mercoledì 16 gennaio 2008

Robert Faurisson e Joseph Ratzinger

Versione 1.1
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Ascoltando ieri la commovente unanimità delle reazioni alla mancata visita (per rinunzia) del papa mi sono sentito per un attimo intimidito: mamma mia che è successo! Se avessi trovato posto in Aula Magna, io sarei comunque andato, esacerbandomi l’animo per quello che avrei ascoltato ed sul cui contenuto non mi aspettavo sorprese. Non avendo prenotato il biglietto per lo spettacolo (con tanto di RAI annunciata) prima del 10 gennaio, ormai potevo vedere lo spettacolo solo per televisione, come successe come quando volevo andare di persona alla vicinissima basilica di san Paolo fuori le mura per i funerali dei morti di Nassiriya: non c’era posto! Buttiglione stava dentro ed io ero rimasto fuori. Sarebbe successo così anche questa volta. Potevo perciò starmene a casa. Poi mi è venuto in mente che vi sarei andato lo stesso ed avrei inaugurato l’Anno Accademico stando insieme agli studenti che dall’esterno annunciavano una loro protesta. Mi sarei associato a loro, mangiando anche un panino con la loro porchetta. Poi gli eventi sono precipitati nel modo che sappiano ed io ora qui provo ad articolare le mie riflessioni pubbliche e private. Ogni civile contraddittorio con quello che verrò scrivendo sarà ben accetto.

Si è parlato del tutto fuori luogo di una negazione della libertà di pensiero inflitta nientepodimeno che al Papa. Non è stato assolutamente così. Il papa parla e come se parla. Tra i tanti motivi che mi vedono insofferente per il pagamento del canone TV è anche il dover ascoltare ad ogni edizione del telegiornale di Stato i dettagli di ogni più piccolo movimento del papa. Grazie ai media mi sono noti di lui anche i più banali dettagli: a che ora si alza la mattina, la sua ora di siesta pomeridiana, il fatto che non bene vino ma solo spremuto, con chi pranza abitualmente, a che ora vede pure lui il telegiornale o meglio si rivede il tv, e così via. Con il personaggio ho una forzata familiarità. Naturalmente lui di me non sa assolutamente nulla e dubito che ne saprà mai qualcosa. Buttiglione probabilmente gli scriverà una biografia e troverà il modo di entrare nelle sue grazie. Non lo invidio certo. Se non avesse già famiglia, probabilmente si candiderebbe lui stesso al papato. Ma tutto sommato l’avere moglie e figli potrebbe essere un trascurabile dettaglio, come in effetti era durante il Rinascimento.

Quindi nessun sacrificio della libertà di parola del papa, che in questo mondo parla più di chiunque altro. Forse è il solo che parla. Tutti quelli che potrebbero pensarla diversamente tacciono e vengono fatti tacere accuratamente, in pratica come se non fossero mai esistiti. Mi correggo. Ho detto: “come se”. Ed invece è: non esistono per decreto giuliano-ratzingheriano. Mi immagino quale sarebbe stata la scena se tutto fosse andato come da copione. Ratzinger avrebbe esternato una delle sue solite anche nella sede della Sapienza. Qualcuno avrebbe certamente applaudito dopo che Buttiglione avesse dato il via agli applausi. Credo che anche Ferrara si fosse già prenotato il biglietto d’ingresso, se già non glie era stato mandato l’invito dal solerte Rettore. Le televisioni avrebbe ripreso e si sarebbe detto che anche “La Sapienza” aveva applaudito alle note posizione giuliano, ratzingheriane e buttogliniane sulla nuova moratoria-plagio in preparazione alle Camere. Della Sapienza si sarebbe data tutta quella pubblicità in positivo che il Rettore si era probabilmente prefissa. Forse, ad incominciare dal prossimo anno si tornerà alla vecchia tradizione per la quale un docente della stessa università veniva incaricato della Lectio magistralis.

Qualcosa è però andato storto. Qualcuno ha avuto il coraggio e la dignità di dire di no: docenti da una parte e studenti dall’altra. I docenti firmatari erano solo 67 su 5000 e gli studenti forse poche centinaia su 180.000 mila. Nel nostro democraticismo privo di sostanza democratica spesso si rinfacciano i numeri come prova di esistenza: il numero 1 seguito da molti zeri esiste, il numero 1 senza zeri al suo seguito non esiste affatto. Eppure tutto il cristianesimo si fonda su un numero 1 che si trasforma misteriosamente in tre e poi torna uno, ma non si coniuga mai con degli zero. L’Osservatore romano – la voce di carta di Joseph Ratzinger – aveva con disprezzo parlato di minoranze a fronte di supposte maggioranze felici di accogliere il papa senza minimamente considerare che il Vaticano è nel mondo l’unica monarchia assoluta ancora esistente, dove il principio di maggioranza e minoranza con alternanza di posizioni è qualcosa di assolutamente estraneo. Lo stesso direttore dell’Osservatore romano non ha un briciolo di autonomia critica rispetto a ciò di cui è portavoce perinde ac cadaver. Niente di più ridicolo che sentire ripetere i feticci dello stato liberaldemocratico proprio dall’organo della più chiuse fra le monarchie assolute.

Quello di Joseph Ratzinger non è un pensiero che nasca da una lunga e faticosa ricerca, da un confronto costante con diverse posizioni, dal dibattito, dalla critica, dalla capacità di autorevisione, e così via. È invece una Dottrina fatta per fissare norme nei comportamenti pratici di ognuno e a dettare regole secondo cui è lecito pensare. In passato, ma non di molto, andare contro queste regole significava salire sul rogo. Fra i tanti è a tutti noto il caso di Giordano Bruno, filosofo, che arse sul rogo in Campo dei Fiori il 17 febbraio 1600. Il filosofo non abiurò a quelle che erano le sue convinzioni e scelse la morte. Più tardi lo scienziato Galileo Galilei scelse l’abiura con ignominia, pur di poter vivere. Nel dramma di Brecht ricordo a mente la scena alla frontiera, dove il doganiere chiedeva il motivo dell’espatrio. La risposta fu: perché sono un fisico. Galilei non diede ai posteri un esempio di eroismo. Forse da allora si affermò il principio tutto italico della pellaccia o del tengo famiglia. E si sbaglia, se si pensa che si tratti di cose di secoli addietro e che adesso la Chiesa sia tutt’altra cosa. I colleghi biologi che intendono fare ricerca in determinati settori, ancora oggi devono emigrare altrove: non è cambiato nulla! Se sgarrano, esiste per loro una folta schiera di sicofanti pronti a denunciarli ed a metterli alla gogna per la sola colpa di voler fare progredire la scienza.

Ier sera il prof. Cini in contraddittorio con l’avvocato permante del papa in carica, il prf. Rocco Buttiglione – vecchio conoscenza alla comune scuola di Augusto Del Noce – , ha osservato che Joseph Ratzinger dovrebbe decidersi una buona volta per quale ruolo vuol ristestire: se quello di professore o quello di papa, ma non può giocare – come si suol dire – con due mazzi di carte, pretendendo dagli interlocutori che osservino il colore del semaforo per sapere se possono o non possono criticare le sue ispirate o non ispirate dottrine ed opinioni. Per me è importante ricordare che nell’ultimo anno del potere temporale del papato fu imposto il dogma della infallibilità papale. Conosco anche la distinzione che ne è stata fatta, per attenuarne l’assurdità – incomprensibile ed inaccettabile per chiunque non sia beneficato dal “dono” della Fede – fra prunciamento ex cathedra ed fuori cattedra. Infatti, per il suo Gesù, che si trova in uno scaffale alla mia destra, ha dato licenza – se ben ricordo – di libera critica perché non è stato scritto ex cathedra. È cosa di cui sorrido.

Venendo alla mancata Lectio magistralis alla Sapienza mi immagino nei miei panni di povero disgraziato seduto davanti a Lui – se avessi fatto in tempo quest’anno una prenotazioni di cui l’anno scorso con Barroso non avevo avuto bisogno – avrei dovuto accettare quanto sovranamente (= è umanamente parlando un monarca assoluto di uno Stato) avesse deciso di dire come un pensiero per dogma di Fede infallibile. Un qualsiasi docente che pretendesse di essere infallibile solleverebbe l’ilarità generale. ma con Benedetto XVI ciò non sarebbe stato possibile e vi sarebbe stato rischio di sanzioni penali se fosse trapelato un qualsiasi segno di insofferenza o di netto dissenso. E quindi vengo ad un altro aspetto del “pensiero” di Joseph Ratzinger: un pensiero “armato” sia nel senso che era stato predisposto un apparato di polizia analogo – così il ministro Amato, già professore del mio Dipartimento di Teoria dello Stato – era già stato predisposto e collaudato per la visita di Bush. E si parla per giunta di libertà di pensiero! ma quale libertà di pensiero avrebbe mai potuto esservi con un simile apparato di morte pronto a scattare se qualche gesto inconsulto fosse stato equivocato! Condizione della libertà pensiero è la pace e la non-intimidazione. Non si è mai visto un professore che faccia la sua lezione con i gendarmi dietro di lui, pronti a scattare.

(segue)

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