclusa in piazza del Campidoglio e – guarda caso – precede di pochi giorni l’arrivo di Bush a Roma, io ho usato un’analogia ricavata dal libro di Ilàn Pappe sulla “pulizia etnica”. Quando scattò il piano criminale di sterminio e di espulsione dei palestinesi, la cosa non aveva nulla spontaneo ed improvvisato: era stata da lungo premeditato sul piano pratico ed era sempre esistita fin dall'inizio nella mente dei teorici del sionismo. Poveretti, i palestinesi si trovano del tutto spiazzati davanti alla furia che si scatenava su di loro. Per colmo della perfidia ed ipocrisia le vittime venivano fatte passare – ed è così ancora oggi, soprattutto oggi – per aggressori e violenti, terroristi criminali nemici del “processo di pace” che tecnicamente significa la riduzione di un "popolo” con una sua precisa identità ed unità politica in una “moltitudine” che si può trattare come i tifosi allo stadio o le torme di pellegrini o il via vai di una stazione ferroviaria. Si tratta di un preciso disegno politico che fa parte di un processo di genocidio in atto. Il festival Polito-Pacifici rientra in un’analoga progettazione che ha dietro una lunga storia ed una vasta articolazione di solidarietà ed organizzazioni costruite nel tempo e con i danari che ci sono stati estorti. A fronte di questa imponente organizzazione si trova la casualità ed eterogenità del fronte contrapposto che reagisce in ordine sparso e fuori tempo. Tuttavia, qualcosa si muove ed è da sperare che ad un’azione segua la reazione ovvero un “ritorno di fiamma». Dall'organizzazione “Terrasanta” e dal “Progetto Eurasia” sono maturate risposte ed iniziative di cui si indicano i links:
1) http://www.terrasantalibera.org/;
2) http://www.terrasantalibera.org/ContrAppelloCiviumLibertasIran.htm;
3) http://www.cpeurasia.org/?read=9641;
4) http://www.cpeurasia.org/?read=9667.
Altre iniziative analoghe, di altre organizzazioni, saranno in questo stesso punto segnalate. Pertanto, i lettori di questo – aiutati dal costante aggiornamento dei sommari e dei links interni – dovranno periodicamente visitare la pagina per trovare le auspicabili buone novelle.


Cronaca e critica della manifestazione
Link
dell’audiovideo di Radio Radicale

Sommario: Parte prima. Riflessioni estemporanee sulla manifestazione: 1. Arrivo in piazza. – 2. La falsa non violenza dei radicali. – 3. La dissoluzione dell’unità politica di un popolo. – 4. Il silenzio sulla tragedia palestinese. – 5. La dichiarazione di inimicizia al popolo iraniano. – Parte seconda. Commento sequenziale di tutti gli interventi: 1. La testa bassa di Ahmadinejad e la testa alta di Antonio Polito. – A) CRITICA DELLA STAMPA: 1. Il trionfalismo programmato sulla manifestazione. – 2. Non solo oppositori ad Ahmadinejad. – 3. L’altra stampa: voci critiche di giornalisti fuori del coro. – 4. La faziosità sionista di Bordin, rassegnista stampa radicale. – 5. La voce della ragione. B) APPENDICE FOTOGRAFICA.

Critica del sionismo: 3. Jeff Halper, pacifista israeliano.

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Il mondo ebraico non è tutto schiacciato sul sionismo. È particolarmente interessante la critica che proviene da ebrei, per i quali si rivela in tutta la sua strumentalità la frustra accusa di antisemitismo. Fra questi nomi, oltre a quello di Ilan Pappe, se ne trovano parecchi altri. Jeff Halper è uno di questi. Il suo giudizio è parzialmente positivo per il sionismo delle origini, ma Halper riconosce per il periodo successivo la natura coloniale dell’insediamento ebraico in Palestina. Lo stato “ebraico” è per Halper improponibile e l’unica soluzione è quella dello stato binazionale, la cui formula avrebbe dovuto venir attuata già sotto il mandato britannico.

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Sommario: 1. I Palestinesi, un popolo di troppo. –

1. I Palestinesi, un popolo di troppo. – Quella che segue è la riproduzione di un’intervista che ricevo oggi nella mia posta con preghiera di diffusione. L’intervista esce su “Nazione Indiana”. Ne riproduco qui il testo integrale che viene assunto come base per lo studio delle posizioni di Halper, di cui esce in questi giorni un libro che viene presentato per le città d’Italia. Il libro è intitolato “Ostacoli alla pace”, Edizioni “una città”.

I Palestinesi, un popolo di troppo

– Intervista a Jeff Halper (1)

a cura di Lorenzo Galbiati – traduzione di Daniela Filippin

Jeff Halper, ebreo israeliano di origine statunitense (è nato nel Minnesota nel 1946), è urbanista e antropologo, e insegna all’Università Ben Gurion del Negev.
In Israele ha fondato nel 1997 l’ICAHD, Israeli Committee Against House Demolitions (www.icahd.org ), associazione di persone che per vie legali e con la disobbedienza civile si oppongono alla demolizione delle case palestinesi, e che forniscono supporto economico e materiale per la loro ricostruzione. Per questa attività, e per il suo attivismo pacifista, Halper è stato arrestato dal governo israeliano una decina di volte, ed è ora considerato uno dei più autorevoli attivisti israeliani per la pace e i diritti civili.

In questi giorni Halper è in Italia per un giro di conferenze e per promuovere il suo libro “Ostacoli alla pace”, Edizioni “una città”. Il programma delle sue conferenze è consultabile su: www.unacitta.it .

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Tu sei un cittadino dello “stato ebraico” di Israele, uno stato fortemente voluto nel Novecento dal movimento sionista e ottenuto dopo 50 anni di grande emigrazione degli ebrei europei nel 1948, sulla spinta della fine della Seconda guerra mondiale e del terribile crimine della Shoah. Che cos’è per te oggi, concretamente, il sionismo?

Halper: “Il sionismo fu un movimento nazionale che ebbe un senso in un determinato tempo e luogo. Mentre i popoli d’Europa cercavano un’identità come nazioni rivendicando i loro diritti all’autodeterminazione, allo stesso modo si comportavano gli ebrei, considerati all’epoca dalle nazioni d’Europa stesse un popolo separato. Tuttavia, due problemi trasformarono il sionismo in un movimento coloniale che oggi non può più essere sostenuto. Innanzitutto, il sionismo adottò una forma di nazionalismo tribale, influenzato dal pan-slavismo russo e dal pan-germanismo del centro Europa, culture dominanti nei territori dove la maggior parte degli ebrei vivevano in Europa, rivendicando la terra d’Israele fra il Mediterraneo e il fiume Giordano come fosse un diritto esclusivamente ebraico. Questo creò i presupposti per un inevitabile conflitto con i popoli indigeni, quelli della comunità araba palestinese, che ovviamente rivendicavano un proprio Paese dopo la partenza dei britannici. Se il sionismo avesse riconosciuto l’esistenza di un altro popolo nel territorio, “alloggiare” tutti in una sorta di stato bi-nazionale sarebbe stato ancora possibile. Ma pretendere la proprietà esclusiva, pretesa che anche oggi sussiste dai sionisti e da Israele, rende non fattibile uno stato “ebraico”. Il secondo problema fu che il paese non era disabitato. Una proprietà esclusiva del territorio avrebbe potuto funzionare se fosse stato completamente privo di abitanti. Ma visto che la popolazione palestinese esisteva ed era in effetti in maggioranza, cosa che sta avvenendo anche oggi, una realtà bi-nazionale esisteva già allora e doveva essere gestita come tale.”

Molti anni fa tu ti sei trasferito dagli USA in Israele: è stata una scelta dovuta a motivi contingenti, personali, o spinta da una motivazione ideologica?

Halper: “Sono cresciuto negli Stati Uniti negli anni ‘60. Sono sempre stato coinvolto nelle attività politiche della sinistra (o perlomeno la nuova sinistra): i movimenti per i diritti civili di Martin Luther King, il movimento contro la guerra in Vietnam ecc. Dunque, dopo il 1967 sono diventato critico dell’occupazione d’Israele (Israele non fu mai un argomento politico di grande rilievo prima di quel momento). Ma gli anni ‘60 furono anche un periodo in cui molti di noi cittadini americani bianchi di classe media rifiutavamo il materialismo americano e la conseguente superficialità della sua cultura, cercando significati più profondi attraverso la ricerca delle nostre radici etniche. Man mano che divenivo più distaccato dalla cultura americana, la mia identità di ebreo diventò centrale – ma in senso culturale e viscerale, non religioso. Ho viaggiato attraverso Israele nel 1966, mentre ero in transito per andare ad effettuare delle ricerche in Etiopia, e il paese mi “parlò”. Provai un senso di appartenenza che risultò soddisfacente alla mia ricerca di un’identità, pur restando conscio a livello politico dell’occupazione, a cui mi opponevo. Quando mi sono trasferito in Israele nel 1973, mi sono immediatamente unito ai movimenti pacifisti di sinistra.

Le mie vedute negli anni sono cambiate coi tempi e le circostanze. Ormai non sono più un sostenitore della soluzione dei due stati, visto che non ritengo che Israele sia realizzabile come stato “ebraico”, sostenendo al contrario la soluzione dello stato bi-nazionale. Però credo ancora che gli ebrei abbiano legittimamente diritto a un posto in Israele/Palestina, anche come entità nazionale. Non siamo stranieri in questa terra e non accetto la nozione che il sionismo sia semplicemente un movimento coloniale europeo (sebbene si sia effettivamente comportato come tale).”

In Europa, e segnatamente in Italia, sta passando l’equazione antisionismo uguale antisemitismo; infatti, il nostro presidente Napolitano durante la Giornata della Memoria del 2007 ha detto che va combattuta ogni forma di antisemitismo, anche quando si traveste da antisionismo, e qualche mese fa, il presidente della Camera Fini ha detto in tivù, di fronte all’accondiscendente presidente della comunità ebraica romana Riccardo Pacifici, che oggi l’antisionismo è la nuova forma che ha assunto l’antisemitismo. Come spieghi questo fenomeno? Che significato ha a livello politico internazionale?

Halper: “Questo è il risultato di una campagna martellante da parte del governo israeliano per mettere a tacere qualsiasi critica contro Israele o le sue politiche. Diversi anni fa, in una riunione di strategia tenutasi al ministero degli affari esteri, un “nuovo antisemitismo” fu inventato, che sfruttava in modo conscio e deliberato l’antisemitismo per fini di pubbliche relazioni israeliane. Il “nuovo antisemitismo” affermava che ogni critica mossa contro Israele era anche antisemita. Tutto ciò non è solo falso e disonesto da un punto di vista politico, ma pericoloso per tutti gli ebrei del mondo. L’antisemitismo è effettivamente un problema che andrebbe combattuto assieme ad altre forme di razzismo. Definirlo solo in termini israeliani lascia altri ebrei della diaspora senza protezione. E’ quindi considerato accettabile essere antisemiti, vedi Fini e gli evangelisti americani come Pat Robertson, ad esempio, purché si è “pro-Israele”. Loro lo sono per vari motivi (principalmente perché Israele si è allineata con elementi destrorsi e fascisti ovunque nel mondo). Ma se sei critico di Israele come Paese, ed abbiamo tutti il diritto di esserlo, non sei antisemita però vieni condannato e zittito secondo la dottrina del “nuovo antisemitismo”. E’ conveniente per Israele ma pericoloso sia per gli ebrei della diaspora che per chiunque si batta a favore dei diritti umani e contro il razzismo.”

In Israele hai fondato l’Icahd, l’Israeli Committee Against House Demolitions, con il quale ti sei opposto, anche fisicamente, alla demolizione di molte case palestinesi, finendo più volte in carcere per questo. Come giudichi le politiche israeliane per l’assegnazione della terra e per i permessi edilizi? Credi si possa parlare di apartheid?

Halper: “I governi israeliani più recenti hanno tentato di istituzionalizzare un sistema di apartheid, basato su un “Bantustan” palestinese, prendendo a modello ciò che fu creato nell’era dell’apartheid in Sud Africa. Quest’ultima creò dieci territori non-autosufficienti, per la maggioranza abitati da neri, ricoprenti solo l’11% del territorio nazionale, in modo da dare al Sud Africa una manovalanza a buon mercato e contemporaneamente liberandola della sua popolazione nera, rendendo quindi possibile il dominio europeo “democratico”. Questo è esattamente ciò che intenderebbe fare Israele – il proprio “Bantustan” palestinese comprenderebbe solo il 15% del territorio della Palestina storica. In effetti, dai tempi di Barak come primo ministro, Israele ha proprio adottato il linguaggio dell’apartheid. Quindi il termine usato per definire la politica di Israele nei confronti dei palestinesi è hafrada, che in ebraico significa “separazione”, esattamente come lo fu in Afrikaans. Apartheid non è né uno slogan, né un sistema esclusivo del Sud Africa. La parola, come viene usata qui, descrive esattamente un regime che può aver avuto origine in Sud Africa, ma che può essere importato e adattato alla situazione locale. Alla sua radice, l’apartheid può essere definita avente due elementi: prima di tutto, una popolazione che viene separata dalle altre (il nome ufficiale del muro è “Barriera di Separazione”), poi la creazione di un regime che la domina definitivamente e istituzionalmente. Separazione e dominio: esattamente la concezione di Barak, Sharon e eventualmente, Olmert e Livni, per rinchiudere i palestinesi in cantoni poveri e non autosufficienti.

La versione israeliana dell’apartheid è tuttavia persino peggiore di quella sud africana. In Sud Africa i Bantustans erano concepiti come riserve di manodopera nera a buon mercato in un’economia sud africana bianca. Nella versione israeliana i lavoratori palestinesi sono persino esclusi dall’economia israeliana, e non hanno nemmeno un’economia autosufficiente propria. Il motivo è che Israele ha scoperto una manodopera a buon mercato tutta sua: all’incirca 300 000 lavoratori stranieri provenienti da Cina, Filippine, Thailandia, Romania e Africa occidentale, la pre-esistente popolazione araba in Israele, Mizrahi, etiope, russa e est europea. Israele può quindi permettersi di rinchiuderli là dentro persino mentre gli vengono negate una propria economia e legami liberi con i paesi arabi circostanti. Da ogni punto di vista, storicamente, culturalmente, politicamente ed economicamente, i palestinesi sono stati definiti un’umanità di troppo, superflua. Non gli resta che fare da popolazione di “stoccaggio”, condizione che la preoccupata comunità internazionale sembra continuare a permettere a Israele di attuare.

Tutto ciò porta oltre l’apartheid, a quello che può essere definito lo “stoccaggio” dei palestinesi, una della popolazioni mondiali “di troppo”, assieme ai poveri del mondo intero, i detenuti, gli immigrati clandestini, i dissidenti politici, e milioni di altri emarginati. “Stoccaggio” rappresenta il migliore, e anche il più triste dei termini per definire ciò che Israele sta creando per i palestinesi nei territori occupati. Siccome lo “stoccaggio” è un fenomeno globale e Israele è stato pioniere nel creare un modello di questo metodo, ciò che sta accadendo ai palestinesi dovrebbe essere affare di tutti. Potrebbe costituire una forma di crimine contro l’umanità completamente nuovo, e come tale essere soggetto a una giurisdizione universale delle corti del mondo come qualsiasi altra palese violazione dei diritti umani. In questo senso “l’occupazione” di Israele ha implicazioni che vanno ben oltre un conflitto locale fra due popoli. Se Israele può confezionare e esportare la sua articolata “matrice di controllo”, un sistema di repressione permanente che unisce una amministrazione kafkiana, leggi e pianificazioni con forme di controllo palesemente coercitive contro una precisa popolazione mantenuta entro i limiti di comunità murate con metodi ostili (insediamenti in questo caso), mura e ostacoli di vario tipo contro qualsiasi libero spostamento, allora, in questo caso, come scrive lucidamente Naomi Klein nel suo libro The Shock Doctrine, altri paesi guarderanno ad Israele/Palestina osservando che : “Un lato sembra Israele; l’altro lato sembra Gaza”. In altre parole, una Palestina Globale.”

Ti abbiamo visto in alcuni filmati descrivere la situazione di Gerusalemme est, spiegare quante e quali case palestinesi sono state distrutte: che cosa sta succedendo a Gerusalemme est? Si può parlare di pulizia etnica per Gerusalemme est, come fa Ilan Pappé?

Halper: “Concordo con Pappé nell’affermare che la pulizia etnica non stia avvenendo solo nella Gerusalemme est, ma anche nel resto dei territori occupati e in tutto Israele stesso. L’anno scorso il governo israeliano ha distrutto tre volte più case dentro Israele – appartenenti a cittadini israeliani che naturalmente, erano tutti palestinesi o beduini – rispetto al numero che ha distrutto nei territori occupati. L’ICAHD ha come scopo quello di resistere all’occupazione opponendosi alla politica di Israele di demolire le case dei palestinesi. Dal 1967 Israele ha distrutto più di 24 000 case palestinesi – praticamente tutte senza motivo o giustificazioni legate alla “sicurezza”, oltre ad aver dato decine di migliaia di ordini di demolizione, che possono essere messi in atto in qualsiasi momento.”

Israele negli ultimi 4 anni ha sostenuto due guerre di invasione sanguinarie, quelle contro il Libano e la Striscia di Gaza. Ha ricevuto da molte parti accuse di crimini di guerra, sia per il tipo di armi che ha usato sia per la volontà deliberata di colpire la popolazione e le strutture civili, impedendo in molti casi i soccorsi medici. Come spieghi l’apparente consenso di una grande maggioranza di cittadini israeliani nei confronti di queste guerre? Come spieghi l’adesione a queste soluzioni politiche da parte di intellettuali considerati “pacifisti” come Grossmann e Oz?

Halper: “In Israele, la popolazione ebraica è ben poco interessata sia all’occupazione che al più universale principio della pace. Sono entrambi non-argomenti in Israele (non credo che siano stati menzionati una sola volta durante la passata campagna elettorale). Gli ebrei israeliani stanno attualmente vivendo una vita piacevole e sicura, e Barak e gli altri leader sono riusciti a convincere la gente che non esiste soluzione politica, che agli arabi non interessa la pace (siamo bravissimi a dare la colpa ad altri per evitare le nostre responsabilità di grande potenza colonizzatrice degli ultimi 42 anni!). Finché tutto sarà tranquillo e l’economia andrà bene, nessuno vuole sapere nulla degli “arabi”. Credo che dobbiamo rinunciare a sperare di vedere il pubblico israeliano come elemento attivo del cambiamento verso la pace. La maggior parte degli israeliani non si intrometterebbero in una soluzione imposta se la comunità internazionale dovesse insistere nell’imporne una, ma non farebbero alcun passo significativo da soli in quella direzione. Alla stessa maniera dei bianchi in Sud Africa, che accettarono e in alcuni casi dettero il benvenuto alla fine dell’apartheid, e che al tempo stesso non sarebbero mai insorti contro di essa. Invece per quel che riguarda gli “intellettuali”, anche loro non vedono. E’ la dimostrazione che si può essere estremamente sensibili, intelligenti, ricettivi come Amos Oz e alcuni dei nostri professori, che tuttavia rimangono al sicuro nella loro “nicchia”.”

Tu da qualche anno sostieni che non è più praticabile sul campo la soluzione due nazioni due stati, poichè Israele ha ormai occupato con il Muro, le colonie e le strade gran parte della West Bank. Sostieni quindi la soluzione di uno stato laico binazionale. Oggi, dopo la carneficina di Gaza, e dopo le elezioni israeliane, è ancora immaginabile questa soluzione?

Halper: “Noi dell’ICAHD crediamo che la soluzione dei due stati sia irrealizzabile – a meno che si accetti una soluzione da apartheid, un mini-stato palestinese sovrano solo a metà sul 15% del territorio palestinese storico, spezzettato in ciò che Sharon chiama quattro o cinque “cantoni”. Non li vediamo né come fattibili né giusti o pratici, sebbene Israele li veda come una soluzione e stia spingendo in questa direzione al processo di Annapolis. Per noi la questione non è solo di creare uno stato palestinese, ma uno stato autosufficiente. Non solo questo minuscolo stato palestinese dovrà sopportare il ritorno dei rifugiati, ma un 60% di palestinesi sotto l’età di 18. Se emerge uno stato che non ha alcuna possibilità di offrire un futuro ai suoi giovani, una economia autosufficiente che può svilupparsi, rimane semplicemente uno stato-prigione, un super-Bantustan.

Credo che se non si materializzerà la soluzione dei due stati, e la soluzione per uno stato bi-nazionale (che io preferisco) verrà effettivamente impedita da Israele e la comunità internazionale, allora preferirei una confederazione economica medio orientale che comprenda Israele, Palestina, Giordania, Siria e Libano, nella quale tutti i residenti della confederazione abbiano la libertà di vivere e lavorare all’interno della stessa. Israele/Palestina è semplicemente un territorio troppo piccolo per poterci infilare tutte le soluzioni necessarie – la sicurezza, lo sviluppo economico, l’acqua, i rifugiati. E alla fine, quanto sarà grande lo stato palestinese sarà importante solo se verrà concepito come un’entità indipendente, economicamente autonoma. Se ai palestinesi sarà concessa la sovranità anche solo di un piccolo stato, più ristretto rispetto ai confini del ‘67, ma comunque avente l’intera confederazione per sviluppare la propria autonomia economica, credo che questo potrebbe rivelarsi lo scenario migliore. Ma questa è una proposta ambiziosa e campata in aria per il momento, e resta finora senza sostenitori (sebbene Sarkozy stia anche pensando in termini regionali). Quando si vedrà che la soluzione dei due stati è fallita, credo che allora la gente inizierà a cercare una nuova soluzione. E credo proprio che allora l’idea della confederazione risulterà sensata.”

Credi che esistano forze politiche parlamentari, in Israele, in grado di sostenere un accordo autentico con i Palestinesi, in vista di una pace e della creazione di uno stato palestinese?

Halper: “L’unico ostacolo a un’autentica soluzione dei due stati (cioè uno stato palestinese disteso su tutti i territori occupati, con pochissime modifiche agli attuali confini) è nella volontà di Israele di permettere che avvenga. Giudicando dai fatti che si vedono sul terreno, la costruzione di nuovi insediamenti in particolare, nessun governo israeliano, né di destra né tanto meno di sinistra o centro, ha mai veramente considerato la soluzione dello stato palestinese come fattibile. Per rendere le cose ancora più difficili, se un simile governo dovesse mai emergere (e non ve n’è uno in vista), non avrebbe alcun mandato, alcuna autorità per evacuare gli insediamenti e “rinunciare” ai Territori Occupati Palestinesi considerato l’estrema frammentazione del sistema politico israeliano.

Semplicemente, fra i partiti politici non vi è alcuna unità d’intenti per concordare veramente una soluzione di pace e di due stati. Ecco perché, se la comunità internazionale dovesse forzare Israele a ritirarsi per una vera pace, il pubblico israeliano la sosterrebbe. Israele non è destrorso quanto la gente immagina. Ho quindi una formula per la pace: Obama, l’ONU o la comunità internazionale dovranno dire a Israele: 1) Vi amiamo (gli israeliani se lo devono sentir dire); 2) Garantiremo la vostra sicurezza (QUESTA è la preoccupazione maggiore del pubblico israeliano); 3) ora che è finita l’occupazione, sarete fuori da ogni centimetro cubo dei Territori Occupati Palestinesi entro i prossimi 2-3-4 anni (e noi, la comunità internazionale, pagheremo per il dislocamento).

Credo che ci sarebbe gente a ballare per le strade di Tel Aviv se tutto ciò avvenisse. Questo è esattamente ciò che vorrebbero gli israeliani, ma non possono sperarci, visto il nostro sistema politico. E’ altamente improbabile che ciò avvenga.”

Che giudizio dai all’azione politica dei dirigenti palestinesi di Fatah ed Hamas dalla morte di Arafat a tutt’oggi?

Halper: “Ovviamente l’andamento della leadership palestinese è altamente problematico. Dobbiamo ricordare, tuttavia, che negli ultimi 40 anni Israele ha sostenuto una sistematica campagna di omicidi, esili e incarcerazioni dei capi di governo palestinesi, quindi la leadership attuale è mutilata (si potrebbe essere ingenerosi e, alla luce delle campagne condotte dall’autorità palestinese contro la sua stessa gente, affermare che l’attuale leadership di Fatah sia ancora viva e funzionante perché Israele sa bene chi deve eliminare e chi risparmiare).

Una delle mie maggiori critiche rivolte all’attuale leadership di Fatah riguarda la sua inefficacia nel veicolare la causa palestinese all’estero. Nonostante un cambiamento dell’opinione pubblica ormai più a favore dei palestinesi, soprattutto dopo l’invasione di Gaza, la leadership non ha saputo sfruttare il momento propizio per inviare i propri portavoce presso le popolazioni ed i governi del mondo (in effetti, nell’ultimo anno, incluso il cruciale periodo della transizione verso l’amministrazione Obama, non vi è stato un solo rappresentante palestinese a Washington – e i rappresentanti palestinesi all’estero, con qualche rara eccezione, sono generalmente inefficaci). Al contrario di Israele, pare che la leadership palestinese si sia quasi ritirata dal gioco politico.

In questo vuoto lasciato da Fatah, Hamas è giunto sulla scena come il “salvatore”, la forza/partito/leadership che resisterà ad Israele, resisterà alla “soluzione” dell’apartheid, manterrà l’integrità palestinese e combatterà la corruzione. Mentre la sua ideologia religiosa ed il suo programma dovrebbero essere considerati inaccettabili per qualsiasi persona minimamente progressista, si dovrebbe perlomeno ammirare la resistenza di Hamas e ammettere che stia effettivamente controbilanciando ciò che è stata percepita come la collaborazione di Fatah con Israele.”

Credi che se la classe politica palestinese usasse dei metodi di lotta nonviolenta, quali il digiuno pubblico, e se convincesse la popolazione palestinese israeliana o che lavora in Israele a forme di sciopero generalizzato potrebbe ottenere dei risultati concreti?

Halper: “I metodi non-violenti sarebbero potuti essere efficaci. Se la leadership palestinese fosse più portata alla strategia, potrebbe usare a proprio vantaggio metodi non-violenti, come il movimento BDS (Boicottaggio/Disinvestimento/Sanzioni) e altre campagne analoghe con gruppi di pressione efficaci. Ma non lo fanno.”

A differenza di alcuni sionisti nostrani, ad esempio Giorgino, Halper divenne critico del sionismo proprio a partire dalla guerra del 1967.
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