mercoledì 16 gennaio 2008

Fede: dono o imposizione?

Versione 1.0

Anticipo qui, estrapolando temi che saranno compresi nel mio più ampio post, dove vando conducendo un’analisi complessiva del dopo Ratzinger alla Sapienza. È stato detto che verrà mandato il testo del discorso che il papa avrebbe pronunciato. Se questo che è ho trovato è un estratto lo riporto qui di seguito, aggiungendovi un mio breve commento:
«Il Papa non può imporre "ad altri in modo autoritario la fede", ma può mantenere "desta la sensibilità per la verità": così spiega Benedetto XVI , nel discorso che avrebbe dovuto tenere domani all'Università della Sapienza e che è stato diffuso oggi pomeriggio dalla Sala Stampa Vaticana. Un discorso che non è stato modificato in quelle parti dove contiene riferimenti alla presenza fisica del Pontefice nell'Aula Magna dell'ateneo romano. "Cosa ha da fare o da dire il Papa nell'Università?" si chiede Ratzinger. "Sicuramente non deve cercare di imporre ad altri in modo autoritario la fede, che può essere solo donata in libertà", risponde. "E' suo compito - spiega - mantenere desta la sensibilità per la verità; invitare sempre di nuovo la ragione a mettersi alla ricerca del vero, del bene, di Dio e, su questo cammino, sollecitarla a scorgere le utili luci sorte lungo la storia cristiana e a percepire così Gesù Cristo come la luce che illumina la storia e aiuta a trovare la via verso il futuro"».
Non posso pensare che il papa abbia letto cose che io ho scritto al riguardo e che la sua impostazione sia una risposta ad argomentazioni che ero e sono solito reiterare in forma esemplificativa, specialmente con gli studenti, quando mi capita di trattare di Thomas Hobbes. Il filosofo inglese del Seicento, fiero avversario di Bellarmino e del papismo che egli combatteva fortemente, faceva il caso in cui un cristiano si trovasse sotto il potere di un sovrano di altra fede religiosa che gli imponesse di abiurare la sua fede cristiana. Era posto il problema morale se il suddito cristiano dovesse in questo caso obbedire o non obbedire. Hobbes arrivava alla conclusione che se uno “credeva”, cioè aveva la fede, non vi era proprio niente e nessuno che avrebbe mai potuto togliergli una siffatta fede. La mia modestissima chiosa ad Hobbes era che per la stessa ragione ad uno che non credeva non gli si poteva proprio imporre con la forza nessuna fede.

Mi pare che Ratzinger sia arrivato alla stessa riflessione. Meno male che se ne accorga, ma la mia obiezione è che se osserviamo le cose da un punto di vista storico ed istituzionale la sua affermazione è per me insincera. Fin dai suoi esordi il cristianesimo si è imposto con una conversione in parte direttamente forzata. Penso all’epoca di Costantino e di Teodosio, quando gradualmente il cristianesimo divenne la religione dell’impero e quella antica invece proibita e bandita. Lascio idealmente ad ognuno il compito di tracciare un excursus storico che a me appare chiaro, per poi giungere all’oggi dove esiste un’imposizione istituzionale del cattolicesimo. Parlando di “Sapienza” mi sono più volte chiesto il senso di un crocefisso appeso in ogni aula. Non ne ho mai fatto una guerra, mi sono abituato a considerarlo un fatto ornamentale e trovandone uno bello in ceramica l’ho perfino comprato e affisso nella mia casa di Calabria. È solo un esempio dove se ne possono trovare molti altri. Per tutti l’ostinazione all’inserimento delle radici cristiane nella costituzione europea che forse mai sarà. Nel frattempo quell’autentico baciapile che è Storace ha fatto il suo bravo colpo di mano esaudendo i desideri del papa per quanto riguardo lo statuto del Lazio. Non so se in questo modo Storace pensa di aver reso cristiani tutti gli abitanti del Lazio, anche quelli che ancora devono nascere. Non può quindi venirmi a dire papa Ratzinger che lui la forza non la usa per imporre la fede, perché non gli credo (appunto mi manca la Fede), ma in fondo neppure credo che a lui la cosa interessei più di tanto: gli è sufficiente il conformismo religioso, fondamento vero del suo ed altrui potere.

Quanto mai problematico il suo mantenere "desta la sensibilità per la verità”, perché è assai facile che chi abbia veramente "desta la sensibilità” per la verità giunga a conclusioni assai diverse da quelle che lui ha in mente. Ne fa fede la lunghissima teoria di morti bruciati e di eretici condannati. E quindi è molto più affidabile l’uso della forza e dell’imposizione, solo che ai tempi nostri non bisogna dirlo e non bisogna farlo apparire.

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