giovedì 11 dicembre 2008

ONU: 61. Richard Falk nel mirino del sionismo

Una volta tanto vogliamo anticipare i «Corretti Informatori» in una scheda che prevediamo riceverà parecchio fango nel tentativo di delegittimarne la figura. Richard Falk è il “rapporteur” che ha riferito all’Assemlea delle Nazioni Unite sull’emergenza umanitaria in Gaza. Il governo israeliano ed i suoi agenti propagandistici dislocati nei vari media e nei centri lobbistici occidentali hanno di che faticare per togliere credibilità a quanto ha riferito. In pratica dovrebbero fare una nuova guerra come quella mossa all’Iraq per ognuno dei paesi che fondatamente si rifiuta di riconoscere Israele, impiantare in ognuno di essi un governo fantoccio, “democratizzato”, e fargli riconoscere Israele. Non è escluso che a ciò si arrivi. È infatti questo il disegno imperiale israeliano-statunitense. Dopodiché il diritto non sarà altro che una circolare del ministero degli interni israeliano. Naturalmente, poniamo la cosa in termini grotteschi. Ma in questo modo diventa più facile chiarire il concetto. Dulcis in fundo il “rapporteur” dell’Onu è «di origini ebraiche», quindi ipso facto, un «ebreo che odia se stesso» o «che odia Israele» , secondo i cliché confezionati dalla propaganda israeliana e distribuiti ai media come fustini di detersivi ai quali fare pubblicità.

Versione 1.1
Status: 12.12.08
Sommario: 1. Una “magnifica” opinione. – 2. Poteva mancare Dimitri Buffa alla battuta di caccia? – 3. Il termometro del Messaggero. –

1. Una “magnifica” opinione. – Gli articoli di Stefano Magni sul quale non abbiamo ancora aperto una scheda analitica si caratterizzano sempre per il loro sionismo senz se e senza ma. Inoltre escono su un organo sionista senza se e senza come l’«Opinione» di Arturo Diaconale. Oltre che negare l’evidenza della situazione di Gaza e la violazione dei diritti elementari classificati come “umani”, Magni insiste sul trito ritornello della presunta “democrazia” esistente in Israele, quasi che una democrazia non possa macchiarsi per definizione dei peggiori crimini, offre un ritratto delegittimante di Richard Falk. È interessante soffermarsi sulla composizione dell’organo dell’Onu che si riunirà in Ginevra il prossimo aprile e di cui è da tempo iniziato il boicottaggio. La Commissione è composta a rotazione di 47 Stati su 171 che hanno aderito. Una delle strade del boicottaggio è quella di delegittimare i singoli stati, dicendo che a loro volta sarebbero violatori di diritti umani: Cina, Cuba, Arabia Saudita. Ma questa ultima è uno strettissimo alleato degli Usa e la famiglia Bush è pure in affari privati, secondo il filmato di Michael Moore che tutti abbiamo visto: baci e abbracci con Bush. Adesso scoprono che è un violatore dei diritti umani. Per Cuba sarebbero maggiori i crimini a danno dei cubani per i quali dovrebbero rispondere gli Usa. Della Cina basta ricordare che i manuali scolastici di storia incominciano a parlarne per la Guerra dell’Oppio, quando l’Inghilterra con la guerra impose che si potesse liberamente smerciare in Cina la droga. Si potrebbe dire: da che pulpito viene la predica! La colpa di Falk secondo Stefano il Magnifico incomincia con un editoriale di Falk favorevole alla rivoluzione islamica del 1979, quando il popolo iraniano si liberò del corrotto regime dello Scià imposto nel 1953 da un colpo di stato diretto dalla CIA, quindi per aver definito nel 2003 la guerra di Bush contro l’Irak “una guerra di aggressione”. Peccato che Magni non abbia letto le confessioni ultime dello stesso Bush che considera un “errore” da non ripetere quella guerra sciagurata, per la quale perfino l’amerikano chiede l’imputatazione di Bush come criminale di guerra. Altro titolo di demerito o merito (a seconda dei punti di vista) è quello di aver definito l’amministrazione Bush “complice” dell’11 settembre in un attentato che resta per lo meno oscuro ed infine per aver definito un “Olocausto” la politica israeliana nei Territori Occupati. Questo è ciò che pensa e scrive Stefano Magni nell’«Opinione» di Arturo Diaconale, un foglio di stampa dove sarebbero tutti disoccupati se dovessero vendere nelle edicole opinioni come quella qui riportata. È giusta e doverosa qualche riflessione su Stefano Magni e sul giornale dove scrive. Tuttavia, se nel tentativo di infangare e delegittimare il “rapporteur” dell’Onu il nostro articolista non ha saputo trovare di meglio, vi è da concludere che Richard Falk è un galantuomo, mentre non possiamo dire lo stesso di Stefano Magni e dei suoi degni compari.

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2. Poteva mancare Dimitri alla battuta di caccia? – Cercando un immagine di Richard falk mi sono imbattuto in un articolo denigratorio di Dimitri Buffa, specializzato in denigrazione. Si tratti di Sergio Romano o dei commissari Onu non graditi in Gerusalemme. Leggendo il suo prevedibile articolo apprendo anche un altro nome, di cui mi dovrò pure occupare: se Dimitri lo attacca, vuol dire che sta dalla mia parte. Se è suo nemico, vuol dire che è mio amico, cioè lo svizzero Jan Ziegler. Occupiamoci però adesso di Falk e vediamo se vi sono elementi denigratori innovati rispetto a quelli letti in Stefano Magni, di cui sopra al n. 1. Intanto l’articolo di Buffa esce su «l’Occidentale» che rientra nella categoria delle testate marcatamente filosionisti, anche se ha uno spettro argomenti un poco più ampio. L’articolo ha la data del 17 giugno 2008. Per Buffa, che ha evidentemente un suo schedario, come io ho il mio, senza però essere io Buffa (dio ci scampi!) Fask è una “new entry”. Il che significa che gli uffici ne hanno comunicato il nome nel piano di boicottaggio della Conferenza, scattato almeno in febbraio, dalla bocca della Livni. Da un punto di vista semantico è da notare l’espressione: “questo signore”. Allo stesso modo Giorgino Israel scrivendo di Louise Arbour dice “questa signora”. È un modo di essere volgari senza apparirlo. Non lo dicono, ma lasciano intuire che è esattamente il contrario di “questo signore”, “questa signora”. Vanno l’uno a scuola dell’altro “questi signori” che si battono per la santa causa sionista. In fondo, questa è una “guerra ideologica”. C’è chi con combatte con le armi nei deserti asiatici, vi è chi combatte con la penna nei media italiani. Si apprende che «la scelta su questo consulente è stata praticamente imposta da alcuni paesi arabo-islamici, tra cui il Pakistan e l’Egitto», che però – dimentica Buffa – sono largamente dipendenti dagli Usa. Evidentemente, la scelta per Buffa doveva essere fatta da Israele stesso, che probabilmente avrebbe scelto Buffa o Magni. Quanto a Fask indicato dall’illustre penna come «fenomeno da baraccone», posso io dire a onor del vero e per meritata ritorsione che nessuno batte lo stesso Buffa come «fenomeno da baraccone», avendola io visto una sola volta in vita mia, ad uno di quegli appuntamenti a cui un Buffa non può mancare. Intendo la manifestazione antiamadinejad organizzata da Antonio Polito e da Riccardo Pacifici nell’aspettativa di un’aggressione imminente all’Iran che poi non vi è stata. Buffa parlò per ultimo per attaccare Sergio Romano. Era con una bottiglia in tasca e di aspetto appariva a me alquanto laido. Polito lo zittì dicendo che Sergio Romano poteva scrivere quel che voleva e lasciando intendere che loro non stavano in piazza contro l’editorialista del Corriere della Sera, ma contro il tiranno Ahmadinejad.

3. Il termometro del Messaggero. – Cliccando sul link si accede ad un articole de “Il Messaggero”, neutro ed obiettivo nel riferire l’accaduta alla data del 10 dicembre 2008. Pare opportuno riprodurlo integralmente, insieme con link ad articoli sullo stesso oggetto e che ampliano lo spettro informativo:
Onu: blocco di Gaza crimine contro umanità. Israele: solo propaganda

GAZA (10 dicembre). Il Messaggero Online - La politica di Israele nei confronti della popolazione araba è un «crimine contro l’umanità». A lanciare l’accusa il responsabile Onu per i diritti umani, Richard Falk, che ieri al Consiglio della Nazioni Unite ha auspicato da parte di Gerusalemme passi importanti in vista dello sblocco dei valichi al confine con la Striscia di Gaza oltre alla liberazione dei detenuti palestinesi. Israele rispedisce al mittente le accuse. Oggi, intanto, consultazione tra il presidente israeliano dimissionario, Ehud Olmert, il ministro degli Esteri, Tzipi Livnie, e quello della Difesa, Ehud Barak. Al centro dell’incontro, la difficile situazione con il vicino palestinese e la possibilità che Gerusalemme lanci un’offensiva contro gli attacchi provenienti dalla Striscia: favorevoli il premier e Livni, più cauto Barak.

La condanna dell’Onu. Dopo due giorni di discussione, il Consiglio Onu per i diritti umani, ha consegnato al rappresentante israeliano 99 raccomandazioni per migliorare il rispetto dei diritti umani verso i palestinesi. A Marzo Israele dovrà presentare una risposta sul modo in cui intende attuare le raccomandazioni.

Falk, ebreo americano, professore di diritto internazionale, ha suggerito che al Palazzo di Vetro si faccia un sforzo per assicurare protezione alla popolazione di Gaza: «Sarebbe obbligatorio per una corte internazionale investigare sulla situazione e determinare se i leader politici israeliani e i comandanti militari responsabili dell’assedio di Gaza non andrebbero accusati e processati per violazioni contro le leggi criminali internazionali».

Israele respinge le accuse. «Il Rapporto in questione - ha dichiarato Igal palmor, portavoce del ministero degli Esteri di Gerusalemme - rappresenta un ulteriore duro colpo inferto alla credibilità del Consiglio per i Diritti umani, in quanto esso ha preferito come al solito ricorrere al linguaggio della propaganda anti-israeliana più estrema piuttosto che attenersi ai fatti e alla verità». Insomma, ha concluso Palmor, «il fatto che questo Consiglio è oggetto di critiche severe da parte di quasi tutte le organizzazioni per i diritti umani e anche da parte dei vertci delle Nazioni Unite è molto eloquente».

L’ambasciatore israeliano a Ginevra ha chiarito che «Israele è impegnato a rafforzare le aree in cui stiamo avendo successo e a migliorare i punti che necessitano miglioramenti».

Incontro Olmert-Livni-Barak. Il premier dimissionario e il ministro degli Esteri, Tzipi Livni, ritengono ormai necessario un intervento militare dopo l’intensificarsi nelle ultime settimane degli attacchi provenienti dalla Striscia di Gaza. Più cauto il ministro della Difesa, Ehud Barak, convinto che vada fatto il possibile per non spezzare la fragile tregua concordata sei fa mesi con Hamas, grazie alla mediazione egiziana. D’altra parte, il responsabile della Difesa lavora ancora per ottenere la liberazione di Gilad Shalit, il giovane soldato israeliano rapito dal movimento nel giugno 2006. Ieri, intanto, Barak ha autorizzato la riapertura dei valichi commerciali fra Gaza e Israele.

A chiedere l’incontro di stamane è stata la leader di Kadima, convinta che «al fuoco bisogna rispondere con il fuoco» e che Hamas sia «responsabile per ogni attacco da Gaza». Ieri, durante un intervento all’università di Tel Aviv, Livni ha parlato di una combinazione di misure militari, diplomatiche oltre che economiche per indebolire Hamas. Ribadendo la necessità di un’offensiva militare, il ministro ha spiegato che «l’immagine ha il suo peso». Insomma, «quando c’è la percezione di un Israele debole, la nostra capacità deterrente si indebolisce».

Dello stesso avviso il premier uscente che, in visita ieri a Sderot, città costantemente sotto tiro palestinese, non ha usato mezzi termini: «Voglio dire, con la più grande cautela, non tollereremo per un istante una vita in cui bisogna correre nei rifugi per nascondersi dal nemico». In altre parole, ha concluso Olmert, «sappiamo quello che va fatto e sappiamo anche quando e come farlo».
All’articolo sono annessi commenti, di varia provenienza, che può essere utile di tanto in tanto leggere ed esaminare. Io non ho più il tempo e l’interesse per parteciparvi direttamente. Ma darvi di tanto in tanto un’occhiata, finche il dibattivo resta aperto, può dare il senso degli umori correnti presso un pubblico campionario. Sono preferibili siti come il Messaggero anziché direttamente siti ebraici e sionisti per il carattere misto dei cibernauti e per la netralità della moderazione. Al momento in cui scrivo la discussione è stata chiusa a quota 60 commenti all’articolo. Da notare alcuni stereotipi: negare Israele; non ce ne frega dell’UN; siamo a casa; antisemita come insulto; altro insulto: palestinese; la propria sicurezza; odiare gli ebrei; i palestinesi come vittime dei loro governanti; «Il muro c’è e continuerà ad esserci fino a quando noi israeliani non saremo sicuri di vivere nel nostro stato. Quando il terrorismo finirà non ci saranno più muri né check points e i palestinesi avranno il loro stato. Finitela con il terrorismo e riconoscete Israele, non avete scelta se volete la pace. Grazie.»; terrorismo palestinese, uomini bomba. Mi astengo dai commenti ai commenti, per giunto in una discussione chiusa, ma credo che questi Luoghi di discussione gestiti dal Messaggero siano utilmente consultabili.

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