sabato 10 maggio 2008

Sul concetto di nemico applicato alla nostra prassi politica

Versione 1.0

Questo post è stato concepito per un altro blog e verrà sviluppato in “Fare politica con il popolo e per il popolo”, espressamente concepito per il dibattito a 360° gradi in un’area di militanza politica. Ricevo lettere private, anche di insulti, perché dichiaro una tessera di partito piuttosto che un’altra. Sono stanco ed anche un poco stufo di fornire ogni volta spiegazione delle mie scelte e dei miei comportamenti politici, mai da me assunti con infatuazione fideistica. In pratica, nell'anno 2008, in cui ricorre il trentennale dell’assassinio di Aldo Moro, mio professore di diritto penale all’Università di Roma La Sapienza, si tratta concretamente di decidere per una militanza politica all’interno delle forme e delle aggregazioni costituzionalmente ammesse o per una contestazione violenta ed eversiva di un sistemo politica, di cui pressoché tutti riconosciamo i limiti evidenti. Io chiaramente sono dell’avviso che è preferibile lo scontro anche aspro delle idee e delle parole piuttosto che il crepitio delle armi o il ritorno agli anni di piombo. Di questi anni, al di là degli aspetti morali connessi all’esercizio della violenza, si può certamente dire che non hanno offerto nessuna prospettiva politica e non hanno risolto nessuno dei problemi di cui soffre la società italiana e di cui continua a soffrire. Alla stagione degli assassini è subentrata quella dei ladri per arrivare all'attuale epoca della casta. Non mi propongo di fare aggregazioni di nessun genere, ma confido che se riesco a produrre conoscenza ovvero migliore consapevolezza dei problemi avrò fatto cosa utile innanzitutto e certamente a me stesso. Mi auguro anche ad altri. Per questo condividuo online le mie riflessioni quotidiani anziché affidarli a diari privati da chiudere in un cassetto o a qualche astruso saggio scientifico su inaccessibili riviste accademiche. Sono però stanco di polemiche improduttive e pertanto le eviterò a meno che non ci sia tirato dentro e mi trovi costretto a ribattere argomento su argomento. Pubblico qui di seguito lo stesso testo che con altro titolo appare sul blog di militanza politica. Ritengo infatti che vi siano affinità tematiche tali da poter interessare anche i Lettori di questo blog. Eventuali elaborazioni e sviluppi saranno distinte nell'uno e nell’altro blog a seconda delle finalità per le quali i singoli blogs erano stati creati. Mi regolerò allo stesso modo per altri eventuali casi senza darne ogni volta Avvertenza.

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Versione 1.0

La bandiera israeliana bruciata da manifestanti il primo maggio in Torino è una classica dichiarazione di inimicizia che si tenta di declassare a ragazzata del 0,00 per cento. Intanto dico subito che mi riconosco in questo 0,00 per cento fra fra l'altro ha fatto vincere Alemanno in Roma. Il voto mi è stato caldamente richiesto, anche con lettera circolare di Alemanno. Un Alemanno che ho visto in TV mentre con Berlusconi si ritagliava una fetta di torta del 60° anniversario di Israele. A me quella torta sarebbe andata di traverso se avessi immaginato il sangue nel quale era impastata. E se come dice il Presidente Berlusconi, a cui non mi pento di dare il mio suffraggio anche quando dissento da lui, io sarei lo 0,00 per cento di quelli che non stanno dalla parte di Israele, io sono lieto ed orgoglioso di essere parte di questo 0,00 per cento. Non mi sento sulla coscienza la “pulizia etnica” del popolo palestinese. Non ho del malanimo né verso Berlusconi né verso Alemanno, costretti a mangiare una fetta di torta al sangue. Nella loro condizione e posizione non credo possano fare altro. Non sono liberi e devono mentire se non a se stessi certamente al popolo che pensano di rappresentare.

Per una volta tanto Berlusconi non ha voluto tener conto degli amati sondaggi, per quel che valgono e sui quali in ogni caso non ho mai basato le mie riflessioni e le mie posizioni. Se il concetto di “ostilità” associato agli ebrei evoca, come penso, il conflitto israeliano-palestinese, allora non di uno 0,00 per cento si tratta, ma di un italiano su tre. Ecco i dati di Mannheimer, per come a me giunti e attinti dalla Rete:

Mannheimer: un italiano su tre è "ostile" agli ebrei.
L'81% agli zingari


Per il 42% degli italiani gli ebrei sono «simpatici», il 32% ritiene invece il contrario e un 26% non si pronuncia. Sono alcuni dei dati che emergono da un sondaggio realizzato dall'Ispo di Renato Mannheimer - su un campione rappresentativo di mille soggetti - che sarà presentato oggi nel corso di "OyOyOy" Festival di cultura ebraica al debutto nella sinagoga di Casale Monferrato.

Un italiano su tre è dunque - rivela il sondaggio - "ostile" agli Ebrei: il picco è tra i maschi, tra le persone tra i 50 e i 60 anni, tra i lavoratori autonomi, tra i residenti al centro specie nei comuni medio-grandi. Ma le più accentuate variazioni dell«antipatia» verso gli Ebrei - sottolinea il sondaggio dell'istituto - si rilevano in relazione all'orientamento politico: i più esplicitamente sfavorevoli sono tra coloro che si dichiarano di sinistra e laici.
Un dato piuttosto «allarmante» del sondaggio è quello che indica un 23% di popolazione nazionale d'accordo con l'affermazione che «gli Ebrei non sono Italiani fino in fondo», di fronte ad un 33% che invece non concorda e ad un'ampia percentuale di neutrali (44%).

Infine, il sondaggio rileva che solo l'11% della popolazione riesce a stimare con relativa precisione il numero degli ebrei in Italia, il 56% invece non riesce a dare una risposta. Per Mannheimer sulla base della più recenti studi, si possono distinguere almeno tre «tipi» di antisemitismo: quello «classico« (10%), di natura più religiosa, quello «moderno« (11%), di carattere più xenofobo e quello «contingente» (11%), spesso connesso al giudizio su Israele. L'11% appartiene invece alla categoria degli "antisemiti puri". «Non siamo preoccupati tanto per l'antisemitismo che può emergere da questi dati - commenta Antonio Monaco, presidente dell'associazione organizzatrice di "Oyoyoy" - ma dal fatto che gli ebrei vengano percepiti come una etnia a se stante, quando invece proprio il nostro Festival vuole identificare nella cultura ebraica una delle radici culturali del nostro paese, in grado di dialogare con le idee proposte da altre religioni e visioni etiche».

E ancora l'altra categoria che, secondo Manheimer, è considerata dagli italiani «poco/per nulla simpatica» è quella degli zingari. Almeno così dichiara l'81% di un campione rappresentativo di mille soggetti interrogati dall'Ispo…


Caspita! Non mi pare, caro Silvio, che proprio si tratti di uno 0,00 per cento ed è davvero strano che proprio tu in questo caso non tenga conto dei sondaggi, per giunta di parte ebraica. Ma non è su questi dati statistici che voglio basarmi. Il mio terreno vuol essere quello della riflessione politico filosofico alla ricerca delle “essenze filosofiche" e della loro dinamica nel tempo e nella psiche. Qui le statistiche e le percentuali dicono poco o nulla.

Per fortuna l’oltraggio che il Lumbard Bossi ha fatto bandiera italiana ha prodotto una di quelle leggi ad personam che ha depenalizzato il vilipendio alla bandiera di uno stato riconosciuto. Una eterogenesi dei fini che sottrae alla galera quei ragazzi che hanno bruciato due bandiere israeliane ed uno americana. La pena è stata sostituita con una multa, la cui entità potrà essere contabilizzata per futuri bruciamenti di bandiera quale forma simbolica forte di espressione del proprio pensiero politico. Al limite, se l'onere finanziario non è eccessivo un italiano su tre potrà bruciare la sua bandiera israeliana versando allo stato italiano l’ammontare della multa e creando così una nuova provvidenziale entrata tributaria, magari per sopperire alle immondizie napoletane.

Qui mi fermo, accennando soltanto alla riflessione indicata nel titolo ed evocata dal concetto schmittiano di inimicizia. Come italiano, ad una sola nazionalità e fedeltà, ossia come soggetto eminentemente e consapevolemente politico, non come bestiame elettorale condotto in quei recinti che sono le gabine, ritengo di poter operare la mia scelta di “amico” e “nemico”, fatte salve le dinamiche che possono condurre un quisque de populo a diventare la legittima ed autentica espressione di un diffuso sentire politico, cioè schmittianamente caratterizzato dalla contrapposizione di amico e nemico. E riconosco in Israele il mio “nemico”, un nemico verso il quale non si deve necessariamente nutrire “odio”, secondo la propaganda psicologica dei servizi del Mossad che tendono ad antropomorfizzare la legittimita opposizione al sionismo per far scattare le sanzioni penali sull’antisemitismo. Una tipica astuzia di guerra interna, forse congeniale alle quinte colonne presenti negli Stati. No, caro Fini, l’inimicizia nel senso politico non è associata all’odio. Sono concetti distinti.

Basta guardare alla freddezza, alla lucidità, alla scientificità, al “cinismo” (Altro che “bellezza”!) con cui da un secolo a questa parte il “popolo eletto” conduce il suo piano di sterminio e di pulizia etnica degli indigeni palestinesi per rendersi conto che di odio qui non è il caso parlare. O meglio se ne può parlare in quanto specifica tecnica psicologica da parte del Mossad (si veda lo strano libro di Udo Ulfkotte, che informe su queste tecniche) per produrre ad arte reazioni psicologiche di questo genere per poi fare scattare contromisure già programmate. I nazisti erano ancora dei dilettanti e non sono mai giunti a questo livello di sofisticazione, allo stesso modo in cui non sono giunti all’atomica.

Caro Silvio ricordo perfettamente una tua infelice battuta televisiva. Era quando, dopo la tua decisione di entrare in guerra a fianco degli USA contro l’Iraq, dicesti che per effetto di questa decisione di politica estera il nostro prestigio nel mondo era salito e la cosa si era misurata in un aumento del nostro vino proprio negli Usa. La nostra politica estera non è diversa da quella dei tempi di Cavour, quando il conte Benso valutò che si potevano sacrificare in Crimea qualche migliaio di morti per poi poter sedere al tavolo della pace accanto alle grandi potenze che avrebbero vinto loro per noi una guerra che da soli non avremmo vinto e che oltretutto neppure ci riguardava. Così credo abbia fatto Mussolini confidando che Hitler avrebbe vinto lui per noi la guerra. E così hai fatto pure tu, mio simpatico Silvio, ritenendo che la guerra in Iraq sarebbe stata una passeggiata di qualche settimana. Avremmo lucrato i vantaggi di una facile vittoria, magari in barili di petrolio gratis, indispensabili per il nostro fabbisogno energetico.

Ed invece no! Il diavolo ci ha messo la colla e quella guerra vergognosa ed infame è stata persa dagli Usa e noi abbiamo dovuto scappare con la coda fra le gambe senza esserne usciti fuori del tutti. Ma chi era che spingeva a questa guerra infame che è costata infiniti lutti? Il tuo ospite d”onore in Torino! Possibile che tu non te ne accorga? Il tuo ospite che è il vero focolaio di guerra in tutta l’area mediorientale! Basta, per favore con la fregnaccia dell’unica democrazia del Medio Oriente. Peraltro una democrazia su base razzista e che pratica l’apartheid! Del resto, la democrazia è ormai diventato un concetto chimerico privo di senso. È perfino dubbio che la nostra sia una democrazia. E se proprio a qualcuno sta tanto a cuore la democrazia, sarebbe meglio che si preoccupasse di instaurarla prima a casa nostra ed agli altri offrisse tutt’al più l’esempio ammirabile delle nostre istituzioni politiche. L’immagine più autentica della nostra democrazia – tue parole, o Silvio, giusto alla vigilia delle elezioni – è data dalle immondizie napoletane che hanno fatto il giro del mondo e che rimarrano per sei miliardi di persone la nostra bandiera nazionale.

Mi dispiace e non approvo che tu ti sia scelto come ministro quel fazioso di Franco Frattini. Mi è diventato antipatico ed indigesto quando lo vidi rimproverare una giornalista che aveva usato il termine “resistenza” irachena anziché avallare l’insulto delegittimante di “terrorismo”. Un uomo così, a mio avviso, non è neppure intelligente ed ignora i fondamenti della politica, cioè della scienza politica non certo l’arte dell’intrallazzo e della carriera nella quale è certamente abilissimo. Ma un uomo così è per noi un pericolo. Costui ci potrebbe portare ad una guerra contro l’Iran, verso cui tende con tutti i mezzi e con ogni arte della menzogna e con pressioni lobbistiche di ogni genere proprio Israele e la sua lobby dislocata in Italia. Caro Silvio, ci porterai in guerra? È questo che hai promesso ai tuoi ospiti alla Fiera di Torino?

È vero! Hai vinto le elezioni, direi, non tanto per tuo merito, quanto per demerito dei tuoi avversari e per una confusione generale dell'elettorato che non sapeva quali pesci pigliare. Fra questi vi ero anche io che senza avere i tuoi sondaggi e le tue statistiche mi sono limitato a percepire gli umori della gente e soprattutto ho sondato il mio animo di cittadino dalle molte lune, che ha visto ormai tante farse elettorali. Nella scheda il cittadino può mettere solo un segno di croce, simbolo di tante cose ma anche di analfabetismo. Nella croce non è contenuta nessuna dichiarazione, nessun programma, nessuna indicazione: nulla di nulla. Chi “vince” si frega le mani – come l’osceno Gasparri – convinto di aver riscosso una cambiale in bianco e di poter fare ogni cosa per almeno cinque anni ed in barba a quei coglioni che lo hanno votato, anche che non lo hanno neppure votato, perché si tratta di una lista preconfezionata da prendere turra o lasciare tutta. Un simile metodo elettorale è stato rifiutato dal Congo in quanto giudicato antidemocratico.

Per chiedere tornando a Torino. La bandiera israeliana bruciata – il cui reato è stato depenalizzato grazie a Bossi che aveva già vilipeso la bandiera italiana, cosa che tornerà a fare – significa una dichiarazione politica di inimicizia alla stato di Israele, alla quale mi associo interamente. Certamente, solo tu potrai dare il giusto peso politico ad una simile dichiarazione. Solo se tu lo vorrai, se ne potranno trarre tutte le conseguenze. Ma intanto puoi certamente registrare il messaggio che a te giunge dallo 0,00 per cento del popolo italiano, se così è; o di un italiano su tre, come io invece sono propenso a credere. Capisco che se io fossi nei panni tuoi, agirei probabilmente in modo diverso da come ora penso e dico, costretto da condizionamenti che io forse neppure immagino. Ma credo di ti possa almeno chiedere di non adagiarti del tutto in quella “cupidigia di servilismo” che un vecchio padre liberale della patria, Vittorio Emanuele Orlando, rimproverò a quanti si affettarono a firmare un trattato di pace disonorevole. Quella servitù ci pesa ancora oggi con 115 basi militari (non 113, come ha detto Beppe) Usa non a difesa di una libertà, che abbiamo perso forse per sempre, ma a garanzia del nostro perpetuo vassallaggio.

Ancora un’aggiunta estemporanea. Due parole sulle stupidaggini quotidiane di madonna Fiammetta Nirenstein che con mio grande disappunto è stata messa in lista nel “Popolo delle Libertà”. Dice costei che se si dovessero ritoccare le fronterie degli stati nati dalla carcassa dell'Impero ottomano, a farne le spese non sarebbe la sola Israele, ma anche gli altri stati arabi. Costei ammette implicitamente quello che per altro verso dice di negare. E cioè che la fondazione dello stato di Israele è un processo coloniale, sulla base di una “pulizia etnica” che sono i mentalmente disonesti possono negare. Ma il suo ragionamento non regge anche per il resto non regge considerando che in ogni caso Israele resta un corpo estraneo al mondo arabo-musulmano che troverà, avendone il pieno diritto, quegli equilibri che meglio corrisponderanno ai suoi interessi. In questo senso – e senza bisogno di immaginarne altri – Israele è destinato a scomparire in un contesto geopolitico dove continua ad esistere solo per il sostegno americano (leggi petrolio) e dei suoi servili alleati europei. Già da adesso, se il servaggio verso gli Usa non fosse più forte, le ragioni del nostro interesse spingono a sviluppare relazioni di pace con un Oriente a noi Vicino piuttosto che appoggiare lo 0,2 per cento (Israele) contro il 98,8 per cento di quell’area geopolitica che detesta il germe cancerogeno che ha attaccato per lo 0,2 per cento il suo corpo e minaccia di estendersi grazie all'aiuto ed all’alleanza degli USA e di vari vassalli fra cui anche il nostro paese. Da un ministro come Franco Frattini non mi aspetto certo prova di lungimiranza e saggezza politica. Come sempre nella nostra storia, saranno probabilmente i guai e le disgrazie cui andremo fatalmente incontro ad indicarci la strada da seguire. Mai guida di un paese fu più cieca. Saranno i prossimi cento giorni a dirci cosa protremo aspettarci dal nuovo governo Berlusconi.

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