domenica 17 febbraio 2008

Momenti di guerra ideologica: la battaglia di Torino vista da «Informazione Corretta», benemerita agenzia israeliana

Versione 1.3

Negli ultimi tempi mi sono un poco distratto nel seguire lo scenario complessivo della guerra “ideologica” che si combatte con le parole e quella tecnologica che si combatte con le armi materiali che uccidono in senso reale. Il “genocidio” del popolo palestinese sta avanzando a grandi passi, proprio mentre in Torino si festeggia il 60° anniversario dell'inizio di quel genocidio. Naturalmente, la guerra ideologica delle parole, che si avvale di suoi militanti “italiani”, sostiene trattarsi di un “diritto all’esistenza” di Israele e non già di diritto alla sopraffazione violenta e genocida. La guerra è tutta sul piano ideologico e le armi sono i concetti e le parole, ma anche la capacità mediatica di irradiazione dei messaggi. Quanto più copie di giornali irradiaziano il messaggio del diritto all'esistenza di Israele a fronte del dovere all'inesistenza dei palestinesi tanto più gli strateghi del Mossad riterranno di essere in vantaggio. Mi ha fatto inorridire una notizia tratta dalla solita inqualificabile «Informazione Corretta», un'agenzia filoisraeliana sorta circa sei anni fa per fare lobbying sulla stampa italiana, dove sguaiatamente e criminalmente ci si rallegrava che in fondo a dare il colpo finale di grazia a Gaza ci si sarebbe guadagnato perfino il plauso da parte araba, che in fondo di questi piantagrane di palestinesi che non si rassegnano a finire tutti sgozzati non ne possono più. E quindi i civilissimi israeliani (che sono "noi", a sentire donna Fiammetta) possono sentirsi sicuri di una copertura "preventiva”. Il resto verrà lasciato alla guerra "ideologica” nelle varie provincie dell'Impero americano. E veniamo dunque alla nostra provincia. Riporto qui di seguito ultimi interventi di Guido D’Orsi cui si contrappone Giorgio Israel, al quale ho offerto la possibilità (assurda) di un controllo preventivo del miei testi, in modo che lui possa (con il mio consenso preventivo) depurarli di tutte le espressioni che in senso formale possano venir tacciate di "antisemitismo”, ma lasciando ovviamente la soltanto di una critica legittima ad Israele: una critica che non vuole e non può diventare plauso e riconoscimento di sue inesistenti ragioni. Ovviamente Giorgio Israel ha rifiutato (con diffida a scrivergli nuovamente: e me ne guarderò bene vita natural durante), non potendo e non volendo rinunciare alla facile arma – garantita dalle nostre leggi – di un antisemitismo, che è in realtà del tutto fantastico e creato ad arte per scopi di guerra “ideologica”.

1.
Angelo D’Orsi e sua solidarietà con i 67 della Sapienza
in
«Informazione Corretta» del 15 gennaio 2008

Prendo le mosse da un articolo di Angelo d’Orsi apparso su “Il Manifesto”, uno dei pochi giornali che riesce a manifestare un punto di vista non allineato sulle vicende medioorentali. Ed è per questo fatto oggetto di costante irrisione da parte dei «Corretti Informatori», che gridano come galline spennate appena un Odifreddi li qualifica nel modo che spetta loro, ma poi non si ritengono tenuti ad eguale rispetto altrui. Nonostante tutto non riescono ad ignorare il «Manifesto» perché loro malgrado continua ad uscire, pubblicando articoli come quelli di Angelo d’Orsi.

L’articolo di Angelo D’Orsi apparso sul «Manifesto» del 15 febbraio ha per titolo originario “Le divisioni del papa – Le variegate crociate del signor Magdi Allam”. Ebbene cosa fa quella che per Giorgio Israel sarebbe una ordinaria rassegna stampa, alla quale lui collabora, per prima cosa assegna una nota di merito: “critica”, che equivale ad un segno nella lavagna dalla parte dei “cattivi”, mentre tutti quegli articoli che vengono giudicati “corretti”, cioè di parte “filoisraeliana” o almeno non chiaramente avversi, ottengono il segno “informazione che informa”, ossia sono i “buoni”. Il titolo viene poi sempre correttamente riformato, cioè rititolato secondo la “corretta” testa di chi li scrive, e nel nostro caso diventa: «Chi non odia israele è un crociato, un fascista, un sanfedista», con sottotitolo: «l’attacco di Angelo D’Orsi a Magdi Allam e a Giorgio Israel». Naturalmente, Angelo D’Orsi non ha mai scritto un articolo con questo titolo, ma i «Corretti Informatori» glielo fanno scrivere. Come se poi non bastasse, premettono all’articolo un loro abituale e quasi sempre esilarante commento, che questa volta è del seguente tenore: «Il boicottaggio antisraeliano alla Fiera del libro non ha nulla a che vedere con l'antisemitismo. Che di fatto neghi la legittimità dell'esistenza di Israele non è naturalmente rilevante.
Invece, criticare i professori che si sono opposti alla lezione del Papa alla Sapienza è fascismo, sanfedismo, adesione a un'ideologia della limpiezza de sangre.

Di questo, con l'abituale intolleranza e faziosità, Angelo D'Orsi accusa Magdi Allam e Giorgio Israel sul MANIFESTO del 15 febbraio 2008». In fatto di faziosità i «Corretti Informatori» dovrebbero guardarsi allo specchio e scoprirebbero se già non lo sapessere che nessuno è più faziosi di loro. Non solo faziosi, ma anche istigatori. Le loro note si chiudono sempre con l’indicazione di un indirizzo email, al quale i loro abituali lettori, che io chiamo metaforicamente Lapidatori, sono invitati a scrivere, in termini che è facile immaginare, anche se i «Corretti Informatori» non possono dirsi responsabili dei contenuti che altri – su loro istigazione – possono scrivere. Evito di qualificare eticamente un simile comportamente ma se questa è un “rassegna stampa”, come Giorgio Israel (nome e cognome disgiungibili per ragioni altrove spiegate) pretenderebbe, invito a giudicarlo con le stesse identiche parole usate da Giorgio Israel:
«Ogni commento è superfluo, almeno per le persone dotate di raziocinio e di un minimo di onestà intellettuale».
Io di onestà intellettuale penso di possederne parecchia, ma a giudicare sarà il Padre Eterno, quando sarà il momento. Non sono sicuro che altri abituati a parlare dal pulpito ne possiedano. Anzi tanto più ne dubito quanto più ne reclamano in esclusiva il possesso. Ma sentiamo ora Angelo D’Orsi:
Il signor Magdi Allam, personaggio che ormai appartiene alla storia della teratologia comparata, turbato dal successo dell’appello dal sottoscritto lanciato a favore dei 67 colleghi della «Sapienza», e in generale dalle manifestazioni di solidarietà che quei docenti stanno ricevendo,
[Non sapevo di questa iniziativa di D’Orsi, per fatti privati che mi hanno distratto nel seguire la cronaca di queste ultime settimane, ma come docente della Sapienza lo ringrazio pubblicamente, anche se non sono stato fra i 67 firmatari: mi sarei associato se ne avessi saputo e ne fossi stato richiesto]
non ha trovato di meglio che lanciare un suo appello, dal sapore di scomunica e dal tono di crociata. Dopo aver pochi giorni fa tuonato contro i matrimoni misti, Magdi, chiede agli italiani di dichiararsi senza esitazione dalla parte del papa. Il testo dell'appello è una chiamata alle armi, vero proclama per operare una nuova limpieza de sangre: stavolta non sono soltanto gli islamici, ma tutti gli anticristiani e in specie nemici del Vaticano, anche quando battezzati e italiani. Nella perorazione di Allam, il tono bellicoso, da monaco che grida ai crociati «Dio lo vuole!» (ma, beninteso, contro la «predicazione d'intolleranza laicista da parte di un manipolo di docenti e dell'intimidazione violenta da parte di una banda di studenti») si mescola talora al belato in difesa del Santo Padre e la sua «inaudita e sofferta decisione» di annullare la visita alla Sapienza. Allam, però, va ben oltre, e evocando toni e argomenti alla Cesare Maria De Vecchi, indimenticato ministro dell'Educazione nazionale ai tempi belli in cui i treni arrivavano in orario, specie quando traducevano i Gramsci, i Terracini, i Foa e i Pajetta, in galera, o tanti italiani in amene località di «villeggiatura», per citare la celebre battuta del simpatico cavalier Berlusconi, che di vacanze se ne intende. Quel De Vecchi che invocava una «bonifica fascista della cultura». Il confronto testuale è illuminante: chi parla di «evidente marciume ideologico diffuso nel mondo accademico e culturale italiano»? Allam 2008, o De Vecchi 1937? Allam 2008. Risposta esatta. Tra le prime adesioni, quella di Giorgio Israel, che negli ultimi tempi si è messo reiteratamente in luce, per begli esempi di argomentare comprensivo e tollerante, su testate ben note, dal Giornale al Foglio. E certo l'adesione a un testo che invoca la bonifica della cultura dovrebbe inquietar lui più di quanto inquieti altri, forse. Ma, ormai, tutte le confusioni sono lecite, tutte le contaminazioni, e tutte le menzogne, e i più indebiti slittamenti logici e le più improponibili analogie storiche. Sicché, un Allam è oggi l'avanguardia di un esercito sanfedista, che con approccio rovescista, tuona contro lo stato italiano trasformato «in un bordello dove si svendono i valori e si calpestano le regole». E quali sono le regole e i valori? Che il papa vada a inaugurare l'anno accademico del più grande ateneo d'Europa; e che comunque avendo rinunciato - perché a lui interessava dare il verbo, nel silenzio compunto e deferente dell'uditorio, come appunto in una funzione religiosa - la colpa è dei «laicisti», che quello stato hanno difeso, sbandierando non Lenin o Bin Laden, ma Cavour, o Galileo. Allam, forse diventato portavoce ufficioso della Santa Sede, forse suscitando l'invidia di altri in lizza per lo stesso ruolo, non si vergogna a scrivere che «oggi l'università e più in generale il mondo dell'Istruzione, i docenti e più in generale il mondo della Cultura, sono profondamente ammalati di relativismo cognitivo, etico e culturale; sono totalmente accecati dall'ideologia del laicismo che li porta a odiare e a infierire contro la propria civiltà che ha il suo radicamento storico e scientifico nella fede e nella tradizione giudaico-cristiana»... Essi, sono anzi «a tal punto spregiudicati e immorali da non avere remore a schierarsi e a favorire chi è dedito a combattere e a annientare la nostra civiltà occidentale» e in particolare, ovviamente, i «predicatori d'odio» e gli «apologeti del terrorismo islamico». Ebbene, la rinuncia del papa, e la protesta di tanta parte di questo odioso culturame (ah, il buon Mario Scelba!), segna la «cocente sconfitta dello Stato di diritto» e il «trionfo dell'estremismo e dell'oscurantismo». Come si combattono tali virus? Risposta: «quantomeno» con «una sanzione disciplinare e morale nei confronti di educatori che diseducano». E se ciò non dovesse avvenire, si avrebbe la conferma «che è l'insieme dell'università italiana da bonificare». Siamo appunto, di nuovo a De Vecchi, e alla sua «Bonifica fascista della cultura», edito da Mondadori nel 1937 L'ultima sortita di Allam, e dei suoi sodali vecchi e nuovi, deve indurre a riflettere su di una situazione che mostra forse il punto d'arrivo della «crisi dell'intellettuale», che tale Julien Benda, ottant'anni fa, bollò come «tradimento dei chierici». Si confondono cose che nulla hanno a che fare, stabilendo inesistenti catene causali: l'appello dei 67, da manifestazione civile e legittima, oltre che giusta, di difesa della sacralità della scienza e dei suoi luoghi (esiste questa sacralità!), diviene la prova di un vetero «laicismo», parola lanciata come se fosse un'accusa: chi lo fa ignora ovviamente che il laicismo non è altro che l'idea della (necessaria) laicità della scienza e della politica in uno stato e in una società moderni. Altro esempio inquietante rimescolamento scorretto delle carte, è la reazione isterica alla proposta (personalmente da me non condivisa, ma legittima) di boicottaggio della Fiera del Libro di Torino, per protesta contro l'invito a Israele come stato ospite d'onore, nel 60° della sua fondazione: una data importante per gli israeliani, ma certo un lutto (la Nakba) per gli arabi, e in specie per i palestinesi espulsi dalle loro terre, espropriati delle loro case, a cui (ai loro eredi, ormai), a dispetto delle reiterate risoluzioni Onu, mai è stato concesso il rientro. Troppi commentatori «indipendenti» hanno fatto a gara nel porre sotto accusa anche chi si è limitato a osservare il rischio di un invito (politico) a Israele, in quanto stato, in questo anno; a chi ha proposto di invitare anche i palestinesi, dando corpo all'utopia di uno stato con due popoli (e molte religioni). Puntuale è scattata l'accusa di antisemitismo, o, nell'ipotesi più benevola, stabilendo strabilianti connessioni anche con l'episodio della Sapienza (il primo a farlo è stato, furbescamente, il rettore Guarino), si è gridato alla mala pianta dell'intolleranza. E, improvvisamente, spunta lo schifoso elenco con i nomi dei firmatari di un documento del 2005 contro il boicottaggio deciso nelle università inglesi... Ecco dunque il boicottaggio a Israele (presentato come rifiuto del confronto con i libri e gli autori), non come sanzione di una politica, viene coniugato con la black list: dunque ancora, «antisemitismo». E così, per tornare alla protesta contro lo sciagurato invito del rettore al papa in quella precisa circostanza, ecco che partono le accuse non solo di laicismo anticristiano, di anticlericalismo ottocentesco, ma ancora, di intolleranza. Tragicomico segno dei tempi di confusione i cartelli dei fascisti davanti all'ingresso della Sapienza, che invocano Voltaire, per giunta in nome di papa Ratzinger...Mentre Giuliano Ferrara, che chiama «asini», i 67, si vanta di non essersi laureato. Benito Mussolini si vantò di non aver mai letto una pagina di Benedetto Croce.

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L’articolo di Angelo D’Orsi è riassumibile per la sua attestazione di solidarietà ai 67 docenti della Sapienza, firmatari di una civilissima e lecita lettera al Rettore, dove si rivendica il carattere “laico” della Sapienza. Contestualmente e logicamente Angelo D’Orsi si contrappone al solito ineffabile Magdi Allam accompagnato da Giorgio Israel, redattore della stessa «Informazione Corretta», che non vogliamo aggettivare per la sua natura ma che è certamente un’agenzia tutta di parte israeliana, senza la benché minima distanza critica dalla politica genocida di quel governo, condannato da innumerevoli risoluzioni ONU. L’appello di Magdi Allam invoca una “sanzione disciplinare” contro i 67 firmatari di una lettera a difesa della laicità. La pretesa è una vera e proprio “mostruosità” giuridica (D’Orsi usa il termine dotto: teratologia), impossibile da commentare, tanto fa cascare le braccia. Un dialogo è possibile quando un argomento può essere accettato dall'interlocutore almeno per lo 0,1 per cento dei suoi termini. Ma quando è inaccettabile al 100 per cento l’unico piano possibile è quello dello scontro ideologico, ossia della guerra ideologica, che precede o si affianca alla guerra vera e propria, tanto per intenderci a quella guerra che si combatte in Medio Oriente, in Palestina da 100 anni, in Iraq, in Libano, in Siria, in Afghanistan e si vorrebbe anche in Iran. Si apprende verso la fine che la famosa “lista nera” della Sapienza altro non è che la riproposizione di una lista che si era resa pubblica perché i loro firmatari avevano inteso renderla pubblica volendo esprimere il loro pubblico sostegno in favore di Israele e contro quei docenti inglesi che invece intendevano boicottare Israele per la politica di quel governo contraria ai “diritti umani” dei palestinesi, di cui è in atto il genocidio fisico e culturale. Orbene, quei docenti – ebrei o non ebrei – non si sono loro stessi qualificati per la valenza politica della loro presa di posizione. Ho scoperto che in quella Lista vi sono due docenti della mia Facoltà, di cui ignoro se siano o non siano ebrei, la cosa essendo per me del tutto indifferente. Tuttavia, mi dissocio interamente da quella loro posizione a sostegno di Israele, beninteso del tutto legittima, ma che non mi riguarda minimamente in quanto colleghi di una stessa Facoltà: è una loro faccenda privata, che rispetto e neppure commento, ma che non mi riguarda e non mi impegna. Questo vezzo di lasciar firme di qua e di là è cosa che ritengo un pessimo costume: le proprie posizioni in quanto pubbliche vanno argomentate. Non si argomenta nulla mettendo o lasciando mettere il proprio nome in una lunga lista. Ci si espone spesso al ridicolo, essendo poi la realtà delle cose alquanto diversificata. Risulta perciò un’ennesima strumentalizzazione, della quale sarebbe interessante ed istruttivo conoscere la regia occulta. Mi auguro che il magistrato, cui è toccato è toccato il caso, saprà ben valutare la natura speculativa. L’episodio, a mio avviso, dovrebbe condurre ad un'abrogazione della legge Mancino e di tutte quelle normative che conferiscono ad una minoranza iperprotetta un indubbio privilegio che si traduce in una violazione del diritto di eguaglianza per tutti gli altri cittadini.

2.
La pretesa risposta di Giorgio Israel
in
«Informazione Corretta» del 16 febbraio 2008.


Si noti quanto abbiamo già osservato sopra al numero 1: la quattro parole di Giorgio Israel sono «informazione che informa», per decreto israeliano, ossia se Giorgio Israel fa parte del Team di «Informazione Corretta», per sua stessa decisione. Il cognome “Israel” è difficile da trattare: vi è il rischio che il suo uso aggettivale venga presentato come forma di antisemitismo. Ben intuendo questa strategia non limpida, avevo ben pensato di offrire allo stesso Giorgio Israel il controllo “preventivo” di quanto mi possa capitare di scrivere su di lui. Ma ha rifiutato ed in ciò vedo un segno della sua malafede. La stessa malafede con cui dice ad Angelo D’Orsi che non su risponde nulla ad uno il quale dice che.... In questo caso il crimine di D’Orsi è l'aver usato la parola “teratologia” che un salto logico degno di un cervello israeliano [si può dire? o come altro volendo usare l’aggettivo? israelitico no? bene, uso israeliano!] è ricondotto alla “Difesa della razza”. È una reazione tipica che ho riscontrato in molti altri casi. Ad esempio, mi era capitato una volta di dire «cosiddetto Olocausto» ed è scattato il meccanismo. Poi ho dimostrato che a dirlo era stato un illustre ebreo, non di quelli che «odiano se stessi», ma perfettamente integrato fra gli ebrei “corretti”, ed è sceso in campo il figlio del defunto, dando prova di abissale ignoranza per ciò che riguarda gli scritti ed il pensiero dell’eletto padre. E potrei seguire con innumerevoli esempi, dove si riscontra una sistematica accusa di “antisemtismo” contro l'avversario che commette il grave crimine di essere di diverso avviso e di osare una pubblica formulazione della sua critica. Giorgio Israel non esce dallo schema. Io – senza minimamente conoscerlo se non per le sue pubbliche sparate – avevo usato il termine “Giorgino”, che per fortuna lui stesso riconosce non aver valenza antisemita ma solo “canzonatoria” ed in questo senso legittima, non per canzonarlo, cosa che non mi diverte affatto e che mi permetto bonariamente solo con persone amiche di cui ho stretta conoscenza e confidenza, ma per un’associazione di idee connesse alla figura metaforica di un Pierino. Chi è Pierino? È uno che commette le sue brave marachelle, ma poi quando suscita le legittime reazioni alle sue marachelle, si mette a strillare chiamando la maestra dichiarandosi vittima di torti o dispetti che in realtà è stato lui il primo ad aver fatto a danni di altri. Ecco che a me sembra sia Giorgo Israel: un giorgino, per giunta fornito di un cognome ingombrante come un carroarmato di quelli che stazionano in Gaza. Ma vediamo la “risposta” di Giorgino:
Informazione Corretta Informazione che informa [!]
16.02.2008 Tornano i criteri di "Difesa della Razza" [?]
Giorgio Israel risponde a Angelo D'Orsi [e dove sta la risposta?]

Testata: Informazione Corretta
Data: 16 febbraio 2008
Pagina: 1
Autore: Giorgio Israel
Titolo: «Tornano i criteri di "Difesa della Razza"» [= l'uso del termine teratologia applicato alla pretesa di Magdi Allam di ottenere “sanzioni” contro i 67 della Sapienza]
Su Informazione Corretta di ieri abbiamo riportato l’attacco [siamo in guerra, o no?] di Angelo D'Orsi contro Magdi Allam e Giorgio Israel. Ecco la [grande] risposta di Israel:

Un articolo come quello di d’Orsi non meriterebbe alcun commento
[appunto! Contro una così vile persona indegna di stare su questa terra non si spreca alcun commento. Come si usa fare in Palestina tutta al più si manda un missile nello stabile dove abita, con buona pace di tutti quelli che non c’entrano. Ma per fortuna nessuno ha bisogno di commenti che non commentano nulla, come quelli di Giorgino Israel: non apportano nessun approfondimento concettuale al dibattito. In realtà non varrebbe la pena di occuparsi di Giorgio Israel, se dal 1967 non avesse eletto l'Italia per la sua campagna a difesa dei territori occupati da Israel, stato di cui porta perfino il nome]
per un solo motivo. Chi definisce il proprio contraddittore un "personaggio che appartiene alla storia della teratologia contemporanea" si qualifica da solo.
[A fronte di chi? Del Sinedrio di «Informazione Corretta»? Si da il caso che fortunatamente non tutti facciano parte di quella sparuta minoranza infinitamente privilegiata, che rovescia quotidianamente in internete la sua “informazione che informa” gli ignari che potrebbero cascarci ed ai quali bisogna per lo meno offrire la possibilità del contradditorio, dell'altra campana]
Le classificazioni teratologiche le faceva "La Difesa della Razza".
[È un aspetto assolutamente marginale nel testo di Angelo D’Orsi, sul quale il nostro G.I. mena il can per l'aia in modo assolutamente “scorretto”, per usare aggettivazioni rigorosamente neutre e non suscettibili di nuova interpretazione strumentale, con discesa in campo di tutto il rabbinato italiano]
Ma vale la pena di sottolineare un punto.
[E vediamo! Bonta sua!]
D'Orsi mena scandalo per la "strabiliante connessione" fatta tra il boicottaggio della Fiera del Libro di Torino e la vicenda della mancata visita del Papa alla Sapienza, attribuendola al rettore della Sapienza Guarino (sic). Si sbaglia. Questa connessione l'ha stabilita il suo amicone Gianni Vattimo in un articolo sulla Stampa, in cui difendeva il boicottaggio di Torino, al seguente modo: «Nel caso della Sapienza, si sa che razza di dialogo era previsto. Il Papa sarebbe stato ricevuto come il grande capo di uno Stato e di una confessione religiosa, in pompa magna, così magna che persino la semplice possibilità di una manifestazione di pochi studenti contestatori a molte centinaia di metri di distanza lo ha fatto desistere dal proposito. Questo caso di Israele alla Fiera è lo stesso».
[E allora? Ma non sei stato tu, o G.I., che nell'intervista radiofonica ripetamente trasmessa da radio radicale hai più volte ricondotto il discorso “liste nere della sapienza” alla Fiera di Torino? Non sei stato tu a dire che antisionismo significa antisemitismo? Lo dici tu, perché ti fa comodo, ma ciò non corrisponde né alla logica né alla verità. Continua a diffonderlo sul tuo blog, dove continui a fare del becero vittimismo per infangare i tuoi contradditori, quando nessuno ti ha mai torto un capello, neppure in effige! Quanto a Vattimo, se tu o GI non fossi un matematico, ma un filologo, sapresti valutare il senso generale del discorso di Vattimo, che ha una sua autonoma valenza e che si riferisce interamente ad una lecita contestazione del significato politico della Fiera di Torino, indipendentemente che questa si faccia o non si faccia. Leggiti qui ciò che Vattimo ha scritto e se occorre fatti un corso di lingua e filologia italiana. Si farà certamente e non sarà io o altri a poterla impedire. Ma io non plaudo ad essa ed a quanti l'hanno concepita, ideata, realizzata. Nessuno può costringermi fisicamente ad applaudire o cucirmi le labbra per impedirmi di dire quel che penso. Almeno, non ancora. Lo sarà certamente quando i criteri redazioni di «Informazione Corretta» diventeranno legge dello Stato italiano. Ma di questa eventualità ci occuperemo quando sarà il momento. Ecco vedi, Giorgino, sei un cattivo, pessimo filologo!]
Ogni commento è superfluo, almeno per le persone dotate di raziocinio e di un minimo di onestà intellettuale.
[Guardati nello specchio!]
http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90
Ti pareva! Giudichi il lettore se vi è stata risposta e non vi è stato invece un uso strumentale dell'accusa di antisemitismo, che – come ho scritto in privato all’Illustre – in Italia non esiste in altro luogo che nella testa di Giorgio Israel e della congrega di «Informazione Corretta», ai quali torna utile e comodo che un «antisemitismo» vi sia. Io personalmente non ho mai visto e mai me ne sono accorto.

(segue)

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